Strauss-Kahn, un «francese» al FMI
Maurizio Blondet
07/10/2007
Il «socialista francese» Dominique Strauss-Kahn
Claude Trichet governatore della Banca Centrale europea,
Pascal Lamy sulla poltrona del WTO (Organizzazione mondiale
del commercio), Jean Lemierre presidente della Banca per la
Ricostruzione e lo Sviluppo (BERD), ed ora - rullino i
tamburi - Dominique Strauss-Kahn direttore generale del
Fondo Monetario Internazionale.
La Francia-pigliatutto, segno del ritrovato prestigio
mondiale sotto il segno di Sarko, e della sua fresca
amicizia con Washington.
Quattro francesi a capo di quattro potentissime
organizzazioni sovrannazionali.
Oddio, «francesi» per modo di dire.
Strauss-Kahn, che gli americani hanno preferito al FMI al
concorrente russo, Josip Tosovsky, è nato in Marocco da una
ricca famiglia ebraica poi trasferitasi a Monaco.
Ha sposato la sua terza moglie, la bella e famosa
giornalista Anne Sinclair, in sinagoga, con una cerimonia da
cui è stata esclusa la stampa, ma a cui sono stati
fastosamente invitati i maggiorenti della comunità.
Testimoni alle nozze Elisabeth Badinter, moglie del ministro
(guardasigilli) Robert Badinter ed ereditiera dell'impero
editoriale «Publicis», e Rachel Assouline, moglie del
magnate dell'editoria Jean-François Kahn, con cui l'omonimo
Dominique ha fatto in passato tanti buoni affari.
Strauss-Kahn del resto partecipa alle riunioni di «Le
Siècle», un sedicente ed esclusivo «club di riflessione e
di influenza», un piccolo Bilderberg franco-francese dove
alti esponenti della «classe dirigente» politico,
economica e massonica ricevono una volta al mese, a Place de
la concorde, i giornalisti-maggiordomi per impartire gli
ordini di servizio.
Lì, personaggi come Edouard de Rotschild, Alain Minc,
Bernard Kouchner, Thierry Bréton (ex ministro Finanze),
Rachida Dati (attuale ministra della Giustizia), Laurent
Fabius, Lionel Jospin, lo stesso Sarkozy, l'editore Maurice
Levy, l'industriale Louis Schweitzer (Renault), Michel
Pebereau (Paribas), Trichet, Hubert Védrine segretario di
Mitterrand - potenti di «destra» e di «sinistra»
concordi, come s'intuisce - condividono le loro
«riflessioni» con Jean Marie Colombani, già direttore di
Le Monde, Michèle Cotta (ex direttrice di France 2), Claude
Imbert (Le Point), Serge July (presidente di Libération, il
Manifesto francese pagato dai Rotschild), Marc Tessier, già
presidente di France Télévision, ed altri direttori
editori e presentatori di grido. Non stupisce che i media
francesi siano noiosissimi e dicano tutti le stesse cose,
siano «di destra» o «di sinistra».
Del resto Strauss-Kahn, avvocato d'affari, spesso sfiorato
da storie di scandali e mazzette e corruzioni varie (Crédot
Lyonnais, ELF, Rénault), è membro del Bilderberg dal 2000,
e del Davos Forum dagli anni '90.
Fra un affare e l'altro, il nostro uomo (d'ora in poi DSK)
ha guidato nel 1987 una delegazione del partito socialista
francese in Israele, dove proclama di ritenere Gerusalemme
«capitale indivisa dello stato ebraico», contro la
direttiva di politica estera del presidente di allora,
Mitterrand, socialista.
Nel 1991, quando comincia la prima Guerra del Golfo, DSK
torna nella sua vera patria per «mostrare solidarietà ad
Israele» con un viaggio organizzato dal Conseil
Répresentatif des Institutions Juives de France(CRIF).
La sua frase più celebre la pronuncia durante un'intervista
a France-Inter: «Ritengo che ogni giudeo della diaspora e
della Francia debba portare il suo aiuto a Israele. Per
questo è importante che gli ebrei assumano responsabilità
politiche. Io, nelle mie funzioni e nella mia vita
quotidiana, cerco di portare la mia modesta pietra
all'edificazione di Israele».
Il bello e che il mondano, ricchissimo e lussuoriosissimo
DSK ha fatto carriera come socialista. Oddio, «socialista»
per modo di dire.
Dagli anni '80 milita nella corrente di Jospin, proveniente
con cento compagni da un gruppuscolo trotzkista che, secondo
Thierry Meissan, è una emanazione della CIA, manovrata da
Irving Brown, un funzionario che si e dichiarato «agente di
collegamento fra la CIA e la sinistra
europeo-occidentale».
Riesce a farsi eleggere all'assemblea scegliendo come
circoscrizione Sarcelle, dove abita una forte comunità
ebraica.
Più tardi, annoderà il gemellaggio fra Sarcelle, «il più
ebraico dei comuni francesi, con il più francese dei comuni
israeliani», Netanyah (1).
Quando va in America, questo «socialista francese» è
ospite e membro della Hoover Institution, think-tank dei
repubblicani più guerrafondai.
Lì, gli affidano un corso ben pagato alla Stanford
University, di cui è allora rettrice tale Condoleezza Rice;
lì conosce praticamente tutti i neocon (ex-trozkisti ebrei,
come lui) che entraranno nel governo Bush.
Segue una eclissi.
DSK è coinvolto nello scandalo di una mutua, la MNEF, che
il primo ministro Jospin ha trasformato in una vacca di
fondi occulti per il partito socialista, e DSK riceveva
emolumenti ricchissimi dalla MNEF per prestazioni
immaginarie. Finisce sotto inchiesta giudiziaria.
Ma chi può far cadere un «socialista» ebreo e amicissimo
di Israele e dei neocon?
Nel 2001, Strauss-Kahn torna sulla scena, capeggiando la
Fondazione Jean-Jaurès, che è di fatto una emanazione
della americana National Endowment for Democracy, l'ente
«umanitario» che si dedica a finanziare le rivoluzioni
colorate nell'Est.
Dirige anche il Circolo Lèon Blum, il cui scopo è
assicurare che il partito socialista francese non faccia
mancare il suo sostegno all'idea sionista.
nel 2003, il German Marshall Fund of United States
(think-tank atlantista: la Cia) gli offre un posto
importante, dove DSK il socialista si produce in scritti a
favore del liberismo assoluto.
Nello stesso anno costringe alla dimissioni un analista del
partito socialista, Pascal Boniface, che ha avuto la colpa
di far notare che il cieco sostegno del PS francese ad
Israele è ideologicamente incoerente ed elettoralmente
dannoso, essendo i sei milioni di musulmani di Francia un
ottimo bacino di voti vicino al PS.
Non sorprende sapere che, per le elezioni presidenziali
2007, i poteri forti e gli amici americani avevano scelto
lui come candidato «socialista» all'Eliseo.
Purtroppo, la base popolare sceglie Ségolène Royal; gli
amici americani, che avrebbero visto bene uno dei loro «di
sinistra» in Francia, decidono di puntare sul candidato di
«destra», Sarko.
E a DSK promettono, come premio di consolazione, il
FMI.
E lì potrà fare molto bene alla sua nuova patria.
Tanto più che anche in Usa, valutata inevitabile la
sconfitta dei repubblicani (la «destra») a causa dei
disastri provocati da Bush, i neocon si stanno convertendo
alla «sinistra», per incollarsi al nuovo presidente
democratico (la «sinistra»).
Hanno già scelto, secondo tutte le apparenze, la signora
Clinton, a cui fanno confluire i fondi enormi che sono in
grado di mobilitare.
Il Congresso, già a maggioranza democratica, promette di
continuare la politica di Bush contro l'Iran e pro-Israele,
con etichetta «di sinistra».
Anche Bush l'ha detto, minacciando Teheran per l'ennesima
volta: non crediate che il mio successore cambi
atteggiamento contro di voi.
Come mai?
Lo ha spiegato il grande giornalista Seymour Hersh.
Quando gli è stato chiesto in tv di spiegare come mai 76
senatori (su 100) avessero votato per la mozione di Joe
Lieberman che impegna la presidenza a scatenare la guerra
all'Iran, Hersh, che è ebreo, ha risposto: «Il denaro. Un
fiume di denaro ebraico da New York. Non prendiamoci in
giro. Una parte notevole di ebrei danarosi, e molti ebrei
americani potenti, sostengono la veduta israeliana per cui
l'Iran è una minaccia alla sua esistenza. E'
semplice....Questa è ciò che si chiama politica americana,
nel 2007» (2).
Tony Judt, lo storico ebreo britannico (a cui la lobby in
USA impedisce regolarmente di tenere le sue conferenze), ha
scritto in sostanza la stessa cosa: i neocon si preparano a
cambiare partito (3) per continuare le guerre per Giuda
sotto nuova etichetta, stavolta «di sinistra».
Esattamente come in Francia ma in senso contrario, dove
tanti «socialisti» sono diventati ministri di Sarkozy,
«di destra».
Guarda caso, sette sui venti ministri di Sarko sono ebrei
amicissimi di Israele.
Bernard Kouchner assicura la politica estera giusta.
La ministra della cultura, Christine Albanel (Abrabanel)
viene dal vertice della Fondazione per la Memoria della
Shoah.
E' ebreo Jean-David Levitte, ambasciatore «francese» in
Usa, che Sarko ha voluto suo rappresentante al G8, suo
consigliere diplomatico e capo del nuovo Consiglio di
sicurezza Nazionale, organo copiato dalla identica
istituzione americana.
Sono ebrei il segretario di stato Roger Karoutchi, l'altro
segretario di stato Eric Besson (nato in Marocco come DSK),
il delegato Martin Hirsch, e probabilmente il ministro del
bilancio Wrich Woerth.
Senza tralasciare lo stesso Sarko, d'origine ebreo
ungherese, «cattolico» ma sposato (endogamia rivelatrice)
con Cècilia nata Cigeneur, figlia di un pellicciaio
ebreo-romeno e nipote del compositore Isaac Albeniz;
Cècilia si vanta di «non avere una goccia di sangue
francese nelle vene».
Naturalmente, questi passaggi di campo riescono meglio tanto
più i partiti da cavalcare sono «vuoti»
ideologicamente.
Vi ricorda qualcosa?
Anche in Italia sono in corso di fabbricazione un Partito
Democratico, «vuoto di sinistra», mentre Berlusconi
costruisce febbrilmente il suo «vuoto di destra», il
partito-Brambilla.
E' solo una interessante coincidenza, o fa parte di un vasto
piano internazionale per riformare le democrazie occidentali
in senso più «Israel-friendly»?
Il movimento-Grillo ha disturbato queste grandi opere in
corso, un po' come la scelta popolare di Segolène Royal ha
disturbato i piani della lobby in Francia.
Il che spiega la campagna corale - dal Manifesto a
Repubblica, da Libero a Il Tempo, da «destra» e da
«sinistra» - per demonizzare Beppe Grillo e i suoi seguaci
come «antisemiti» e «razzisti», anzi neonazisti.
Quasi quasi, sottrae ad Ahmadinejad il titolo di «nuovo
Hitler».
E i giornalisti addetti alla campagna satanizzante o sono
ebrei (come quel Perugia de Il Tempo) o sono ebrei d'onore,
come Farina-Betulla, o maggiordomi di ebrei, come
Scalfari.
Maurizio Blondet
Note
1) Thierry Meyssan, «Dominique Strauss-Kahn, l'homme de
Condi au FMI», RPseau Voltaire, 5 ottobre 2007.
2) William Cook, «Unmasking AIPAC», Counterpunch, 5
ottobre 2007.
3) Tony Judt, «From military disaster to moral
high-ground», New York Times, 7 ottobre 2007. Judt denuncia
i nuovissimi «liberal hawks», i falchi di sinistra.