Commenti
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francescodeleo 30 novembre 2011 19:56
Mi è capitato fa di vederne uno spezzone un po' di tempo.
Spero di vederlo per intero oggi.
Spero un giorno di vedere anche un film che vide
protagonista l'attore principale, jeff bridges, tanti anni
fa, Tron, mi sembra il primo film computerazzato della
disney, se non erro completamente computerizzato. Stroncato
subito dalla critica. Meno male che esiste youtube, non
sembra malaccio.
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IVAN. 30 novembre 2011 19:38
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Stasera sul canale IRIS alle 21.00...
“IL GRANDE LEBOWSKI”
Straordinario film dei fratelli Cohen.
A causa di una banale omonimia, un ex-hippie sballato e
nullafacente viene scambiato da due picchiatori per un
miliardario che deve dei soldi ad un boss.
Da lì, grazie anche all'“aiuto” di certi suoi amici
pasticcioni, si trova invischiato in un complicatissimo
intrigo che si allarga a dismisura.
Eccezionali i caratteristi, i dialoghi, le musiche, il
ritmo...Uno dei pochi film moderni che può essere
considerato da scuola del Cinema. Imperdibile.
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francesco9244 13 novembre 2011 21:01
la prima versione di SOLARIS?
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Isaia Kwick 13 novembre 2011 20:28
Deserto Rosso 1964 Monica Vitti compie 80 anni.
AUGURI
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francescodeleo 31 ottobre 2011 10:52
Mi sono scordato il link:
http://en.wikipedia.org/wiki/Jabba_the_Hutt
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francescodeleo 31 ottobre 2011 10:51
Ho eseguito ulteriori ricerche sulla figura di Jabba, dato
che nonostante avessi visto degli spezzoni originali del
primo film su youtube avevo bisogno di cercare una fonte
più autorevole. In Wikipedia c'è un articolo su Jabba, ma
occorre leggere la versione in inglese, poichè nella
versione italiana c'è qualche mancanza sull'episodio IV,
con tanto di foto a circa metà pagina, versione nuova di
Jabba e vecchia poco dopo.
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francescodeleo 23 ottobre 2011 14:00
@IVAN
JABBA: non mi devi credere sulla parola; se fai una
passatina su youtube troverai gli spezzoni originali in
questione.
VIDEOTECA RAI: nemmeno immagino che cosa potrei scovare, non
necessariamente film o serie ormai démodé.
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IVAN. 22 ottobre 2011 22:45
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(per Francesco:)
- STAR TREK: mai piaciuta, come serie. Ha comunque avuto il
merito di aver aperto la strada a epigoni migliori.
- JABBA: mi fido sulla parola. Probabilmente avevo visto una
versione già ritoccata.
- THE CHRONICLES OF RIDDICK: pessimo sequel, artificioso e
inutilmente convulso. D'accordo che coi sequels i produttori
hanno il botteghino sempre assicurato...ma un po' di
rispetto per l'opera originale (e per lo spettatore) non
guasterebbe.
- VIDEOTECA RAI: guarda, se penso alle bobine che gli stanno
marcendo negli archivi, mi vien da piangere. Ma
evidentemente ritengono che “Don Matteo 4” sia un
prodotto più accattivante di “Sandokan” e
“Orzowei”.
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francescodeleo 22 ottobre 2011 10:17
@IVAN
Io mi riferivo alla scenografia in generale.
Spazio 1999: visto poco all'epoca, ma ho tanta voglia di
rivederlo (dipende dalla RAI). Un classico. Invece Star
Treck è stato ritrasmesso poco tempo fa su La7.
Per quanto riguarda Jabba, ho cercato su youtube e ci sono
alcuni spezzoni dichiarati autentici presi dalla prima
versione di STAR WARS in cui quest'essere ha sembianze
umane.
PITCH BLACK l'ho visto, nulla di particolare ma buono per
passare un po' di tempo in maniera spensierata. C'è anche
un sèguito non molto sèguito chiamato The Chronicles of
Riddick. Ma comunque ha poco a che vedere col primo.
Se avessi la possibilità di mettere mano alla videoteca
della RAI sarei in grado di creare un canale ti tutto
successo.
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IVAN. 22 ottobre 2011 7:23
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(da francescodileo:) «"Guerre Stellari" [...] di meglio
avevano già fatto "2001 - odissea nello spazio" e "Spazio
1999".»
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Uhm...Nonostante siano accomunate dallo stesso Genere, non
credo siano opere paragonabili fra loro:
• “2001” è un film “mistico”, un esercizio di
stile del più grande regista di tutti i tempi (opin. pers.
ovviam. ma neanch. tant.) in cui l'impianto fantascientifico
è soltanto un pretesto accidentale.
• “SPAZIO 1999” aveva una impostazione di SF
iperrealista (potremmo definirla la versione “seria” di
STAR TREK). Un telefilm “adulto” credibile ed
affascinante (almeno la PRIMA serie; nella seconda -
complice un infelice cambio di Produttore - è stata rimossa
la sua componente di attendibilità scientifica,
trasformando la serie in un banale prodotto per
teenagers).
• “GUERRE STELLARI”, come detto, è una fiaba dalla
struttura classica, e come tale in essa può accadere Tutto
& il contrario di Tutto senza che gli si possano muovere
critiche di “incoerenza narrativa”.
Morale, non farei “classifiche” tra film dagli aspetti
così differenziati.
Jabba the Hutt: io ho visto quella che credo sia la versione
originale di “STAR WARS”, e ricordo che Jabba compariva
per alcuni secondi, ed era lo stesso schifosone dei film
successivi.
Invece “L'IMPERO COLPISCE ANCORA” (ep.5°) mi sono
accorto anch'io che è stato ritoccato per renderlo più
coerente con gli stramaledetti prequels realizzati
nell'ultimo decennio.
Una operazione discutibile che secondo me sfregia la
Naturalezza di opere che sarebbero da conservare così come
sono, coi loro pregi e difetti (ti immagini se quel bavoso
di Milo Manara si mettesse a ritoccare le proporzioni della
Venere del Botticelli?...)
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(Restando in tema di fantascienza:)
Un film moderno che mi ha colpito positivamente è stato
“PITCH BLACK”.
La trama di base è al limite del ridicolo (un atterraggio
di fortuna di un'astronave su un pianeta con la stessa
atmosfera e paesaggistica di un deserto
californiano...ARGH!!), ma il senso della suspance e la
definizione dei personaggi sono davvero di alto livello.
Vivamente consigliato per chi nei film di SF non si
accontenta di vedere solo alieni incazzati e pomposi effetti
speciali senza niente sotto.
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francescodeleo 4 ottobre 2011 11:16
Dei film su "Harry Potter" ho messo in classifica solamente
il primo film, ottimo a mio modo di vedere, ma anche il
terzo è molto buono, come anche il secondo. Contrariamente
alla denigrazione sistematica, io ritengo che questi film
siano molto originali e innovativi sebbene trattino un tema
diciamo non nuovo (sula carta) ma non sono film sulla magia,
qui la magia è uno dei tanti contorni alla storia, come lo
sfarzo visivo che hai accennato. Ma del resto non siamo nel
medioevo, la storia si svolge nel nostro tempo e l'ordine e
la pulizia non sono certo quelli dei secoli passati. La
magia è anche nell'impatto visivo che i film sanno
trasmettere. Non sono nemmeno film per ragazzi, o
esclusivamente per ragazzi, per il solo fatto che gli attori
principali sono dei ragazzi, poichè sarei autorizzato a
dire che i film che hanno come protagonisti gli animali sono
destinati agli animali. Comunque posoono piacere come non
piacere, a me piacciono. Io ritengo che siano stati i
capostipiti di un nuovo filone di film "fantasy", con
risultati che spesso mi lasciano perplesso.
"Guerre Stellari" viene definito un western moderno, ma
tant'è la storia anche qui è tradizionale, il bene contro
il male, lotta che viene affrontata nel futuro. L'impianto
scenico della prima trilogia è frutto dell'immaginazione
degli autori del periodo in cui il primo periodo è stato
girato, anche se di meglio avevano già fatto "2001 -
odissea nello spazio" e "Spazio 1999". Io non ho mai visto
le prime versioni dei film che compongono la prima trilogia,
quindi non posso esprimere nessun giudizio
particolareggiato. Per esempio, Jabba The Hutt nella
versione originale, se non erro, aveva le sembianze di un
essere umano e solo con il restyling successivo ha assunto
la forma di un essere alieno alquanto sgradevole. Molti
ritocchi computerizzati hanno interessato anche l'episodio
V. Chissa se un giorno avrò la possibilità di vedere le
versioni originali (nel frattempo è uscito in Bluray
l'ultimo cofanetto di tutta l'esalogia).
Che la forza sia con te, obIVAN kenobi.
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IVAN. 4 ottobre 2011 2:01
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(per Francescodeleo:)
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Personalmente le saghe seriali le digerisco poco già per
principio;
nel caso di “HARRY POTTER”, poi, c'è l'aggravante
dell'eccesso di sfarzo visivo, che mi fa apparire il tutto
piuttosto pomposo.
In altre parole, li trovo dei film sulla magia senza Magia.
Sarebbe stato meglio farne una trasposizione a cartoni, per
dire, come è stato fatto per “IL SIGNORE DEGLI ANELLI”
(la cui versione a cartoni secondo me si beve di gran lunga
la ridondante trilogia “realistica” di Peter
Jackson).
Al mio astio per i serials fa eccezione la trilogia di
“STAR WARS” (se escludiamo i 3 recenti quanto
inutilissimi prequels).
Qui la Magia è presente, anche se l'impianto narrativo
“fiabesco” è meno elaborato - anzi, ridotto proprio
all'osso: dei buoni-buoni contro dei cattivi-cattivi, e
punto. Una semplice favoletta di cavalieri medioevali dove i
cavalli sono sostituiti da astronavi.
Eppure è proprio questa semplificazione della storia che
permette ai contenuti simbolici di emergere (il dualismo
interiore tra Bene e Male, che non è questione di indole
naturale, ma di “scelta”).
Vero anche che il primo film (“STAR WARS”, 1977) era
già autoconclusivo di per sé, e non prevedeva seguiti. Non
c'era nessun accenno alla parentela (invero piuttosto
inverosimile) tra Luke, Dart Vader e Leila che ha poi fatto
da filo conduttore ne “L'IMPERO” e “IL RITORNO DELLO
JEDI”, ma se chiudiamo un occhio su questa forzatura,
possiamo dire che la storia si è sviluppata in modo
abbastanza appassionante.
Certo erano altri tempi, un modo di fare cinema forse più
ingenuo...ma considerando quel che di media viene sfornato
oggi (tutti spettacoloni ad effetto ma senza contenuto)
direi che sono film da riscoprire.
Che la forza sia con te.
obIVAN kenobi
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francescodeleo 3 ottobre 2011 15:58
Termino la mia classifica personale con la quarta posizione,
poichè oltre avrei parecchi ex-equo. La quarta posizione la
occupa l'intera saga di "guerre stellari". La prima volta
che ho visto per intero i tre film più vecchi, sebbene sono
stati modificati dalle loro prime rispettive uscite, è
stato circa dieci anni fa. A dire il vero la prima volta che
ho visto l'ultima mezz'ora del primo episodio e la prima
mezz'ora del secondo è stato agli inizi degli anni ottanta,
la mattina, su un canale della rai, forse rai due ma non ne
sono sicuro (in quegli anni la mattina verso le dieci la rai
trasmetteva dei film, in genere i comici con jerry lewis e
gli western con john wayne). Più recentemente gli ultimi
tre. Sebbene si tende spesso a considerarli due trilogie tra
di loro collegate, io considero comunque tutti e sei gli
episodi un'unica storia, ovvero una esalogia. Certo, sono
separati da trent'anni, ma solo di tecnologia, poichè
ritengo che il contenuto delle due serie è abbastanza
omogeneo. Ma guardando il primo episodio, ovvero l'episodio
quattro che in origine si chiamava "Star Wars" e basta senza
numerazione, mi rimane sempre qualche perplessità sulla
reale volontà di dare seguito al film, ma potrebbero aver
modificato la storia dei successivi o più semplicemente
avere atteso l'esito ai botteghini dello stesso. Comunque
qualche piccola imperfezione non modifica il mio giudizio
(altrimenti l'avrei fatto già con "ritorno al futuro"). La
storia la conosciamo tutti, addirittura qualche "fanatico"
ha fatto sorgere un movimento filosofico legato alla
"forza", ma sebbene il lavoro fatto in trent'anni è
notevole, non credo che c'è molto materiale per andare
oltre con la fantasia.
Che la forza sia con voi, e attenzione al lato oscuro :).
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francescodeleo 15 settembre 2011 20:16
Ovviamente qui si parla di film e comunque non ho letto
nessun suo libro, quindi non conosco in pieno la sua
genialità. Comunque da quello che si dice il suo genio
dev'essere pari a quello di Jules Verne, un altro grande
scrittore.
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francescodeleo 15 settembre 2011 19:36
"Io robot" è carino. Ti consiglio di vedere "l'uomo
bicentenario".
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lucillafiaccola1796 15 settembre 2011 18:43
Asimov è quel meraviglioso scrittore di romanzi di
fantascienza... molto scientifico e fantasioso... penso ne
abbiano ricavato anche qualche bel film. certamente non il
massone 2001 odissea nello spazio di kubrick, autore anche
dell'allunaggio del 1969
CITAZIONI DI ISAAC ASIMOV
Ardo dal desiderio di spiegare, e la mia massima
soddisfazione è prendere qualcosa di ragionevolmente
intricato e renderlo chiaro passo dopo passo. È il modo
più facile per chiarire le cose a me stesso. (da Civiltà
extraterrestri)
In ogni secolo gli esseri umani hanno pensato di aver capito
definitivamente l'Universo e, in ogni secolo, si è capito
che avevano sbagliato. Da ciò segue che l'unica cosa certa
che possiamo dire oggi sulle nostre attuali conoscenze è
che sono sbagliate. (da Grande come l'universo, Saggi sulla
scienza)
In tutta la storia della Galassia non risulta che alcuna
civiltà sia mai stata così sciocca da usare le esplosioni
nucleari come armi belliche. (da L'orlo della fondazione)
Inoltre affermava che, per diritto di nascita, si eredita
solo l'idiozia congenita. (da Il crollo della galassia
centrale)
Io, della Luna conosco praticamente tutto; se dovessi
andarci sarebbe inutile. E poi, dovrei salire
sull'astronave. Ma lo sa che io non prendo neppure l'aereo.
(citato in Roberto Gervaso, Ve li racconto io, Mondadori)
La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci. (da Cronache
della galassia, Mondadori)
Legge zero: Un robot non può recare danno all'umanità, né
può permettere che, a causa del suo mancato intervento,
l'umanità riceva danno.
Non c'è bisogno di viaggiare nel tempo per essere degli
storici. (da La campana canora)
Qualcuno disse che Hari Seldon lasciò questa vita proprio
come l'aveva vissuta, perché morì con il futuro che aveva
creato completamente schiuso di fronte a sé... (da
Fondazione anno zero)
Se la conoscenza può creare dei problemi, non è con
l'ignoranza che possiamo risolverli. (citato in Focus n.
98)
Il numero di Realtà è infinito. Il numero di ogni
sottoclasse di Realtà è infinito. Ad esempio, il numero di
Realtà che contengono l'Eternità è infinito, il numero di
Realtà che non la contengono è infinito, il numero di
Realtà in cui l'Eternità esiste ma viene abolita è
infinito. (da La fine dell'Eternità)
Anche da giovane non riuscivo a condividere l'opinione che,
se la conoscenza è pericolosa, la soluzione ideale risiede
nell'ignoranza. Mi è sempre parso, invece, che la risposta
autentica a questo problema stia nella saggezza. Non è
saggio rifiutarsi di affrontare il pericolo, anche se
bisogna farlo con la dovuta cautela. Dopotutto, è questo il
senso della sfida posta all'uomo fin da quando un gruppo di
primati si evolse nella nostra specie. Qualsiasi innovazione
tecnologica può essere pericolosa: il fuoco lo è stato fin
dal principio, e il linguaggio ancor di più; si può dire
che entrambi siano ancora pericolosi al giorno d'oggi, ma
nessun uomo potrebbe dirsi tale senza il fuoco e senza la
parola. (citato in Giuseppe Lippi, I robot dell'alba)
La vita è piacevole. La morte è pacifica. È la
transizione che crea dei problemi. (da Destinazione
Cervello)
Se la corrente ti sta portando dove vuoi andare, non
discutere. (da Destinazione Cervello)
La verità si ritrova sempre nella semplicità, mai nella
confusione.
La disumanità del computer sta nel fatto che, una volta
programmato e messo in funzione, si comporta in maniera
perfettamente onesta.
Non ho paura dei computer, ma della loro eventuale
mancanza.
Se il mio dottore mi dicesse che mi rimangono solo sei
minuti da vivere, non ci rimuginerei sopra. Batterei a
macchina un po' più veloce.
Se la popolazione mondiale continuerà a crescere con il
ritmo attuale, tra duemila anni l'umanità peserà più
della terra.
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francescodeleo 15 settembre 2011 11:24
Non ho capito se il tuo è un invito a leggere tale autore o
mi stai dando dell'asino. In questo caso ti dispiacerebbe
trans-articolare qualche parola in più?
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lucillafiaccola1796 14 settembre 2011 20:27
Asimov!
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francescodeleo 13 settembre 2011 18:54
Continuando con la mia classifica personale, colloco al
terzo posto "Harry Potter e la pietra filosofale". Che cosa
posso dire del film: l'autrice, con la sua esperienza di
scrittrice di libri per bambini, è riuscita a confezionare
un prodotto tradizionale ma che nel contempo è innovativo.
Il film ti incolla alla sedia sin dal primo momento e al
termine quasi ti dispiace un po' dovere lasciare Hogwards
insieme agli alunni che ritornano a casa per le vacanze. Ma
sono solamente ferie estive, dopo qualche mese si ritornerà
a scuola con nuove avventure.
(Nella mia classifica personale dei film su Harry Potter
colloco dopo il primo episodio "H. P. e il prigioniero di
Azkaban", "H. P. e la camera dei segreti", "H. P. e l'ordine
della fenice", "H. P. e il calice di fuoco" e poi gli
altri.)
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lucillafiaccola1796 30 giugno 2011 20:37
lady gaga...
stanley kubrick...strumenti o capi degli illuminati o sav di
sion?
STANLEY KUBRICK
Non siamo in grado, allo stato delle cose, di affermare che
STANLEY KUBRICK è appartenuto ad una qualche famiglia
esoterica. Né dalle sue biografie né da quanto asserito da
chi lo conosceva, ci sono riferimenti a questo. Eppure molte
le patenti che sono state a lui affibbiate: Fratello
Illuminato,[8] Alchimista,[9] Spiritualista,[10]
Antimassone,[11] presunto veicolatore di messaggi
satanici,[12] fino a quella, misteriosa, dell’uomo che ha
volutamente svelato, per la prima volta esplicitamente
attraverso il cinema, il rituale dell’unione con il
Femminino Sacro in Eyes Wide Shut, tanto da meritare
un'astuta menzione su Il Codice Da Vinci di Dan Brown.[13]
Forse, semplicemente, Kubrick era vicino agli ambienti
esoterici e, avendo una sterminata cultura d’autodidatta
ed un’infinita biblioteca, poteva in qualche modo
sopperire al far parte. La forte amicizia con Peter Sellers,
l’unico in grado di permettersi delle improvvisazioni
durante le riprese che spesso Kubrick finiva per
condividere, potrebbe essere stata un tramite verso
l’esoterismo, del quale l’attore inglese, massone della
Loggia Chelsea n. 3098 di Londra, non era certamente
digiuno.[14] Come asserito da Christiane Kubrick, «Stanley
e Peter erano fatti l’uno per l’altro. Le loro idee
combaciavano, e ciascuno dei due spronava l’altro con idee
e sfide.» Per Mozart, iniziato il 14 dicembre 1784 nella
Loggia Zur Wohltatgkeit di Vienna, tutto si semplifica
(almeno apparentemente).[16] La sua adesione alla Massoneria
nel settecento viennese è fuori discussione ed una chiave
di lettura esoterica, che pur non pretende di escludere e
sminuire le altre interpretazioni d’ordine sociologico,
storico, politico anzi le completa in modo fecondo, non
incontra difficoltà. E allora? Non rimane che provare e
riprovare, passo dopo passo, a ricostruire il filo esoterico
che lega le sue Opere a partire da 2001. Da lí inizia il
percorso. Ciò non toglie che anche i film precedenti sono
ricchi di spunti, ma non hanno, poi, l’organicità
iniziatica dei successivi. Il pavimento a scacchi -
Killer’kiss (Il bacio dell’assassino), Phats of Glory
(Orizzonti di gloria), Spartacus, Lolita -, le coincidenze
che inceppano il piano piú perfetto - The Killing (Rapina a
mano armata) o che salvano una vita - ancora Killer’s kiss
-, il labile e sfumato confine fra il Bene ed il Male -
ancora Lolita, Fear and desire - accompagnano la lettura, ma
non s’innestano su un tessuto prettamente iniziatico. In
tal senso possiamo ripartire in tre sezioni il Lavoro
kubrickiano: a. Tre documentari, iniziali sforzi di un
geniale giovane fotografo che approda alle fotografie in
movimento. b. 7 Film, da Fear and Desire a Dr. Strangelove
(Dottor Stranamore) dove una disamina impietosa del genere
umano e del suo destino sembra lasciare che un esile filo di
speranza, disseminato qua e là, immerso nella voce di
Christiane, futura moglie del regista, in Paths of Glory.
c. Sei Opere, da 2001 ad Eyes wide shut che,
presumibilmente, saranno oggetto per molti anni ancora di
studi, approfondimenti, interpretazioni. E solo queste sei
Opere -intese come rappresentazione di un percorso
iniziatico- [17] saranno analizzate nel dettaglio, con una
particolare attenzione a 2001 ed Eyes wide shut, Lavori
dove, a parer nostro, simboli e allegorie proprie
dell’esoterismo sono prioritari. Per le altre quattro
Opere, la chiave esoterica coesiste in una posizione
paritaria con le altre simbologie. In altre parole, Kubrick,
apre e chiude, seppur involontariamente, con Opere dal
significato iniziatico prevalente mentre, per le altre, i
significati sociologici o politici sono anche decodificabili
esotericamente ma non principalmente. Un altro degli
scogli da superare è quello del lettore. Non sempre il
mondo dei cinefili tiene nella dovuta considerazione
l’esoterismo, spesso confuso con l’occultismo.18 Esiste
sí ma solo dove è inequivocabilmente palese, come ad
esempio in talune opere di Roman Polansky come Rosemary’s
Baby (1968) o L’inquilino del 3 piano (Le locatarie, 1976)
o in quelle d'Alejandro Jodorowsky, regista profondamente
calato nell’esoterismo (El Topo, 1971 e La Montagna Sacra,
1973). Cosí gli studiosi d’esoterismo si trovano, spesso,
spiazzati dal cinema. Piú facile riferirsi alla
letteratura, all’architettura, alla musica, come spesso
fanno anche i critici cinematografici che, inconsciamente,
pensano cosí di nobilitare il cinema rispetto alle altre
piú consolidate forme d’Arte. Eppure nessuno negherebbe,
ad esempio, ad Il settimo Sigillo (1957) d'Ingmar Bergman la
valenza di fonte infinita di simboli tesi a svelare il
mistero della morte.19 Proprio quella Morte, raffigurata dal
volto bianco di un clown e con il corpo avvolto in un
mantello nero. Togliete il volto dall’immagine del
mantello aperto all’alba, di fronte al Cavaliere, e
troverete una spiccata assomiglianza con il monolito nero di
2001. Quello sí, rigorosamente parallelepipedo rispetto al
nero disarmonico della Morte che non sembra annunciare
alcuna rinascita iniziatica. Due forme quasi a volersi
chiamare da un Opera all’altra. Un caso? Forse.
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IVAN. 11 giugno 2011 12:28
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Tanto per non smentirmi, segnalo...
...“UNA CAGATA PAZZESCA!”
Ebbene sì: oggi alle 13.15 sul canale IRIS
trasmettono...
“IL SECONDO TRAGICO FANTOZZI”
Questo secondo capitolo (diretto da Luciano Salce) è anche
il migliore dell'intera serie; qui la componente simbolica
di critica sociale raggiunge un livello raffinatissimo,
condita da scenette surreali e parossistiche tra cui
spiccano:
• Il viaggio al casinò col duca conte («...E la smetta
di toccarmi il culo!»)
• Il varo della nave («Riparte da 72 metri la contessa
Serbelloni Mazzanti Viendalmare...»)
• La battuta di caccia («Ma lei non è un uomo...E' una
iena!»)
• La scena della finestra («Scusi...Chi ha fatto
palo?»)
• La cena di nobili («Tordo: la cosa più difficile in
natura!»)
...e OVVIAMENTE l'episodio della proiezione cinematografica,
col succitato commento di Fantozzi sulla "Corazzata
Potemkin".
Sempre gustoso da rivedere, anche dopo un fottìo di
visioni.
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sugar magnolia 2 maggio 2011 16:53
L'INFERNALE QUINLAN (1957) Orson Welles, Charlton Heston
http://www.tempimoderni.com/1999/
L'infernale Quinlan nacque come un poliziesco a basso costo
tratto da un romanzo di With Masterson. Orson Welles non
ebbe il tempo di leggere il libro e riscrisse in pochi
giorni lo script mettendo in primo piano la figura di
Quinlan, trasformando in messicano il poliziotto antagonista
(Charlton Heston/Vargas) e in una bianca americana la moglie
(mentre nel romanzo è il contrario). Ma il merito
principale del regista fu soprattutto quello di realizzare
con un budget da B-movie un'opera di straordinaria potenza
drammatica e linguistica.
L'infernale Quinlan racconta la storia di un poliziotto di
origine messicana, Miguel "Mike" Vargas e di sua moglie
Susan (Janet Leigh) i quali, fermatisi in una cittadina di
frontiera durante il loro viaggio di nozze, si trovano
coinvolti in una sporca storia di omicidi dietro la quale
trama Hank Quinlan, corrotto capo della polizia locale. In
questa "waste land" di confine ci sono luoghi d'abbandono
fatti di ponti spettrali, lagune industriali, trivelle,
serbatoi petroliferi e vecchi bordelli, balere allucinanti,
sotterranei pieni di archivi e immensi spazi, piatte
praterie interrotte da motel di second'ordine. Quando
Quinlan entra in scena, intorno a lui sciamano una corte di
sottoposti, vecchi sodali, notabili e l'impressione teatrale
si fa forte: è l'entrata di un vecchio monarca o di un
navigato cortigiano shakesperiano. Gli attori sembrano quasi
rivolgersi direttamente al pubblico per testimoniare
l'ammirazione che nutrono per lui e magnificare il suo
potere in quella terra. Quinlan è Welles a tutti gli
effetti: quando Marlene Dietrich, bruna e sfatta, nel ruolo
della chiromante Tanya gli dice che il suo tempo è ormai
scaduto è come se Welles godesse in un delirio
sadomasochistico del suo dolore più grande, quello di non
poter più fare film. Cosa che, più o meno, successe,
almeno nei termini in cui si intende a Hollywood. C'è
qualcosa di determinato e nevrotico nella volontà di
potenza di Quinlan, così come c'è qualcosa di infantile e
malinconico nella improvvisa manifestazione dei suoi
sentimenti. Quando vede Tanya, le si rivolge come un bambino
in cerca d'affetto e riparo più che di eccitazione: per
tutta risposta lei lo rimprovera per aver mangiato troppi
dolciumi ed essere diventato così grasso. Che bambino
cattivo.
La regia di Welles insieme alla fantastica fotografia in
bianco e nero di Russel Metty trasformano un "noir" classico
in un capolavoro. Tra le scene memorabili ricordiamo due
piani-sequenza: il primo, a inizio film, di quattro minuti e
trenta, è fra i più imitati della storia del cinema,
citato e onorato anche da Robert Altman ne I Protagonisti;
il secondo mette in scena l'interrogatorio di Sanchez
nell'angusto spazio di un paio di camere. Spostando pareti,
studiando al millimetro la distanza dalla macchina da presa
di facce e corpi, disegnando come in una miniatura la
composizione dell'inquadratura e soprattutto trascinando lo
spettatore in una scena dialogatissima, che tutti i suoi
interpreti ricordano come un tour de force micidiale ed
esaltante, il regista dà vita ad una sequenza di
straordinaria tensione e folle ritmo girata in una camera
che sembra popolarsi all'infinto di corpi.
IL NUOVO MONTAGGIO
La Universal trovò il film incomprensibile e lo rimontò,
aggiungendo delle scene girate da Harry Keller. Heston prima
si rifiutò di girare sequenze non dirette da Welles
(accollandosi l'onere delle spese delle giornate di ripresa
non effettuate) ma poi cedette. Dopo l'uscita il film fu
ulteriormente accorciato di 15 minuti. Ora lo storico
Jonathan Rosenbaum e il montatore Walter Murch (premio Oscar
per Apocalypse now) l'hanno restaurato basandosi sul
memoriale che Welles aveva scritto ai produttori. Non è un
montaggio d'autore, è solo ciò che Welles stesso avrebbe
fatto nel 1958 per salvare il film. La cosa forse più
vistosa è la mancanza dei titoli di testa nella sequenza
iniziale; altre sequenze sono montate diversamente e quasi
tutte le scene di Keller sono scomparse. Ironia della sorte,
il restauro riporta alla luce un'opera solo in minima parte
diversa da quella che conosciamo. Ci sono quindici minuti
mancanti e la sequenza iniziale cambia sensibilmente di tono
e di atmosfera, ma dei 50 cambiamenti che Murch ha apportato
seguendo il memorandum di Welles, nessuno è così decisivo
da farci saltare sulla sedia. Pertanto non guardate di nuovo
il film per scrupolo filologico: andateci invece per
rivedere su grande schermo un film memorabile, feroce,
cattivo.
LA SCENA MADRE
Quando Welles/Quinlan uccide Tamiroff/Zio Joe, lascia sulla
scena proprio ciò che finirà per incriminarlo: il bastone.
Lacan (psicanalista), non avrebbe a questo punto nessuna
difficoltà a chiudere il cerchio. Il bambino, nei primi
mesi di vita, usa il proprio fallo come esca per attrarre la
madre. Il cui desiderio è, sempre secondo Lacan, appagato
solo da un sostituto del fallo che è il bambino stesso, il
neonato. Forse è per questo che mi appare così
terrorizzante il minuscolo corpo di Zio Joe sospeso su Susan
come un atroce omaggio. Welles fece mettere all'attore delle
lenti a contatto perché i suoi occhi potessero apparire
vitrei, assurdi e clowneschi: il suo cadavere è una sorta
di bambolotto osceno, il feticcio di un rito perverso e
drammatico. «Non credo nell'inconscio, non mi piacciono le
spiegazioni psicanalitiche» dice Rohmer. Ma poco più
avanti aggiunge: «Quello che mi interessa è fare vedere in
che modo la volontà può manifestarsi al di sotto di
un'apparente indecisione». Proprio ciò che accade a
Quinlan, che scopre solo durante e dopo l'uccisione di Zio
Joe perché "c'è l'ha tanto" con Vargas, perché lo odia,
perché si trova lì e ha provato tanto piacere a puntare la
pistola contro il suo complice, perché ha sentito allora
che era "impossibile" non ucciderlo. Se ne rende conto anche
lui, stravolto, dopo aver lasciato sulla scena gli strumenti
inutili per riconquistare di nuovo l'amore assoluto e
incondizionato della madre. Il bastone. Il bambino. Nel film
Quinlan uccide Zio Joe per non avere testimoni, ma la sua
suggestione più profonda e segreta è che lo uccida in
preda ad un istinto che lo porta disperatamente a riprodurre
un rito primordiale in cui l'amore è ottenuto con uno
scambio di doni che è l'equivalente di un'offerta
illimitata, di un abbandono assoluto e disperato. Di certo
Tamiroff, e in ciò sta la grandezza della sua
interpretazione, appare più stupito che terrorizzato, come
se vedesse Welles per la prima volta, ed è questo che lo
paralizza impedendogli di sottrarsi al proprio assassinio,
Di certo Quinlan non osa mai per un solo momento "guardare"
Susan nel film se non quando questa non può vederlo. Susan,
d'altro canto, non vede mai Quinlan ed è l'unico
personaggio del film a non comparire al suo cospetto. Ma
quando succede e Susan gli compare distesa su un letto, di
fronte ai suoi occhi esplode la follia del vecchio re. Alla
fine della sequenza Quinlan è più sconvolto per ciò che
ha fatto o per aver capito "perché" lo ha fatto?
WELLES-BOGDANOVICH
Bisogna diffidare per principio delle letture che spiegano
troppo ma è sconcertante, oltre che scorretto tacerne, nel
momento in cui tutti i dettagli, come in un film, finiscono
al posto giusto. A pagina 327 di Io, Orson Welles, (Baldini
& Castoldi, 1996), libro di conversazioni con Peter
Bogdanovich curato da Jonathan Rosembaum, a proposito di
questa scena Welles dice: «E' una scena molto sgradevole,
orrenda. Mi sono sentito malissimo dopo. E' perversa,
morbosa. Non è che mi piaccia, fare quel genere di cose. Ma
bisogna fare così, senza mezze misure, nel genere schifezze
e morbosità. Tamiroff è grandioso in quella scena: quando
la guarda, quella pistola diventa tutti i cazzi mai esistiti
nella storia. Faceva paura come la guardava».
E' l'unico punto, a mia memoria, in cui Welles si sia mai
espresso in questo modo (e usando un lessico del genere), ma
è anche l'unico del libro in cui si lancia senza preavviso
in un'interpretazione grossolanamente psicanalitica, quando
per tutto il lungo dialogo con Bogdanovich, durato diversi
anni, si guarda bene dall'essere preso in trappola da
qualsiasi interpretazione dei suoi film in cui il suo
interlocutore cerchi di coinvolgerlo. Il fallicismo latente
in tutta questa sequenza di folle amore e folle violenza
rappresenta lo sbocco improvviso di una materia buia e
profonda che irrompe nella scena e invade senza resistenza
lo sguardo pieno d'acume e destrezza che il film ha sin
dall'inizio, come un getto di sangue in una polla
trasparente. Touch of Evil lavora senza sosta su questa
maliziosissima sovrapposizione: da una parte aggredisce i
nostri sensi con una prodigiosa disinvoltura e rapidità,
che ci comunicano il sentimento di una danza ipnotica e
incessante, un passare per le cose con una febbrile eleganza
mai priva della consapevolezza di quanto doppie e minacciose
esse possano essere; dall'altra ci inchioda alla certezza,
struggente e inviolabile, che da esse nessuno possa mai
davvero liberarsi. Un contrasto insanabile e palpitante che
ne L'Infernale Quinlan può essere ridefinito come tensione
tra il potere di una visione, che sembra in ogni momento
capace di trasformare nella bellezza di una forma l'immagine
del mondo, e la tenerezza rapita di una soggettività
atterrita e impotente di fronte al suo mistero. La forma del
film ci irretisce con una libertà strepitosa e ingannevole,
la sua sostanza ci trascina, quasi inconsapevolmente, in
quel luogo dove la rassegnazione, il rimpianto, la
malinconia, ci catturano per sempre. E' un luogo ben
conosciuto a chi ama i film di Welles. E' il luogo
dell'infanzia perduta, di Rosebud, del favoloso mondo degli
Amberson dissolto dall'incalzare del mondo industriale, di
Falstaff, che per buona parte del film ricorda davanti al
fuoco i giorni fausti di un passato troppo recente per
essere ricordato con accenti cosi mitici. La poesia
dell'Eden perduto è un focolaio nevralgico del cinema di
Welles e che Touch of Evil celebra una volta di più col suo
finale, quando il corpo di Welles si allontana galleggiando
come un capodoglio moribondo nella notte, sulle note della
nostalgica pianola di Tanya.
___________________________
Dal romanzo "Contro tutti" ("Badge of Evil") di Whit
Masterson. In viaggio di nozze in California con la moglie
americana (J. Leigh), Vargas (C. Heston), funzionario
messicano della Commissione panamericana antidroga, si
scontra con il capitano Hank Quinlan (O. Welles), ottimo
poliziotto dall'etica dubbia perché si considera al di
sopra della legge. Epilogo tragico. Sesto e ultimo film
hollywoodiano di O. Welles che aveva diretto i due
precedenti in Europa. Da un materiale pulp, da lui
completamente riscritto in meno di un mese, Welles (1915-85)
ha tratto un capolavoro del cinema nero, componendo un
memorabile ritratto di "uno sporco poliziotto, ma, a modo
suo, un grand'uomo": personaggio di tragica statura
shakespeariana nel contesto di una miserabile cittadina di
frontiera (Tijuana, filmata a Venice, California) che
l'imbecille titolo italiano stravolge. Straordinario film
(bianco e nero di Russell Metty con focali corte,
inquadrature insolite, piani-sequenza vertiginosi tra cui
quello celeberrimo d'apertura) per stile, virtuosismo di
scrittura, invenzioni e galleria di personaggi tra cui
spicca la bruna chiromante di M. Dietrich: i personaggi vi
contano più dell'azione, l'atmosfera più dei personaggi.
(Brevi apparizioni di Zsa Zsa Gabor, Joseph Cotten, Mercedes
McCambridge, Keenan Wynn). È con "Rapporto confidenziale"
la vetta del barocchismo wellesiano. La Universal tolse di
mano al regista il film in post-produzione, tagliò una
ventina di minuti, riducendolo alla durata di 95, fece
girare nuove scene (dirette da Harry Keller), modificò il
primo montaggio. Negli anni '90 il produttore Rick
Schmidlin, ammiratore di Welles, si propose di restaurarlo,
ripristinandolo nella sua forma originaria. Il restauro,
terminato nel 1998, fu fatto a cura di Walter Murch,
premiato con l'Oscar del suono per "Apocalypse Now", per il
montaggio e il suono di "Il paziente inglese". Grazie alla
Sacher, la nuova edizione è stata distribuita sul mercato
italiano in versione originale con i sottotitoli.
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sugar magnolia 24 marzo 2011 19:07
LA GATTA SUL TETTO CHE SCOTTA (1958) con P. Newman, Liz
Taylor, Burl Ives
che meraviglia, sono commosso da questo grande classico del
teatro americano anni '50, un film riadattato da un testo
per il teatro di Tenesee Williams
Si sta organizzando una festa per il 65esimo compleanno del
patriarca Big Daddy, ma nessuno in famiglia sembra
rallegrarsene:Brick, il figlio di Big Daddy è alcolizzato e
si sta allontanando dalla moglie Maggie, che invece è
innamorata di lui, il fratello maggiore di Brick e sua
moglie invece cercano di mettere le mani sul patrimonio di
Big Daddy, che è ammalato di cancro ma fino ad un certo
punto del film tenuto all'oscuro dai medici e dai figli
Conflitto interiore di Brick, un Newman in gran spolvero che
parlando con suo padre della mancanza di amore fa affiorare
tutti i drammi della vita di ciscuno
magistrale interpretazione di Big Daddy, Burl Ives, figura
intorno alla quale ruota tutto il film, grosso proprietario
terriero del sud di cui è simbolo il grande e morente
vecchio Padre, vero cardine su cui si regge la storia.
E' un attacco violento al cuore della crema della società
americana, la parte più profonda e in crisi di cui la
storia ne rappresenta uno spaccato straordinario e vivo più
che mai a distanza di 50 anni tondi.
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sugar magnolia 21 marzo 2011 22:17
IL FRONTE DEL PORTO (1954), di Elia Kazan, con
Marlon Brando
Alcuni film, con il passare degli anni, vedono accumularsi
sulle proprie spalle i segni del tempo e dell’usura, non
riuscendo a distanza di tempo a rivelarsi efficaci e
incalzanti come al momento dell’uscita. Non è questo il
caso di Fronte del porto, che a distanza di oltre
cinquant’anni mostra intatta tutta la sua forza e la sua
accuratezza nella messa in scena.
Ambientato nello spazio circoscritto di qualche docks nel
porto di New York, Elia Kazan ci racconta una storia di
riscatto e di redenzione che si snoda tra pub, malavita e
duro lavoro, costruendo una storia che sfugge da qualsiasi
tipo di pietismo e di consolazione. Nel farlo, il regista
scopre un attore straordinario, quel Marlon Brando che
verrà consacrato proprio da questa storia, vincendo
l’Oscar come migliore attore, una delle sei statuette, tra
le quali miglior film e miglior regia, aggiudicatesi
dall’opera di Kazan. Uno strepitoso Brando, dunque, forse
il migliore di sempre, duetta in scene d'altri tempi, con un
arcigno Karl Malden e con un'incantevole Eva Marie Saint, in
un trio di passione, di vigore e di sentimento, che scuotono
e fanno vibrare quella nota che si ha dentro, ma che non ci
si è mai accorti di avere. Ed anche il lato malvagio è
splendidamente affascinante. Il personaggio che è di Pat
Henning non è da meno per tensione e vigore degli altri
ruoli ed interpreti.
Un film che fa piangere, fa ridere, ci fa entrare nelle
viscere dei docks, ma anche nel cuore, nel profondo del
cuore di una gente dalla pelle dura. E la dinamica
dell'"uscita dal bozzolo" è strepitosa.
Un incontro, un volto nella folla. Segno tangibile che tutto
parte da un umanità che si scopre, da un'altro che ti
completa e ti eleva a ciò che da solo non saresti.
Girato per intero a New York, quasi sempre in esterni con
forti implicazioni sociali, sottintesi etici, risvolti
politici e accensioni melodrammatiche, è il trionfo
dell'ambiguità di E. Kazan che, come il suo sceneggiatore
Budd Schulberg, aveva molti conti da regolare con i
comunisti e li regola, imbrogliando le carte. E anche il
trionfo di uno stile di recitazione, quello del Metodo,
cioè dell'Actors' Studio.
M. Brando memorabile
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francescodeleo 18 marzo 2011 19:57
The Cube. L'ho visto una sola volta ma mi ricordo che è
orror. Comunque originale e da non farselo scappare. Peccato
che dalle mie parti Rai 4, nisba. Cazzo, in digitale tutta
la Rai!
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francescodeleo 18 marzo 2011 19:54
@ lucilla
2001 odissea nell'ospizio è molto vecchio. Nel 1970 era
sicuramente un film che poteva essere considerato un
capolavoro, come anche nel 1980, 1990 e forse oltre, ma
oggigiorno lo ritengo solo accettabile. Gli anni si fanno
sentire. Sebbene l'abbia visto tre volte, credo, nella mia
vita non digerisco ancora la morale indottrinata racchiusa
nel monolito. Mi fà ricordare sempre un film di fantozzi in
cui si ritrovava sempre tra i piedi la ruota, rapparesentata
in questo caso da una copia di ruote primitive unite fra di
loro con un asse. Stessa morale che trovo di basso livello.
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IVAN. 18 marzo 2011 19:33
.
Stasera su RAI 4 alle 21.10...
"THE CUBE - IL CUBO"
Piccolo gioiello di fantascienza di Vincenzo Natali
(canadese).
Produzione indipendente girata a bassissimo costo, ma che è
già diventata un "cult" fra gli appassionati del genere.
Nel film ci sono un paio di cappellate narrative e visive,
compensate però da un'ottima definizione dei personaggi e
da un magistrale senso della suspense.
Opera di genio sobria e senza fronzoli.
.
|
lucillafiaccola1796 17 febbraio 2011 19:37
A PROPOSITO DI STANLEY KUBRICK, POETICO MA...
MI E' CAPITATO DI VEDERE 2001 ODISSEA NELLO SPAZIO PEGGIO DI
QUELLO PENSO SIA ASSUNZIONE DI LSD! VA BENE PER CHI CREDE
NELLE FAVOLE ! UN IN CUBO !
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IVAN. 17 febbraio 2011 0:18
.
BARRY LYNDON...
Ho appena finito di vederlo sul canale IRIS, per la 8°
volta. Migliora ad ogni visione (come ogni film di S.K.)
Quanta raffinatezza, quanta cura, quanta ricchezza di
contenuti e metafore. Kubrick è proprio la quintessenza del
Cinema.
(Strepitoso il modo in cui è stato girato il duello finale:
tempi, musiche, atmosfere...tutto semplicemente
PERFETTO.)
.
|
sugar magnolia 16 febbraio 2011 21:48
BARRY LYNDON (1975) Stanley Kubrik
Uscito nelle sale nel 1975, "Barry Lyndon" è un film dotato
di rare bellezza e profondità artistica. Considero questo
film di Kubrick uno dei più belli della storia del cinema,
per l'incredibile sintesi, realizzata qui dal Maestro, tra
pittura, poesia e musica. Ora, senza entrare nello
specifico, mi limiterò a considerare la colonna sonora che,
come in ogni film di Kubrick, è curatissima in assonanza
com'è con "l'orizzonte interiore" dei personaggi,
consigliandovi in ogni caso di vedere questo capolavoro
assoluto.
A fare da sottofondo ai titoli iniziali abbiamo "Sarabande"
di Haendel, che si ripeterà più volte nell'arco del film,
reinterpretato e reso più cupo a seconda delle situazioni
proposte. Questo è il vero e proprio tema di Barry, tragico
e, insieme, malinconico, all'inizio e alla fine, e come tale
farà da sfondo ideale alle sue esperienze (e tragedie...)
principali. A seguire "Women Of Ireland", ballata irlandese
che, insieme alle incredibili sequenze di paesaggi e alla
problematica iniziale del film, riesce a sfumare i confini
che ci separano dallo schermo, a farci "vivere" e "pensare"
quasi vivessimo dentro la vicenda.
Musica, dicevo. Ma anche pittura e poesia.
A seguire altre ballate tradizionali irlandesi, alcune
festose e giocose, altre malinconiche e...pesanti. Inizia la
fase del "Barry soldato" e le musiche non possono essere da
meno, con quel tono marziale e guerresco tipico delle marcie
del XVI-XVIII secolo. Molto carina la "Hohenfiedberger
March" dal tono pomposo e magniloquente. A proposito: le
ballate tradizionali composte per l'occasione dai The
Chieftains hanno vinto addirittura l'Oscar.
Ed ecco tornare "Women Of Ireland". Ma non è più un amore
irlandese quello di Barry.
Qui la musica ci dice qualcosa che non è esplicitato
chiaramente nel film. Questo è un classico nei film di
Kubrick (basti pensare a Shining).
A seguire abbiamo una serie di composizioni di musicisti che
hanno fatto la storia: Mozart, Haendel (viene ripreso e
modificato il tema), Schubert, Vivaldi, Bach. Grandissime
scelte quelle di Kubrick. Ci sarebbe davvero troppo da dire
per ognuna. Queste musiche non sono celebrissime ma sono
magnifiche, si sposano con la vicenda in maniera perfetta.
Sembrano nate apposta "per il momento" rappresentato.
Bellissimo il "Concerto in E Minor" di Vivaldi. Prelude il
sublime finale. Non dico altro.
Ed eccolo: "Piano Trio In E Flat" di Schubert. Quale
migliore sfondo per il vedere sfumarsi la vita di quest'uomo
in pochi attimi! Quel pianoforte dal tocco marziale, quel
violino così triste... Come vorrei poter trasmettervi le
emozioni attraverso questa fredda tastiera di computer!
Impossibile. Da contemplare.
Titoli di coda. Haendel, "Sarabande". Grandioso. Arte
Suprema.
Questo film è patrimonio dell'umanità tutta.
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