Commenti
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king
7 marzo 2004 0:00
mamma mia ...! Con quest'ultimo discorso super-logorroico si è blokkata la discussione!!!

bah! forse non esistono + maestre che insegnano a fare i riassunti?

che barba... spero che si riesca a ravvivare di nuovo questo forum affossato con 1 milione di parole soporifere.
Salvo Pagano
12 febbraio 2004 0:00
Da:Salvo Pagano
Data: 12 febbraio 2004

Gent. Alessandro Pedone,

sono Promotore Finanziario da 12 anni, e da almeno otto studio le metodologie quantitative.

I risparmiatori, desiderano più consulenza, ma come si organizzeranno gli intermediari finanziari per venire incontro a questa esigenza? Meglio consulenti indipendenti o promotorii di una S.I.M. ?... Andiamo con ordine.

-I promotori, per catturare l’attenzione del cliente, devono raccontare la “favola” che il valore aggiunto di un prodotto gestito deriva dalla capacità del gestore. Lei sostiene non essere vero poiché “Tutti i prodotti di gestione del risparmio che richiedono il pagamento di una fee (che in piccola parte va a finire nelle tasche dei promotori finanziari) a fronte di un presunto valore aggiunto derivante dalla capacita’ di gestione sono prodotti mediamente sconvenienti per i clienti. Questo e’ un dato oggettivo. Cio’ non significa che non esistono, ovviamente, prodotti che fanno meglio della media del mercato. Significa solo che, mediamente, il costo della gestione non ripaga in termini di rendimento e poiche’ e’ impossibile determinare il prodotto che fara’ meglio della media del mercato, mediamente conviene non utilizzare questi prodotti.”
A mio parere la causa non è soltanto questa. Un’altra, ben più importante, risiede nel fatto che un prodotto non può essere analizzato solamente dal punto di vista del rendimento (ed anche dei costi), ma dal rapporto rischio/rendimento. Se dunque sono d’accordo con lei sul fronte dei rendimenti, mi lasci aggiungere (anche per rispondere al collega Guarnaccia che mi precede nell’intervento) che dal punto di vista del rischio le cose stanno diversamente poiché esso consta di due componenti, rischio sistematico e rischio non sistematico o specifico: mentre il primo risulta indagabile oltre che remunerato ed è tendenzialmente stabile, il secondo rappresenta il cosiddetto random noice, non è remunerato e non è prevedibile.
Dunque il problema è l’ efficienza (vedi MARKOWITZ), ma quella di un portafoglio non è la semplice sommatoria delle singole efficienze dei prodotti che lo compongono, è di più, molto di più. Occorre dunque avere le conoscenze ed i mezzi per indagare.

-Affrontiamo adesso l’iter di trattativa di un promotore: “la prima cosa da fare è l’analisi del cliente”. Ma con quali mezzi? Come si fa ad analizzare, in maniera inequivoca e trasparente per il cliente, la sua propensione al richio? Intendiamoci, Metodologie – Modelli e Strumenti ci sono, ma chi mai li utilizza? La pantomima dell’acquisizione della fiducia è ben poca cosa! Manca un linguaggio ed un paradigma metodologico comune, la possibilità (per gli operatori e per gli investitori) di un confronto oggettivo. Non si può passare direttamente dall’analisi dei bisogni alla proposta (a causa di quel rischio specifico presente in tutti i prodotti d’investimento). E poi è una questione di cultura finanziaria del proponente e del cliente (ecco l’importanza dell’education), tanto è vero che la richiesta continua che ci sentiamo rivolgere è quella di fornire un investimento di rendimento massimo e di rischio minimo, il che è un’utopia. Dunque si può asserire che le commissioni nel risparmio gestito, finora, sono state il prezzo della non conoscenza e della delega (ma il cliente è convinto che una volta pagato non dovrà più perdere).
-Dunque la consulenza indipendente, la pianificazione finanziaria indipendente sembra essere la soluzione.
Ma il problema è: con quali mezzi riesco a fare pianificazione finanziaria? Forse spalmando su più orizzonti temporali l’investimento? Seguendo quale metodo? Se intendo avviare un investimento a 48 mesi, chi mi dice quale è il prodotto giusto? Dovendo consigliare un cliente che risulta avere una propensione al rischio medio-alta quale prodotto posso segnalare? Come vede il problema è sì l’indipendenza, ma soprattutto la conoscenza, oltre ai mezzi che mi consentano di risolvere l’arcano.
La grande illusione, come io la chiamo, è che quando siamo di fronte al cliente pretendiamo di dargli le risposte che lui vuol sentirsi dire. Perché si continua a sottacere il rischio di un investimento e quando se ne parla lo si chiama volatilità e lo si misura in termini qualitativi (basso, medio, alto) e non quantitativi (intendo numerici)? Dico ciò poichè ho il dubbio che il suo “rischio medio” e il mio non coincidono. Ancora. Quando si consiglia un prodotto finanziario si ragiona come se quell’investimento riguardasse tutto il risparmio dell’investitore e dunque si ricerca il miglior prodotto in assoluto (Ma qual è? Quello forse dalle migliori performances passate?). E ammesso che esista, un unico prodotto può risolvere tutte le esigenze dell’investitore? Non è forse vero che auspicabilmente occorre costruire la cosiddetta frontiera efficiente dell’investitore che va dall’esigenza di investimento risk free a quello di massimo rendimento atteso e quindi con più rischio? Qualcuno mi spiega che senso avrebbe investire senza rischio per soddisfare bisogni di lungo/lunghissimo termine? (Certo non è di moda parlare di ciò, ma a furia di seguire le mode i risultati stanno sotto gli occhi di tutti): lei dice ”In sintesi, io sostengo che un risparmiatore inesperto fa molto meglio ad utilizzare un ETF che un fondo a gestione attiva. Questo non significa che un fondo indicizzato sia la soluzione per tutto, ovviamente”. Io ritengo, invece, che il problema sia risolvibile attraverso la ricerca dell’efficienza e dell’efficacia in sé e relativamente alla situazione dell’investitore, attraverso tutto ciò che il mercato offre. Altrimenti perché esistono questi prodotti, non le pare? Il problema è: con quali strumenti posso realizzare portafogli efficienti che non obbediscano solo a logiche della fabbrica prodotto o dell’intermediario istituzione?

-Veniamo alla consulenza indipendente. Lei sostiene che “Quello che puo’ fare un cliente, ad oggi, e’ cercare di indagare il piu’ possibile sulle qualita’ morali e professionali della persona a cui chiede consigli. Questo dovrebbe valere per tutti i professionisti ma vale ancora di piu’ per una categoria professionale emergente che non ha ancora nessun tipo di struttura di controllo”. Fatta salva la possibilità di indagare sulle qualità morali del promotore, lei ritiene davvero che il cliente sia in grado di indagare su quelle professionali? Ma se l’investitore, mediamente, non è in grado di intendere le differenze tra un titolo di debito e uno di rischio!
Il promotore, indipendente o no, secondo me, deve essere attrezzato per essere un professionista: da ciò deriva che occorre un albo a cui si accede con esami seri su materie che non siano solo burocratiche, ma che diano la conoscenza vera della pianificazione finanziaria (e non come sta succedendo in questi giorni con i noti scandali: i media ci propinano giornalmente pareri difformi dell’oracolo di turno che ragiona ancora una volta sciorinando presunte verità che sono invece ritriti balletti che non approdano a nulla. Vuoi investire senza rischio, compra titoli di stato, BTP o CCT, come se questi titoli fossero veramente senza rischio di oscillabilità, di inflazione, di interesse ecc…).
Bene, dette tutte queste eccellenti cose, questo “ideale” professionista dovrà fare i conti con la realtà, e qui le domande si affollano:
- Di quante risorse deve disporre per potersi dotare di appropriata cultura – formazione e strumenti di supporto?
- Ed una volta che tutto ciò fosse possibile,“ oggi “ , in un quadro normativo che lo vede ancora legato ad una casa mandante, come si configura la sua attività, seppure ricca di trasparenza, efficienza e approccio metodologico rispetto alle eventuali incoerenze con la mandante…?
- E ancora, di fronte all’eventuale, molto probabile nel tempo, contestazione da parte di un cliente – investitore – di chi sono le responsabilità e , quel che più conta, chi risponde e come…?
Come si vede il tema non è liquidabile facilmente…
Sicuramente al di là delle buone volontà del singolo operatore che tende ad un’attività realmente professionale vi è un “ineludibile” ruolo degli altri soggetti in causa (Fabbriche prodotto – Intermediari istituzionali – Risparmiatore) e quindi occorre un quadro normativo “serio e reale” , tale da consentire un concreto recupero del rapporto oggi inesorabilmente minato da un ventennio di GRASSA IMPROVVISAZIONE, da parte di tutti gli attori, non ultimo del risparmiatore che non può e non deve soltanto delegare.
Vedo che, nonostante ciò che è successo, il dibattito è prigioniero di se stesso, delle sue consolidate certezze che con arroganza vengono portate all’attenzione di tutti come verità assolute, ma questi presunti guru sono gli stessi che fino a qualche tempo fa magnificavano l’investimento azionario, la new economy, e forse persino gli investimenti in quelle aziende che oggi non esitano con una certa faccia tosta a crocefiggere.
Come vede il problema è di tipo culturale, e sembra enorme, poiché nessuno può esimersi da un coinvolgimento diretto e personale: il cambiamento ci mette in crisi, coinvolge le nostre certezze. È auspicabile, quindi, una maggiore concretezza e corretta impostazione dei problemi: proporrei l’apertura di tavole rotonde che con serità e disponibilità a risolvere i problemi vedano coinvolti gli organismi che sono parte del mondo degli investimenti (CONSOB – ANASF e chi più ne ha…), anche se va riconosciuto il merito a chi come lei si fa promotore di dialoghi a più voci.

Salvatore Guarnaccia
10 febbraio 2004 0:00
Gent.ssimo Alessandro Pedone

Vorrei chiederle cosa ne pensa di Efpa Italia. Mi chiedo se non condivide che un consulente finanziario indipendente, comunque si presenti alla sua clientela con una certificazione di professionalità seria come quella che ad esempio rilascia Efpa. Mi sembra che al momento l'iniziativa di Efpa sia unica nel suo genere, ed a mio avviso valida, perchè i requisiti di professionalità vagliati con esami difficili e selettivi, sono univoci in tutti i paesi della comunità europea che al momento aderiscono all'iniziativa.

A.Pedone http://investire.aduc.it
30 gennaio 2004 0:00
Gentilissimio Guarnaccia,

le rispondo rapidamente sebbene il suo interessante intervento meriterebbe una risposta piu' meditata, ma di questi tempi, se mi ripromettessi di prendere del tempo per risponderle rischierei di farlo molto tardi o non farlo affatto.



Allora preferisco essere breve e magari non proprio puntuale.



Prima questione: "il mercato non sarebbe pronto per la consulenza indipendente". Io ho una visione completamente diversa. Io credo che sono i consulenti indipendenti che non sono pronti perche' non professionalizzati. Inoltre, di solito, i promotori con un portafoglio molto grande, non rischiano il passaggio all'indipendenza perche' hanno una buona fee mensile.



Seconda questione: "Sharpe, la CAPM, e l'efficienza del mercato". Condivido il fatto che se tutti utilizzassero la gestione passiva il mercato perderebbe di efficienza. Naturalmente tutto questo e' ipotetico, perche' non sara' mai possibile che tutti utilizzino la gestione passiva. Il problema, oggi, a mio avviso, e' concreto. Per un comune risparmiatore e' meglio utilizzare la gestione passiva o quella attiva? Credo che una persona correttamente informata non possa che scegliere la prima.

Il discorso su Sharpe in generale, a mio avviso, e' molto piu' complesso. Io trovo che le tesi di fondo di Sharpe (prendiamo Sharpe per tutta la scuola, anche se Sharpe si e' preso in larga parte meriti non suoi) siano veramente lunari. Gli operatori nei mercati finanziari sono tutt'altro che razionali e non e' vero che le informazioni sono fruibili per tutti. La CAPM, a mio avviso, non e' una teoria utilizzabile nella pratica.

I consulenti finanziari indipendenti non possono trascurare l'elemento umano. I loro clienti sono tutt'altro che razionali ed il loro obiettivo non e' quasi mai la massimizzazione del rendimento, ma dell'utilita'. E qui il discorso si complicherebbe.

In sintesi, io sostengo che un risparmiatore inesperto fa molto meglio ad utilizzare un ETF che un fondo a gestione attiva. Questo non significa che un fondo indicizzato sia la soluzione per tutto, ovviamente.
Fabio
29 gennaio 2004 0:00
"...Un appunto particolare bisogna farlo in caso di investimenti: questi ultimi, infatti, se fatti tramite promotore finanziario sono in genere piu' onerosi per il cliente rispetto agli stessi investimenti effettuati allo sportello."
Questa dichiarazione di Elisa Mattarolo è oggettivamente falsa. Nella stragrande maggioranza dei casi (Considerato il medesimo istituto bancario ed il medesimo prodotto) i costi sono i medesimi (In questo caso la Banca rinuncia a parte dell'utile per fare una operazione che probabilmente senza pf non avrebbe fatto). Dire inoltre, che il promotore "Serio" tende a consigliare i prodotti più costosi equivale a dire che un cfi "serio" tende a simulare una maggiore complessità nella valutazione delle esigenze e nello strutturare soluzioni per il cliente (O si è seri o no!).
Paradossalmente (E dal punto di vista di un promotore quale io sono),a parità di serietà, un cliente spende più con un cfi perchè ai costi bancari si aggiunge la parcella.
E non mi venite a dire che poi il PF muore di fame perchè sappiamo che è solo una questione di volumi.
E' spiacevole constatare che PF e CFI siano caratterizzati da pregiudizi reciproci. E' un approccio diverso alla stessa attività...è il cliente che decide il resto (Come sempre!).
Auguro ad Elisa ed ai suoi colleghi tanta fortuna per una attività (CFI) che se portata avanti con passione e "serietà" la porterà lontano.
Lo stesso faccio ad ogni PF che guardi al suo lavoro con lo stesso atteggiamento.
Saluti
Salvatore Guarnaccia
30 gennaio 2004 0:00
Gent.ssimo Alessandro Pedone

Sono Promotore Finanziario da circa tre anni, con un esperienza precedente di due anni in banca tradizionale, una laurea in Economia con tesi in Finanza proprio sul CAPM di William Sharpe che più volte a citato a sostegno delle sue argomentazioni. Sono inoltre professionista certificato €FA da dicembre 2003, come qualche suo collaboratore.

Leggo spesso gli articoli del suo sito con cui mi trovo daccordo il più delle volte.

Il dibattito da Lei aperto in questo forum non può che interessarmi.

Se è indubbio che oggi sia i risparmiatori, che i promotori finanziari (vedi Real Trend pubblicato su Plus del 17/01/2003) desiderano i primi più consulenza, e i secondi essere professionalmente messi in condizione di poter dare consulenza, dubbio è come si organizzeranno gli intermediari finanziari per venire incontro a questa duplice esigenza.
Avrà la meglio e in che tempi la consulenza indipendente sulla consulenza strumentale alla promozione di servizi finanziari, o viceversa?!?

Non c'è dubbio che in linea di principio la consulenza finanziaria indipendente è mediamente un servizio per il cliente più efficiente della consulenza strumentale alla vendita, in quanto la prima è priva di conflitti di interesse, ma non ritengo tuttavia che il risparmiatore medio sia ancora sufficientemente maturo da apprezzarne la convenienza.

Solo un promotore finanziario con un portafoglio superiore ai 15/20 mln di Euro, con rapporti super-fidelizzati, può a mio avviso permettersi di fare da pioniere nel mondo della consulenza indipendente.

Inoltre, e questo è lo scopo prevalente del mio intervento, l'interpretazione da Lei data al pensiero di Sharpe nell'articolo "Indexed Investing: A Prosaic Way to Beat the Average Investor" non è corretta.
Sarà anche vero che mediamente i fondi attivi faranno peggio di quelli passivi, ma Sharpe stesso sostiene che è proprio la ricerca dei gestori attivi che dà un contributo ineliminabile all'efficienza del mercato. Sharpe nel suo articolo suggerisce ai suoi interlocutori che la gestione passiva è un elemento di diversificazione del portafolglio da prendere in seria considerazione per ridurre i costi complessivi della gestione di un portafolglio, non l'unica scelta da fare. E questo perchè se tutti fossero gestori passivi nessuno darebbe efficienza al mercato.

Inoltre non bisogna dimenticare che l'esempio di Sharpe con cui efficacemente mostra come una gestione passiva in media sia più efficiente rispetto alla gestione attiva si muove nell'ambito di ipotesi di base esemplificative(tipiche anche del CAPM in quanto modelloo di equilibrio del mercato dei capitali) che non si verifi cano nella realtà dei mercati.
Ad esempio Sharpe implicitamente nel suo esempio suppone che tutti gli investitori attivi hanno lo stesso accesso alle informazioni, la stessa capacità di analizzarle, seppur con atteggiamenti di investimento diversi.
Negli investitori attivi che cita Sharpe, ci sono sia i gestori di fondi di investimento, che i piccoli risparmiatori che acquistano ad occhi chiusi.....

Io non posso che trovarmi daccordo con la lettera del pensiero di Sharpe. I fondi passivi devono essere un elemento presente in un portafoglio ma non possono sostituire una buona selezione di fondi attivi. E gli strumenti esistono (Indice di Sharpe, Treynor, Sortino, Alpha, information ratio......)

Cordiali saluti
A. Pedone http://investire.aduc.it
21 gennaio 2004 0:00
Rispondo a Mauro Casciola del 20 Gennaio.
Fortunatamente da un po' di tempo esistono gli ETF. Strumenti con bassissime commissioni di gestione ed acquistabili presso qualunque intermediario con il massimo di diversificazione possibile e quindi l'eliminazione del rischio specifico per i clienti.
Quando e se e' necessario acquistare fondi, esistono supermercati on-line che permettono di eliminare le commissioni d'ingresso e scegliere fra i fondi piu' efficienti.
Gli strumenti, fortunatamente, oggi esistono.
Mauro Casciola
20 gennaio 2004 0:00
faccio la professione di promotore finanziario dal 1985, ho cambiato 2 società prima di approdare nella attuale. ora lavoro in una piccola rete che nella filosofia si avvicina ad un concetto di indipendenza, in quanto distribuisce prodotti multibrand. E',molto probabilmente il sogno di molti promotori svolgere un'attività completamente indipendente come dice il Sig. Pedone. penso che un aspetto comune tra promotore e consulente sia quello di individuare il criterio di scelta di un prodotto rispetto ad un altro.
cercherò di farmi capire meglio ponendo alcune domande:posso scegliere i prodotti valutando solamente i minori costi commissionali? in un mercato come quello che stiamo vivendo da alcuni anni non facciamo correre troppi rischi al cliente consigliandogli l'acquisto diretto di titoli? (Enron, Cirio, Parmalat, Argentina...ma anche Seat, Tiscali, ecc. nel 2000).
E' vero il risparmio gestito costa al cliente in termini di accesso e di gestione, i fondi comuni, i fondi di fondi, le gestioni patrimoniali sono veramente onerose e a volte non garantiscono performance in linea con i Benchmark(?).
E' meglio correre rischi nell'acquistare direttamente sul mercato dei titoli con il rischio di incorrere in pericoli che a priori nessuno può conoscere fino in fondo, oppure pagare una commissione per un'attività di gestione che abbassa notevolmente il livello di rischio attuando una diversificazione ampia?
il prodotto gestito ha dimostrato negli anni un grado di rischio inferiore a singoli titoli. è vero ha costi alti.
l'ovvietà mi porta a dire che l'ottimo sarebbe poter fare consulenza indipendente con prodotti gestiti a bassissimo costo. ma esistono società di gestione che hanno questi prodotti?
ad oggi forse è preferibile informare il cliente dei costi che deve sostenere per ottenere una performance superiore alla media in un periodo di 5/10 anni con un buon livello di sicurezza e magari con una diversificazione multibrand e multiprodotto.
aspetto comunque fiducioso e forse illuso che nella direzione di una maggiore tutela per il risparmiatore ci vadano, prima dei promotori, le banche.
mi scuso se nella foga di scrivere posso aver commesso qualche errore, spero comunque che i concetti che volevo esprimere siano stati comprensibili.
Giuseppe D'Orta
19 gennaio 2004 0:00
Sulle richieste di Fabrizio Nava.

"In pratica vado dal cliente, concordo le operazioni da effettuare, e lui mi consegna i moduli firmati e compilati che io prontamente consegno alla sua banca, alla quale mi ha preventivamente presentato, per l'esecuzione dell'ordine".


A mio modo di vedere, non è possibile effettuare un servizio del genere. Il consulente può assistere il cliente, ma suggerisco di non intromettersi in alcun modo nelle operazioni che egli compie attraverso il proprio intermediario.
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Giuseppe D'Orta, consulente Aduc per gli investimenti finanziari.
Giuseppe D'Orta
19 gennaio 2004 0:00
>>>La Consob non regola gli atti e le vicende dei cfi, fino a quando questi non penetrano in argomenti di competenza pf.


Avevamo capito che per Lucenti esistono solo i promotori finanziari, ma arrivare a negare l'esistenza dell'articolo 1 (articolo uno...) del Testo Unico della Finanza mi pare un po' troppo.

Articolo 1, Comma 6, lettera f: consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari.
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Giuseppe D'Orta, consulente Aduc per gli investimenti finanziari.
Alfonso
18 gennaio 2004 0:00
Mi piacerebbe sapere perchè tutti quanti si scagliano contro un promotore attento e preparato come Antonio Lucenti, forse per caso non siete in grado di controbattere? Secondo me il contradditorio è utile per crescere... Mah...
danny
17 gennaio 2004 0:00
Premetto che trovo anch'io ben poco costruttivo il modo di argomentare del Sig.Lucenti che sembra voler dimostrare quanto e' bravo lui, assai piu' che trovare obiettivi comuni.
Nel ciclone Parmalat si stanno anche dicendo tante sciocchezze. Credo che Beppe Grillo (che ascoltai al palasport di Rimini la notte del capodanno 2002-2003) dicesse cose molto piu' serie ed importanti della demagogia spicciola che ci propinano adesso alcuni politici.
Tra questi si distingue il filosofo-deputato Rocco Buttiglione, che l'ultimo numero dell'Espresso descrive quale fino a ieri assiduo frequentatore di Calisto Tanzi.
Dichiara infatti oggi il ministro Buttiglione che le Banche dovranno rimborsare i risparmiatori-Parmalat. Ma e' bene essere molto chiari su questo tema, se pure ci sono tanti risparmiatori che si sono fidati della loro banca e senza coscienza di quanto facevano hanno investito in Parmalat, e se pure ci sono Banche che hanno rifilato "generosamente" a Clienti titoli Parmalt in loro proprieta', NON SEMPRE E' COSI'.
Ci sono ancche risparmiatori un po' "avidi" ed incontentabili, magari gia' scottati da Argentina, che hanno assillato le Banche per investire in titoli a piu' alto reddito, e che coscientemente hanno firmato ordini di acquisto obbligazioni ed azioni parmalat.
Per costoro, che al di la' di molti piagnistei non sono affatto pochi, non e' giusto, ne' legittimo che si invochino guarentige e rimborsi. Non sara' il "sistema", e dunque tutti noi, a dover pagare per loro. Se vuole per loro paghi Buttiglione.
antonio lucenti
16 gennaio 2004 0:00
Egregio dottor D'Orta,
cosa c'entra" prendetevela con quelli..."
Non ce la stiamo prendendo con nessuno: c'è qualcuno che fa delle domande e qualcuno che risponde, su argomenti precisi. Non è una chiacchierata o uno sfogo su quello che dovrebbe essere e che non è.
La dichiarazione apodittica è "falso" è un po' poco.
La Consob non regola gli atti e le vicende dei cfi, fino a quando questi non penetrano in argomenti di competenza pf.
E' chiaro quindi, che ad essere soggetti alla Consob sono i pfi. E non i cfi.
Leggendo il testo completo del DL/99023323 , da lei citato, si rileva chiaramente che la risposta viene data in relazione alla possibilità che ci sia uno sconfinamento del cfi nel campo di pertinenza della regolamentazione Consob, che è appunto quello dei pf.
Che la Consob faccia o non faccia leggi, non ha alcuna rilevanza ai fini del discorso che facciamo: non possiamo cambiare le norme, ci dobbiamo attenere a quelle esistenti, ed alle loro variazioni.
Si sta cercando di appurare se la Consob abbia o no, potere di controllo sui cfi, al di là delle possibili attività che questi potrebbero compiere, attinenti i pf, e quindi dalla stessa regolamentate.
Fino ad ora la risposta rimane: i cfi non sono consobizzati.
Ma ripeto che, se qualcuno mi fornirà diverse e provate notizie, lo ringrazierò e ne farò tesoro: non ho nessun motivo per pensare o agire diversamente. Imparo ogni giorno qualcosa di nuovo, e volentieri riempio i vuoti di conoscenza tecnica e generale.Però ,ripeto, regolamenti e le norme , possono essere discusse, ma devono essere osservate .
cordialmente
antonio lucenti
16 gennaio 2004 0:00
Signor Nava,
quello che lei dice delle banche è esperienza di ognuno di noi e di tutti i giorni. Rinforzata da dichiarazioni ambigue di personaggi anche di grande rilievo. Io sono entrato in contatto con Aduc ( e ne sono divenuto un affezionato, anche se un po' rompino..) proprio per pubblicare la lettera che incollo qui sotto , e che SOLO ADUC HA PUBBLICATO.

Le ricordo che la Consob risponde ,con i suoi tempi, ma anche con la sua autorità istituzionale,opponibile in qualunque sede, alle domande che le vengono poste.
Se lei visita il sito, probabilmente troverà alcune delle risposte che cerca, quando sono relative ad un contesto attinente alla materia regolamentata.
Lei può in ogni caso , porre le sue domande.
_________________________-

Questo articolo non lo leggerete su soldionline, nè probabilmente su altri giornali internet e non.
La trasparenza è solo una parola, i fatti sono l'equivoco.
Il personaggio è troppo professionale per usare parole "sbagliate" , potrebbe essere il giornalista il colpevole.
Oppure la suggestione equivoca ha la sua bella ragione di maketing.
L'invito è sempre lo stesso: quando leggiamo, colleghiamo il senso critico..............drizziamo le antenne.
A.L.
Senza rating? Al cliente dirò di no
Morya Longo riporta una intervista con il capo della rete di Banca Intesa, Il sole 18 luglio 03..
Belle parole, di grande effetto scenografico.
Come risparmiatore, e non ancora cliente, prendo atto con entusiasmo che finalmente Banca Intesa ha deciso di tutelare i clienti, nella calda estate del 2003.
Abbiamo doppiato Cape Horn, il peggio è passato, da oggi navigazione tranquilla.
Tuttavia nell'articolo ho trovato qualche passaggio che desta perplessità.
La Banca è il negozio dei soldi: sapevo che le Banche si occupano di finanziare le imprese, e anche il consumo.
Oggi scopro con meraviglia, che si fanno carico addirittura del " .. problema .. di conciliare le esigenze di sviluppo delle aziende con quelle di guadagno degli investitori..."
Mi sembra francamente una affermazione un po' forte.
Ritengo che la parola investimento, invece che guadagno, sarebbe stata più consona, e l'ombra della demagogia non avrebbe oscurato la dichiarazione.
Il guadagno sta all'investimento come la giustizia sta alla legge.
Anche se auspicato, auspicabile e possibile, non è indispensabile, nè tassativo, nè inevitabile che la legge faccia giustizia, nè che l'investimento produca un guadagno, sono solo possibilità.
Non è giusto alimentare questo equivoco, che ha contribuito non poco a produrre gli aumenti esagerati dei prezzi di Borsa negli anni appena trascorsi , ed ha rapito la fantasia di troppi risparmiatori ingenui.
Un attimo di meditazione .

A proposito di equivoci, ne ritrovo un altro molto diffuso, molto pericoloso, che mi suona molto male in questo contesto e con questo personaggio intervistato, direttore della rete di Banca Intesa. Che certamente non può aver fatto una dichiarazione così superficiale.
Alla domanda:" Uno dei problemi cha la vicenda Cirio ha sollevato , è anche la scarsa competenza da parte del personale allo sportello. Come vi state muovendo su questo fronte?"
La risposta appare assolutamente non pertinente, e finisce "...ripartirà il ciclo di formazione sui temi del risparmio che interesserà 6000 gestori di Banca Intesa".
Cosa c'entrano i gestori con il personale allo sportello?
I 6000 , cosa sono: gestori, impiegati, o promotori?
Con ordine.
6000 gestori mi sembrano troppi, ma soprattutto non coinvolti nel "problema", o almeno si spera, perchè sarebbe molto preoccupante se le parole "scarsa competenza" , riferite alla loro professionalità , non avessero prodotto una reazione molto, ma molto vivace da parte del dottor Arrighetti !
6000 impiegati allo sportello, può essere benissimo, ma cosa avrebbero a spartire con i gestori, questi impiegati, senza altra qualifica professionale particolare, nè responsabilità, se non quella strettamente tecnica, e che necessitano di cicli successivi di formazione.
Con un vuoto tragico tra uno e l'altro, se sono stati loro a farcire di Argentini e di Cirio ( come pare di capire dalla domanda che non è stata rettificata)
6000 promotori finanziari , ci siamo col numero, ma, anche se il promotore finanziario è l'unico professionista abilitato per legge a seguito di un esame, ed autorizzato a seguito dell'iscrizione all'apposito albo, a portare fuori dalle mura della sede dell'intermediario la proposta di investimento, tuttavia gli è vietato fare gestione, la Consob lo sanzionerebbe in modo pesante.
Inoltre il promotore è responsabile della continuità della propria formazione, ci mancherebbe altro!
Quindi non ha nulla a che vedere, per la propria qualifica professionale,nè con l'impiegato allo sportello, e neppure, chiaramente , con i gestori.
Attenzione agli equivoci.Sono subdoli e pericolosi. Leggiamo sempre con attenzione.
Antonio Lucenti

fabrizio nava
16 gennaio 2004 0:00
ringrazio gli intervenuti e cerco di recapitolare e di fare un passo avanti.

secondo giuseppe d'orta, se ho capito bene, ad oggi coesistono:
1. la consulenza pura, intesa come attività accessoria a quelle riservate alle sim, che deve essere esercitata rispettando la regolamentazione consob e il tuf
2. la consulenza pura non intesa come attività accessoria, che è quindi totalmente libera e senza regole (se non quelle del codice civile).

Se è così, il problema che ho posto perderebbe di significato: decido unilateralmente di prestare la consulenza di tipo 2, e mi faccio pagare sia dal cliente sia dal "produttore" dei servizi che vendo, in barba al conflitto di interessi. Tutto si riduce ad una questione etica, di personale scelta.

Vi chiedo di confermare o meno questa mia interpretazione.

E faccio un passo avanti.
Nel contratto con cui i clienti mi incaricano di fornire loro consulenza in materia di investimenti, è prevista la possibilità di incaricare il consulente di fornire al cliente una prestazione accessoria, che si sostanzia nella "trasmissione degli ordini del cliente al suo intermediario".
In pratica vado dal cliente, concordo le operazioni da effettuare, e lui mi consegna i moduli firmati e compilati che io prontamente consegno alla sua banca, alla quale mi ha preventivamente presentato, per l'esecuzione dell'ordine.

Mi chiedo se una tale procedura possa ritenersi lecita, e in particolare se si possa escludere di cadere nella cd. "gestione impropria" o nell'esercizio abusivo dell'attività di trasmissione e ricezione ordini.
Io credo di no, in quanto il mio ruolo è quello del "fattorino" , tuttavia sarei molto lieto di sentire i pareri di tutti (in particolare quelli di giuseppe d'orta e di alessandro pedone).

Lascio al prossimo post l'argomento "gestione impropria", quando la realtà è che la gestione impropria ed improponibile la fanno le banche, un'associazione a delinquere con il deliberato scopo di frodare sistematicamente il risparmiatore.
Confermo e mi assumo le responsabilità di quello che ho scritto.

Grazie per le risposte.

Giuseppe D'Orta
16 gennaio 2004 0:00
>>>>>Non mi risulta una regolamentazione neppure simile relativa ai cfi.

Vero: non c'è una regolamentazione organica e dettagliata come quella per gli altri soggetti. Prendetevela con quelli che, dal 1996 ad oggi, non lo hanno fatto: probabilmente credevano che banche e sim avrebbero coperto sempre e comunque il 99.9% del mercato.
Le cose sono andate, stanno andando, ed andranno, in maniera diversa, e come sempre deve arrivare l'UE a smuovere le cose dopo dieci anni.


>>>>>Fino a prova contraria i cfi non sono consobizzati.

Falso: basta consultare i documenti della Commissione a riguardo.

Le due cose sono anche collegate: se nessuno, dopo il vuoto legislativo causato dalla delibera UE del 1996, ha provveduto a colmarlo, come potrebbe la Consob farlo da sola?
La Consob non fa le leggi: può fare regolamenti attuativi, risoluzioni, specificare meglio tramite disposizioni e risposte a quesiti, ma non ha potere di fare le leggi.
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Giuseppe D'Orta, consulente Aduc per gli investimenti finanziari.
Luca
15 gennaio 2004 0:00
Può darsi che io abbia poca esperienza vista l'età ma sicuramente sono io a compiacermi di non essere più promotore soprattuto considerando che fanno parte della categoria personaggi come il signor Lucenti.Grazie a tutti Luca
antonio lucenti
16 gennaio 2004 0:00
Non sono polemico nè aggressivo, ma se aggredito, preferisco non dare le spalle.
Mi auguro che il signor Callisto ( dal greco: bellissimo..) oltre all'aspetto onomastico , abbia una altrettanto superlativa capacità di perdonare la mia freccia, stizzosamente ( lo ammetto..)sprecata su un paglione......


D.Lgs. n. 58/1998
Nel CAPO I , art 5 attinente la vigilanza,comma 5: La Banca d'Italia e la CONSOB esercitano i poteri di vigilanza nei confronti dei soggetti abilitati; ciascuna vigila sull'osservanza delle disposizioni regolanti le materie di competenza.
E così di seguito art 7/1- 8/1- 10/1- 18/1; ove si parla sempre di "soggetti abilitati"
Le abilitazioni, fino a prova contraria, della quale prenderò volentieri atto, sono rilasciate a chi opera " servizi di investimento" e non "servizi accessori.
L'art.31 identifica il pf, i suoi limiti e le sue prerogative; l'art 196 , le sanzioni applicabili.
Non mi risulta una regolamentazione neppure simile relativa ai cfi.
Fino a prova contraria i cfi non sono consobizzati:La Consob ha espresso nell'ambito della risposta ad una più ampia domanda, l'àmbito dei servizi accessori in relazione alla possibilità di individuare particolari "circostanze che potrebbero costituire indici dello svolgimento abusivo di servizi di investimento da parte del consulente stesso".
Sul sito www.Consob.it si può leggere il dlgs in questione.
Ed anche il testo completo del provvedimento DL/99023323, del 26/03/99 Testo completo.
Rimango in attesa.
Saluti a tutti

Callisto
15 gennaio 2004 0:00
lucenti, ma che stai a ddì!!!

la consob, come ti spiega chiaramente fabrizio, ha già definito la consulenza (quella vera, non quella dei piazzisti di gpm o altro)

dispiace vedere come tratti luca... che delusione
Giuseppe D'Orta
15 gennaio 2004 0:00
In attesa della riforma UE (a breve sarà emanata, poi ci vorrà il tempo per recepirla in ogni singolo paese, quindi se ne parla tra un paio di anni) iniziamo con l'inquadramento normativo attuale.



L' attività di consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari - già ricompresa tra le forme di attività di intermediazione mobiliare riservate agli intermediari autorizzati nella legge n. 1/1991 - è stata sottratta alla riserva di attività con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 415/1996 e ciò seguendo l'impostazione della direttiva comunitaria 93/22/CEE che ricomprende tale attività nell'elenco dei servizi accessori di cui alla Sezione C dell'allegato alla direttiva medesima.



Passo interessante di una comunicazione:

si chiarisce che non esistono regole specifiche al di là di quelle dettate dal decreto legislativo n. 58/1998 e dai regolamenti attuativi previsti dal medesimo decreto, e che i soggetti diversi dagli intermediari autorizzati non sono obbligati al rispetto delle regole suddette, dovendo comunque - applicandosi in materia le norme del diritto comune - usare la diligenza e la professionalità richieste dalla natura della prestazione dovuta.

La comunicazione è la: Comunicazione n. DI/30441 del 21-4-2000



Da un lato, si stabilisce che chi non è intermediario autorizzato non deve rispettare necessariamente gli articoli 21 e 23 del T.U.F., e si stabilisce che deve utilizzare la diligenza e la professionalità richieste dal caso. Se, però, si rispettano tutti i canoni disposti dal T.U.F., si evita ogni possibile equivoco su come stabilire la diligenza e la professionalità, secondo me, ed è quindi un modo per garantirsi da ogni contestazione futura.




Ecco le caratteristiche che la consulenza deve avere per essere considerata servizio accessorio: in mancanza di anche uno solo dei requisiti sottoindicati la consulenza è comunque lecita (sempre che non vada ad infrangere la regolamentazione in materia, ovvio), ma non è inquadrata come servizio accessorio.

Al riguardo, si rammenta che la scrivente Commissione ha avuto modo di chiarire (...) che l'attività di consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari consiste, in linea generale, nel fornire al cliente indicazioni utili per effettuare scelte di investimento e nel consigliare le operazioni più adeguate in relazione alla situazione economica e agli obiettivi del cliente stesso; in particolare, essa è caratterizzata:
a) dall'esistenza di un rapporto bilaterale e personalizzato fra il consulente e il cliente, fondato sulla conoscenza degli obiettivi di investimento e della situazione finanziaria del cliente stesso, così che le indicazioni siano elaborate in considerazione della situazione individuale dello specifico investitore;
b) dalla posizione di strutturale indipendenza del consulente rispetto agli investimenti consigliati;
c) dall'inesistenza di limiti predeterminati in capo al consulente circa gli investimenti da consigliare;
d) dalla circostanza che l'unica remunerazione percepita dal consulente sia quella ad esso pagata dal cliente nel cui interesse il servizio è prestato.
Costituisce eccezione al sopra delineato schema generale del servizio la consulenza prestata dal promotore di servizi finanziari, cui, ai sensi dell'art. 80, lettera a), del regolamento Consob n. 11522/1998 (1), è consentito esercitare tale attività solo per conto del soggetto abilitato per il quale opera o di altro soggetto appartenente al medesimo gruppo.

Nel momento in cui la consulenza viene inquadrata come servizio accessorio, rientra nella legislazione in tema di servizi, ovviamente.

Gli articoli del T.U.F. che fanno al caso sono l'articolo 21 (criteri generali) e l'articolo 23 (contratti), presenti nel II capo (svolgimento dei servizi), per quanto applicabili.

L'articolo 21 è applicabile per tutto il comma 1 (diligenza, correttezza e trasparenza, salvaguardia del cliente, e tutto ciò che ne consegue) . Il comma 2, invece, non è applicabile (agire in nome e per conto del cliente, ed infatti sono indicate le banche, le sgr, ecc.).

L'articolo 23 è applicabile interamente (il comma 4 è inutile al nostro caso, ovviamente).
Particolare attenzione al comma 6 (onere della prova a carico del soggetto che presta il servizio e non a carico del cliente): si tratta della vera, grande differenza tra la prestazione del servizio accessorio di consulenza e la prestazione di consulenza non rientrante nei parametri stabiliti dalla Consob, ed è soprattutto su questo comma che si deve incentrare la decisione su quale tipologia di consulenza si intende adottare nei confornti del cliente.


La consulenza è pagata a parcella, con tariffa fissa, in base al patrimonio o un misto dele due condizioni.

La Consob si è espressa negativamente quanto al pagamento in base ai risultati ottenuti.



Comunicazione n. DI/99023323 del 26-3-1999

Con riguardo alla commisurazione del compenso del consulente ai risultati conseguiti dal cliente, si osserva che tale modalità di remunerazione non è elemento qualificante del servizio di gestione su base individuale. Si rileva peraltro che essa sembra presupporre che tutti i consigli dati siano tradotti in operazioni e che tali operazioni siano note al consulente e quindi, verosimilmente, da lui intermediate, circostanze che potrebbero costituire indici dello svolgimento abusivo di servizi di investimento da parte del consulente stesso.
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Giuseppe D'Orta, consulente Aduc per gli investimenti finanziari.

antonio lucenti
15 gennaio 2004 0:00
Anch'io vorrei sapere da Fabrizio quali sono le regole Consob che regolerebbero i cfi. A me non risultano consobizzati.....

Colgo l'occasione per ringraziare il signor Luca, che dimostra la propria immaturità e mancanza di senso dell'opportunità con la sua pigolante richiesta di aiuto posta in una sede inadatta.Mi compiaccio che non sia più promotore.
Grazie a lui.
fabrizio
15 gennaio 2004 0:00
Per alfonso.
Esistono ormai decine di pronunciazioni da parte di consob in tal senso. Te ne riporto una a titolo di esempio (se vai sul sito alla sezione Quesiti le trovi tutte)
....
La scrivente Commissione (CONSOB) ha infatti chiarito, anche di recente (cfr. la comunicazione n. DI/98080595 del 14 ottobre 1998 (3)...), che l'attività di in materia di investimenti in strumenti finanziari consiste, in linea generale, nel fornire al cliente indicazioni utili per effettuare scelte di investimento e nel consigliare le operazioni più adeguate in relazione alla situazione economica e agli obiettivi del cliente stesso; in particolare, essa è caratterizzata:
a) dall'esistenza di un rapporto bilaterale e personalizzato fra il e il cliente, fondato sulla conoscenza degli obiettivi di investimento e della situazione finanziaria del cliente stesso, così che le indicazioni siano elaborate in considerazione della situazione individuale dello specifico investitore;
b) dalla posizione di strutturale indipendenza del rispetto agli investimenti consigliati;
c) dall'inesistenza di limiti predeterminati in capo al circa gli investimenti da consigliare;
d) dalla circostanza che l'unica remunerazione percepita dal sia quella ad esso pagata dal cliente nel cui interesse il servizio è prestato.

....

mi sembra chiarissimo, no?

fabrizio
Alfonso
14 gennaio 2004 0:00
Scusa Fabrizio, sono anch'io un consulente indipendente e vorrei sapere da te quale sarebbe il principio sancito dalla consob, secondo cui il consulente indipendente non può ricevere provvigioni per il collocamento di prodotti, essendo la parcella pagata dal cliente la sua unica possibile remunerazione?
Grazie
fabrizio
14 gennaio 2004 0:00
vorrei solo suggerire ai moderatori di organizzare gli interventi dei partecipanti al forum in modo più chiaro.
elencarli in ordine di data non facilita la consultazione e anzi la rende quasi impossibile. sarebbe molto utile usare la forma a cascata classica che si utilizza in quasi tutti forum (per intenderci quella in cui accanto ai vari argomenti ci sono dei simboli +, che se vengono cliccati permettono di accedere ai commenti e messaggi relativi ad ogni singolo argomento in base all'oggetto. Anche una funzione "ricerca" per parole chiave sarebbe molto utile.
Tutto questo permetterebbe di non sprecare i preziosi commenti di tutti (infatti, se li leggono in pochissimi, va a finire che non servono a niente). grazie per l'attenzione.
Dimenticavo: sono anche io consulente indipendente da 2 anni, e ho una domanda molto pratica da porre agli intervenuti.
Su alcuni prodotti finanziari non è possibile ottenere che il "fornitore" (ad es la banca o la compagnia assicuratrice) ristorni parte delle commissioni direttamente al cliente. Mi spiego meglio con esempio: ho individuato una polizza che è ottimale per le esigente del cliente Rossi, per cui vado dall'assicuratore il quale mi offre una provvigione per la polizza che ho venduto.
Io naturalmente non posso accettare alcun compenso se non dal mio cliente Rossi, altrimenti violerei il principio di indipendenza, per cui rifiuto l'offerta dell'assicuratore e gli chiedo di girare al mia provvigione al cliente, sotto forma di sconto sulla polizza acquistata (ad es se la polizza costa 1000 e la provvigione che mi viene offerta è di 50, io rifiuto questo compenso e chiedo che il cliente paghi la polizza 950). Ebbene, per una serie di problemi e procedure che ora non sto a discutere succede che l'assicuratore si rifiuta o non è in grado di applicare qusto sconto al cliente, che dunque deve pagare 1000 per forza, se vuole acquistare la polizza: le provvigioni di 50, se non le prendo io, "se le mangia" l'assicuratore, che mi ringrazia due volte. Quello che si potrebbe fare è che io accetti la provvigione di 50, dopodichè la ristorno io al cliente, scontandogliela dalla parcella che mi paga (ad es a fine anno mi deve 500, ma mi paga solo 450, perchè in questo anno ho ottenuto 50 di provvigioni sulla vendita della polizza).
Tutto questo può e deve essere adeguatamente documentato al cliente, che accetta la situazione. Ora la mia domanda è al seguente: un tale comportamento viola il principio sancito da consob, secondo il quale il consulente indipendente non può ricevere provvigioni per il collocamento di prodotti, essendo la parcella pagata dal cliente la sua unica possibile remunerazione?
Attendo con ansia pareri e esperienze in merito e ringrazio chi mi risponderà

fabrizio
Giuseppe D'Orta
13 gennaio 2004 0:00
Anche io mancavo da tempo nella discussione per via dei tanti impegni del periodo e delle numerosissime richieste di informazioni che stanno giungendo ad Investire Informati.

Gli interessati ad approfondire il discorso possono certamente scrivermi: [email protected].

Sarò lieto di fornire loro la maggior quantità possibile di informazioni.
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Giuseppe D'Orta, consulente Aduc per gli investimenti finanziari.
A.Pedone
13 gennaio 2004 0:00
Rispondo specificatamente a Luca del 13 Gennaio


In questo periodo il caso Parmalat ed interessantissime evoluzioni del caso MyWay-4You mi hanno impedito di partecipare a questo Forum.


Sono molto interessato ad aiutare, per il poco che possono, nuove persone che desiderano dedicarsi alla professione di Pianificatore Finanziario Indipendente.


L’argomento, comunque ed a mio modesto avviso, esula dagli scopi di questo forum.


Ad ogni modo, in questo momento sono costretto a dedicare il poco tempo a disposizioni a questioni piu’ urgenti (anche se non necessariamente piu’ importanti).


Sono certo che sia io, che Giuseppe D’Orta e tutti gli altri consulenti indipendenti che collaborano con Aduc-Investire Informati saranno felici di esserti d’aiuto se glielo chiederai direttamente.


Giuseppe D'Orta
13 gennaio 2004 0:00
L'attuale vuoto normativo (ma dal 1996 ad oggi il tempo c'era stato) sarà colmato quando sarà recepita la nuova direttiva UE sui servizi di investimento, che dovrebbe essere approvata in tempi brevi (la prima lettura c'è già stata, in aula). Dopodiché inizierà l'iter per il recepimento, che non dovrebbe concludersi prima di due anni, però.

Il vuoto normativo, che non fa bene ai clienti e nemmeno ai consulenti, consente a chiunque di fare consulenza, senza neanche dover possedere un titolo di studio adatto al caso o un'esperienza di qualsiasi genere. Ripeto, però, che dal 1996 ad oggi si sarebbe potuto intervenire, senza attendere che l'UE costringesse a farlo.

Società di consulenza finanziaria come quelle descritte non sono certo adatte a chi desidera svolgere in maniera indipendente l'attività, quanto ai network (termine utilizzato per non usare la parola franchising, che fa meno professionale...) dipende da cosa offrono in cambio della quota annuale. I network, comunque, offrono servizi al consulente e non consulenze pre-confezionate.

Fare da soli è certamente possibile, come in tanti dimostrano, avvalendosi dei servizi di diversi fornitori di dati e servizi selezionati di volta in volta in base alla loro qualità.
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Giuseppe D'Orta, consulente Aduc per gli investimenti finanziari.
Luca
13 gennaio 2004 0:00
Mi dispiace molto che i consulenti indipendenti che leggono questo forum non si siano degnati di dare qualche buon consiglio ai giovani consulenti che vorrebbero intraprendere questa strada.Non fanno altro che ripetere l'importanza della consulenza indipendente in Italia e poi quando si tratta di cercare di dare qualche dritta ai giovani non si fa vivo nessuno.Vi ringrazio molto della collaborazione.
Al Signor Lucenti vorrei dire che il suo tentativo di agganciare le mie parole all'idea del conflitto di interesse e a dir poco patetica.Grazie a tutti
Fabio (ex promotore)
8 gennaio 2004 0:00
L'intervento di Luca, con grande efficacia di sintesi,ha spiegato l'attuale proposta dei network di consulenza indipendente da me incontrati.Il Forum punta a discutere di promozione finanziaria e di consulenza indipendente, quindi non mi sembra fuor di luogo manifestare in questa sede le difficoltà che un aspirante consulente indipendente incontra per avviare l'attività.I poteri forti hanno creato una figura istituzionalizzata (il P.F.)che,in qualsiasi città vive,trova una struttura organizzata che lo accompagna in questo cammino (nel frattempo lo spreme come un limone,ma questa è un'altra storia).
Un aspirante consulente indipendente?
Sarei molto grato al Dott. Pedone se esprimesse un suo parere al riguardo, anche tenuto conto delle sue esperienze nei paesi anglosassoni dove questa figura è praticamente istituzionalizzata al pari delle altre professioni.
Credo che sia di interesse collettivo evitare che l'attuale vuoto normativo consenta la nascita di tanti improvvisati "consulenti". E qui mi ricollego alle critiche mosse da alcuni P.F. in questo forum.
Cordiali saluti a tutti.
Luca
7 gennaio 2004 0:00
Sono un giovane promotore finanziario non soddisfatto della sua attività per una serie di motivi. Mi piacerebbe passare alla consulenza indipendente e concordo pienamente con chi afferma che ci vuole una preparazione superiore e su questo sto cercando di lavorare molto.In questo periodo mi sto guardando intorno anche per capire come in pratica organizzare questa attività.Per il momento sto valuntando alcune possibilità ma in realtà non sono molte le alternative. La prima è quella di affiliarsi a un network(pochi per il momento) che pagando una certa cifra annua ti offre alcuni servizi a mio avviso importanti (non è possibile fare tutto da soli) oppure collaborare con società di consulenza finanziaria che però chiedono percentuali di fatturato e ti fanno vendere consulenze già preconfezionate per tipologia di cliente .Questa seconda possibilità mi piace meno. Mi sembra che in questo modo si diventi venditori di consulenza invece che di prodotti .So che questo mio intervento esula dalle finalità di questo forum ma siccome sono molto confuso vorrei chiedere ai consulenti già avviati o a chiunque voglia rispondere un consiglio su come avviare la mia attività
Ringrazio in anticipo chiunque mi rispondera
Luca A.
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