Commenti
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Reyarghut Avghatayamna
28 maggio 2009 0:00
Certo che voi Hare Krishna sembrate invasati anche rispetto ai neocatecumeni. Tutti questi post per raccontarvi le filastrocche e le cagate induiste? Beh, avreste potuto fare lo stesso con un decimo di questi post, invece di tenere costantemente in alto questa discussione tra quelle 'recenti'. Che poi discussione non è, è solo un settore di cui vi siete impadroniti, molto umilmente, del forum Aduc per fare la vostra propaganda.

Strano, con tutti i critici del cattolicesimo non ce n'é stato uno interessato a darvi il fatto vostro, forse impegnati altrove.

Eccovi un Mantra da parte mia.

Are, are, homm homm wham shock smack sob.
Ziripuaphani
26 maggio 2009 0:00
Krishna, il celestiale.
Quzzaharari
20 maggio 2009 0:00
Krishna e' il Dio dell'universo celeste, Krishna ci ama a prescindere dalla nostra religione, credo e stile di vita, Krishna ama i nostri difetti, li eleva a grazia.
Zahanupaupiri
30 aprile 2009 0:00
Il Japa che Apre il Cuore
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Una volta un amico mi parlò di questa analogia con la vita spirituale: uno stormo di oche acquista forza volando in una formazione a V, ma se un’oca cade, le altre non possono aiutarla. Nello stesso modo, sebbene coloro che ricercano la conoscenza si aiutino l’un l’altro, il successo in definitiva è legato allo sforzo personale e alla gentilezza del Signore Supremo, Sri Krishna. La gentilezza di Krishna si rivela nel maha-mantra Hare Krishna: Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare/ Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare. La ripetizione di questa sacra vibrazione sonora apre il cuore ad una sempre maggiore comprensione di se stessi e all’intimità dell’amore per Dio, anche in chi non ha qualifiche. Questa analogia degli uccelli come si applica al canto Hare Krishna, una pratica così importante per la vita spirituale? Il canto di gruppo viene detto sankirtana o kirtana; il canto individuale è detto japa. Cantare in gruppo (kirtana) è come volare in formazione a V; si prende forza dagli altri. Si suona o si guardano gli altri che suonano gli strumenti, a turno si ascolta e si canta, e si segue il leader che varia il tempo e la melodia. Quando invece si canta con il japa siamo soli con Krishna e con la nostra mente, che è sempre pronta a disturbarci.

La più recente incarnazione di Krishna, Sri Caitanya Mahaprabhu, sebbene fosse un grandissimo erudito, ha lasciato solo otto versi scritti. Questi versi di suprema importanza, conosciuti come Siksastaka, mostrano che i nomi di Krishna rafforzano ed arricchiscono la vita spirituale. Eccoli tradotti in forma poetica, insieme a riflessioni sulla loro importanza per la fondamentale pratica spirituale individuale del japa.

1

ceto-darpana-marjanam bhava-maha-davagni-nirvapanam
sreyah-kairava-candrika-vitaranam vidya-vadhu-jivanam
anandambudhi-vardhanam prati-padam purnamritasvadanam
sarvatma-snapanam param vijayate sri-krisna-sankirtanam

Cantare i nomi di Krishna è guardare la luna crescente che dà grande fortuna come un loto sbocciato completamente. Cantare toglie la polvere sui nostri cuori brillanti accumulata, fa rivivere la sacra conoscenza come una moglie dal suo uomo ispirata. Estingue anche le fiamme penose delle nascite e delle morti, che senza fine subiamo, con oceaniche onde di felicità che ad ogni passo bramiamo. Il canto attento del japa apre il cuore verso sempre più elevati livelli d’amore per Dio, proprio come la forza della natura fa sbocciare il fiore di loto e fa sembrare che la luna cresca. Noi che cantiamo il japa spesso cominciamo la nostra seduta di canto senza entusiasmo, ansiosi o confusi. Quando finiamo, ci sentiamo forti e concentrati. Perché? Non perché il nostro respiro diventa regolare e le nostre menti si placano; durante il japa cambiamo perché, sebbene in modo maldestro, cantando il Suo nome ci associamo con Krishna.

Cantare in modo attento significa abbandonare i pensieri e i problemi per sottomettersi all’ascolto del mantra. Significa aver fiducia in Krishna e abbandonarsi a Lui con gli occhi ben aperti. Krishna risponde a questo desiderio di resa. Non appena ci rendiamo conto della presenza di Krishna, immediatamente i nostri cuori diventano felici e sereni. “Nella misura in cui vi abbandonate a Me,” dice Krishna nella Bhagavad-gita (4.11), “Io vi ricompenso.” Contattare Krishna ogni giorno per mezzo del japa fa nascere un legame di fiducia che supera la semplice fede. Il japa diventa un rifugio, un posto sicuro dove andare quando sembra che la vita ci travolga. Il japa diviene sia simbolo che mezzo pratico per abbandonarci a Krishna e ogni volta che cantiamo con attenzione Krishna risponde. Cantare sul japa come se non avessimo nessun altro a cui rivolgerci tranne Krishna, libera dall’ansietà la nostra mente e il nostro cuore.

Il canto ci trasforma da bambini spirituali ansiosi e concentrati su noi stessi in adulti spirituali sereni, gentili e pazienti. In questo verso la frase sanscrita vidya-vadhu-jivanam si riferisce alla moglie (vadhu) del sapere trascendentale (vidya). Questa bella frase in tre parole sanscrite mostra come la bhakti (devozione) dia vita a jnana (conoscenza). Le Scritture forniscono la conoscenza, il japa favorisce la realizzazione di questa conoscenza, proprio come le dolci parole di una moglie incoraggiano e vivificano il marito. Se eseguito in modo appropriato, il canto Hare Krishna sui grani del japa diventa una gioia quotidiana. La vita materiale è come essere intrappolati senza via d’uscita in una foresta in fiamme, ma il fuoco verrà estinto dalle potenti onde di gioia liberate dall’attento canto del japa.

2

namnam akari bahuda nija-sarva-saktis
tatrarpita niyamitah smarane na kalah
etadrisi tava kripa bhagavan mamapi
durdaivam idrisam ihajani nanuragah

Mio Signore, i Tuoi nomi sono molti di più di quelli che potrò mai contare o invocare, e Tu potenzi ciascuno di essi per poter alla mia vita ogni benedizione dare. Gentilmente Tu non hai posto regole per cui io posso sempre cantare o chiamare, eppure i Tuoi preziosi nomi purtroppo non so gustare. Poiché il canto attento del japa porta a queste potenti realizzazioni, i devoti esperti nel canto si uniscono in questa pratica e a volte gli altri scambiano il loro naturale entusiasmo per fanatismo. Ma i seguaci di Sri Caitanya non sono fanatici, perché Sri Caitanya è assolutamente liberale e non settario. Come Egli dichiara in questo verso, qualsiasi nome di Dio, se cantato in modo appropriato, risveglia noi e gli altri. Perché un numero maggiore di persone non medita con questo semplice e profondo canto? Sebbene tutti percepiscano l’effetto di un inno trascinante o di un lamentoso invito a pregare, pochi ripetono l’esperienza dentro di sé cantando costantemente o anche regolarmente.

Perché non cantiamo? Sri Caitanya si lamenta, nanuraga: “Non ne ho il gusto.” Le persone intelligenti sperimentano un gusto per le attività benefiche come la lettura e lo sport; gli sciocchi si costruiscono abitudini molto dannose come gli intossicanti e l’azione rovina cervelli della TV. Nello stesso modo, il canto del japa è un gusto che si acquisisce. Comprendendo l’incomparabile valore della vita spirituale, il vero saggio impara a nutrire il proprio spirito con i santi nomi di Dio. Il verso successivo spiega come si fa ad ottenere il gusto per il japa. Attenzione però: più cantiamo, più comprendiamo la grandezza di Krishna e più restiamo scioccati dalla nostra penosa condizione.

3
trinad api sunicena
taror api sahisnuna
amanina manadena
kirtaniyah sada harih

L’anima che canta il santo nome mite, umile e rispettosa senza orgoglio e con un’attitudine virtuosa, sottomessa come l’erba calpestata, come un albero tollerante, ottiene il gusto di cantare i Tuoi santi nomi in modo costante. Devo confessare che cantando il japa negli anni ho scoperto molte cose sgradevoli su me stesso. Con le mie azioni sconsiderate ho offeso altri e mi sono comportato stupidamente centinaia di volte. Tuttavia mi avvicino al japa pensando con orgoglio: “So che cosa fare. Krishna è Mio. “ Non mi rendo conto che in verità io sono di Krishna. Il mio canto è fatto per il Suo piacere e il Suo piacere è il mio unico vero piacere. Quando capirò che Krishna non ha alcun obbligo verso di me, vista la modestissima qualità della mia devozione? Quando capirò che ogni persona che vedo è un glorioso essere spirituale, figlio o figlia di Krishna, meritevole di ogni rispetto? Come faccio, viste le mie debolezze, ad essere così orgoglioso? Il japa mi ha aperto gli occhi. Sebbene faccia soffrire, una realtà spiacevole vale di più di una felicità illusoria. Nella misura in cui affronto i miei errori e ignoro quelli degli altri, gusterò il suono del nome di Krishna ininterrottamente.

4
na dhanam na janam na sundarim
kavitam va jagadisa kamaye
mama janmani janmanisvare
bhavatad bhaktir ahaitaki tvayi

Mio Signore, non desidero amanti, fama, né ricchezze in eccesso; desidero solo servirTi, vita dopo vita senza nessun pensiero per me stesso. Che cosa voglio da Krishna? Alcune persone si rivolgono a Dio per il denaro. Alcune seguono il loro compagno verso Dio o si rivolgono a Dio per trovarne uno. Altre vengono a Dio per altri motivi, ma vi rimangono per godere dell’adorazione dei propri seguaci. Tutte queste motivazioni vengono meno, ma l’amorosa reciprocazione di Krishna ci sosterrà legandoci gioiosamente al Suo servizio. Per godere dell’amorosa reciprocazione di Krishna dobbiamo cantare sul japa con molta attenzione. Perché? In parole semplici, Hare Krishna significa: “Caro Krishna, ti prego, permettimi di servirTi.” Perciò, quando cantiamo sul japa chiediamo ripetutamente di poter servire Krishna. Sebbene Egli non abbia bisogno di nulla, con gentilezza accetta il nostro servizio. È così dolce l’opportunità di servire Krishna che Sri Caitanya prega di averla rinunciando alla ricchezza, alla fama e all’amore.

5
ayi nanda-tanuja kinkaram
patitam mam visame bhavambudhau
kripaya tava pada-pankajasthita-
dhuli-sadrisam vicintaya

Sebbene io sia fatto per servirTi in qualche modo sono caduto nell’oceano delle nascite e delle morti dove mi sono quasi perduto. Ti prego, da questo oceano di morte salvami — non ho nessun altro rifugio — come un granello di polvere ponimi ai Tuoi piedi di loto senza indugio. Rinunciando alla ricerca di amanti, denaro e fama, scopriamo una nuova realtà: corriamo un pericolo terribile. La morte incombe, ma noi siamo così attaccati a ciò che ci sta uccidendo che non ce ne curiamo e neppure ci occupiamo del servizio d’amore a Krishna, che ci può salvare dalla morte. Con gli anni ho imparato a temere Dio e ad amare le cose di questo mondo. Nello Siksastaka Sri Caitanya ci insegna ad amare Dio e a temere le cose di questo mondo. Perché temere Dio, come se fosse Dio ad infliggerci la sofferenza? Dio è neutrale; se vogliamo goderci questo mondo, ci dà un corpo materiale con cui poterlo fare, ma questo corpo, al pari di tutto ciò che è materiale, finisce come non vorremmo. Allora abbiamo bisogno di un nuovo corpo per continuare a soddisfare i desideri materiali. In questo modo ci dibattiamo in un oceano di sofferenza — finché non cambiamo. Come fare a cambiare i nostri desideri? Krishna c’insegna che non è possibile rinunciare ad un desiderio se non lo sostituiamo con qualcosa di più attraente. Quando impareremo a gustare il canto Hare Krishna, saremo salvati per grazia di Krishna.

6
nayanam galad-asru-dharaya
vadanam gadgada-ruddhaya
gira pulakair nicitam vapuh kada
tava nama-grahane bhavisyati

Cantando mi chiedo: “Quando lacrime d’amore i miei occhi adorneranno, per la gioia la mia voce si spezzerà e tutti i peli del mio corpo si rizzeranno? Possiamo invocare Krishna per paura o perché soffriamo; questo è meglio che non chiamarlo affatto. Possiamo anche cercare di fare avanzamento, d’imparare a cantare per amore. Krishna allora è in estasi; quando cantiamo con purezza, ci associamo con il nostro estatico Signore e allora anche noi spontaneamente diventiamo estatici. Avendo provato ripetutamente che Krishna soddisfa il nostro cuore, dopo aver avuto una smorfia di disgusto e sputato sopra le illusioni che eravamo soliti ricercare, impariamo un modo completamente nuovo di godere. Allora ci abbandoniamo al canto. Dopo aver studiato le Scritture vediche, Sri Caitanya e i Suoi seguaci descrissero il percorso del canto.

I sintomi spontanei descritti in questo verso — lacrime spontanee, voce spezzata, peli del corpo che si rizzano — indicano l’amore estatico per il Signore. Essi non devono essere imitati con ostentazione, ma appaiono naturalmente per la grazia di Krishna quando l’anima caduta finalmente invoca il Suo nome con sincerità. Noi non cantiamo il japa per ottenere questi sintomi dell’amore per Dio. Quando essi appaiono, sono segnali che stiamo progredendo, come le indicazioni sull’autostrada non sono la nostra meta ma ci mostrano che essa è vicina. I sintomi di estasi possono però non apparire anche in una persona che canta con sincerità. Come Suoi figli e figlie, noi siamo obbligati ad invocare Krishna, ma Lui non è obbligato a mostrarSi quando lo facciamo.

7
yugayitam nimesena
caksusa pravrisayitam
sunyayitam jagat sarvam
govinda-virahena me O Krishna!

In Tua assenza ogni momento sembra durare un’eternità. Il mondo intero appare così vuoto che dai miei occhi sgorgano lacrime in quantità. Quando non ci aspettiamo più la felicità dalle illusioni, spontaneamente ci aspettiamo la felicità da Krishna, ma Egli nella Sua suprema indipendenza può darcela o no. La felicità accompagna Krishna che viene e va secondo il Suo dolce volere. Devoti molto avanzati trovano l’estasi nella separazione da Krishna; i principianti possono solo impegnarsi. Tuttavia, se Krishna ci lascia, dove mai possiamo rivolgerci in tutta la creazione? Dobbiamo invocarLo. In effetti, quando non sentiamo la presenza di Krishna, è il momento di cantare con ancor più determinazione e pazienza. Krishna accetta tutti, ma non raccoglie devoti improvvisati. Egli mette alla prova la nostra determinazione. Sebbene possiamo sentire Krishna per mezzo dei Suoi santi nomi, scopriamo che Egli non Si rivela al nostro comando. Chi è questa persona su cui non si può contare? Lo vogliamo ancora?

8
aslisya va pada-ratam pinastu mam
adarsanan marma-hatam karotu va
yatha tatha va vidadhatu lampato
mat-prana-nathas tu sa eva naparah

Krishna è il Mio unico Signore e tale per sempre rimarrà anche se mi soffocherà con il Suo abbraccio o con la Sua assenza il cuore mi spezzerà. Egli è libero di ingannarmi o di calpestarmi o in qualsiasi modo, senza alcun riguardo, di trattarmi. Egli è tutta la mia vita. Non distoglierò mai da Lui lo sguardo. Questa preghiera finale di Sri Caitanya incarna il sentimento delle amanti di Krishna, le gopi, che si struggevano per Lui dopo che ebbe lasciato il Suo villaggio natale per non tornarci più. A volte il loro attaccamento a Krishna irritava i loro mariti e metteva a rischio la loro reputazione, tuttavia esse non riuscivano a dimenticarLo. Questo loro amore per Dio, disinteressato, incondizionato, profondamente gioioso, supera ogni altro tipo d’amore.

Anche se siamo pieni di desideri materiali, cantare sul japa con grande attenzione ogni giorno ci può portare a questo amore. Per l’anima amare Krishna è tanto naturale qaunto respirare lo è per il corpo. Se ci associamo con Krishna per mezzo del japa, lo spontaneo amore per Krishna, sopito nel cuore di ogni persona, si risveglierà e si svilupperà.


UN ESEMPIO VIVENTE

A partire dal 1965, Srila Prabhupada, seguace esemplare di Sri Caitanya, presentò gratuitamente il canto Hare Krishna in tutto il mondo. La sua umiltà, il suo distacco, il suo amore estatico e incondizionato per Krishna ha dimostrato la realtà dei versi di Sri Caitanya. La vita e l’esempio di Srila Prabhupada continuano ad ispirare migliaia di persone a cantare i nomi di Dio. Lo Siksastaka di Sri Caitanya ci porta dal punto di partenza — l’effetto purificatore del canto Hare Krishna — alle più alte vette dell’amore disinteressato e incondizionato. Scalare una montagna così alta può apparire scoraggiante, ma grano dopo grano, mantra dopo mantra, una seduta di japa ogni giorno ci farà progredire. Srila Prabhupada ci ha indicato come fare.

Kalakantha Dasa dirige la Krishna House vicina alla Università della Florida a Gainesville. Il suo ultimo libro è A Gator’s Guide to the Gita.
Xaht Chu Nam Kee
30 aprile 2009 0:00
Lalasamayi Prarthana
----------------------------------`gauranga' bolite habe pulaka-sarira
`hari hari' bolite nayane ba'be nira

jhimatra
3 aprile 2009 0:00
Krishna e' un Dio dalle mille facce, con un cuore grande per contenerle tutte.
Xaht Chu Nam Kee
3 aprile 2009 0:00
Sri Vamana Risolve
il Conflitto Universale .
----------------------------------------
Sri Visnu si presenta sotto altra forma per restituire
il controllo dell’universo agli esseri celesti, Suoi devoti.


INCARNAZIONI DI KRISHNA

Sri Vamana Risolve
il Conflitto Universale

Sri Visnu si presenta sotto altra forma per restituire
il controllo dell’universo agli esseri celesti, Suoi devoti.


di Aja Govinda Dasa
Dopo aver compiuto la cerimonia payo-vrata, Aditi, madre degli esseri celesti, viene ricevuta direttamente da Sri Visnu, che acconsente a diventare suo figlio (Vamana). (Dipinto di Yadurani Devi Dasi)
Dopo aver compiuto la cerimonia payo-vrata, Aditi, madre degli esseri celesti, viene ricevuta direttamente da Sri Visnu, che acconsente a diventare suo figlio (Vamana).
(Dipinto di Yadurani Devi Dasi)





Dio è il maestro di tutte le arti, compresa quella di risolvere i conflitti. Egli è il padre affettuoso di tutti e ogni Sua azione dà beneficio a tutti i Suoi figli. La storia di Sri Vamana mostra come il Signore riuscì a soddisfare due gruppi rivali ponendo fine ad una guerra cosmica tra i demoni e gli esseri celesti. Da questo divertimento apprendiamo anche che il Signore manifesta la Sua misericordia più elevata quando priva il Suo devoto di tutte le protezioni materiali affinché possa arrendersi a Lui incondizionatamente. Il Signore fa questo per aumentare la fiducia amorevole dei devoti verso di Lui, liberandoli dalla dipendenza dai loro effimeri poteri materiali.


IL VIRTUOSO RE PRAHLADA

La storia di Sri Vamana è il seguito di quella di Sri Nrisimha. In breve, Sri Nrisimha discese per proteggere il Suo devoto Prahlada Maharaja che era terrorizzato dal padre, l’ateo Hiranyakasipu. Dopo che Sri Nrisimhadeva ebbe ucciso (e liberato) questo tiranno ateo, Prahlada Maharaja fu incoronato imperatore dei demoni, i nemici degli esseri celesti. Gli esseri celesti (amministratori capo dell’universo) recuperarono poi la loro sovranità sul cielo, che era stato sotto il controllo di Hiranyakasipu. Perché dopo che Nrisimhadeva aveva messo le cose a posto si sviluppò nuovamente un conflitto tra i demoni e gli esseri celesti? Ora che il re santo Prahlada, amante della pace, governava i demoni, come poteva esserci una guerra? Prahlada Maharaja era così santo e amante della pace che dimostrò il suo altruismo prendendosi cura più dei sudditi che della propria famiglia. Quando il figlio di Prahlada, Virocana, voleva sposare una fanciulla desiderata da un giovane brahmana, Prahlada convinse Virocana a rinunciare al suo desiderio. In questo modo Prahlada dimostrò che il re e la sua famiglia dovrebbero essere sempre al servizio dei sudditi e non dovrebbero mai esercitare la forza e il potere per soddisfare i propri desideri. (Mahabharata, Udyoga Parva 35). Governati da un re così amabile, i demoni erano tranquilli, ma dopo che Prahlada ebbe rinunciato al trono a favore del figlio Virocana, l’odio tra gli esseri celesti e i demoni si manifestò di nuovo.

Questi sono gli avvenimenti che determinarono la rinuncia al trono da parte di Prahlada. Una volta, mentre Prahlada era ancora re, un saggio che si bagnava in un fiume sacro fu morso da un serpente, che avvolgendosi intorno alle sue gambe lo tirò sott’acqua. Grazie alla sua sincera fede nella protezione di Sri Visnu, il saggio non reagì. Il serpente lo trascinò giù fino al regno sotterraneo dei demoni, dove Prahlada gli rese onore. Durante il loro incontro il saggio ispirò Prahlada a visitare i luoghi di pellegrinaggio. Durante una visita ad una foresta sacra, Prahlada vide un pino trafitto da alcune frecce, la cui linfa faceva pensare a lacrime di dolore. Vicino all’albero sedevano due asceti. Alla vista delle loro frecce che trafiggevano l’albero innocente, Prahlada li attaccò, ma gli asceti lo sconfissero con facilità. Allora egli pregò Sri Visnu, che gli disse che solo con la devozione avrebbe potuto vincere i due asceti. In realtà i due asceti erano i Rishi Nara- Narayana, incarnazioni di Visnu. Per farsi perdonare di aver combattuto contro di loro, Prahlada rinunciò al suo regno e si ritirò per compiere austerità. Dopo questo avvenimento, Prahlada svolse solo la funzione di consigliere per i suoi successori (Vamana Purana 7-8).
VIROCANA, IL FIGLIO DI PRAHLADA

Virocana divenne il nuovo imperatore dei demoni, ma il possesso di una scintillante corona d’oro, dono del dio del sole, lo rese arrogante ed offensivo nei confronti degli esseri celesti. Virocana aveva ricevuto la benedizione di non poter essere ucciso finché avesse indossato quella corona (Ganesa Purana 2.29). Essendo a conoscenza di questo, gli esseri celesti cospirarono contro di lui. Travestiti da saggi, lo supplicarono e il generoso Virocana promise di esaudire il loro desiderio. Gli chiesero in elemosina la sua corona. Virocana, sebbene si fosse accorto del complotto degli esseri celesti, fedele alla parola data, si separò dalla sua corona ed anche dalla sua vita (Srimad-Bhagavatam 8.19.14).


BALI CONQUISTA I PIANETI CELESTI

Infuriato per l’inganno degli esseri celesti, Bali, figlio di Virocana, divenne un nemico dichiarato degli esseri celesti, gli spietati uccisori di suo padre. Una volta Indra, re degli esseri celesti, aveva altezzosamente rifiutato una ghirlanda offertagli da un saggio e il saggio aveva maledetto gli esseri celesti. Grazie a questa maledizione Bali sconfisse facilmente gli esseri celesti in battaglia, vincendo il regno dei pianeti celesti. Gli esseri celesti erano in svantaggio. I demoni non temevano la morte perché il loro maestro Sukracarya poteva con un mantra segreto farli rivivere dopo la morte. Espulsi dalle loro residenze, gli esseri celesti presero rifugio in Sri Visnu, che disse loro di frullare l’oceano di latte in un momento di tregua con i demoni. Questo avrebbe permesso di recuperare i gioielli che erano caduti nell’oceano dalle mani di Bali mentre trasportava il tesoro degli esseri celesti nella sua capitale e di estrarne anche l’ambrosia che aveva il potere di rendere immortali gli esseri celesti. (Visnu Purana 1.9, Matsya Purana 250-251). All’inizio questa operazione produsse del veleno, poi oggetti preziosi come gemme, gioielli, animali, esseri celesti maschili e femminili ed infine il vaso dell’ambrosia. Sri Visnu, prendendo l’aspetto di una donna che era l’incarnazione della bellezza sensuale, ingannò i demoni distribuendo tutta l’ambrosia agli esseri celesti. Potenziati dal nettare dell’immortalità, gli esseri celesti respinsero l’attacco dei demoni che volevano assicurarsi il nettare per se stessi.

I demoni allora ricorsero ad artifici illusori confondendo gli esseri celesti. Gli esseri celesti presero rifugio in Sri Visnu, che senza sforzo rese vani i trucchi dei demoni. Con il Signore dalla loro parte, gli esseri celesti uccisero Bali. Approfittando della debolezza dell’esercito dei demoni, gli esseri celesti cominciarono a massacrarli senza pietà. Allora Narada Muni, il saggio fra gli esseri celesti, proibì loro di continuare la carneficina consigliandoli di far ritorno nel loro regno celeste. Disse ai demoni di portare il cadavere del loro imperatore Bali a Sukracarya, che fece rivivere tutti i demoni morti i cui corpi erano rimasti intatti. Quando Bali riprese vita, sotto la guida di Sukracarya compì un sacrificio per conquistare l’universo. In questo modo ottenne un arco invincibile, un’armatura impenetrabile, due faretre inesauribili e un carro d’oro con una splendida bandiera trainato da bellissimi cavalli. Suo nonno gli dette una ghirlanda che rimaneva sempre fresca e il suo maestro una conchiglia che dava la vittoria. Dopo aver ricevuto questi doni e queste benedizioni, Bali si precipitò verso la capitale di Indra e l’attaccò con tutta la sua potenza. Indra e gli altri esseri celesti si nascosero. Con le benedizioni del suo maestro, Bali regnò sui pianeti celesti. Seguendo i buoni consigli di suo nonno Prahlada, Bali fu un re virtuoso (Vamana Purana 74-75).


VAMANADEVA APPARE

Aditi, la madre degli esseri celesti, si lamentava vedendo i suoi figli che vagavano senza dimora. Suo marito Kasyapa la consigliò di stare calma sia nella buona che nella cattiva sorte, ma non riuscendo a tranquillizzarla le suggerì di compiere un voto di dodici giorni per soddisfare Sri Krishna. Compiaciuto da questo voto, il Signore le promise di apparire come suo figlio. Kasyapa, in trance, vide il Signore. Allora fecondò sua moglie e il Signore entrò nel grembo di Aditi. Sri Vamana dalla carnagione bluastra apparve in questo mondo vestito di seta dorata tenendo nelle Sue quattro mani una conchiglia, un disco, una mazza e un fiore di loto. La Sua apparizione procurò gioia a tutto il creato. Poi si trasformò in un brahmana nano e per la cerimonia del Suo compleanno tutti gli esseri celesti e i saggi Gli offrirono dei doni. Il dio del sole cantò mantra vedici, il sacerdote degli esseri celesti decorò il Suo petto con il filo sacro e Kasyapa Muni pose una cintura di paglia intorno ai Suoi fianchi. Madre Terra insieme con Sua madre Gli offrì una pelle di cervo e un perizoma. La Luna (regina delle foreste) Gli offrì il bastone del celibato e i pianeti celesti Gli donarono un ombrello. Brahma Gli fornì un recipiente per l’acqua, i sette saggi Gli portarono erba sacra e la dea del sapere Gli donò una corona per pregare. Il tesoriere degli esseri celesti offrì una ciotola da elemosina e Bhagavati, moglie di Siva Gli fece l’elemosina per prima.


VAMANADEVA CHIEDE LA CARITÀ A BALI

Sri Vamanadeva compì alcuni sacrifici del fuoco per dare il giusto esempio a tutti i saggi. Quando seppe che re Bali era impegnato a compiere un sacrificio sotto la guida di Sukracarya, si recò in visita da Bali, comprimendo la superficie della Terra ad ogni passo. Quando Vamanadeva si avvicinò a Bali, il fuoco del sacrificio era praticamente spento, i demoni non poterono ricevere le loro parti del sacrificio e gli inni che emanavano dalla bocca dei saggi potenziarono gli esseri celesti invece dei demoni (Nrisimha Purana 45.10-13) Tutti i saggi che partecipavano al sacrificio rimasero stupefatti nel vedere la radiosità che emanava da Vamanadeva. Pensarono che si stesse avvicinando l’incarnazione del sole o del fuoco e tutti Gli offrirono i loro omaggi. Bali Maharaja con cordialità Lo fece sedere e lavò i Suoi piedi di loto. Il grande re si versò poi sulla testa l’acqua sacra santificata dal contatto con i piedi di loto del Signore, proprio come il Signore Siva porta nei Suoi capelli il sacro Gange. Quindi Bali Maharaja chiese al Signore in che cosa poteva servirLo. Dopo aver lodato la dinastia di Bali come gloriosa e infallibile nei suoi voti di carità e di cortesia, Vamana gli chiese solo tre passi di terra.

Bali Maharaja sorrise per questa richiesta, che considerava infantile, ed insistette perché chiedesse qualcosa di più importante. Vamanadeva rispose che l’avidità non può mai essere saziata, anzi porterà la persona avida a desiderare sempre di più. In realtà, Vamanadeva stava insegnando a Bali Maharaja che il suo dominio sui pianeti celesti serviva solo a soddisfare la sua egoistica avidità e a tormentare gli esseri celesti. Sebbene come guerriero supremo, il Signore avrebbe potuto facilmente riconquistare i pianeti celesti a favore degli esseri celesti vanificando in battaglia l’orgoglio di Bali, Si presentò nella veste di un giovane saggio per insegnare al Suo devoto Bali Maharaja ad abbandonare l’eccessivo attaccamento alla proprietà. Il Signore insegnò a Bali che ognuno dovrebbe essere soddisfatto di quello che possiede per volontà della provvidenza e non desiderare le proprietà altrui. Bali allora acconsentì a donare al Signore tre passi di terra. Proprio quando stava per confermare con l’acqua la sua promessa, Sukracarya, avendo riconosciuto in Vamanadeva Sri Visnu in persona, cercò di dissuadere Bali dal mantenere la sua promessa. Bali provvedeva al sostentamento di Sukracarya, che non voleva che il suo ricco benefattore perdesse tutte le sue ricchezze.

Egli informò Bali che il bambino davanti a lui in realtà era il Signore Supremo Visnu, venuto a recuperare tutte le ricchezze degli esseri celesti. Inoltre, Sukracarya avvertì Bali che se non avesse mantenuto la sua promessa a Sri Vamana avrebbe dovuto soffrire all’inferno, perché Vamana con due passi avrebbe coperto tutto il regno di Bali (l’universo), senza lasciare spazio ad un terzo passo. Bali non aveva ancora pronunciato l’om, perciò in effetti, come Sukracarya disse, la sua promessa poteva essere revocata. Bali però non era disposto a ritrattare la parola data sapendo che Madre Terra non può sostenere il peso di una persona disonesta. Ora che il Signore Stesso era venuto alla sua porta, come avrebbe potuto opporsi alla Sua suprema volontà? Sebbene disubbidire agli ordini del guru costituisca comunemente un’offesa, Bali respinse il consiglio del suo guru perché contraddiceva il principio di soddisfare il Signore. A proposito dell’inferno, Bali Maharaja disse: “Non temo l’inferno, la povertà, un oceano di sofferenza, la caduta dalla mia posizione e neppure la morte così tanto quanto l’ingannare un brahmana.” Citò gli esempi di grandi anime che avevano sacrificato la loro vita per gli altri. Dopo tutto la morte porta via ogni cosa, allora perché essere attaccati alle proprietà?

Bali continuò: “Molti re hanno ottenuto fama immortale per i loro atti eroici, ma raramente la fortuna di servire una persona santa. E la mia fortuna supera ogni limite, perché il marito della dea della fortuna è venuto da me sotto le spoglie di una persona santa per chiedermi l’elemosina. Mio caro maestro, tu stesso adori Visnu, ed ora che Egli è apparso davanti a me, devo seguire i Suoi insegnamenti, anche se è venuto come nemico. Poiché ora Egli è un brahmana bambino, io non combatterò con Lui, anche se mi arrestasse o mi uccidesse.” (Srimad-Bhagavatam 8.20.12) Sentito questo, Sukracarya condannò il suo discepolo disubbidiente a perdere tutte le ricchezze. Nonostante fosse stato maledetto, Bali offrì dell’acqua a Vamanadeva, mantenendo così la sua promessa. Sukracarya aveva cercato d’intervenire, ma senza successo. [Vedi l’inserto: “Il cambiamento di Sukracarya”.] Nonostante l’aspetto di un nano, il Signore Si espanse nella Sua forma cosmica, rivelando l’universo intero. Con il Suo primo passo ricoprì tutti i pianeti inferiori fino alla Terra e con il secondo raggiunse direttamente la parte più alta dell’universo. Il Suo alluce forò la copertura dell’universo facendovi penetrare l’acqua dell’Oceano Causale (su cui galleggiano numerosi universi), che lavò i piedi di loto del Signore e discese nel nostro universo sotto la forma del Gange celestiale (Srimad Bhagavatam 5.17.1).
Vitolino
2 aprile 2009 0:00
OCCHI PER VEDERE DIO
Quando avevo otto anni i miei occhi si affaticavano per vedere quello che la mia insegnante scriveva sulla lavagna. Mia madre mi portò da un oculista che mi prescrisse gli occhiali. Le lenti degli occhiali da vista correggono un’imperfezione fisica curvando la luce. Gli scienziati usano lenti più potenti per i loro microscopi e telescopi che, “correggendo” la loro visione, permettono di vedere oggetti piccoli o distanti. Nessuna lente tecnologica ci permetterà mai di vedere Krishna, il Signore Supremo. Egli si trova al di là dei nostri sensi materiali. Egli trascende le tre influenze della natura materiale (virtù, passione ed ignoranza); nessun’anima soggetta alle interazioni dei tre influssi può vedere Krishna e tutte a livello spirituale, possono essere considerate cieche. Poiché questa imperfezione visiva esiste a livello spirituale, il rimedio deve essere spirituale. Noi possiamo diventare idonei a vedere Krishna solo praticando il servizio devozionale sotto una guida appropriata. Come Srila Prabhupada dice: “Sì, potete vedere Dio, ma prima dovete avere gli occhi.”


CECITÀ SPIRITUALE

Qualche volta le persone dicono che vedere è credere, e poiché non possono vedere Dio, non accettano la Sua esistenza. Srila Prabhupada definiva gli atei come persone “spiritualmente cieche che soffrono delle cataratte dell’ignoranza.” L’ignoranza è proprio come le cataratte che oscurano la vista e impediscono alle persone di vedere la verità. Nella Bhagavad-gita, la cecità spirituale di Dhritarastra (che era cieco anche fisicamente) impedì a lui e ai suoi figli di raggiungere un accordo con i Pandava, che erano tutti devoti del Signore Supremo. Poiché Dhritarastra era un re, la sua cecità spirituale fu anche dannosa dal punto di vista sociale e portò alla guerra di Kurukshetra. La sua cecità contagiò anche i suoi seguaci. Come Srila Prabhupada spesso citava: “Quando un cieco guida un altro cieco, ambedue cadono nel fosso.” Nonostante la cecità, Dhritarastra ebbe l’opportunità di “vedere” quello che succedeva sul campo di battaglia di Kurukshetra grazie alle descrizioni del suo segretario Sanjaya.

Vyasadeva aveva donato a Sanjaya una visione mistica per permettergli di vedere tutta la guerra di Kurukshetra, compreso il dialogo tra Krishna ed Arjuna, conosciuto come Bhagavad-gita. Sfortunatamente però la cecità spirituale di Dhritarastra e il suo attaccamento ad un figlio malvagio gli impedì di comprendere gli insegnamenti di Krishna. Come Dhritarastra, le anime prigioniere della natura materiale sono spiritualmente cieche e possono essere curate solo con la sottomissione ad un maestro spirituale autentico. Krishna nella Bhagavad-gita (4.34) dà queste istruzioni: “Cerca di conoscere la verità avvicinando un maestro spirituale, ponigli delle domande con sottomissione e servilo. L’anima realizzata può rivelarti la conoscenza perché ha visto la verità.” Il cieco non può aiutare un altro cieco, ma chi ha la visione della conoscenza trascendentale può dare la “vista” agli altri. Il Signore in persona ha sanzionato questo processo, trasmesso direttamente da Lui attraverso la successione di maestri. Come uno studente che vuole imparare la medicina si reca da un medico esperto per studiare, così un ricercatore per imparare la scienza spirituale deve andare da un maestro spirituale.
dino
2 aprile 2009 0:00
Sto Krishna che nessuno può vedere, ops solo quelli con le cataratte dell'ignoranza... Ma voi che siete eletti e senza ignoranze lo vedete, come lo vedete?
Zahanupaupiri
2 aprile 2009 0:00
Kabe Ha'be Bolo.
kabe ha'be bolo se-dina amar
(amar) aparadha ghuci', suddha name ruci,
kripa-bale ha'be hridoye sancar

Per favore, dimmi, quando quel giorno sarà mio? Quando cesserò di commettere offese, e quando il gusto per il santo nome puro sarà infuso nel mio cuore per il potere della grazia divina?



(2)

trinadhika hina, kabe nije mani',
sahisnuta-guna hridoyete ani'
sakale manada, apani amani
ho'ye aswadibo nama-rasa-sar

Considerandomi più basso di un filo d'erba, conservando nel cuore la qualità della pazienza, mostrando rispetto verso tutti e libero da ogni senso di falso orgoglio -quando gusterò l'essenza del "nettare liquido" del santo nome?



(3)

dhana jana ara, kobita-sundari,
bolibo na cahi deho-sukha-kari
janme-janme dao, ohe gaurahari!
ahaituki bhakti carane tomar

Ricchezza, seguaci, belle donne: ciò è suggerito dalla poesia di tutto il mondo - ma io non voglio nessuno tra questi piaceri del corpo. Sri Gaurahari, per favore, dammi la devozione pura ai Tuoi piedi di loto, nascita dopo nascita.



(4)

(kabe) korite sri-krishna-nama uccarana,
pulakita deho gadgada bacana
baibanya-bepathu ha'be sanghatana,
nirantara netre be'be asru-dhar

Quando, nel pronunciare il nome divino di Sri Krishna, il mio corpo fremerà nel rapimento estatico, e quando le mie parole si fermeranno nella gola per l'emozione? Quando il pallore e il tremore dell'estasi si manifesteranno, e quando rivoli di lacrime fluiranno costantemente dai miei occhi?



(5)

kabe navadwipe, suradhuni-tate,
gaura-nityananda boli' niskapate
naciya gaiya, beraibo chute,
batulera praya chadiya bicar

Quando correrò per la terra di Navadvipa, sulle rive del Gange con animo innocente gridando: "O Gaura! O Nityananda!" e danzerò e canterò come un pazzo, abbandonando ogni considerazione?



(6)

kabe nityananda, more kori' doya,
chadaibe mora visayera maya
diya more nija- caranera chaya,
namera hatete dibhe adhikar

Quando Sri Nityananda mi mostrerà la Sua misericordia e mi libererà dall'illusione di questo mondo? Quando concedendomi l'ombra dei Suoi piedi di loto mi permetterà di entrare nel mercato del santo nome?



(7)

kinibo, lutibo, hari-nama-rasa,
nama-rase mati' hoibo bibasa
rasera rasika- carana parasa,
koriya mojibo rase anibar

Io comprerò e saccheggerò i dolci sentimenti del nome di Hari, e diventerò completamente stordito per l'intossicazione al liquefarsi in me delle emozioni del santo nome. Toccando i piedi delle grandi anime capaci di gustare quei sapori, sarò costantemente immerso nel dolce nettare del santo nome.



(8)

kabe jibe doya, hoibe udoya,
nija-sukha bhuli' sudina-hridoya
bhakativinoda, koriya binoya,
sri-ajna-tahala koribe pracar

Quando avverrà il risveglio della compassione per tutte le anime cadute, e quando questo Bhaktivinoda, dimenticando la sua stessa felicità, partirà col cuore mite per propagare con umile supplica il sacro ordine di Sri Caitanya Mahaprabhu?(*)



(*) Il Signore Caitanya Mahaprabhu dette questa istruzione a tutti, bolo krishna, bhajo krishna, koro krishna sikha:"Canta il santo nome di Krishna, adora e servi Krishna, e impara la filosofia che riguarda Krishna dalle Scritture vediche."
(Caitanya-bhagavata, Madhya 13.9)

Isaia Kwick
2 aprile 2009 0:00
Hare krishna mi piace.
Isaia Kwick Zingaro ROM
Quamar Abdul Halani
2 aprile 2009 0:00
Hare Krishna.
Dio del vento e della materia, Dio dell'acqua e della rugiada, Dio della vegetazione e dellla clorofilla.
Hare Krishna.
Vitolino
2 aprile 2009 0:00
Ecco
Aghitha Guramani
30 marzo 2009 0:00
Glorie all'inondazione d'amore sublime suscitata da Sri Caitanya Mahaprabhu e dai Suoi compagni intimi.



sri sri radha-krishna, gopa-gopinatha,
syama-kunda, radha-kunda, giri-govardhana ki jaya
sri navadvipa-dhama ki jaya
sri mayapur-dhama ki jaya
sri vrindavana-dhama ki jaya
sri mathura-dhama ki jaya
sri dvaraka-dhama ki jaya
sri jagannatha puri-dhama ki jaya
ganga-mayi ki jaya
yamuna-mayi ki jaya
bhakti-devi ki jaya
tulasi-devi ki jaya
ananta koti vaisnava-vrinda ki jaya
sri hari-nama sankirtana ki jaya
grantha-raja srimad-bhagavatam ki jaya
ISKCON-vartmana-guru-vrinda ki jaya
samaveta bhakta-vrinda ki jaya
gaura-premanande hari-haribol
Dhahamat Jhupbaudani
29 marzo 2009 0:00
SVETA-VARAHA L'INCARNAZIONE DEL CINGHIALE BIANCO

All’inizio della creazione, il Signore Brahma, creatore dell’universo, istruì il figlio Svayambhuva Manu, il padre originale dell’umanità, affinché generasse la discendenza umana e guidasse i suoi discendenti sul sentiero del servizio devozionale alla Suprema Personalità di Dio. Manu però vide che la Terra, la dimora degli esseri umani, era sommersa nell’oceano Garbodhaka e allora chiese a suo padre di recuperarla. Mentre il Signore Brahma valutava il da farsi, un minuscolo cinghiale uscì dalla sua narice. Prima che Brahma potesse accorgersi di lui, il cinghiale espanse il suo corpo nel cielo nella dimensione di un grande elefante. All’inizio Brahma rimase perplesso alla vista di questo stupefacente cinghiale, ma poi comprese che si trattava di un’incarnazione della Suprema Personalità di Dio. Il frastuono del grugnito dell’incarnazione cinghiale piacque a Brahma che si sentì rassicurato dal fatto che il Signore avrebbe risolto tutti i suoi problemi.
Wavtava Harare Gudima
29 marzo 2009 0:00

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INCARNAZIONI DI KRISHNA

Il Signore Varaha
salva la Terra

Quando Dio prende la forma di un cingliale, Egli rimane Dio,
che puro e trascendentale cattura il cuore dei Suoi Devoti.

di Aja Govinda Dasa


Sri Varahadeva.
Sri Varahadeva.





La mitologia greca rappresenta il Titano Atlante, che sostiene la Terra, sempre oppresso dal suo peso. Il Signore Supremo, invece, nella Sua forma di un gigantesco cinghiale ha sollevato Madre Terra sulle Sue zanne così facilmente come un elefante coglie un fiore di loto. Questa forma del Signore è apparsa due volte per salvare Madre Terra, una all’inizio della creazione quando essa giaceva senza speranza nelle profondità dell’oceano Garbhodhaka (che riempie metà dell’universo) e la seconda quando l’opera del potente demone Hiranyaksha aveva turbato tanto il suo equilibrio da farla cadere di nuovo nell’oceano Garbodhaka. Per questa ragione il Signore è celebrato come marito e protettore di Madre Terra ed insieme sono adorati come Bhumi-Varaha.
Hararebudabi Kahren
25 marzo 2009 0:00
madhuryojjvala-premadhya-sri-rupanuga-bhaktida
sri-gaura-karuna-sakti-vigrahaya namo 'stu te



madhurya: coniugale; ujjvala: brillante; prema: amore; adhya: arricchito con; sri-rupa-anuga: seguendo Srila Rupa Gosvami; bhakti-da: diffonde servizio devozionale; sri-gaura: (di) Sri Caitanya Mahaprabhu; karuna: (del) la misericordia; sakti: energia; vigrahaya: alla personificazione; namah: omaggi; astu: che sia; te: a te.



Offro i miei rispettosi omaggi a te, energia personificata della misericordia di Sri Caitanya, che concedi il servizio devozionale arricchito con l'amore coniugale di Radha e Krishna, seguendo esattamente le rivelazioni di Srila Rupa Gosvami.

Quamar Abdul Halani
9 marzo 2009 0:00
aji se subidhane tomara smarana bhelo
bodo asa dakilam tai
ami tomara nitya-dasa tai kori eta asa
tumi bina onya gati nai

Oggi quel felice ricordo di Te è tornato alla mia memoria. In preda a un intenso desiderio, Ti ho chiamato. Io sono il Tuo eterno servitore, e quindi desidero tanto la Tua compagnia. O Sri Krishna, senza di Te non è possibile avere alcun successo.

Wavtava Harare Gudima
8 marzo 2009 0:00
TRASFORMATI DAI RACCONTI DI ROHINI

L’Utkala-khanda dello Skanda Purana dà un’altra versione dell’apparizione di Krishna come Jagannatha. (Utkala è il nome tradizionale dell’Orissa.) Una volta durante un’eclisse solare, Krishna, Balarama, Subhadra insieme ad altri abitanti di Dvaraka si recarono a fare il bagno in un laghetto sacro di Kuruksetra. Sapendo che Krishna sarebbe stato là, Srimati Radharani, i genitori di Krishna, Nanda e Yasoda ed altri abitanti di Vrindavana, che bruciavano nel fuoco della separazione dal Signore, vi si recarono per incontrarLo. All’interno di una delle tende montate dai pellegrini a Kuruksetra, Rohini, la madre del Signore Balarama, narrò i passatempi di Krishna a Vrindavana alle regine di Dvaraka e ad altri. Si dice che i residenti di Dvaraka siano nel sentimento dell’opulenza (aisvarya) e che adorino Krishna come Signore Supremo. I residenti di Vrindavana invece sono nel sentimento della dolcezza (madhurya) ed hanno una relazione confidenziale con Krishna che supera il timore e la reverenza perché è fondata sull’amicizia e sull’amore.
Xaht Chu Nam Kee
8 marzo 2009 0:00
Dall'inizio del tempo l'uomo ha desiderato la casa perfetta - un paradiso - uno Shangri-la, uno Walden - dove poter vivere eternamente in pace e felicità.
Un luogo come questo non esiste nel mondo materiale poiché, per sua natura, questo mondo è temporaneo e pieno di frustrazione.
Per porre un termine alla nostra faticosa ricerca dobbiamo andare al di là di questo mondo di dualità, al di là dei confini dello spazio e del tempo, nel regno spirituale.
Vrindavana, in India, è quell'eterno luogo di riposo a lungo sospirato perché è a Vrindavana che Sri Krishna, Dio, la Persona Suprema, discese su questo pianeta cinquemila anni fa.
L'apparizione del Signore e le Sue attività non sono di questo mondo, sono completamente trascendentali.
Proprio come un re viaggia accompagnato da tutto il suo seguito e si accampa per dirigere i suoi affari di stato nello stesso modo in cui li condurrebbe nel suo palazzo, così Sri Krishna portando con Sè i Suoi compagni trascendentali e tutto ciò che Lo circondava, creò sulla Terra la replica esatta del mondo spirituale conosciuto come Goloka Vrindavana.
Poiché Vrindavana è la dimora eterna e completamente spirituale del Signore, non è differente da Lui.
jhimatra
8 marzo 2009 0:00
sankarsanah karana-toya-sayi
garbhoda-sayi ca payobdhi-sayi
sesas ca yasyamsa-kalah sa nitya-
nandakhya-ramah saranam mamastu
Zahanupaupiri
28 febbraio 2009 0:00
jada-vidya jato, mayara vaibhava,
tomara bhajane badha
moha janamiya, anitya somsare,
jikabe karaye gadha

Tutta la conoscenza mondana non è altro che il potere dell'energia illusoria [maya] ed è un impedimento nel servire Te. Infatti aumenta l'infatuazione per questo mondo temporaneo e rende l'anima eterna del tutto simile a un asino.
Wavtava Harare Gudima
28 febbraio 2009 0:00
udilo aruna puraba-bhage
dvija-mani gaura amani jage
bhakata-samuha loiya sathe
gela nagara-braje

Quando l'orizzonte orientale si tinge del rosso che annuncia il sorgere del sole, la gemma dei brahmana, Sri Gaurasundara, immediatamente si sveglia. Prendendo con Sé i Suoi devoti, Egli viaggia attraverso i paesi e i villaggi di Nadia.
Nhak Ata Suhghubadasi
25 febbraio 2009 0:00
Umiltà e desiderio
di successo

Perdersi nelle ambizioni materiali è facile, ma l’associazione con i devoti
di Krishna può aiutarci a pensare in modo giusto.


Xaht Chu Nam Kee
25 febbraio 2009 0:00
namo gaura-kisoraya saksad-vairagya-murtaye
vipratambha-rasambhode padambujaya te namah



namah: omaggi; gaura-kisoraya: a Gaurakisora dasa Babaji; saksat: direttamente; vairagya: rinuncia; murtaye: alla personificazione; vipralambha: (della) separazione (da Krishna); rasa: (del) piacere; ambhode: o oceano; pada-ambujaya: ai piedi di loto; te: il tuo; namah: omaggi.



Offro i miei rispettosi omaggi a Gaurakisora dasa Babaji Maharaja (il maestro spirituale di Bhaktisiddhanta Sarasvati), che è la personificazione della rinuncia. Egli è sempre immerso nel sentimento di separazione e nell'intenso amore per Krishna.

Dhahamat Jhupbaudani
24 febbraio 2009 0:00
gangara parasa hoile pascate pavan
darsane pavitra koro ei tomara gun

È possibile purificarsi bagnandosi numerose volte nelle acque del sacro Gange, ma è sufficiente vedere te e le anime cadute si purificano. Questo è il tuo grande potere.

Zahanupaupiri
24 febbraio 2009 0:00
gauravirbhava-bhumes tvam nirdesta saj-jana-priyah
vaisnava-sarvabhaumah sri-jagannathaya te namah

gaura: (di) Sri Caitanya; avirbhava: dell'apparizione; bhumeh: del luogo; tvam: tu; nirdesta: l'indicatore; sat- jana: (a) tutte le persone sante; priyah: caro; vaisnava: (dei) vaisnava; sarvabhaumah: il principale; sri-jagannathaya: a Jagannatha dasa Babaji; te: a te; namah: omaggi.

Offro i miei rispettosi omaggi a Jagannatha dasa Babaji, che è rispettato dall'intera comunità vaisnava e che ha scoperto il luogo dove Sri Caitanya è apparso.
Aghitha Guramani
24 febbraio 2009 0:00
hari he doyala jaya radha-nath
baro baro ei-baro loho nija sath

O Hari! Mio misericordioso Signore! Tutte le glorie a Te, che sei il Signore di Radha! Molte volte Ti ho evitato, ma questa volta, per favore, prendimi come fossi di Tua proprietà.
Xaht Chu Nam Kee
23 febbraio 2009 0:00
In una piccolissima casa di una sola stanza, una famiglia serve il Signore
con un’opulenza apparentemente superiore ai suoi mezzi,Un sabato mattina alle 11.30 Vamsi Vihari Dasa, Vrajabasi Dasa, Ripin ed io arriviamo a Lalbagh, un quartiere di Mumbai. Siamo venuti per intervistare un devoto di nome Satish, dopo aver sentito parlare della sua devozione esemplare e di quella della sua famiglia. La sua piccolissima casa composta di una sola stanza è la loro abitazione e anche un tempio di Jagannatha, Baladeva e Subhadra. Sebbene sia un impiegato con un basso salario, egli stesso e altri cucinano regolarmente per le divinità una festa di prasadam composta da cinquantasei preparazioni, seguendo una tradizione centenaria di servizio al Signore Jagannatha a Puri. Mentre ci trovavamo davanti ad un edificio, cercando d’individuare la casa di Satish, il proprietario di un chiosco per la vendita del tè ci chiamò: “Ehi, voi Hare Krishna, girate a sinistra e andate dietro a questo edificio.” Stupefatti, ci guardammo l’un l’altro. Poi Ripin interpretando il sentimento di tutti, disse: “Sembra che il Signore Jagannatha qui sia molto famoso.” Passammo davanti ad alcuni edifici scoloriti ed entrammo in uno di essi. “Benvenuti!” Satish ci salutò e ci fece entrare nella sua casa di una sola stanza. In una stanza di circa tre metri per tre metri e sessanta lungo una parete c’è un grande ripiano su cui si trovano le divinità alte sessanta centimetri di Jagannatha, Baladeva e Subhadra Devi, ognuna delle quali è stupendamente decorata con ghirlande di fiori ed abiti sontuosi.

Dietro di loro c’è una vista panoramica del tempio di Jagannatha a Puri. Alla nostra destra c’è una fila di fornelli sovrastata da un’attrezzatura per cucinare, disposta in ordine su una scaffalatura di metallo. A sinistra c’è un lungo tavolo su cui sono disposti i contenitori per le preparazioni. Sul pavimento due donne friggono delle verdure su una stufa e altre due cucinano su una mensola. Una bambina di cinque o sei anni lava una carota con le sue piccole mani e poi la passa a sua madre. Nonostante il faticoso lavoro per cucinare decine di preparazioni sui tre fornelli, l’atmosfera è calma e serena. Le devote cucinano tranquillamente mentre come sottofondo si sente un cd con un dolce kirtana degli Hare Krishna. La stanza è pulita e non c’è un fumo soffocante nonostante che ci sia solo una finestra e non si notino ventilatori. Scattiamo qualche fotografia e poi Satish ci porta nella casa di un altro devoto. Ci sediamo su stuoie di paglia e iniziamo l’intervista.

jhimatra
19 febbraio 2009 0:00
Krishna il benevolo Dio dell'amore e del bene.
Commenti
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