Commenti
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Reyarghut Avghatayamna 28 maggio 2009 0:00
Certo che voi Hare Krishna sembrate invasati anche rispetto
ai neocatecumeni. Tutti questi post per raccontarvi le
filastrocche e le cagate induiste? Beh, avreste potuto fare
lo stesso con un decimo di questi post, invece di tenere
costantemente in alto questa discussione tra quelle
'recenti'. Che poi discussione non è, è solo un
settore di cui vi siete impadroniti, molto umilmente, del
forum Aduc per fare la vostra propaganda.
Strano, con tutti i critici del cattolicesimo non ce
n'é stato uno interessato a darvi il fatto vostro,
forse impegnati altrove. Eccovi un Mantra da
parte mia. Are, are, homm homm wham shock smack
sob.
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Ziripuaphani 26 maggio 2009 0:00
Krishna, il celestiale.
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Quzzaharari 20 maggio 2009 0:00
Krishna e' il Dio dell'universo celeste, Krishna ci
ama a prescindere dalla nostra religione, credo e stile di
vita, Krishna ama i nostri difetti, li eleva a grazia.
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Zahanupaupiri 30 aprile 2009 0:00
Il Japa che Apre il Cuore
.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-. Una volta
un amico mi parlò di questa analogia con la vita
spirituale: uno stormo di oche acquista forza volando in una
formazione a V, ma se un’oca cade, le altre non possono
aiutarla. Nello stesso modo, sebbene coloro che ricercano la
conoscenza si aiutino l’un l’altro, il successo in
definitiva è legato allo sforzo personale e alla gentilezza
del Signore Supremo, Sri Krishna. La gentilezza di Krishna
si rivela nel maha-mantra Hare Krishna: Hare Krishna,
Krishna Krishna, Hare Hare/ Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama,
Hare Hare. La ripetizione di questa sacra vibrazione sonora
apre il cuore ad una sempre maggiore comprensione di se
stessi e all’intimità dell’amore per Dio, anche in chi
non ha qualifiche. Questa analogia degli uccelli come si
applica al canto Hare Krishna, una pratica così importante
per la vita spirituale? Il canto di gruppo viene detto
sankirtana o kirtana; il canto individuale è detto japa.
Cantare in gruppo (kirtana) è come volare in formazione a
V; si prende forza dagli altri. Si suona o si guardano gli
altri che suonano gli strumenti, a turno si ascolta e si
canta, e si segue il leader che varia il tempo e la melodia.
Quando invece si canta con il japa siamo soli con Krishna e
con la nostra mente, che è sempre pronta a disturbarci.
La più recente incarnazione di Krishna, Sri Caitanya
Mahaprabhu, sebbene fosse un grandissimo erudito, ha
lasciato solo otto versi scritti. Questi versi di suprema
importanza, conosciuti come Siksastaka, mostrano che i nomi
di Krishna rafforzano ed arricchiscono la vita spirituale.
Eccoli tradotti in forma poetica, insieme a riflessioni
sulla loro importanza per la fondamentale pratica spirituale
individuale del japa. 1
ceto-darpana-marjanam bhava-maha-davagni-nirvapanam
sreyah-kairava-candrika-vitaranam vidya-vadhu-jivanam
anandambudhi-vardhanam prati-padam purnamritasvadanam
sarvatma-snapanam param vijayate sri-krisna-sankirtanam
Cantare i nomi di Krishna è guardare la luna
crescente che dà grande fortuna come un loto sbocciato
completamente. Cantare toglie la polvere sui nostri cuori
brillanti accumulata, fa rivivere la sacra conoscenza come
una moglie dal suo uomo ispirata. Estingue anche le fiamme
penose delle nascite e delle morti, che senza fine subiamo,
con oceaniche onde di felicità che ad ogni passo bramiamo.
Il canto attento del japa apre il cuore verso sempre più
elevati livelli d’amore per Dio, proprio come la forza
della natura fa sbocciare il fiore di loto e fa sembrare che
la luna cresca. Noi che cantiamo il japa spesso cominciamo
la nostra seduta di canto senza entusiasmo, ansiosi o
confusi. Quando finiamo, ci sentiamo forti e concentrati.
Perché? Non perché il nostro respiro diventa regolare e le
nostre menti si placano; durante il japa cambiamo perché,
sebbene in modo maldestro, cantando il Suo nome ci associamo
con Krishna. Cantare in modo attento significa
abbandonare i pensieri e i problemi per sottomettersi
all’ascolto del mantra. Significa aver fiducia in Krishna
e abbandonarsi a Lui con gli occhi ben aperti. Krishna
risponde a questo desiderio di resa. Non appena ci rendiamo
conto della presenza di Krishna, immediatamente i nostri
cuori diventano felici e sereni. “Nella misura in cui vi
abbandonate a Me,” dice Krishna nella Bhagavad-gita
(4.11), “Io vi ricompenso.” Contattare Krishna ogni
giorno per mezzo del japa fa nascere un legame di fiducia
che supera la semplice fede. Il japa diventa un rifugio, un
posto sicuro dove andare quando sembra che la vita ci
travolga. Il japa diviene sia simbolo che mezzo pratico per
abbandonarci a Krishna e ogni volta che cantiamo con
attenzione Krishna risponde. Cantare sul japa come se non
avessimo nessun altro a cui rivolgerci tranne Krishna,
libera dall’ansietà la nostra mente e il nostro
cuore. Il canto ci trasforma da bambini
spirituali ansiosi e concentrati su noi stessi in adulti
spirituali sereni, gentili e pazienti. In questo verso la
frase sanscrita vidya-vadhu-jivanam si riferisce alla moglie
(vadhu) del sapere trascendentale (vidya). Questa bella
frase in tre parole sanscrite mostra come la bhakti
(devozione) dia vita a jnana (conoscenza). Le Scritture
forniscono la conoscenza, il japa favorisce la realizzazione
di questa conoscenza, proprio come le dolci parole di una
moglie incoraggiano e vivificano il marito. Se eseguito in
modo appropriato, il canto Hare Krishna sui grani del japa
diventa una gioia quotidiana. La vita materiale è come
essere intrappolati senza via d’uscita in una foresta in
fiamme, ma il fuoco verrà estinto dalle potenti onde di
gioia liberate dall’attento canto del japa. 2
namnam akari bahuda nija-sarva-saktis
tatrarpita niyamitah smarane na kalah etadrisi tava
kripa bhagavan mamapi durdaivam idrisam ihajani
nanuragah Mio Signore, i Tuoi nomi sono molti di
più di quelli che potrò mai contare o invocare, e Tu
potenzi ciascuno di essi per poter alla mia vita ogni
benedizione dare. Gentilmente Tu non hai posto regole per
cui io posso sempre cantare o chiamare, eppure i Tuoi
preziosi nomi purtroppo non so gustare. Poiché il canto
attento del japa porta a queste potenti realizzazioni, i
devoti esperti nel canto si uniscono in questa pratica e a
volte gli altri scambiano il loro naturale entusiasmo per
fanatismo. Ma i seguaci di Sri Caitanya non sono fanatici,
perché Sri Caitanya è assolutamente liberale e non
settario. Come Egli dichiara in questo verso, qualsiasi nome
di Dio, se cantato in modo appropriato, risveglia noi e gli
altri. Perché un numero maggiore di persone non medita con
questo semplice e profondo canto? Sebbene tutti percepiscano
l’effetto di un inno trascinante o di un lamentoso invito
a pregare, pochi ripetono l’esperienza dentro di sé
cantando costantemente o anche regolarmente.
Perché non cantiamo? Sri Caitanya si lamenta, nanuraga:
“Non ne ho il gusto.” Le persone intelligenti
sperimentano un gusto per le attività benefiche come la
lettura e lo sport; gli sciocchi si costruiscono abitudini
molto dannose come gli intossicanti e l’azione rovina
cervelli della TV. Nello stesso modo, il canto del japa è
un gusto che si acquisisce. Comprendendo l’incomparabile
valore della vita spirituale, il vero saggio impara a
nutrire il proprio spirito con i santi nomi di Dio. Il verso
successivo spiega come si fa ad ottenere il gusto per il
japa. Attenzione però: più cantiamo, più comprendiamo la
grandezza di Krishna e più restiamo scioccati dalla nostra
penosa condizione. 3 trinad api
sunicena taror api sahisnuna amanina manadena
kirtaniyah sada harih L’anima che canta il
santo nome mite, umile e rispettosa senza orgoglio e con
un’attitudine virtuosa, sottomessa come l’erba
calpestata, come un albero tollerante, ottiene il gusto di
cantare i Tuoi santi nomi in modo costante. Devo confessare
che cantando il japa negli anni ho scoperto molte cose
sgradevoli su me stesso. Con le mie azioni sconsiderate ho
offeso altri e mi sono comportato stupidamente centinaia di
volte. Tuttavia mi avvicino al japa pensando con orgoglio:
“So che cosa fare. Krishna è Mio. “ Non mi rendo conto
che in verità io sono di Krishna. Il mio canto è fatto per
il Suo piacere e il Suo piacere è il mio unico vero
piacere. Quando capirò che Krishna non ha alcun obbligo
verso di me, vista la modestissima qualità della mia
devozione? Quando capirò che ogni persona che vedo è un
glorioso essere spirituale, figlio o figlia di Krishna,
meritevole di ogni rispetto? Come faccio, viste le mie
debolezze, ad essere così orgoglioso? Il japa mi ha aperto
gli occhi. Sebbene faccia soffrire, una realtà spiacevole
vale di più di una felicità illusoria. Nella misura in cui
affronto i miei errori e ignoro quelli degli altri, gusterò
il suono del nome di Krishna ininterrottamente.
4 na dhanam na janam na sundarim kavitam va
jagadisa kamaye mama janmani janmanisvare bhavatad
bhaktir ahaitaki tvayi Mio Signore, non desidero
amanti, fama, né ricchezze in eccesso; desidero solo
servirTi, vita dopo vita senza nessun pensiero per me
stesso. Che cosa voglio da Krishna? Alcune persone si
rivolgono a Dio per il denaro. Alcune seguono il loro
compagno verso Dio o si rivolgono a Dio per trovarne uno.
Altre vengono a Dio per altri motivi, ma vi rimangono per
godere dell’adorazione dei propri seguaci. Tutte queste
motivazioni vengono meno, ma l’amorosa reciprocazione di
Krishna ci sosterrà legandoci gioiosamente al Suo servizio.
Per godere dell’amorosa reciprocazione di Krishna dobbiamo
cantare sul japa con molta attenzione. Perché? In parole
semplici, Hare Krishna significa: “Caro Krishna, ti prego,
permettimi di servirTi.” Perciò, quando cantiamo sul japa
chiediamo ripetutamente di poter servire Krishna. Sebbene
Egli non abbia bisogno di nulla, con gentilezza accetta il
nostro servizio. È così dolce l’opportunità di servire
Krishna che Sri Caitanya prega di averla rinunciando alla
ricchezza, alla fama e all’amore. 5 ayi
nanda-tanuja kinkaram patitam mam visame
bhavambudhau kripaya tava pada-pankajasthita-
dhuli-sadrisam vicintaya Sebbene io sia fatto per
servirTi in qualche modo sono caduto nell’oceano delle
nascite e delle morti dove mi sono quasi perduto. Ti prego,
da questo oceano di morte salvami — non ho nessun altro
rifugio — come un granello di polvere ponimi ai Tuoi piedi
di loto senza indugio. Rinunciando alla ricerca di amanti,
denaro e fama, scopriamo una nuova realtà: corriamo un
pericolo terribile. La morte incombe, ma noi siamo così
attaccati a ciò che ci sta uccidendo che non ce ne curiamo
e neppure ci occupiamo del servizio d’amore a Krishna, che
ci può salvare dalla morte. Con gli anni ho imparato a
temere Dio e ad amare le cose di questo mondo. Nello
Siksastaka Sri Caitanya ci insegna ad amare Dio e a temere
le cose di questo mondo. Perché temere Dio, come se fosse
Dio ad infliggerci la sofferenza? Dio è neutrale; se
vogliamo goderci questo mondo, ci dà un corpo materiale con
cui poterlo fare, ma questo corpo, al pari di tutto ciò che
è materiale, finisce come non vorremmo. Allora abbiamo
bisogno di un nuovo corpo per continuare a soddisfare i
desideri materiali. In questo modo ci dibattiamo in un
oceano di sofferenza — finché non cambiamo. Come fare a
cambiare i nostri desideri? Krishna c’insegna che non è
possibile rinunciare ad un desiderio se non lo sostituiamo
con qualcosa di più attraente. Quando impareremo a gustare
il canto Hare Krishna, saremo salvati per grazia di
Krishna. 6 nayanam galad-asru-dharaya
vadanam gadgada-ruddhaya gira pulakair nicitam vapuh
kada tava nama-grahane bhavisyati Cantando
mi chiedo: “Quando lacrime d’amore i miei occhi
adorneranno, per la gioia la mia voce si spezzerà e tutti i
peli del mio corpo si rizzeranno? Possiamo invocare Krishna
per paura o perché soffriamo; questo è meglio che non
chiamarlo affatto. Possiamo anche cercare di fare
avanzamento, d’imparare a cantare per amore. Krishna
allora è in estasi; quando cantiamo con purezza, ci
associamo con il nostro estatico Signore e allora anche noi
spontaneamente diventiamo estatici. Avendo provato
ripetutamente che Krishna soddisfa il nostro cuore, dopo
aver avuto una smorfia di disgusto e sputato sopra le
illusioni che eravamo soliti ricercare, impariamo un modo
completamente nuovo di godere. Allora ci abbandoniamo al
canto. Dopo aver studiato le Scritture vediche, Sri Caitanya
e i Suoi seguaci descrissero il percorso del canto.
I sintomi spontanei descritti in questo verso —
lacrime spontanee, voce spezzata, peli del corpo che si
rizzano — indicano l’amore estatico per il Signore. Essi
non devono essere imitati con ostentazione, ma appaiono
naturalmente per la grazia di Krishna quando l’anima
caduta finalmente invoca il Suo nome con sincerità. Noi non
cantiamo il japa per ottenere questi sintomi dell’amore
per Dio. Quando essi appaiono, sono segnali che stiamo
progredendo, come le indicazioni sull’autostrada non sono
la nostra meta ma ci mostrano che essa è vicina. I sintomi
di estasi possono però non apparire anche in una persona
che canta con sincerità. Come Suoi figli e figlie, noi
siamo obbligati ad invocare Krishna, ma Lui non è obbligato
a mostrarSi quando lo facciamo. 7 yugayitam
nimesena caksusa pravrisayitam sunyayitam jagat
sarvam govinda-virahena me O Krishna! In Tua
assenza ogni momento sembra durare un’eternità. Il mondo
intero appare così vuoto che dai miei occhi sgorgano
lacrime in quantità. Quando non ci aspettiamo più la
felicità dalle illusioni, spontaneamente ci aspettiamo la
felicità da Krishna, ma Egli nella Sua suprema indipendenza
può darcela o no. La felicità accompagna Krishna che viene
e va secondo il Suo dolce volere. Devoti molto avanzati
trovano l’estasi nella separazione da Krishna; i
principianti possono solo impegnarsi. Tuttavia, se Krishna
ci lascia, dove mai possiamo rivolgerci in tutta la
creazione? Dobbiamo invocarLo. In effetti, quando non
sentiamo la presenza di Krishna, è il momento di cantare
con ancor più determinazione e pazienza. Krishna accetta
tutti, ma non raccoglie devoti improvvisati. Egli mette alla
prova la nostra determinazione. Sebbene possiamo sentire
Krishna per mezzo dei Suoi santi nomi, scopriamo che Egli
non Si rivela al nostro comando. Chi è questa persona su
cui non si può contare? Lo vogliamo ancora?
8 aslisya va pada-ratam pinastu mam adarsanan
marma-hatam karotu va yatha tatha va vidadhatu
lampato mat-prana-nathas tu sa eva naparah
Krishna è il Mio unico Signore e tale per sempre rimarrà
anche se mi soffocherà con il Suo abbraccio o con la Sua
assenza il cuore mi spezzerà. Egli è libero di ingannarmi
o di calpestarmi o in qualsiasi modo, senza alcun riguardo,
di trattarmi. Egli è tutta la mia vita. Non distoglierò
mai da Lui lo sguardo. Questa preghiera finale di Sri
Caitanya incarna il sentimento delle amanti di Krishna, le
gopi, che si struggevano per Lui dopo che ebbe lasciato il
Suo villaggio natale per non tornarci più. A volte il loro
attaccamento a Krishna irritava i loro mariti e metteva a
rischio la loro reputazione, tuttavia esse non riuscivano a
dimenticarLo. Questo loro amore per Dio, disinteressato,
incondizionato, profondamente gioioso, supera ogni altro
tipo d’amore. Anche se siamo pieni di desideri
materiali, cantare sul japa con grande attenzione ogni
giorno ci può portare a questo amore. Per l’anima amare
Krishna è tanto naturale qaunto respirare lo è per il
corpo. Se ci associamo con Krishna per mezzo del japa, lo
spontaneo amore per Krishna, sopito nel cuore di ogni
persona, si risveglierà e si svilupperà.
UN ESEMPIO VIVENTE A partire dal 1965, Srila
Prabhupada, seguace esemplare di Sri Caitanya, presentò
gratuitamente il canto Hare Krishna in tutto il mondo. La
sua umiltà, il suo distacco, il suo amore estatico e
incondizionato per Krishna ha dimostrato la realtà dei
versi di Sri Caitanya. La vita e l’esempio di Srila
Prabhupada continuano ad ispirare migliaia di persone a
cantare i nomi di Dio. Lo Siksastaka di Sri Caitanya ci
porta dal punto di partenza — l’effetto purificatore del
canto Hare Krishna — alle più alte vette dell’amore
disinteressato e incondizionato. Scalare una montagna così
alta può apparire scoraggiante, ma grano dopo grano, mantra
dopo mantra, una seduta di japa ogni giorno ci farà
progredire. Srila Prabhupada ci ha indicato come fare.
Kalakantha Dasa dirige la Krishna House vicina alla
Università della Florida a Gainesville. Il suo ultimo libro
è A Gator’s Guide to the Gita.
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Xaht Chu Nam Kee 30 aprile 2009 0:00
Lalasamayi Prarthana
----------------------------------`gauranga' bolite habe
pulaka-sarira `hari hari' bolite nayane ba'be
nira
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jhimatra 3 aprile 2009 0:00
Krishna e' un Dio dalle mille facce, con un cuore grande
per contenerle tutte.
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Xaht Chu Nam Kee 3 aprile 2009 0:00
Sri Vamana Risolve il Conflitto Universale .
---------------------------------------- Sri Visnu si
presenta sotto altra forma per restituire il controllo
dell’universo agli esseri celesti, Suoi devoti.
INCARNAZIONI DI KRISHNA Sri Vamana
Risolve il Conflitto Universale Sri Visnu si
presenta sotto altra forma per restituire il controllo
dell’universo agli esseri celesti, Suoi devoti.
di Aja Govinda Dasa Dopo aver compiuto la
cerimonia payo-vrata, Aditi, madre degli esseri celesti,
viene ricevuta direttamente da Sri Visnu, che acconsente a
diventare suo figlio (Vamana). (Dipinto di Yadurani Devi
Dasi) Dopo aver compiuto la cerimonia payo-vrata,
Aditi, madre degli esseri celesti, viene ricevuta
direttamente da Sri Visnu, che acconsente a diventare suo
figlio (Vamana). (Dipinto di Yadurani Devi Dasi)
Dio è il maestro di tutte
le arti, compresa quella di risolvere i conflitti. Egli è
il padre affettuoso di tutti e ogni Sua azione dà beneficio
a tutti i Suoi figli. La storia di Sri Vamana mostra come il
Signore riuscì a soddisfare due gruppi rivali ponendo fine
ad una guerra cosmica tra i demoni e gli esseri celesti. Da
questo divertimento apprendiamo anche che il Signore
manifesta la Sua misericordia più elevata quando priva il
Suo devoto di tutte le protezioni materiali affinché possa
arrendersi a Lui incondizionatamente. Il Signore fa questo
per aumentare la fiducia amorevole dei devoti verso di Lui,
liberandoli dalla dipendenza dai loro effimeri poteri
materiali. IL VIRTUOSO RE PRAHLADA
La storia di Sri Vamana è il seguito di quella di Sri
Nrisimha. In breve, Sri Nrisimha discese per proteggere il
Suo devoto Prahlada Maharaja che era terrorizzato dal padre,
l’ateo Hiranyakasipu. Dopo che Sri Nrisimhadeva ebbe
ucciso (e liberato) questo tiranno ateo, Prahlada Maharaja
fu incoronato imperatore dei demoni, i nemici degli esseri
celesti. Gli esseri celesti (amministratori capo
dell’universo) recuperarono poi la loro sovranità sul
cielo, che era stato sotto il controllo di Hiranyakasipu.
Perché dopo che Nrisimhadeva aveva messo le cose a posto si
sviluppò nuovamente un conflitto tra i demoni e gli esseri
celesti? Ora che il re santo Prahlada, amante della pace,
governava i demoni, come poteva esserci una guerra? Prahlada
Maharaja era così santo e amante della pace che dimostrò
il suo altruismo prendendosi cura più dei sudditi che della
propria famiglia. Quando il figlio di Prahlada, Virocana,
voleva sposare una fanciulla desiderata da un giovane
brahmana, Prahlada convinse Virocana a rinunciare al suo
desiderio. In questo modo Prahlada dimostrò che il re e la
sua famiglia dovrebbero essere sempre al servizio dei
sudditi e non dovrebbero mai esercitare la forza e il potere
per soddisfare i propri desideri. (Mahabharata, Udyoga Parva
35). Governati da un re così amabile, i demoni erano
tranquilli, ma dopo che Prahlada ebbe rinunciato al trono a
favore del figlio Virocana, l’odio tra gli esseri celesti
e i demoni si manifestò di nuovo. Questi sono
gli avvenimenti che determinarono la rinuncia al trono da
parte di Prahlada. Una volta, mentre Prahlada era ancora re,
un saggio che si bagnava in un fiume sacro fu morso da un
serpente, che avvolgendosi intorno alle sue gambe lo tirò
sott’acqua. Grazie alla sua sincera fede nella protezione
di Sri Visnu, il saggio non reagì. Il serpente lo trascinò
giù fino al regno sotterraneo dei demoni, dove Prahlada gli
rese onore. Durante il loro incontro il saggio ispirò
Prahlada a visitare i luoghi di pellegrinaggio. Durante una
visita ad una foresta sacra, Prahlada vide un pino trafitto
da alcune frecce, la cui linfa faceva pensare a lacrime di
dolore. Vicino all’albero sedevano due asceti. Alla vista
delle loro frecce che trafiggevano l’albero innocente,
Prahlada li attaccò, ma gli asceti lo sconfissero con
facilità. Allora egli pregò Sri Visnu, che gli disse che
solo con la devozione avrebbe potuto vincere i due asceti.
In realtà i due asceti erano i Rishi Nara- Narayana,
incarnazioni di Visnu. Per farsi perdonare di aver
combattuto contro di loro, Prahlada rinunciò al suo regno e
si ritirò per compiere austerità. Dopo questo avvenimento,
Prahlada svolse solo la funzione di consigliere per i suoi
successori (Vamana Purana 7-8). VIROCANA, IL FIGLIO DI
PRAHLADA Virocana divenne il nuovo imperatore dei
demoni, ma il possesso di una scintillante corona d’oro,
dono del dio del sole, lo rese arrogante ed offensivo nei
confronti degli esseri celesti. Virocana aveva ricevuto la
benedizione di non poter essere ucciso finché avesse
indossato quella corona (Ganesa Purana 2.29). Essendo a
conoscenza di questo, gli esseri celesti cospirarono contro
di lui. Travestiti da saggi, lo supplicarono e il generoso
Virocana promise di esaudire il loro desiderio. Gli chiesero
in elemosina la sua corona. Virocana, sebbene si fosse
accorto del complotto degli esseri celesti, fedele alla
parola data, si separò dalla sua corona ed anche dalla sua
vita (Srimad-Bhagavatam 8.19.14). BALI
CONQUISTA I PIANETI CELESTI Infuriato per
l’inganno degli esseri celesti, Bali, figlio di Virocana,
divenne un nemico dichiarato degli esseri celesti, gli
spietati uccisori di suo padre. Una volta Indra, re degli
esseri celesti, aveva altezzosamente rifiutato una ghirlanda
offertagli da un saggio e il saggio aveva maledetto gli
esseri celesti. Grazie a questa maledizione Bali sconfisse
facilmente gli esseri celesti in battaglia, vincendo il
regno dei pianeti celesti. Gli esseri celesti erano in
svantaggio. I demoni non temevano la morte perché il loro
maestro Sukracarya poteva con un mantra segreto farli
rivivere dopo la morte. Espulsi dalle loro residenze, gli
esseri celesti presero rifugio in Sri Visnu, che disse loro
di frullare l’oceano di latte in un momento di tregua con
i demoni. Questo avrebbe permesso di recuperare i gioielli
che erano caduti nell’oceano dalle mani di Bali mentre
trasportava il tesoro degli esseri celesti nella sua
capitale e di estrarne anche l’ambrosia che aveva il
potere di rendere immortali gli esseri celesti. (Visnu
Purana 1.9, Matsya Purana 250-251). All’inizio questa
operazione produsse del veleno, poi oggetti preziosi come
gemme, gioielli, animali, esseri celesti maschili e
femminili ed infine il vaso dell’ambrosia. Sri Visnu,
prendendo l’aspetto di una donna che era l’incarnazione
della bellezza sensuale, ingannò i demoni distribuendo
tutta l’ambrosia agli esseri celesti. Potenziati dal
nettare dell’immortalità, gli esseri celesti respinsero
l’attacco dei demoni che volevano assicurarsi il nettare
per se stessi. I demoni allora ricorsero ad
artifici illusori confondendo gli esseri celesti. Gli esseri
celesti presero rifugio in Sri Visnu, che senza sforzo rese
vani i trucchi dei demoni. Con il Signore dalla loro parte,
gli esseri celesti uccisero Bali. Approfittando della
debolezza dell’esercito dei demoni, gli esseri celesti
cominciarono a massacrarli senza pietà. Allora Narada Muni,
il saggio fra gli esseri celesti, proibì loro di continuare
la carneficina consigliandoli di far ritorno nel loro regno
celeste. Disse ai demoni di portare il cadavere del loro
imperatore Bali a Sukracarya, che fece rivivere tutti i
demoni morti i cui corpi erano rimasti intatti. Quando Bali
riprese vita, sotto la guida di Sukracarya compì un
sacrificio per conquistare l’universo. In questo modo
ottenne un arco invincibile, un’armatura impenetrabile,
due faretre inesauribili e un carro d’oro con una
splendida bandiera trainato da bellissimi cavalli. Suo nonno
gli dette una ghirlanda che rimaneva sempre fresca e il suo
maestro una conchiglia che dava la vittoria. Dopo aver
ricevuto questi doni e queste benedizioni, Bali si
precipitò verso la capitale di Indra e l’attaccò con
tutta la sua potenza. Indra e gli altri esseri celesti si
nascosero. Con le benedizioni del suo maestro, Bali regnò
sui pianeti celesti. Seguendo i buoni consigli di suo nonno
Prahlada, Bali fu un re virtuoso (Vamana Purana 74-75).
VAMANADEVA APPARE Aditi, la madre
degli esseri celesti, si lamentava vedendo i suoi figli che
vagavano senza dimora. Suo marito Kasyapa la consigliò di
stare calma sia nella buona che nella cattiva sorte, ma non
riuscendo a tranquillizzarla le suggerì di compiere un voto
di dodici giorni per soddisfare Sri Krishna. Compiaciuto da
questo voto, il Signore le promise di apparire come suo
figlio. Kasyapa, in trance, vide il Signore. Allora fecondò
sua moglie e il Signore entrò nel grembo di Aditi. Sri
Vamana dalla carnagione bluastra apparve in questo mondo
vestito di seta dorata tenendo nelle Sue quattro mani una
conchiglia, un disco, una mazza e un fiore di loto. La Sua
apparizione procurò gioia a tutto il creato. Poi si
trasformò in un brahmana nano e per la cerimonia del Suo
compleanno tutti gli esseri celesti e i saggi Gli offrirono
dei doni. Il dio del sole cantò mantra vedici, il sacerdote
degli esseri celesti decorò il Suo petto con il filo sacro
e Kasyapa Muni pose una cintura di paglia intorno ai Suoi
fianchi. Madre Terra insieme con Sua madre Gli offrì una
pelle di cervo e un perizoma. La Luna (regina delle foreste)
Gli offrì il bastone del celibato e i pianeti celesti Gli
donarono un ombrello. Brahma Gli fornì un recipiente per
l’acqua, i sette saggi Gli portarono erba sacra e la dea
del sapere Gli donò una corona per pregare. Il tesoriere
degli esseri celesti offrì una ciotola da elemosina e
Bhagavati, moglie di Siva Gli fece l’elemosina per
prima. VAMANADEVA CHIEDE LA CARITÀ A
BALI Sri Vamanadeva compì alcuni sacrifici del
fuoco per dare il giusto esempio a tutti i saggi. Quando
seppe che re Bali era impegnato a compiere un sacrificio
sotto la guida di Sukracarya, si recò in visita da Bali,
comprimendo la superficie della Terra ad ogni passo. Quando
Vamanadeva si avvicinò a Bali, il fuoco del sacrificio era
praticamente spento, i demoni non poterono ricevere le loro
parti del sacrificio e gli inni che emanavano dalla bocca
dei saggi potenziarono gli esseri celesti invece dei demoni
(Nrisimha Purana 45.10-13) Tutti i saggi che partecipavano
al sacrificio rimasero stupefatti nel vedere la radiosità
che emanava da Vamanadeva. Pensarono che si stesse
avvicinando l’incarnazione del sole o del fuoco e tutti
Gli offrirono i loro omaggi. Bali Maharaja con cordialità
Lo fece sedere e lavò i Suoi piedi di loto. Il grande re si
versò poi sulla testa l’acqua sacra santificata dal
contatto con i piedi di loto del Signore, proprio come il
Signore Siva porta nei Suoi capelli il sacro Gange. Quindi
Bali Maharaja chiese al Signore in che cosa poteva servirLo.
Dopo aver lodato la dinastia di Bali come gloriosa e
infallibile nei suoi voti di carità e di cortesia, Vamana
gli chiese solo tre passi di terra. Bali Maharaja
sorrise per questa richiesta, che considerava infantile, ed
insistette perché chiedesse qualcosa di più importante.
Vamanadeva rispose che l’avidità non può mai essere
saziata, anzi porterà la persona avida a desiderare sempre
di più. In realtà, Vamanadeva stava insegnando a Bali
Maharaja che il suo dominio sui pianeti celesti serviva solo
a soddisfare la sua egoistica avidità e a tormentare gli
esseri celesti. Sebbene come guerriero supremo, il Signore
avrebbe potuto facilmente riconquistare i pianeti celesti a
favore degli esseri celesti vanificando in battaglia
l’orgoglio di Bali, Si presentò nella veste di un giovane
saggio per insegnare al Suo devoto Bali Maharaja ad
abbandonare l’eccessivo attaccamento alla proprietà. Il
Signore insegnò a Bali che ognuno dovrebbe essere
soddisfatto di quello che possiede per volontà della
provvidenza e non desiderare le proprietà altrui. Bali
allora acconsentì a donare al Signore tre passi di terra.
Proprio quando stava per confermare con l’acqua la sua
promessa, Sukracarya, avendo riconosciuto in Vamanadeva Sri
Visnu in persona, cercò di dissuadere Bali dal mantenere la
sua promessa. Bali provvedeva al sostentamento di
Sukracarya, che non voleva che il suo ricco benefattore
perdesse tutte le sue ricchezze. Egli informò
Bali che il bambino davanti a lui in realtà era il Signore
Supremo Visnu, venuto a recuperare tutte le ricchezze degli
esseri celesti. Inoltre, Sukracarya avvertì Bali che se non
avesse mantenuto la sua promessa a Sri Vamana avrebbe dovuto
soffrire all’inferno, perché Vamana con due passi avrebbe
coperto tutto il regno di Bali (l’universo), senza
lasciare spazio ad un terzo passo. Bali non aveva ancora
pronunciato l’om, perciò in effetti, come Sukracarya
disse, la sua promessa poteva essere revocata. Bali però
non era disposto a ritrattare la parola data sapendo che
Madre Terra non può sostenere il peso di una persona
disonesta. Ora che il Signore Stesso era venuto alla sua
porta, come avrebbe potuto opporsi alla Sua suprema
volontà? Sebbene disubbidire agli ordini del guru
costituisca comunemente un’offesa, Bali respinse il
consiglio del suo guru perché contraddiceva il principio di
soddisfare il Signore. A proposito dell’inferno, Bali
Maharaja disse: “Non temo l’inferno, la povertà, un
oceano di sofferenza, la caduta dalla mia posizione e
neppure la morte così tanto quanto l’ingannare un
brahmana.” Citò gli esempi di grandi anime che avevano
sacrificato la loro vita per gli altri. Dopo tutto la morte
porta via ogni cosa, allora perché essere attaccati alle
proprietà? Bali continuò: “Molti re hanno
ottenuto fama immortale per i loro atti eroici, ma raramente
la fortuna di servire una persona santa. E la mia fortuna
supera ogni limite, perché il marito della dea della
fortuna è venuto da me sotto le spoglie di una persona
santa per chiedermi l’elemosina. Mio caro maestro, tu
stesso adori Visnu, ed ora che Egli è apparso davanti a me,
devo seguire i Suoi insegnamenti, anche se è venuto come
nemico. Poiché ora Egli è un brahmana bambino, io non
combatterò con Lui, anche se mi arrestasse o mi
uccidesse.” (Srimad-Bhagavatam 8.20.12) Sentito questo,
Sukracarya condannò il suo discepolo disubbidiente a
perdere tutte le ricchezze. Nonostante fosse stato
maledetto, Bali offrì dell’acqua a Vamanadeva, mantenendo
così la sua promessa. Sukracarya aveva cercato
d’intervenire, ma senza successo. [Vedi l’inserto: “Il
cambiamento di Sukracarya”.] Nonostante l’aspetto di un
nano, il Signore Si espanse nella Sua forma cosmica,
rivelando l’universo intero. Con il Suo primo passo
ricoprì tutti i pianeti inferiori fino alla Terra e con il
secondo raggiunse direttamente la parte più alta
dell’universo. Il Suo alluce forò la copertura
dell’universo facendovi penetrare l’acqua dell’Oceano
Causale (su cui galleggiano numerosi universi), che lavò i
piedi di loto del Signore e discese nel nostro universo
sotto la forma del Gange celestiale (Srimad Bhagavatam
5.17.1).
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Vitolino 2 aprile 2009 0:00
OCCHI PER VEDERE DIO Quando avevo otto anni i miei
occhi si affaticavano per vedere quello che la mia
insegnante scriveva sulla lavagna. Mia madre mi portò da un
oculista che mi prescrisse gli occhiali. Le lenti degli
occhiali da vista correggono un’imperfezione fisica
curvando la luce. Gli scienziati usano lenti più potenti
per i loro microscopi e telescopi che, “correggendo” la
loro visione, permettono di vedere oggetti piccoli o
distanti. Nessuna lente tecnologica ci permetterà mai di
vedere Krishna, il Signore Supremo. Egli si trova al di là
dei nostri sensi materiali. Egli trascende le tre influenze
della natura materiale (virtù, passione ed ignoranza);
nessun’anima soggetta alle interazioni dei tre influssi
può vedere Krishna e tutte a livello spirituale, possono
essere considerate cieche. Poiché questa imperfezione
visiva esiste a livello spirituale, il rimedio deve essere
spirituale. Noi possiamo diventare idonei a vedere Krishna
solo praticando il servizio devozionale sotto una guida
appropriata. Come Srila Prabhupada dice: “Sì, potete
vedere Dio, ma prima dovete avere gli occhi.”
CECITÀ SPIRITUALE Qualche volta le persone
dicono che vedere è credere, e poiché non possono vedere
Dio, non accettano la Sua esistenza. Srila Prabhupada
definiva gli atei come persone “spiritualmente cieche che
soffrono delle cataratte dell’ignoranza.” L’ignoranza
è proprio come le cataratte che oscurano la vista e
impediscono alle persone di vedere la verità. Nella
Bhagavad-gita, la cecità spirituale di Dhritarastra (che
era cieco anche fisicamente) impedì a lui e ai suoi figli
di raggiungere un accordo con i Pandava, che erano tutti
devoti del Signore Supremo. Poiché Dhritarastra era un re,
la sua cecità spirituale fu anche dannosa dal punto di
vista sociale e portò alla guerra di Kurukshetra. La sua
cecità contagiò anche i suoi seguaci. Come Srila
Prabhupada spesso citava: “Quando un cieco guida un altro
cieco, ambedue cadono nel fosso.” Nonostante la cecità,
Dhritarastra ebbe l’opportunità di “vedere” quello
che succedeva sul campo di battaglia di Kurukshetra grazie
alle descrizioni del suo segretario Sanjaya.
Vyasadeva aveva donato a Sanjaya una visione mistica per
permettergli di vedere tutta la guerra di Kurukshetra,
compreso il dialogo tra Krishna ed Arjuna, conosciuto come
Bhagavad-gita. Sfortunatamente però la cecità spirituale
di Dhritarastra e il suo attaccamento ad un figlio malvagio
gli impedì di comprendere gli insegnamenti di Krishna. Come
Dhritarastra, le anime prigioniere della natura materiale
sono spiritualmente cieche e possono essere curate solo con
la sottomissione ad un maestro spirituale autentico. Krishna
nella Bhagavad-gita (4.34) dà queste istruzioni: “Cerca
di conoscere la verità avvicinando un maestro spirituale,
ponigli delle domande con sottomissione e servilo. L’anima
realizzata può rivelarti la conoscenza perché ha visto la
verità.” Il cieco non può aiutare un altro cieco, ma chi
ha la visione della conoscenza trascendentale può dare la
“vista” agli altri. Il Signore in persona ha sanzionato
questo processo, trasmesso direttamente da Lui attraverso la
successione di maestri. Come uno studente che vuole imparare
la medicina si reca da un medico esperto per studiare, così
un ricercatore per imparare la scienza spirituale deve
andare da un maestro spirituale.
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dino 2 aprile 2009 0:00
Sto Krishna che nessuno può vedere, ops solo quelli con le
cataratte dell'ignoranza... Ma voi che siete eletti e
senza ignoranze lo vedete, come lo vedete?
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Zahanupaupiri 2 aprile 2009 0:00
Kabe Ha'be Bolo. kabe ha'be bolo se-dina
amar (amar) aparadha ghuci', suddha name ruci,
kripa-bale ha'be hridoye sancar Per favore,
dimmi, quando quel giorno sarà mio? Quando cesserò di
commettere offese, e quando il gusto per il santo nome puro
sarà infuso nel mio cuore per il potere della grazia
divina? (2) trinadhika
hina, kabe nije mani', sahisnuta-guna hridoyete
ani' sakale manada, apani amani ho'ye
aswadibo nama-rasa-sar Considerandomi più basso
di un filo d'erba, conservando nel cuore la qualità
della pazienza, mostrando rispetto verso tutti e libero da
ogni senso di falso orgoglio -quando gusterò l'essenza
del "nettare liquido" del santo nome?
(3) dhana jana ara,
kobita-sundari, bolibo na cahi deho-sukha-kari
janme-janme dao, ohe gaurahari! ahaituki bhakti carane
tomar Ricchezza, seguaci, belle donne: ciò è
suggerito dalla poesia di tutto il mondo - ma io non voglio
nessuno tra questi piaceri del corpo. Sri Gaurahari, per
favore, dammi la devozione pura ai Tuoi piedi di loto,
nascita dopo nascita. (4)
(kabe) korite sri-krishna-nama uccarana, pulakita deho
gadgada bacana baibanya-bepathu ha'be
sanghatana, nirantara netre be'be asru-dhar
Quando, nel pronunciare il nome divino di Sri Krishna,
il mio corpo fremerà nel rapimento estatico, e quando le
mie parole si fermeranno nella gola per l'emozione?
Quando il pallore e il tremore dell'estasi si
manifesteranno, e quando rivoli di lacrime fluiranno
costantemente dai miei occhi?
(5) kabe navadwipe, suradhuni-tate,
gaura-nityananda boli' niskapate naciya gaiya,
beraibo chute, batulera praya chadiya bicar
Quando correrò per la terra di Navadvipa, sulle rive del
Gange con animo innocente gridando: "O Gaura! O
Nityananda!" e danzerò e canterò come un pazzo,
abbandonando ogni considerazione?
(6) kabe nityananda, more kori' doya,
chadaibe mora visayera maya diya more nija- caranera
chaya, namera hatete dibhe adhikar Quando
Sri Nityananda mi mostrerà la Sua misericordia e mi
libererà dall'illusione di questo mondo? Quando
concedendomi l'ombra dei Suoi piedi di loto mi
permetterà di entrare nel mercato del santo nome?
(7) kinibo, lutibo,
hari-nama-rasa, nama-rase mati' hoibo bibasa
rasera rasika- carana parasa, koriya mojibo rase
anibar Io comprerò e saccheggerò i dolci
sentimenti del nome di Hari, e diventerò completamente
stordito per l'intossicazione al liquefarsi in me delle
emozioni del santo nome. Toccando i piedi delle grandi anime
capaci di gustare quei sapori, sarò costantemente immerso
nel dolce nettare del santo nome.
(8) kabe jibe doya, hoibe udoya, nija-sukha
bhuli' sudina-hridoya bhakativinoda, koriya
binoya, sri-ajna-tahala koribe pracar Quando
avverrà il risveglio della compassione per tutte le anime
cadute, e quando questo Bhaktivinoda, dimenticando la sua
stessa felicità, partirà col cuore mite per propagare con
umile supplica il sacro ordine di Sri Caitanya
Mahaprabhu?(*) (*) Il Signore
Caitanya Mahaprabhu dette questa istruzione a tutti, bolo
krishna, bhajo krishna, koro krishna sikha:"Canta il
santo nome di Krishna, adora e servi Krishna, e impara la
filosofia che riguarda Krishna dalle Scritture
vediche." (Caitanya-bhagavata, Madhya 13.9)
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Isaia Kwick 2 aprile 2009 0:00
Hare krishna mi piace. Isaia Kwick Zingaro ROM
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Quamar Abdul Halani 2 aprile 2009 0:00
Hare Krishna. Dio del vento e della materia, Dio
dell'acqua e della rugiada, Dio della vegetazione e
dellla clorofilla. Hare Krishna.
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Vitolino 2 aprile 2009 0:00
Ecco
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Aghitha Guramani 30 marzo 2009 0:00
Glorie all'inondazione d'amore sublime suscitata da
Sri Caitanya Mahaprabhu e dai Suoi compagni intimi.
sri sri radha-krishna,
gopa-gopinatha, syama-kunda, radha-kunda,
giri-govardhana ki jaya sri navadvipa-dhama ki jaya
sri mayapur-dhama ki jaya sri vrindavana-dhama ki
jaya sri mathura-dhama ki jaya sri dvaraka-dhama
ki jaya sri jagannatha puri-dhama ki jaya
ganga-mayi ki jaya yamuna-mayi ki jaya bhakti-devi
ki jaya tulasi-devi ki jaya ananta koti
vaisnava-vrinda ki jaya sri hari-nama sankirtana ki
jaya grantha-raja srimad-bhagavatam ki jaya
ISKCON-vartmana-guru-vrinda ki jaya samaveta
bhakta-vrinda ki jaya gaura-premanande hari-haribol
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Dhahamat Jhupbaudani 29 marzo 2009 0:00
SVETA-VARAHA L'INCARNAZIONE DEL CINGHIALE BIANCO
All’inizio della creazione, il Signore Brahma,
creatore dell’universo, istruì il figlio Svayambhuva
Manu, il padre originale dell’umanità, affinché
generasse la discendenza umana e guidasse i suoi discendenti
sul sentiero del servizio devozionale alla Suprema
Personalità di Dio. Manu però vide che la Terra, la dimora
degli esseri umani, era sommersa nell’oceano Garbodhaka e
allora chiese a suo padre di recuperarla. Mentre il Signore
Brahma valutava il da farsi, un minuscolo cinghiale uscì
dalla sua narice. Prima che Brahma potesse accorgersi di
lui, il cinghiale espanse il suo corpo nel cielo nella
dimensione di un grande elefante. All’inizio Brahma rimase
perplesso alla vista di questo stupefacente cinghiale, ma
poi comprese che si trattava di un’incarnazione della
Suprema Personalità di Dio. Il frastuono del grugnito
dell’incarnazione cinghiale piacque a Brahma che si sentì
rassicurato dal fatto che il Signore avrebbe risolto tutti i
suoi problemi.
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Wavtava Harare Gudima 29 marzo 2009 0:00
Il Vegetarianesimo Karma-Reincarnazione
Sri Krishna I Libri Le Preghiere I Maestri
Spirituali Ristorante Govinda Ritorno a
Krishna Libri online Food For Life Italia
Bambini Le ricette Calendario Vaisnava
INCARNAZIONI DI KRISHNA Il Signore
Varaha salva la Terra Quando Dio prende la
forma di un cingliale, Egli rimane Dio, che puro e
trascendentale cattura il cuore dei Suoi Devoti.
di Aja Govinda Dasa Sri Varahadeva.
Sri Varahadeva. La
mitologia greca rappresenta il Titano Atlante, che sostiene
la Terra, sempre oppresso dal suo peso. Il Signore Supremo,
invece, nella Sua forma di un gigantesco cinghiale ha
sollevato Madre Terra sulle Sue zanne così facilmente come
un elefante coglie un fiore di loto. Questa forma del
Signore è apparsa due volte per salvare Madre Terra, una
all’inizio della creazione quando essa giaceva senza
speranza nelle profondità dell’oceano Garbhodhaka (che
riempie metà dell’universo) e la seconda quando l’opera
del potente demone Hiranyaksha aveva turbato tanto il suo
equilibrio da farla cadere di nuovo nell’oceano
Garbodhaka. Per questa ragione il Signore è celebrato come
marito e protettore di Madre Terra ed insieme sono adorati
come Bhumi-Varaha.
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Hararebudabi Kahren 25 marzo 2009 0:00
madhuryojjvala-premadhya-sri-rupanuga-bhaktida
sri-gaura-karuna-sakti-vigrahaya namo 'stu te
madhurya: coniugale; ujjvala: brillante; prema:
amore; adhya: arricchito con; sri-rupa-anuga: seguendo Srila
Rupa Gosvami; bhakti-da: diffonde servizio devozionale;
sri-gaura: (di) Sri Caitanya Mahaprabhu; karuna: (del) la
misericordia; sakti: energia; vigrahaya: alla
personificazione; namah: omaggi; astu: che sia; te: a
te. Offro i miei rispettosi omaggi a
te, energia personificata della misericordia di Sri
Caitanya, che concedi il servizio devozionale arricchito con
l'amore coniugale di Radha e Krishna, seguendo
esattamente le rivelazioni di Srila Rupa Gosvami.
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Quamar Abdul Halani 9 marzo 2009 0:00
aji se subidhane tomara smarana bhelo bodo asa dakilam
tai ami tomara nitya-dasa tai kori eta asa tumi
bina onya gati nai Oggi quel felice ricordo di Te
è tornato alla mia memoria. In preda a un intenso
desiderio, Ti ho chiamato. Io sono il Tuo eterno servitore,
e quindi desidero tanto la Tua compagnia. O Sri Krishna,
senza di Te non è possibile avere alcun successo.
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Wavtava Harare Gudima 8 marzo 2009 0:00
TRASFORMATI DAI RACCONTI DI ROHINI
L’Utkala-khanda dello Skanda Purana dà un’altra
versione dell’apparizione di Krishna come Jagannatha.
(Utkala è il nome tradizionale dell’Orissa.) Una volta
durante un’eclisse solare, Krishna, Balarama, Subhadra
insieme ad altri abitanti di Dvaraka si recarono a fare il
bagno in un laghetto sacro di Kuruksetra. Sapendo che
Krishna sarebbe stato là, Srimati Radharani, i genitori di
Krishna, Nanda e Yasoda ed altri abitanti di Vrindavana, che
bruciavano nel fuoco della separazione dal Signore, vi si
recarono per incontrarLo. All’interno di una delle tende
montate dai pellegrini a Kuruksetra, Rohini, la madre del
Signore Balarama, narrò i passatempi di Krishna a
Vrindavana alle regine di Dvaraka e ad altri. Si dice che i
residenti di Dvaraka siano nel sentimento dell’opulenza
(aisvarya) e che adorino Krishna come Signore Supremo. I
residenti di Vrindavana invece sono nel sentimento della
dolcezza (madhurya) ed hanno una relazione confidenziale con
Krishna che supera il timore e la reverenza perché è
fondata sull’amicizia e sull’amore.
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Xaht Chu Nam Kee 8 marzo 2009 0:00
Dall'inizio del tempo l'uomo ha desiderato la casa
perfetta - un paradiso - uno Shangri-la, uno Walden - dove
poter vivere eternamente in pace e felicità. Un luogo
come questo non esiste nel mondo materiale poiché, per sua
natura, questo mondo è temporaneo e pieno di
frustrazione. Per porre un termine alla nostra faticosa
ricerca dobbiamo andare al di là di questo mondo di
dualità, al di là dei confini dello spazio e del tempo,
nel regno spirituale. Vrindavana, in India, è
quell'eterno luogo di riposo a lungo sospirato perché
è a Vrindavana che Sri Krishna, Dio, la Persona Suprema,
discese su questo pianeta cinquemila anni fa.
L'apparizione del Signore e le Sue attività non sono di
questo mondo, sono completamente trascendentali.
Proprio come un re viaggia accompagnato da tutto il suo
seguito e si accampa per dirigere i suoi affari di stato
nello stesso modo in cui li condurrebbe nel suo palazzo,
così Sri Krishna portando con Sè i Suoi compagni
trascendentali e tutto ciò che Lo circondava, creò sulla
Terra la replica esatta del mondo spirituale conosciuto come
Goloka Vrindavana. Poiché Vrindavana è la dimora
eterna e completamente spirituale del Signore, non è
differente da Lui.
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jhimatra 8 marzo 2009 0:00
sankarsanah karana-toya-sayi garbhoda-sayi ca
payobdhi-sayi sesas ca yasyamsa-kalah sa nitya-
nandakhya-ramah saranam mamastu
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Zahanupaupiri 28 febbraio 2009 0:00
jada-vidya jato, mayara vaibhava, tomara bhajane
badha moha janamiya, anitya somsare, jikabe karaye
gadha Tutta la conoscenza mondana non è altro
che il potere dell'energia illusoria [maya] ed è un
impedimento nel servire Te. Infatti aumenta
l'infatuazione per questo mondo temporaneo e rende
l'anima eterna del tutto simile a un asino.
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Wavtava Harare Gudima 28 febbraio 2009 0:00
udilo aruna puraba-bhage dvija-mani gaura amani
jage bhakata-samuha loiya sathe gela
nagara-braje Quando l'orizzonte orientale si
tinge del rosso che annuncia il sorgere del sole, la gemma
dei brahmana, Sri Gaurasundara, immediatamente si sveglia.
Prendendo con Sé i Suoi devoti, Egli viaggia attraverso i
paesi e i villaggi di Nadia.
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Nhak Ata Suhghubadasi 25 febbraio 2009 0:00
Umiltà e desiderio di successo Perdersi
nelle ambizioni materiali è facile, ma l’associazione con
i devoti di Krishna può aiutarci a pensare in modo
giusto.
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Xaht Chu Nam Kee 25 febbraio 2009 0:00
namo gaura-kisoraya saksad-vairagya-murtaye
vipratambha-rasambhode padambujaya te namah
namah: omaggi; gaura-kisoraya: a Gaurakisora dasa
Babaji; saksat: direttamente; vairagya: rinuncia; murtaye:
alla personificazione; vipralambha: (della) separazione (da
Krishna); rasa: (del) piacere; ambhode: o oceano;
pada-ambujaya: ai piedi di loto; te: il tuo; namah:
omaggi. Offro i miei rispettosi
omaggi a Gaurakisora dasa Babaji Maharaja (il maestro
spirituale di Bhaktisiddhanta Sarasvati), che è la
personificazione della rinuncia. Egli è sempre immerso nel
sentimento di separazione e nell'intenso amore per
Krishna.
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Dhahamat Jhupbaudani 24 febbraio 2009 0:00
gangara parasa hoile pascate pavan darsane pavitra koro
ei tomara gun È possibile purificarsi bagnandosi
numerose volte nelle acque del sacro Gange, ma è
sufficiente vedere te e le anime cadute si purificano.
Questo è il tuo grande potere.
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Zahanupaupiri 24 febbraio 2009 0:00
gauravirbhava-bhumes tvam nirdesta saj-jana-priyah
vaisnava-sarvabhaumah sri-jagannathaya te namah
gaura: (di) Sri Caitanya; avirbhava: dell'apparizione;
bhumeh: del luogo; tvam: tu; nirdesta: l'indicatore;
sat- jana: (a) tutte le persone sante; priyah: caro;
vaisnava: (dei) vaisnava; sarvabhaumah: il principale;
sri-jagannathaya: a Jagannatha dasa Babaji; te: a te; namah:
omaggi. Offro i miei rispettosi omaggi a
Jagannatha dasa Babaji, che è rispettato dall'intera
comunità vaisnava e che ha scoperto il luogo dove Sri
Caitanya è apparso.
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Aghitha Guramani 24 febbraio 2009 0:00
hari he doyala jaya radha-nath baro baro ei-baro loho
nija sath O Hari! Mio misericordioso Signore!
Tutte le glorie a Te, che sei il Signore di Radha! Molte
volte Ti ho evitato, ma questa volta, per favore, prendimi
come fossi di Tua proprietà.
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Xaht Chu Nam Kee 23 febbraio 2009 0:00
In una piccolissima casa di una sola stanza, una famiglia
serve il Signore con un’opulenza apparentemente
superiore ai suoi mezzi,Un sabato mattina alle 11.30 Vamsi
Vihari Dasa, Vrajabasi Dasa, Ripin ed io arriviamo a
Lalbagh, un quartiere di Mumbai. Siamo venuti per
intervistare un devoto di nome Satish, dopo aver sentito
parlare della sua devozione esemplare e di quella della sua
famiglia. La sua piccolissima casa composta di una sola
stanza è la loro abitazione e anche un tempio di
Jagannatha, Baladeva e Subhadra. Sebbene sia un impiegato
con un basso salario, egli stesso e altri cucinano
regolarmente per le divinità una festa di prasadam composta
da cinquantasei preparazioni, seguendo una tradizione
centenaria di servizio al Signore Jagannatha a Puri. Mentre
ci trovavamo davanti ad un edificio, cercando
d’individuare la casa di Satish, il proprietario di un
chiosco per la vendita del tè ci chiamò: “Ehi, voi Hare
Krishna, girate a sinistra e andate dietro a questo
edificio.” Stupefatti, ci guardammo l’un l’altro. Poi
Ripin interpretando il sentimento di tutti, disse: “Sembra
che il Signore Jagannatha qui sia molto famoso.” Passammo
davanti ad alcuni edifici scoloriti ed entrammo in uno di
essi. “Benvenuti!” Satish ci salutò e ci fece entrare
nella sua casa di una sola stanza. In una stanza di circa
tre metri per tre metri e sessanta lungo una parete c’è
un grande ripiano su cui si trovano le divinità alte
sessanta centimetri di Jagannatha, Baladeva e Subhadra Devi,
ognuna delle quali è stupendamente decorata con ghirlande
di fiori ed abiti sontuosi. Dietro di loro c’è
una vista panoramica del tempio di Jagannatha a Puri. Alla
nostra destra c’è una fila di fornelli sovrastata da
un’attrezzatura per cucinare, disposta in ordine su una
scaffalatura di metallo. A sinistra c’è un lungo tavolo
su cui sono disposti i contenitori per le preparazioni. Sul
pavimento due donne friggono delle verdure su una stufa e
altre due cucinano su una mensola. Una bambina di cinque o
sei anni lava una carota con le sue piccole mani e poi la
passa a sua madre. Nonostante il faticoso lavoro per
cucinare decine di preparazioni sui tre fornelli,
l’atmosfera è calma e serena. Le devote cucinano
tranquillamente mentre come sottofondo si sente un cd con un
dolce kirtana degli Hare Krishna. La stanza è pulita e non
c’è un fumo soffocante nonostante che ci sia solo una
finestra e non si notino ventilatori. Scattiamo qualche
fotografia e poi Satish ci porta nella casa di un altro
devoto. Ci sediamo su stuoie di paglia e iniziamo
l’intervista.
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jhimatra 19 febbraio 2009 0:00
Krishna il benevolo Dio dell'amore e del bene.
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