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Luigi Meli
10 aprile 2003 0:00
Carisimmi,
sono una persona che ha deciso di fare il promotore finanziario e questa sarà la professione della mia vita.
Io personalmente credo che un buon pf debba fare consulenza finanziaria alla propia clientela altrimenti questa professione si riduce a una pura attività di vendita che sminuirebbbe professionalità di tanti miei colleghi che fanno guesta attività con professionalità e tanto rigore morale. Come in tutte le categorie professionali anche in quella mia si annidano gente poco accorta e avventuriera, ma debbo dire che il servizio che oggi danno le banche alla clientela e' infinitamente inferiore rispetto a quello che posso fare io o tantissimi altri miei colleghi. Capisco che oggi la professione di pf sta vivendo una crisi a causa dei mercati finanziari, ma andate a vedere i portafogli delle banche, vi accorgerete che in tantissimi casi hanno lavorato peggio di noi.
Oggi essere pf significa essere quella persona che ascolta le esigenze e i bisogni del cliente e tramutarle in proposte finanziarie efficienti. Si', sono finiti i tempi in cui si faceva la polizza o il fondo azionario solo per quadagnare la proviggione e senza ascoltare quello che il cliente vuole, si', sono finiti i tempi in cui il cliente firma perchè tanto i rendimenti sono sicuri, oggi il cliente è informato e vuole sapere tutto del servizio che sta per sottoscrivere. Io personalmente mi accorgo che parlo tutto il giorno e la sera arrivo a essere stanchissimo perchè ho girato tanto o ascoltato tanto e ho parlato tanto.
E' vero il nostro esame di stato non è certamente formativo per quello che si studia per superarlo, ma non è certo colpa dei pf. Io personalmente tengo tantissimo alla mia formazione finanziaria e investo tanto in questa, e il cliente lo nota se ha a che fare con una persona preparata o meno e se tanti clienti mi hanno scelto ritengo di avere una preparazione adeguata che comunque va sempre aggiornata e approfondita.
Scusate se sono stato prolisso ma credo che non si possa fare di tutta un erba un fascio e sopratutto non si può dire di una categoria professionale che non è in grado di fare il propio mestiere. Grazie
Stefania Passaro
9 aprile 2003 0:00
Gentile signor Pedone,
bella, la sua domanda: perchè i promotori onesti non cambiano lavoro?
Rispondo per me, senza avere la pretesa di generalizzare.
Io non ho ancora cambiato lavoro per i seguenti motivi (e la prego, non rida di me!):
prima di tutto, sento di essere utile ai miei clienti.
Secondo, ho deciso, forse velleitariamente, di cercare di far passare il "mio" modo di essere promotore, anche se so che è la strada più faticosa, quella sulla quale, a fine giornata, ci si trova spesso senza voce per aver spiegato tutto il necessario. Se tutti i pf che la pensano come me mollano, mi spiega a chi lasciamo il campo? A chi consegnamo i nostri clienti?
Sinceramente mi dispiacerebbe che per una sorta di selezione naturale, invece dei migliori, restassero i peggiori!
Terzo: ho investito e tuttora investo molto nella mia formazione, e non mi va di buttare tutto alle ortiche. Sono stata fra i primi promotori a frequentare il Master in Financial Planning all'Università di Siena, e la mia tesi è stata giudicata fra le 5 migliori del mio corso. Ora studio per la certificazione EFPA.
Se tutto questo non servirà e sarò costretta a ricredermi, cambierò lavoro, certamente, ma almeno ci avrò provato fino in fondo, a farlo bene. Un caro saluto,
Stefania Passaro
Roberto
9 aprile 2003 0:00
Nessuno considera che l'impostazione delle aziende maggiormente "famose", è quella di contendersi i promotori a suon di ingaggi e di "galloni", senza tenere conto del curriculum, dei trascorsi, del bagaglio professionale, e della gavetta. Oggi si incontrano tanti "generali" troppo distanti dalla truppa e poche vere competenze maturate sul campo.
I libri danno vita ai "guru" che fanno dei tecnicismi un mezzo commerciale per ipnotizzare i clienti e che nel 98% dei casi hanno contribuito ai disastri degli ultimi anni.
A qualcuno è chiaro che l'empatia, la comunicazione, la capacità di ascoltare e comprendere la persona che ha bisogno di un consiglio, siano una dotazione di bordo che non si impara sui testi, che si apprende in parte con anni di impegno e dedizione (oserei dire anche passione), e che risiede o meno nel dna? C'è un modo per identificare realmente questo fondamentale aspetto e qualificarne l'importanza? Oppure i "generali" sono troppo distratti e spesso non all'altezza, per pensare ad una meritocrazia che non sia solo legata al fatturato del momento? Credo che prima di tutto si debba dare al mercato una figura di cui fidarsi per lo spessore umano-professionale e che possa avvalersi di strutture tecnicamente all'altezza delle necessità dei clienti.
Mi sembra che tutti facciano tutto, ma nessuno faccia realmente qualcosa di specifico, se non magnificare prodotti e/o rendimenti...
...e il cliente compra...
Alessando Pedone http://investire.aduc.i
9 aprile 2003 0:00
Vorrei rispondere, brevemente, al bel commento di Stefania Passaro:
e' verissimo che l'indipendenza non costituisce la garanzia di professionalita', ma e' anche vero che la professionalita' (quando c'e') non puo' essere pienamente esercitata in condizioni di dipendenza da un intermediario.

L'indipendenza non e' una garanzia, e' semplicemente una delle tante condizioni indispensabile per essere professionisti. La competenza e l'onesta sono altre due. Tutto qui.

Promotori finanziari competenti, francamente, credo che ce ne siano pochi. Per la semplice ragione che non esiste la cultura finaziaria in questo Paese neppure fra gli addetti ai lavori. Pochissimi sanno cosa sia una pianificazione finanziaria. Non c'e' cultura.
Di tutti i promotori finanziari che ho conosciuto (e sono molte decine) ne conosco solo uno che stimo per la sua competenza professionale.

Credo che i promotori finanziari onesti siano probabilmente la maggioranza, almeno in numero molto consistente. Ma sono, come giustamente ha detto lei, fra due fuochi. I clienti non si fidano (e fanno bene) e l'azienda li guarda male perche non fanno guadagnare.

Quello che mi e' domando e': perche' non cambiano lavoro?
Stefania Passaro
8 aprile 2003 0:00
"Ci sono scemenze ben presentate come ci sono scemi ben vestiti". Nicholas de Chamfort
("Maximes et pensées")

Mi chiamo Stefania Passaro e dal '96 faccio il promotore finanziario (da qui in poi abbreviato in pf).
E' da molto che mi domando questo: quanti sono, intorno a noi, gli scemi ben vestiti che presentano bene delle scemenze?
Intendo: nell'esercizio di QUALSIASI professione, compresa quella del pf?
Quanti sono quelli che vendono fumo, trattano gli altri con superficialità e nascondono la propria incompetenza/mancanza di scrupoli/malafede, dietro una bella facciata? Moltissimi, in ogni campo.
Pagando di persona, ho conosciuto avvocati che mungono i propri clienti senza dare valore aggiunto, notai che avvallano rogiti di case che non stanno neanche al catasto o sono ipotecate, commercialisti che per ignoranza o malafede procurano danni incalcolabili ai loro clienti, medici che si accaniscono sui malati pur di giustificare i propri ripetuti e lauti onorari, architetti e ingegneri che costruiscono male case e scuole.
E pensare che SONO TUTTI dei liberi professionisti, non lavorano per nessun altro, se non per se stessi e per i propri clienti, guadagnano emettendo una parcella, in apparente assenza di conflitto d'interessi.
Sono moltissimi, tutti sulla carta "indipendenti". Ma questa loro indipendenza non ci ha salvato né ci salverà dalla loro disonestà, o dal loro pressappochismo. Una cosa sottolineo: a fronte di tanti liberi professionisti disonesti, comunque, ce ne sono tanti altri che VERAMENTE sono di supporto e aiuto ai propri clienti. Potrei io fare a meno del mio (fidato) commercialista? Potrei io fare a meno del mio (competente e appassionato) medico? Potrei, con un corso per corrispondenza, fare a meno dell'architetto e del geometra (onesti) che mi costruiscono casa?
E allora veniamo all'argomento del vostro utilissimo forum.
Utilissimo perchè è una rara occasione di confronto con i colleghi e perchè mi serve a capire di più com'è percepito il mio ruolo dalle persone oltre la cerchia dei miei clienti e conoscenti.
I promotori sono nelle condizioni di fare vera consulenza finanziaria? Quelli disonesti o incompetenti potrebbero nuocere meno se tutti i pf diventassero liberi professionisti? E in sostanza, è possibile arginare la prolifica e pericolosa genìa di "scemi ben vestiti" almeno nell'ambito della promozione finanziaria e dell'attività bancaria? Come garantire le persone che si rivolgono ad un promotore, a un impiegato di banca o delle poste contro la possibilità di sottoscrivere scemenze ben presentate? E' possibile che non si ripetano mai più schifezze del tipo 4you, obbligazioni strutturate o argentine rifilate ai pensionati, azioni Sci o Finpart o Bipop vendute a clienti ignari rimasti col cerino in mano alla vigilia del tracollo?
In tutta sincerità, credo che una panacea per tutto questo vada comunque cercata, perchè sarebbe bellissima.
E se questa panacea risiedesse nell'indipendenza dei pf da qualsiasi intermediario, per me sarebbe anche consolatoria e pacificante. Mi solleverebbe dal peso di portare la croce anche per conto di coloro che nell'esercizio della mia professione hanno creato più danni che valore aggiunto. E non dovrei quotidianamente pormi nel mezzo, con me e il cliente da una parte e le banche o l'intermediario dall'altra, vale a dire nella posizione ideale per essere impallinata da entrambi. Sì, perchè oggi un pf scrupoloso e onesto non solo può comunque destare sospetti nei clienti ("E' sincero? Me la sta contando giusta?"), ma ingenera anche diffidenza nell'intermediario per cui opera ("Ma questo, da che parte sta? Lo sa che siamo qui per "far bisnis"?).
E' solo che non credo sia giusto CARICARE DI ASPETTATIVE un momento, che pure verrà e sarà bene che venga, in cui anche i pf potranno essere liberi professionisti nel vero senso della parola.
Non credo sia realistico considerare quel momento un benefico spartiacque fra un passato fumoso ed un futuro trasparente.
Infatti, anche quando questo momento arriverà (e ribadisco, è bene che arrivi presto), chi impedirà a molti pf di sentirsi, come quando erano "sotto padrone", liberi di vendere fumo, di non aggiornarsi, di portare acqua al proprio mulino, "tanto la parcella è stata incassata e se il cliente non è contento che se ne vada"? Liberi di essere superficiali, di stringere accordi, sottaciuti ai clienti, con l'intermediario all'angolo da cui prendere la "stecca"? E liberi magari di fare del nero anche loro, come tanti liberi professionisti (finché si è pagati a provvigione, infatti, niente nero)?
Cosa voglio dire? Lo spartiacque che divide l'onestà dalla disonestà siamo noi, le nostre azioni, non la targa d'ottone sul portone o il marchio della banca per la quale lavoriamo o decidiamo di NON lavorare. E se invece ci aspettiamo che dall'esterno possa materializzarsi la discriminante fra il buono e il cattivo professionista, un faro che illumini per sempre le zone d'ombra, avremo aspettato invano. E continueremo tutti a giustificarci, pf e non pf, dietro questa frase (scusate, un'altra citazione, ma è l'ultima):

"A molti non mancano che i denari per essere onesti".
Carlo Dossi
(«Note azzurre»)

Un caro saluto e un grazie di cuore per il lavoro di informazione che svolgete!
Stefania Passaro
Claudio
7 aprile 2003 0:00
Promotori finanziari? Ma dove? Ma scherziamo o discutiamo seriamente!!!! Di promotori finanziari prima che partissero i mercati qualche anno fa, si e no, se ne sentiva parlare, e a bassa voce in qualche salotto "buono". Poi, con l'inizio del boom dei mercati, dove bastava buttare 100 lire su di un qualsiasi titolo, e riavvolgendo il "mulinello" si tiravano su guadagni da Paperon de Paperoni, e' esploso il boom dei Promotori. Poi, finita la borsa, e venduti gli ultimi scampoli ai polli rimasti (io ad esempio, che mi sono lasciato propinare a Marzo del 2000, l'appena nato fondo Tecnologico di F&F) tutti latitanti, o superimpegnati in questa o quella attività....
Signori, purtroppo la realtà è: riporto dallo scritto di Roberto Santilli: cosa intendi per "bravo promotore finanziario"? Forse colui che raggiunge sistematicamente i budget di raccolta, oppure colui che ben interpreta i bisogni dei clienti e li traduce in consigli operativi sui vari tipi di strumenti anche a scapito dei budget di cui sopra??

La risposta la lascio a voi, anche se convincermi dell'esistenza del promotore, anche solo un pochino "samaritano", sarà dura.

Claudio
gobbo 71
4 aprile 2003 0:00
Il vero consulente come guadagna.
Si guadagna se si vende, e si guadagna maggiormente con i prodotti che "si devono vendere". Il principio è sbagliato: bisognerebbe pagare una commissione fissa o variabile sulla consulenza. Ma la vera consulenza, cioè una persona indipendente che deve valutare i prodotti di sim banche diverse e consigliare il cliente in base anche ai diversi costi dei vari prodotti, la cosa più importante è l'asset allocation non la marca del prodotto
Alessando Pedone http://investire.aduc.i
4 aprile 2003 0:00
Desidero ringraziare coloro che hanno gia’ dato il loro contributo a questo forum e vorrei dare alcune risposte ai quattro “Paoli” che sono intervenuti: Paolo Sivlio Vanno, Paolo Astesiano, Paolo Marsini e Paolo Poli (ma si chiamano tutti Paolo in questo forum? :))

Paolo Silvio Vanno mi chiede che cos’e’ un pianificatore finanziario. Questa figura e’ praticamente sconosciuta in Italia mentre ha una tradizione decennale nei Paesi anglosassoni. In breve, un pianificatore finanziario e’ un professionista nel settore della finanza che realizza dei progetti di ottimizzazione delle risorse finanziarie (considerando i flussi di entrata/uscita, il patrimonio finanziario e immobiliare e gli obiettivi finanziari) al fine di aumentare le probabilita’ di raggiungere gli obiettivi che il cliente si prefigge. A parole, molti promotori finanziari si dichiarano “financial planner”. In realta’, il livello di competenza specifica necessaria per fare una pianificazione finanziaria e’ totalmente diversa da quella che necessaria per vendere prodotti finanziari. Negli Stati Uniti, ad esempio, esiste un qualifica nota come CFP che prevede tre anni di studio molto intenso per potersi qualifica pianificatore finanziario certificato. Si sta tentando di introdurre certificazioni simili anche in Europa, ma siamo ancora agli inizi. Per il momento l’unico certificato esistente e’ quello di EFA (European Financial Advisor) che non e’ un pianificatore finanziario ma un “bravo” promotore.

All’interessante contributo di Paolo Astesiano vorrei replicare che i promotori finanziari che svolgono seriamente la loro professione esistono, ed io ne conosco diversi, ma dovrebbero convincersi che non e’ possibile fare un buon lavoro all’interno di questo sistema. I conflitti di interesse, come sa benissimo chiunque e’ nel settore, sono troppo forti. La descrizione di Paolo Polini e’ un esempio molto franco di cosa succede all’interno delle SIM. Non si tratta, almeno da parte mia, di fare attacchi generalizzati. Il problema oggettivo e’ che la maggioranza dei promotori finanziari non e’ qualificata per fare gli interessi dei clienti e, anche la maggioranza che e’ animata da buone intenzioni non ha gli strumenti per farlo e finisce quindi, oggettivamente, con il danneggiare i clienti. Vorrei invitarvi a ragionare sulla scarsissima preparazione tecnica della maggioranza dei promotori.
I promotori giovani, di solito, non hanno neppure un minimo di esperienza. Non conoscono niente del mondo della finanza. Sanno esclusivamente quello che gli dicono dalle proprie aziende. I promotori piu’ vecchi, e scaltri, anche se hanno ben capito che il “mito” della gestione professionale e’, appunto, un mito, di solito sono semplicemente dei bravi venditori ed hanno una preparazione tecnica ancora piu’ scarsa di quella dei promotori giovani. I promotori esperti e tecnicamente validi sono una esigua minoranza che probabilmente costituisce meno del 5% del campione totale.

Paolo Marsini si interroga circa la disponibilita’ dei clienti a pagare una parcella per un professionista indipendente, osservando che questo converrebbe sia ai consulenti che ai clienti. I primi guadagnerebbero di piu’ di oggi, i secondi risparmierebbe molti soldi. Questa e’ una bella domanda. Speriamo che qualche altro gradito contributo dei lettori possa rispondere.
Roberto Santilli
4 aprile 2003 0:00
pienamente d'accordo con quanto detto da Paolo Poli.
ninoneri
4 aprile 2003 0:00
Il promotore finanziario è un venditore di prodotti finanziari. Togliamoci dalla testa che sia un consulente come vogliono farci credere. Il promotore vende e consiglia quello che conviene a lui ed all'istituto per cui lavora (... i promotori del gruppo MPS hanno guadagnato bene con "4you" e simili).
Paolo Poli
3 aprile 2003 0:00
Chi è pronto a difendere a spada tratta la categoria dei promotori finanziari evidentemente non conosce bene la realtà delle reti, o finge di non conoscerla. Lavoro come promotore finanziario dal 1989, fino allo scorso anno per una nota sim (oggi banca, come la maggior parte), e attualmente per un'altra. Ho deciso cambiare società, con tutti i disagi che questo comporta, soprattutto in periodi come l'attuale, proprio il fatto che la precedente società, incappata forse in piani aziendali i cui costi spropositati erano proporzionali alle false aspettative di guadagni indotte dal periodo d'oro, ha gradatamente incominciato a "spingere" i promotori a "collocare preferibilmente" alcuni prodotti piuttosto che altri. E il conflitto di interessi spesso finisce per non essere solo di carattere puramente provvigionale: i promotori "allineati", gratificando il bilancio della società e mettendo in bella luce la struttura, ricevono tali e tanti favori dalle sim da mettere in ombra chi invece preferisce anteporre gli interessi dei clienti alle proprie entrate mensili, con evidenti frustrazioni professionali. Accade così che i "colleghi" moralmente meno intransigenti, che spesso guarda caso sembrano anche essere i meno preparati, finiscono per occupare posizioni di maggior rilievo. Ma si sa: ...business is business...
Ovvimente non è il caso di generalizzare, ma come semre i cattivi esempi si notano più di quelli buoni.
Paolo Poli
paolo marsini
3 aprile 2003 0:00
Gli interventi dei colleghi sopra sono sacrosanti. Sono daccordo con loro. Come il gentile Sig. Alessandro Pedone afferma, l'ideale sarebbe certamente lavorare a parcella, sarebbe un risparmio per i clienti ed una maggiore garanzia di imparzialità. Probabilmente anche un maggiore guadagno per il promotore... ma i clienti sarebbero pronti a questo?
Paolo Astesiano
2 aprile 2003 0:00
In qualità di promotore finanziario sono d'accordissimo sul fatto che l'esame di Stato sia un semplice mezzo per regolare il flusso sul mercato di operatori, e come tale non di nessuna preparazione tecnica per la professione. Sono altresi' d'accordo sul fatto che sia interesse del promotore fare in modo che la sua attività sia ben remunerata. Sono anche d'accordo sul fatto che in molte realtà aziendali la preparazione tecnica e l'aggiornamento siano materia di scarsa attenzione. Ma come in tutti gli ambiti professionali parlare per generalizzazioni è un modo poco professionale per analizzare i fatti. Non sono d'accordo assolutamente sul conflitto di interessi che esiste tra il promotore ed i clienti. Tutte le realtà del settore, Banche o Sim, possiedono oramai una gamma talmente ampia di servizi che rendono il consulente non piu' "schiavo" dei 3 prodotti che anni or sono venivano messi a disposizione per il collocamento, e quindi strumenti tali da poter fare una buona pianificazione. Oltre a cio' la vera ricchezza per un promotore finanziario è rappresentata dalla fedeltà dei clienti verso la sua figura, che non si ottiene attraverso una indiscriminata vendita di prodotti che succhiano il sangue al cliente (cosa accaduta e che sempre accadrà), ma in un rapporto basato sulla fiducia, sui risultati e sul soddisfacimento dei bisogni del cliente. Stando ai perentori giudizi che vengono letti, pare che le "vittime" dei promotori siano risparmiatori creduloni, circuiti ed ingannati dalla parlantina illusoria di fantomatici figuri che si appropriano delle sudate finanze di una vita di lavoro e fuggono come primule rosse nella notte. Probabilmente chi lo ha fatto e chi lo farà non ha intenzione di proseguire la professione in modo serio anche perchè, e non è cosa da poco, il consulente mette la sua faccia e la sua responsabilità in prima persona, e se davvero fossimo tutti (o in parte) cosi' come spesso viene descritto, non ci sarebbe un cosi' continuo afflusso di clienti verso le nostre "grinfie", ma un processo di fuga in massa.
Le cose da migliorare sono tantissime. Chi svolge seriamente questa attività sarebbe ben lieto di dare una mano, ma purtroppo siamo troppo impegnati a "difenderci" da gratuite generalizzazioni e sentenze emesse da chi dovrebbe veramente prendersi a cuore le iniquità e gli elementi di distorsione di questo complesso universo finanziario.
Cordiali saluti Paolo
M. Di stefano
2 aprile 2003 0:00
Per quello che mi è capitato posso affermare con buona certezza che:
a) gli impiegati bancari sono assolutamente impreparati a svolgere servizio di consulenza finanziaria alla clientela sia per mancanza di cultura adeguata sia per evidente conflitto di interesse tra la banca (che d'altra parte li paga)e i clienti della stessa;
b) i promotori finanziari hanno una preparazione maggiore ma anche in questo caso finche' rimarranno dipendenti delle banche saranno degli ottimi venditori ma dei pessimi consulenti per i clienti.
E' chiaro che questo mio pensiero deriva da esperienze personali che nulla vogliono togliere alla professionalità delle due categorie di lavoratori. Per quanto riguarda i bancari ritengo però che forse anche solo un poco di amor proprio verso il lavoro che fanno sarebbe bastato a evitare i disatri che ci sono stati in Italia in questi ultimi tempi nei confronti dei risparmiatori. La loro ignoranza delle cose di cui trattano e' globale e immensa perche' se cosi' non fosse l'alternativa all'ignoranza sarebbe la disonesta'!!!
Paolo Silvio Vanno
2 aprile 2003 0:00
Egregio signor Pedone,
leggo sul sito che lei si qualifica come "Pianificatore Finanziario", poichè non conosco nè ho mai sentito parlare di questo tipo di qualifica, le sarei grato se potesse darmi informazioni più dettagliate sulla sua qualifica.
Cordialmente
Paolo Silvio Vanno
Roberto Santilli
2 aprile 2003 0:00
Pur essendo anch'io un Promotore Finanziario chiedo a te collega: cosa intendi per "bravo promotore finanziario"?: forse colui che raggiunge sistematicamente i budget di raccolta, oppure colui che ben interpreta i bisogni dei clienti e li traduce in consigli operativi sui vari tipi di strumenti anche a scapito dei budget di cui sopra??
Una cosa è certa: credo che ci sia una incompatibilità di fondo tra i due tipi di interpretazione del modo di essere "Bravo promotore finanziario".
Un bravo "pianificatore finanziario" è sicuramente colui che effettua una Buona pianificazione finanziaria (non c'e alcun budget di raccolta da rispettare).
Comunque, esistono reti di Promotori finanziari (pochissime) che ancora oggi anzichè imporre dall'alto i budget, chiedono alla base stessa della rete una indicazione di massima sulle quantità collocabili presso la clientela di determinati classi di prodotti, senza poi per questo esigere categoricamente che le indicazioni fornite vengano strettamente rispettate: lavorare per società che adottano questa ultima impostazione è, credo, l'unico modo di essere promotori finanziari che guardano con un certo rispetto anche alle necessità dei clienti e non solo a quelle proprie e della banca/SIM.
Saluti, Roberto Santilli.
C. Morelli
2 aprile 2003 0:00
Condivido pienamente l'articolo del Sig. Pedone, sul fatto che i Promotori Finanziari non sono in grado di fare nè Asset Allocation, nè Consulenza Finanziaria. A questo punto però urge una regolamentazione della figura del Consulente Finanziario Indipendente, figura presente in altri paesi Europei e appositamente disciplinata, in modo tale da creare una nuova categoria professionale e allo stesso tempo, spulcerebbe le innumerevoli magagne che i Promotori Finanziari propongono ai loro ignari clienti.
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