Commenti
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IVAN. 9 gennaio 2011 14:13
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...e a conferma mi ripeto, Sugar: le bischerate lasciamole
ai bischeri.
Certo che la "Sinistra" faceva ostruzionismo a certi
prodotti artistico-culturali, come del resto lo faceva la
"Destra". Ma sempre di bischerate si tratta.
Se un'opera ha dei contenuti "politici", va presa per quella
che è. Punto. Il gioco delle etichettature-a-tutti-i-costi
non è certo proposto dagli Autori, bensì dai Critici (o
meglio: dai "Giudicatori").
È un gioco che non mi interessa, perché le regole le
stabilisce una parte sola. Se le accetti, devi accettare
anche di legarti ai compromessi che comportano (politici o
meno).
Siccome a suo tempo ci ho anche sbattuto il naso, rifiuto di
ricondurre a forza ogni prodotto dell'ingegno umano in una
riduttiva chiave di lettura "politica". È sciocco. La
Gioconda è di Destra o di Sinistra? E la Cappella Sistina?
E "Pompeo" del PAZ? E le mutande di mia nonna? Ma vaffanculo
a chi si mette pure a pensarci sopra.
Bischerate per bischeri, come dicevo.
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sugar magnolia 8 gennaio 2011 20:17
....questa e' dedicatissima...ad IVAN il quale, anche se non
l'ho mai visto in viso, mi e' venuto in mente durante la
visione del film....dopo spieghero' il perche'...
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IL FERROVIERE (1956) P. Germi
sceneggiato dallo stesso Germi con Vincenzoni (quello che
ebbe l'idea di Signore e Signori) e Alfredo Giannetti
Trama
La sera di Natale, Andrea, macchinista delle ferrovie, dopo
il lavoro fa una lunga sosta all'osteria, dove beve
abbondantemente. Rientra tardi e trova i familiari irritati
per il suo contegno. Più di tutti è addolorata la figlia
Giulia, che è prossima al parto. Ella incomincia a sentirsi
male e dà alla luce un bambino nato morto. Il triste evento
impressiona vivamente Andrea: egli ha spinto alle nozze la
figlia che sentiva di non amare più l'uomo che l'aveva resa
madre. L'investimento accidentale di un suicida e la mancata
osservazione di un segnale di blocco provocano un'inchiesta
a carico del ferroviere ed aggravano la sua crisi psichica.
Intanto la famiglia si disgrega: un violento diverbio tra
padre e figlia, provocato da una illecita relazione di
Giulia, coinvolge anche il secondo figlio, già adulto e
dedito a losche imprese. I due rompono ogni relazione col
padre; soltanto la moglie e il piccolo Sandro gli conservano
il loro affetto. Per aver lavorato durante uno sciopero
Andrea si trova in contrasto con i compagni di lavoro e il
suo isolamento aumenta per cui cerca conforto nel vino e
nella compagnia di donne equivoche. Il piccolo Sandro è
l'unico che non ha mai perduto la sua fiducia nel padre:
forte del suo puro ed innocente affetto, riuscirà a
sottrarre Andrea dal suo pessimistico abbattimento. Andrea
si ammala gravemente: dopo tre mesi di letto, la sera di
Natale egli vede ricostituirsi intorno l'amicizia dei suoi
compagni di lavoro. Anche i due figli, che hanno risolto
positivamente i loro problemi, tornano a lui. Egli riprende
la sua chitarra e dedica alla moglie una dolce serenata ma
la morte improvvisa e serena viene a chiudere le sua
travagliata esistenza
(da www.comingsoon.it)
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davvero toccante, ultimo esempio di neorealismo, che,
iniziato nel '45 con Roma Citta' Aperta, idealmente termina
CON QUESTO FILM nel 1956 con del'56 (che Visconti
cerchera' di spazzare via con LE NOTTI BIANCHE, (v. post
sotto).
DAVVERO M E R A V I G L I O S O, bella la storia, un
risvolto popolare anni '50 ben raccontato (il popolo con il
risvolto nei pantaloni, come diceva lo stesso Germi).
E QUI SI INSERISCE UN EPISODIO CHIAVE DA INQUADRARSI IN UN
CLIMA POLITICO PARTICOLARE E DOMINATO AL 100 % DAL P.C.I.
DELL'EPOCA (e viene fuori un discorso che feci a suo tempo
proprio con Ivan, ilo quale mi apostrofo' dicendo ...."Sugar
sei sempre il solito etc. etc.")
Durante un dialogo del film, si vede Germi-Ferroviere il
quale e' stato retrocesso sul lavoro per via di una serie di
problemi.....ORBENE, il Ferroviere, davanti ai sindacati,
riuniti per una riunione con i lavoratori dice (piu' o meno)
:
" A cosa sevono i sindacati ?? solo a riempirti la testa di
chiacchiere, ma quando servono davvero non si mettono contro
il potere per un uomo solo, agiscono solo collettivamente
con tutti i lavoratori uniti, per avere spazio sui giornali,
soltanto per accrescere il loro peso politico....
.....e mentre io sgobbavo 11 ore al giorno, qualcuno, piu'
furbo e piu' dritto, prendeva la tessera (del P.C.I. ndr) e
faceva carriera spinto dal partito...forse anche qualcuno di
questa commissione che mi ha giudicato inidoneo a fare il
primo macchinista e chi mi ha retrocesso a guidare vecchie
caffettiere"
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ERRORE GRAVISSIMO CARO PIETRO, da quel momento preciso
l'intellighenzia gli si rivolto' contro, successivamente
fece 4 fim bellissimi ma dal '65 in poi, riuscirono a
stroncarlo e ad estrometterlo dal mondo delle produzioni che
contavano.
Lui e Giovannino Guareschi sono esempi (rari x verita') di
artisti non allineati al clima culturale dell'epoca
egemonizzato dal PCI....ed entrambi pagarono qusta scelta a
caro prezzo
Critica
Alta classe cinematografica e serio interesse umano sono i
due caratteri distintivi del 'Ferroviere' di Germi. Rari,
forse anche nella produzione mondiale, sono i film così
formalmente ineccepibili.(...) Ho paura che scegliendosi
Germi sia stato un po' indulgente con sé stesso: la
compiacenza con cui insiste a tenersi sotto la macchina da
presa rasenta già leggermente il narcisismo." (Filippo
Sacchi, "Al cinema col lapis", 1958, Mondadori)
________________________________
Germi non ebbe mai buoni rapporti con la critica
cinematografica di sinistra che lo giudicava negativamente
più per le sue posizioni politiche che per l'effettivo
valore estetico dei suoi film.[2] Germi in particolare aveva
osato, lui antifascista convinto, mettere in discussione lo
stereotipo che la sinistra si era costruito della figura
dell' operaio. Per questo motivo, per un lungo periodo sino
alla fine degli anni ottanta Germi fu messo da parte dalla
intellighentzia del partito comunista che non poteva
accettare quello che Germi aveva intuito: la trasformazione
sociale della classe operaia. La colpa del regista era
quella, secondo Guido Aristarco, direttore di "Cinema Nuovo"
scrivendo de Il ferroviere, di avere dato al protagonista
Marcocci una configurazione politica che «appartiene a un
populismo storicamente sorpassato» con idee risalenti
«all'epoca del movimento socialista esordiente [...] con i
turatiani del primo dopoguerra...»
Insomma il vero operaio non può essere un crumiro come il
ferroviere di Germi.
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Critiche queste della sinistra che venivano contraddette dal
successo che la pellicola incontrò presso il pubblico
popolare in Italia a Mosca e a Leningrado durante “La
settimana del film italiano".
Le stesse critiche, se non più aspre, ritornarono in
occasione della prima dell' Uomo di paglia dove addirittura
il protagonista, un operaio, viveva un classico dramma
borghese che non poteva appartenergli. Scriveva Umberto
Barbaro: «Cari amici, a me questi operai di Germi che si
comportano senza intelligenza e senza volontà, senza
coscienza di classe e senza solidarietà umana - metodici e
abitudinari come piccoli borghesi - la cui socialità si
esaurisce in partite di caccia domenicali o davanti ai
tavoli delle osterie - che non hanno né brio né slanci,
sempre musoni e disappetenti, persino nelle cose
dell’amore - che ora fanno i crumiri e ora inguaiano
qualche brava ragazza, spingendola al suicidio - e poi
piangono lagrime di coccodrillo, con le mogli e dentro
chiese e sagrestie - questi operai di celluloide, che, se
fossero di carne ed ossa, voterebbero per i
socialdemocratici e ne approverebbero le alleanze, fino
all’estrema destra, non solo sembrano caricature
calunniose ma mi urtano maledettamente i nervi».
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Anche gli intellettuali di sinistra dissidenti da queste
posizioni estreme, che non potevano non apprezzare l'arte
cinematografica di Germi, non avevano però il coraggio di
dirlo apertamente mantenendosi su una posizione di "qui lo
dico e qui lo nego", come Glauco Viazzi, che sosteneva che
volesse dire ignorare la realtà sociale non riconoscere che
«operai siffatti esistono nella realtà e in gran numero, e
non solo tra quelli che poi votano dicì o
socialdemocratico, ma anche tra quelli che danno il voto ai
partiti di classe» ma insieme diceva che L’uomo di
paglia, valutato artisticamente, non meritasse che «un
cauto e moderato elogio».
Altri come Antonello Trombadori, direttore de Il
Contemporaneo, insieme al vicedirettore Carlo Salinari e
allo storico Paolo Spriano, scrivevano nel 1956 a Palmiro
Togliatti una lettera destinata a rimanere privata - venne
resa pubblica solo nel 1990 - con la quale chiedevano al
segretario del partito di incontrarsi con Germi per non
allontanare un uomo e i "mille come lui" così importante
per il movimento antifascista : «Veniamo proprio in questi
giorni dall’aver visto un film italiano assai bello e
commovente, certamente popolare: "Il ferroviere", di Pietro
Germi. È un’opera di un socialdemocratico militante,
eppure è un film pervaso da ogni parte di sincero spirito
socialista».[3]
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CHE DIRE... voltre sbagliavano anche I Compagni...in questo
caso hanno fatto un buco nell'acqua ed hanno ghettizzato un
grandissimo regista che avrebbe potuto dare molto di piu',
se solo non gli fossero state bloccati i finanziamenti per
le produzioni che aveva in mente.
L'ultimo suo grande film, AMICI MIEI, venne girato
dall'amico Monicelli, mentre il Germi moriva di cirrosi
epatica, nel 1974
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sugar magnolia 8 gennaio 2011 14:42
LE NOTTI BIANCHE (1957) L. Visconti, con M. Matsroianni,
Maria Shell, Jean Marais
Tratto da un romanzo giovanile di Fëdor Michajlovi?
Dostoevskij
IN QUESTO CASO, VISTO CHE L'HO TROVATO, FACCIO PARLARE
DIRETTAMENTE IL GRANDE LUCHINO
°°°°°°°°°°°°°°°°
Ho realizzato Le notti bianche perché sono convinto della
necessità di battere una strada ben diversa da quella che
il cinema italiano sta oggi percorrendo. Mi è sembrato
cioè che il neorealismo italiano fosse diventato in questi
ultimi tempi una formula trasformata in condanna. Con Le
notti bianche ho voluto dimostrare che certi confini erano
valicabili, senza per questo rinnegare niente. Il mio ultimo
film è stato realizzato interamente in teatro di posa, in
un quartiere ricostruito che arieggia Livorno, ma senza
troppa fedeltà. Anche' attraverso la scenografia ho voluto
raggiungere non una atmosfera di irrealtà, ma una realtà
ricreata, mediata, rielaborata. Ho voluto, cioè, operare un
netto distacco dalla realtà documentata, precisa,
proponendomi una decisa rottura con il carattere abituale
del cinema italiano di oggi. Io spero soprattutto di aver
aperto, con questo film, una porta ai giovani registi
italiani che si stanno affermando.
Luchino Visconti da "Cinema Nuovo", a. VI, n. 114-115
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
I personaggi restano tre, una donna e due uomini. Natalia,
la donna, conosce uno dei due uomini in circostanze un po’
insolite: mentre sola, di notte, se ne sta affacciata ad un
ponte che dà su un canale. È così strana, agitata, che
Mario ne rimane particolarmente colpito. La sera dopo i due
si rivedono e la donna si spiega: un anno prima si era
innamorata di un uomo che era inquilino in casa sua; costui
un giorno era partito, ma aveva promesso che sarebbe tornato
di lì a un anno e che l’avrebbe attesa proprio su quel
ponte. Adesso l’anno è passato, lui è già tornato in
città e lei aspetta che si faccia vivo. Mario,
naturalmente, finisce per ritenere la donna un po’ tocca
e, vuoi per aiutarla a liberarsi da quell’incubo, vuoi
perché nel frattempo ha cominciato a innamorarsi di lei,
pensa di ricorrere a uno stratagemma per convincerla che
l’altro l’ha dimenticata.
Lo stratagemma, però, riesce solo a metà perché
all’improvviso compare sul ponte l’antico inquilino e
Natalia, ebbra di gioia, lo segue di corsa lasciando Mario
alla sua delusione, e, adesso, alla sua solitudine. Una
storia d’amore, dunque, e di un genere, per di più
decisamente romantico
Visconti, portandola sullo schermo, ha messo da parte il
neorealismo per farsi direttamente ispirare dal cinema
francese di vent’anni fa: cornici e sfondi, cioè,
puntigliosamente ricostruiti in “studio”, e climi e
cadenze non di rado vicini a un particolare tipo di teatro.
In questo quadro, studiato del resto con cure quasi
meticolose e con quegli accorgimenti tecnici e di
illuminazione ben noti a quanti seguono le regie teatrali di
Visconti, i personaggi si muovono con intenzioni volutamente
letterarie esaltando ad ogni istante tormenti e stati
d’animo di dichiarata derivazione libresca. Un errore? Se
lo è, si tratta di un errore intenzionale di impostazione
perché ad ogni momento del film, nei suoi dialoghi fioriti,
nelle sue situazioni così particolari, nelle sue immagini
così pittorescamente studiate, si vede che tutto questo è
voluto; si potrà perciò discutere questa impostazione e,
in alcune scene, l’insincerità che provoca con certe sue
insistenze letterarie, ma non si potrà a meno di prendere
atto, e con attenzione, dei suoi singolari risultati in sede
di spettacolo: non foss’altro per l’innegabile
fertilità dello stile e in talune pagine (quel ballo
frenetico, quella rissa convulsa) per la preziosa scioltezza
delle tecniche. Cui si aggiunge la felice interpretazione di
tutti, da Maria Schell, una delicata Natalia, a Marcello
Mastroianni, un Mario solo ogni tanto un po’ consueto, a
Jean Marais, l’inquilino.
Gian Luigi Rondi su Il Tempo, 15 Novembre 1957
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IVAN. 8 gennaio 2011 1:40
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Welcome to the classics...
"SBATTI IL MOSTRO IN PRIMA PAGINA" fa parte di una ideale
trilogia "politica" (assieme a "Lettera aperta a un giornale
della sera", di Citto Maselli, e "Indagine su un cittadino
al di sopra di ogni sospetto" di Elio Petri, entrambi del
1970).
In questo caso il "bersaglio" della critica è la Stampa,
manipolata in modo da condizionare e incanalare l'opinione
pubblica.
Vien quasi da sorridere nel pensare che una manipolazione
come quella descritta nel film, che nei '70 dovrebbe
rappresentare un espediente MOLTO pericoloso per la propria
credibilità, oggi venga invece propugnata disinvoltamente
da qualunque media, come fosse la norma (ormai siamo al
punto di sorprenderci del contrario: "Ma come; hanno passato
una notizia pulita, senza omissioni o arrangiamenti
faziosi...Sono forse impazziti?!")
In ogni caso consiglio di vedere qualunque film di Marco
Bellocchio, regista sempre-&-comunque fuori dal coro.
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sugar magnolia 3 gennaio 2011 0:29
SBATTI IL MOSTRO IN PRIMA PAGINA (1972) M. Bellocchio
Il film si apre con un comizio di Ignazio La Russa
(l'originale) del 1972 e tratta del periodo caldo nel quale
la violenza organizzata stava sfociando nel terrorismo
armato (rosso e nero).
Volonte' fa la parte del redattore capo de "Il Giornale"
che, nel 1972 ancora non esisteva (venne creato da
Montanelli nel '77).
Gli attori vengono fatti recitare appositamente con
l'accento locale, non la dizione attorale perfetta di un
professionista, per rendere di piu' il fatto che trattasi di
persone che realmente possono essere reali.....la vicenda
poi fa da sfondo alla Milano dei primi '70 e rappresenta
magnificamente lo spirito dell'epoca.
Aggiungo poi che il Capo redattore impersonato da Volonte'
......sembra BELPIETRO !!!!
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MOVIES.YAHOO.COM
In un periodo politicamente caldo, l'8 marzo 1972, alla
vigilia delle elezioni e quando la sede de "Il Giornale" ha
subito un'aggressione da gruppuscoli di sinistra, la
quindicenne Maria Grazia, figlia del noto professor Italo
Martini, viene trovata violentata e strozzata in un prato
nella periferia di Milano. Il redattope-capo Bizanti,
sentito il parere dell'ingegner Montelli, finanziatore de
"Il Giornale", incarica di seguire il caso Roveda, un
giornalista principiante, affiancandolo allo smaliziato e
senza scrupoli Lauri. Dal canto suo Bizanti avvia indagini
private: avvicina la professoressa Rita Zigai, amante di
Mario Boni (della sinistra extraparlamentare) e in possesso
del diario della defunta. Manipolando le notizie ottenute,
Bizanti e Lauri presentano, per mezzo di Roveda, un
colpevole (Boni) alla polizia, alla magistratura e
all'opinione pubblica. Mario Boni viene difeso inutilmente
dai compagni di cellula. Solo Roveda, che nutre dubbi,
avvicina il bidello della scuola di Maria Grazia scoprendo
con orrore la mistificazione e l'autentico assassino nella
persona dello stesso bidello. Il redattore-capo anziché
denunciare l'assassino, licenzia Roveda, tenendo pronta la
notizia per sfruttarla secondo l'esito delle elezioni,
sempre d'accordo con Montelli.
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IVAN. 26 dicembre 2010 15:55
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Meglio in ritardo che mai (siamo già al 3° episodio),
segnalo su TV 2000, alle 18.30...
LE AVVENTURE DI PINOCCHIO
Stupendo sceneggiato di Luigi Comencini dei primi anni
'70.
Nonostante la (voluta) lentezza narrativa, è a tutt'oggi la
migliore trasposizione su pellicola del celebre libro di
Collodi.
Da apprezzare soprattutto le "licenze narrative" di
Comencini non incluse nel libro, che mostrano gli stili di
vita della "Toscana contadina" dei personaggi di
contorno.
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IVAN. 26 dicembre 2010 15:54
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(da Sugar:)
«L'ho guardato...Secondo me sia Gassman che Monicelli hanno
fatto di meglio. Gustibus non disputandum est.»
________________________
Certamente; dico solo che "L'ARMATA BRANCALEONE" è un film
meno leggero di quanto appaia alla sua prima visione, dove
l'attenzione dello spettatore è concentrata principalmente
sulla mera trama (invero piuttosto insignificante nel film
in questione).
"L'Armata" è una di quelle opere che ci guadagnano nelle
SUCCESSIVE visioni; basterebbe RI-vederla tenendo presenti,
ad esempio, i contenuti "extra-trama" riportati in questo
link:
http://it.wikipedia.org/wiki/L'armata_Brancaleone
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sugar magnolia 25 dicembre 2010 22:25
SIGNORE E SIGNORI (1965), Pietro Germi, sceneggiato da Age,
Scarpelli, Flaiano e Vincenzoni
Germi chiude la trilogia iniziata nel 1961 (Divorzio
all'italiana, Sedotta e Abbandonata e questo) con questo
film-satira bellissimo a 3 episodi, nei quali mette in
risalto la meschinita' della provincia italiana.
Esce dalla Siclia e dai suoi riti omertosi per approdare nel
veneto di Vincenzoni, lo scneggiatore che ebbe l'idea di
tutto il film.
Il 3° episodio della ragazzina minorenne scopata da 5
adulti si riferisce ad un fatto vero.
Erano 5 amici di Treviso di Vincenzoni che erano finiti
sotto processo perche' avevano avuto rapporti con questa
tipa.
Vincenzoni ci sceneggio' un episodio del film, pero' ebbero
delle difficolta' a girare a Treviso perche' i 5 tizi sotto
processo crearono dei problemi alla troupe, cosi' andarono a
girare nella vicina Conegliano Veneto.
Scarpelli e Flaiano. "Secondo Age... risultò di gran lunga
superiore alla sua sceneggiatura; e in un ambiente come
quello del cinema, dove la gente tende quasi sempre ad
attribuirsi meriti che non le spettano, è davvero il caso
di crederci" (E. Giacovelli). E l'ultimo bel film di P.
Germi, il più vicino ai temi e ai modi della commedia
all'italiana e probabilmente, anche a causa del personaggio
"positivo" di G. Moschin, la sua opera satirica più
complessa e completa, più cattiva (proprio perché meglio
controllata) di quelle di ambiente siciliano. Palma d'oro a
Cannes ex aequo con Un uomo, una donna di C. Lelouch
QUESTO FILM, ALMENO NEL PRIMO EPISODIO MI RICORDA LA TRAMA
NARRATIVA DI "AMICI MIEI", che venne poi ripresa dallo
stesso Germi per la sceneggiatura (scritta nel 1973) di
Amici Miei.
Purtroppo non pote' girarlo in prima persona, stava morendo
per cirrosi epatica, e passo' il copione all'amico Monicelli
(Mario era stato allievo di Germi a fine anni '40 e fu uno
dei pochi che riusci' a penetrare il carattere chiuso e
scontroso di Germi, uno dei pochi amici veri).
Il film usci come
AMICI MIEI...un film di Pietro Germi, regia di Mario
Monicelli.
...giu' il cappello davanti a questa trilogia che in soli 4
anni (1961 - 1965) ci ha regalato 3 perle assolute
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sugar magnolia 25 dicembre 2010 21:43
L'ho guardato....che dire...secondo me si Gasmann che
Monicelli hanno fatto di meglio.
Forse e' questo sfondo storico e questa comicita' un po'
sguaiata che guasta un po' il tutto.
Grande Vittorio, attore immenso sia drammatico che comico
pero' questo film non lo annovero tra la Top 10.
Preferico entrambi nelle ambientazione proprie che gli sono
congeniali, coie' l'Italia degli anni '50/'60, la
descrizione della realta' locale con la verve tipica del
periodo storico (1955/1965).
Nessuno me ne voglia,....... gustibus non disputandum est
....
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IVAN. 24 dicembre 2010 10:12
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PER UN NATALE DA (branca)LEONI
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Non tutto il digitale terrestre viene per nuocere;
per esempio, sabato 25 dicembre alle 21.00 su RAI Movie
trasmettono...
L'ARMATA BRANCALEONE
...di un certo Mario (non ricordo il cognome, era uno mai
sentito prima), capolavoro di satira goliardica con un
Gassman da cineteca.
(...et peste colga immantinente alli felloni che di mancar
lo visionamento reseronsi colpevoli!)
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sugar magnolia 19 dicembre 2010 23:15
I COMPAGNI (1963) M Monicelli
UN CAPOLAVORO ASSOLUTO, DAVVERO BELLO
Alla fine del secolo scorso, in un'industria tessile
torinese, un grave incidente è la scintilla che fa
scoppiare le prime proteste operaie contro le inumane
condizioni di lavoro. La protesta si trasforma in un
durissimo sciopero, guidato del professor Sinigaglia,
durante il quale un operaio muore. Gli operai rientrano in
fabbrica, sconfitti, ma con un filo di speranza.
Fallimentare al botteghino, resta il capolavoro di Monicelli
nonostante alcuni eccessi patetici. Forse troppo in anticipo
sui tempi, fu un interessante tentativo di virare la
commedia all'italiana verso l'impegno sociale e la
ricostruzione storica.
Sceneggiatura di Monicelli, Age e Scarpelli (che ottenne la
nomination).
Le condizioni dei vita degli operai fine '800, le prime
unioni dei proletari per ribellarsi a condizioni di lavoro
disumane, un tocco di nazional-popolarismo stile Edmondo De
Amicis, strepitoso Mastorianni (ma che te lo dico a
fare.....), la posizione COMUNISTISSIMA di Monicelli esce
forte piu' che mai.
Forse troppo in anticipo sui tempi, stroncato dal pubblico,
apprezzato dalla critica, ma nel '63 quest tempi erano
troppo "caldi" per essere trattati in modo cosi'
spudorato.
AGE E SCARPELLI NEL PIENO DELLA FORMA, MA Mastroianni che
interpreta il maestro di scuola, colto e letterato, rispetto
alla rozzezza degli operai che prende a cuore la loro causa,
li unisce, e li guida, fino all'esito drammatico.
L'unico colto che si prende a cuore i problemi del
proletariato che sta prendendo coscienza della propria
forza.
L'UNIONE FA LA FORZA, QUESTO E' IL MESSAGGIO DI
MONICELLI......grande Mario, davvero indimenticabile, un
affresco struggente e stupendo, toccante e doloroso......
CHE DIRE....GIU' IL CAPPELLO....VE LO CONSIGLIO A TUTTI
(IVAN, anche a te, se gia' non l'hai visto)
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lucillafiaccola1796 15 dicembre 2010 19:57
signori si nasce ma poi arriva pirlascony ed il popolo
sovr'ano ti fa diventare pro-lettario!
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IVAN. 15 dicembre 2010 13:00
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(da Sugar:) «SIGNORI SI NASCE (1961) di M. Mattioli»
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MATTOLI, non "Mattioli".
Buon mestierante, senza lode né infamia.
Anche a quell'epoca, in parallelo ai capolavori del
Neorealismo, c'era la necessità di girare anche film
puramente "evasivi", e uno degli specialisti era appunto
Mario Mattoli (con Camillo Mastrocinque, Ciorciolini,
Corbucci, Steno e pochi altri...Erano registi talmente
prolifici che da soli riuscivano a coprire tutte le esigenze
produttive).
Ovviamente la maggior parte di questi prodotti erano dei
film "vedi-&-dimentica", anche se alcuni contenevano
sequenze degne di nota; peccato che per il resto fossero
circondate da "grasso" narrativo di poco conto, per pubblico
di bocca buona (lo stesso "SIGNORI SI NASCE", da questo
punto di vista, procede alternando splendide trovate a tempi
morti che potevano essere meglio utilizzati, ma non facciamo
troppo i pignoli).
In questo filone la popolarità di Totò fu molto sfruttata.
Anche TROPPO, nel senso che una Produzione puntava quasi
tutto sulla sua semplice presenza e basta (come dire:
«Aho', ma oltre a darvi Totò, pretendete anche un film ben
fatto? Ma allora siete proprio incontentabili!»)
Infatti non sono molti i film "memorabili" con Totò, almeno
in proporzione al numero di pellicole da lui interpretate
(circa un centinaio).
Inutile fare elenchi; dico solo che il mio preferito con
Totò resta "GUARDIE E LADRI" di un certo Mario (che NON è
Mario Mattoli...)
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(P.S: Riporta i LINK, quando copincolli, porca trota!)
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sugar magnolia 15 dicembre 2010 0:00
UN ITALIANO IN AMERICA (1967) A. Sordi
Sordi e De Sica, figlio e padre che si ritrovano negli USA,
De Sica gioca come gia' in diversi film, sulla sua passione
per il gioco d'azzardo (L'Oro di Napoli, Il Conte Max, Il
Generale Dalla Rovere....), con finale buonista.
Che dire, si dice che sia la migior regia di
Sordi......insomma, caruccio, ma non certo un capolavoro.
Entrambi hanno fatto di meglio.
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sugar magnolia 13 dicembre 2010 22:10
SIGNORI SI NASCE (1961) M. Mattioli
Celeberrima battuta:
SIGNORI SI NASCE ...ED IO MODESTAMENTE....LO NACQUI
Toto' e Peppino come sempre affiatatissimi, con una giovane
e bella Delia Scala.
Il grande duo, 3 giorni dopo la fine di queste riprese (26
nov. 1960) inizio subito a girare "Toto' Peppino e la Dolce
Vita.
Infatti questo SIGNORI SI NASCE venne girato allo studio 3
di Cinecitta' e il secondo invece venne girato allo studio
5, che ancora aveva intatte le sceneggiature approntate 18
mesi prima da Fellini per il suo capolavoro.
Infatti erano costate cosi' tanto che il produttore prima di
smantellarle volle utilizzarle anche per un altro film per
ammortizzarne ulteriormente gli ingenti costi.
Fellini infatti aveva voluto ricorstruire via Veneto a modo
suo anche rinunciando ad una parte del suo compenso; La
Dolce Vita prese 6 mesi tra riprese e montaggio (all'epoca
in 2 mesi e mezzo si faceva tutto) e costo' 660 milioni di
lire.
Il produttore disse:
"se va male questo film vado fallito e chiudo baracca"
INCASSO' IN TUTTO IL MONDO OLTRE 25 MILIARDI DEL'EPOCA
!!!!!!!
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All'inizio del '900 il barone Pio Degli Ulivi possiede
un'affermata sartoria ecclesiastica mentre suo pratello
Ottone detto Zazà ha sperperato tutto e si dà alla bella
vita e al gioco. Ottone rischia però di finire in galera
per un debito di 300 lire contratto con Bernasconi. Inoltre
si ritira il finanziatore di uno spettacolo di varietà in
cui lavora Patrizia che aspira a diventarne la Prima Donna a
spese di Tittì. Ottone si rimette quindi in contatto con il
fratello per avere denaro e per una serie contrattempi gli
fa credere di essere il padre di Patrizia, che il suo
domestico Battista sia il suo fidanzato - Enzo, quello vero
è in prigione - e i tre si trasferiscono da Pio e dalla
moglie Maria Luisa. Ma i contrattempi si susseguono.
Inevitabile finale a lieto fine, classica sceneggiatura
dell'epoca che ricorda tantissimo MISERIA E NOBILTA' (del
quale scriveremo piu' avanti), classici equivoci di stampo
anche teatrale; il canovaccio narrativo e sceneggitivo si
sviluppa in un crescendo gistoso e sempre gradevolissimo che
mi ricorda un pochino le commedie di Carlo Goldoni.
Sarebbe facilissimo trasportare questa sceneggiatura in una
piece teatrale.
Questo genere di film lo guardo anche 5 volte di fila (SE
IVAN HA VISTO 5 VOLTE "BLOW UP"......) senza mai stancarmi
......
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sugar magnolia 13 dicembre 2010 15:23
GERMANIA ANNO ZERO (1948) R. Rossellini
Vincitore al Festival di Locarno del 1948, "Germania anno
zero" fu dedicato da Rossellini al figlio Romano, morto
nell'agosto del 1946. Ancora una volta Rossellini punta
l'attenzione sulla sofferenza umana e sui perdenti,
sconfitti da una vita che li costringe a scontare colpe
altrui; con un finale disperato ed una visione della vita
tragica e priva di speranza, il regista chiude idealmente la
trilogia iniziata con "Roma città aperta" (1945) e
proseguita con "Paisà" (1946).
Ambientato a Berlino, città fantasma, subito dopo la caduta
del Terzo Reich, il film narra la storia di Edmund Koeler,
ragazzino di appena tredici anni, che vive di espedienti.
Come molti altri abitanti della città, ridotta ad un
silenzioso cumulo di macerie, Edmund si aggira per i palazzi
distrutti in cerca di cibo per sostentare la famiglia,
ammassata in una sola stanza, di proprietà altrui. Il padre
di Edmund è costretto a letto da una grave invalidità, il
fratello ha disertato durante la guerra ed ora è ricercato
come ex nazista, non possiede la tessera alimentare e grava
interamente su Edmund; non potendosi mostrare in giro, sua
sorella invece si guadagna favori e regali prostituendosi
con i soldati delle truppe alleate.
Giorno dopo giorno la vita sembra sempre più inutile e
triste, finché Edmund ritrova un suo vecchio maestro di
scuola: un uomo ambiguo e cinico, che gli instilla un'insana
teoria secondo la quale i deboli sono costretti a soccombere
per far posto ai più forti. Edmund, ispirato dalle parole
dell'uomo, avvelena il padre. Dopo il gesto disperato, il
maestro si rifiuta di alleviare la sua pena con qualche
parola di conforto; distrutto dal senso di colpa, Edmund
vaga per Berlino, entra in una chiesa, sale sul campanile e
- dopo aver visto il carro funebre che porta il corpo del
padre - si getta nel vuoto.
Impareggibile nella sua drammaticita', la scena finale del
bambino che si suicida colto dai rimorsi e' straziante.
M E R A V I G L I O S O .........
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sugar magnolia 11 dicembre 2010 12:19
Eccoci di nuovo al mio adorato Pietro Germi
UN MALEDETTO IMBROGLIO (1959), con Germi stesso e la
Cardinale (e altri).
Sempre bellissima Roma sullo sfondo, un discreto giallo, la
trama ovviemente risente dei topos di 60 anni fa, pero'
scorre bene, e' gradevole, Germi mi piace un
sacco......davvero gradevole.
Il file Torrent non e' posseduto da molti seeds, quindi ho
impiegato piu' del solito per scaricarlo, ora pero' lo
possiedo al 100 % e lo tengo sempre in seeds, in caso
qualcuno lo voglia.
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"The first successful crime picture ever made in this
country" lo definì Variety, "Il film non ha un momento di
tregua e fila
velocemente da una scena all'altra" scrisse Alberto Moravia.
Claudia Cardinale, durante un viaggio in Giappone notò
che
molti l'avvicinavano canticchiando il celebre motivo dei
titoli di coda (Sinnò me moro): scoprì che il film era
stato trasmesso
in televisione qualche giorno prima. L'impresa di Germi,
autore e interprete di quello che viene unanimemente
considerato uno dei più riusciti e popolari film
polizieschi realizzati in Italia, è tanto più sorprendente
se si tiene conto del
fatto che il romanzo da cui è tratto, Quer Pasticciaccio
Brutto de via Merulana, per la sperimentazione sul
linguaggio e
l'originalità del suo stile, è considerato uno dei più
significativi capolavori della letteratura italiana
contemporanea, che
anche Antonioni aveva tentato di trasferire sullo schermo.
"Tutti dicevano: il giallo in Italia non si può fare perch?
la nostra
Polizia non incute n? spavento n? il senso fatale della
legge, ma fa solo ridere" (Pietro Germi): eppure era proprio
questa
la strada per realizzare un grande noir all'italiana.
Guardate con quale invisibile cura gli indizi sono
"nascosti" nella
scoppiettante ironia della commedia, con quale spiazzante
drammaticità si arrivi all’imputazione del meno
sospetto
con l’aria di prendersi gioco dello schema poliziesco
grazie al solido mestiere dei caratteristi comici (Saro
Urzì, tra
tutti). Pur alterando tutto del romanzo (epoca, quartiere,
intreccio) ne riproduce lo spirito originario: quel sarcasmo
che
maschera lo sdegno per il delitto, quella satira torrenziale
mista alla cognizione di un dolore sordo e inarticolabile.
È
grazie a essi che il commissario Ingravallo, interpretato
dallo stesso regista, collerico, ironico e solitario, è in
grado di
competere con analoghe figure del cinema e della letteratura
poliziesca stranieri. "Ho avuto l'impressione, in certi
momenti, di trovarmi di fronte a dei frammenti di
capolavoro", scrisse Pasolini.
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sugar magnolia 7 dicembre 2010 13:23
In effetti ha avuto molti premi.....alla fine li ho
scaricati e li guardero' tutti, pero' come e' stato AMORE A
PRIMA VISTA CON
Pietro Germi
Luchino Visconti
i miei preferiti
con il buon Michelangelo questo amore non e' affatto
sbocciato; mi lascia a bocca asciutta alla fine del film,
regolarmente, ed e' proprio questo il suo scopo.
Io sono ancora impressionato dal quel capolavoro che e'
LA CADUTA DEGLI DEI
la plasticita' di questa bella storia (perche' la storia ha
un senso ed e' bella), questo scuro affresco germanico
(anche qui la trilogia, LA CADUTA DEGLI DEI (1969) , MORTE A
VENEZIA (1971) ,LUDWIG (1972) )) decadente, ombroso, con
fotografia sempre scura e potentissima.......cazzo quanto mi
piace Luchino......
Germi invece ha fatto la sia trilogia (MERAVIGLIOSA) di :
Divorzio all'italiana (1961)(uno strepitoso Mastorianni)
Sedotta e Abbandonata (1964) del quale scrivero' al prossimo
post (visto 2 gg. fa)
Signore e Signori (1965) filma 3 episodi ambientato in
Veneto
insomma c'era tanto e cosi' tanto di buono tra il 1945 e il
1970 che ogguno trova il suo amore.
E il mio non e' certo Antonioni (pero' guardero' tutto
quanto, pian piano se vuoi, ma guardero' tutto)
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IVAN. 7 dicembre 2010 0:21
.
(da Sugar:) «Ivan, quale hai visto di questi? (...)»
_____________________
Mi manca "L'AVVENTURA".
"BLOW UP" l'ho visto 4 volte. È un'opera di genio, non è
pensabile di guardarlo come fosse un film "ordinario".
Certo, in alcune sequenze fa dire: "Embe'? Che c'entra 'sta
roba?"...però va detto che le digressioni concettualistiche
erano una caratteristica comune del cinema fine '60 (vedi
Bergman, o il Kubrick di "2001").
Caratteristica che è stata poi ripresa, rappresentandola in
modo meno "astratto", dai Grandi del decennio successivo
(Wenders, Herzog, Fassbinder...)
Insomma, il significato di un'opera così complessa va letta
anche in senso di "scuola"; lo stesso "PROFONDO ROSSO" di
Argento (non a caso ancora con Hemmings protagonista) deve
molto agli espedienti narrativi presentati in "BLOW UP".
.
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sugar magnolia 6 dicembre 2010 23:56
SIAM0 UOMINI O CAPORALI ?? (1955) Camillo Mastrocinque
Nel manicomio dove è stato rinchiuso in osservazione per
aver minacciato di uccidere un prepotente, Totò Esposito
espone la propria teoria secondo la quale il mondo è diviso
in "uomini" - che lavorano, sudano, soffrono - e "caporali",
che sfruttano il lavoro, il sudore e la sofferenza dei
primi. Come è sempre capitato a lui, povero uomo angariato
da vari caporali (tutti interpretati da Paolo Stoppa).
Cavalcata storica qualunquista ma irresistibile, con Stoppa
cattivissimo antagonista e alcuni numeri da antologia.
Stoppa è uno "stronzo" bravissimo ed in certi ruoli sa
essere davvero irritante.
Da vedere e rivedere,si scoprono sempre sfaccettature nuove
e significative all'interno di una storia scritta
appositamente su di lui può dare il 100% del suo
istrionismo e sfogarsi in una serie di macchiette che
ripercorrono la storia dell'Italia degli ultimi 10-15 anni,
dalla seconda guerra mondiale al 1955 del film. Paolo Stoppa
nel ruolo della sua eterna nemesi, manco a dirlo, è
istrionico e spalla di lusso.
QUESTO, CHISSA' PERCHE', MI E' PIU' CONGENIALE CHE NON
ANTONIONI
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sugar magnolia 6 dicembre 2010 21:20
Antonioni si era ritagliato uno spazio nel cinema
internazionale trattando il tema della
INCOMUNICABILITA'........ed anche i suoi film sono tutti
rivolti in tal senso.
Oramai mi sono scarivato dal Torrent
PROFESSIONE REPORTER
ZABRISKIE POINT
L'AVVENTURA
L'ECLISSI
LA NOTTE
DESERTO ROSSO
IVAN quale hai visto di questi ????
boooo, forse per coerenza (il fatto d'averli scaricati)
dovrei guardarli tutti, pero' non so se ce la faro'.
Ne ho altri 25 ancora da guardare, oltre a questi, che spero
incontrino di piu' i miei gusti (44 Giga di film in
tutto).
pero' se vuoi parlare di un regista e dei suoi film su un
Forum dedicato ai grandi del ns. cinema (italiano) devi
guardarlo e sforzarti di leggere quanto piu' possibile sulla
sua arte.
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lucillafiaccola1796 6 dicembre 2010 19:09
anche a me l'"agnostico" ah ah ah antonioni non piaceva e
non piace
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sugar magnolia 6 dicembre 2010 15:52
Alla fine mi sono guardato
BLOW UP (1966) __ M. Antonioni
Insomma e' proprio vero, Antonioni o lo ami o lo odi,
diciamo che io, non e' che lo odio con tutte le mie forze,
MA SICURAMENTE NON LO AMO AFFATTO.
Ogni volta che guardo un suo film rimango sempre male,
questi primi piani sempre lenti, pochi dialoghi, troppe
metafore sull'esistente / non esistente.....anche qui, nel
suo film che piu' ha incassato in tutto il mondo, non si
smentisce.
La fotografia è ottima, credo all'avanguardia per il tempo,
le sequenze delle immagini non denunciano affatto la
datazione del film; per questo è un film TECNICAMENTE
INECCEPIBILE, forse meno felice in alcune scene nella sua
secoda parte. La bellezza, il dinamismo del film narrano
sfiorandolo il contenuto "concettuale" che il regista ci
vuole trasmettere, con leggerezza.
Antonioni forse si dilunga troppo sul significato della
trama. La vita "può" anche essere sogno,realtà
virtuale,adesione superficiale ed estetizzante,come Thomas
testimonia già in realtà dall'inizio del film,ritrovando
questa certezza alla fine con una consapevolezza in più
perchè ha sperimentato anche l'altra faccia della realtà.
Questo fotografo di moda londinese crede di aver fotografato
un omicidio e inizia le indagini sullo sfondo di una
apprezzabilissima atmosfera, questo si', della Londra meta'
'60; alcuni cameo davvero considerevoli, piazzati qua' e la'
come la scena del concerto degli Yardbirds con Jimmy Page e
Jeff Beck che si esibisce nell'atto di sfasciare la sua
chitarra
Alla fine pero', Antonioni, come sempre non ci da' risposta
e lascia tutto sospeso a mezzaria, in una immginaria partita
di tennis tra 2 mimi che giocano con una pallina
inesistente.
Il protagonista si chiede ancora se questo'omicidio che
crede di aver fotografato c'e stato o meno, ma alla fine
poco gli importa, la telecamera sfuma dall'alto con il
fotografo ripreso nel mezzo di un prato
britannico....lasciato al suo dubbio.....come anche tutti
noi spettatori.
Insomma i gusti sono gusti ......
|
maryp 2 dicembre 2010 19:08
Un borghese piccolo, piccolo: molto bello, ma non penso di
volerlo rivedere: troppo dolore praticamente dall'inizio
alla fine:
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sugar magnolia 2 dicembre 2010 0:03
Gli ultimi 3 non li salvo neanche un po'.....ma gli altri
TUTTI CAPOLAVORI !!!
|
IVAN. 1 dicembre 2010 23:54
.
AMICI SUOI
******
Mario Monicelli non ha lasciato assolutamente nessuno; si è
soltanto ricongiunto con gli altri "Amici Miei": Ugo
Tognazzi, Adolfo Celi, Duilio Del Prete, Philippe Noiret,
Gastone Moschin...
Ora tutti insieme tirano ceffoni alle anime che si
affacciano dal treno per il Paradiso (sì, perchè non
esiste che un toscano non si faccia un bel periodo di
purgatorio, e che diamine...)
I film di Monicelli sono stati tanti. Alcuni li ricordo (e
rivedo) con più piacere di altri:
Guardie e ladri (1951)
I soliti ignoti (1958)
La grande guerra (1959)
Risate di gioia (1960)
L'armata Brancaleone (1966)
Amici miei (1975)
Un borghese piccolo piccolo (1977)
Il marchese del Grillo (1981)
Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (1984)
I picari (1988)
Cari, fottutissimi amici (1994)
...e scusate se è poco, ma non sono in vena
di..."supercazzole" (citazione-omaggio neanche tanto
ermetica).
.
|
sugar magnolia 1 dicembre 2010 21:23
Alla fine ho cambiato idea e ieri notte mi sono scaricato
dal Torrent 4 film di Toto' (Lucy, 4 film in 9 ore, vedi che
linea ADSL che ho....mi ritengo fortunato).
Ho guardato :
LA BANDA DEGLI ONESTI (1956) regia Camillo Mastrocinque
Antonio Buonocore (Totò) è il portinaio di uno stabile che
un bel giorno si ritrova per le mani quello che sembra
essere un inaspettato colpo di fortuna, nonchè la svolta
della vita, alcuni clichè sottratti alla Zecca dello Stato
e la carta filigranata per stampare delle banconote.
Antonio viene in possesso dello scottante materiale grazie
ad una confessione fattagli da un anziano inquilino, che in
punto di morte gli rivela dove ha nascosto filigrana e
clichè di cui Antonio si appropria dopo la morte
dell’uomo.
L’idea è molto semplice, almeno sulla carta, coinvolgere
altri due compari nell’operazione, il tipografo Giuseppe
Lo Turco (Peppino De Filippo), lui fornirà i macchinari
necessari a stampare fisicamente le banconote e il pittore
Cardone (Giacomo Furia), un artista della tela esperto di
colori e vernici.
Antonio sa che i due, indebitati come lui fino al collo, non
avranno altra scelta che accettare la proposta. Così i tre
si riuniscono nottetempo e danno il vila alla produzione di
banconote da diecimila lire, ma il terzetto dopo
l’esaltazione iniziale andrà nel panico quando
verrà a sapere, dal figlio finanziere di Antonio, che le
autorità sono sulle loro traccie.
L'ACCOPPIATA PEPPINO E TOTO' PUO' ANNOVERARE TRA I LORO CULT
MOVIE QUESTO E :
TOTO' PEPPINO E LA MALAFEMMINA
Camillo Mastrocinque, coadiuvato da una frizzante
sceneggiatura della coppia d’oro Age & Scarpelli, a
fornire materiale per una serie infinita di gag e tormentoni
da antologia. A fare da cornice ai due un cast di comprimari
di grande talento ed esperienza, come l’attore casertano
Giacomo Furia, cresciuto con il teatro di Eduardo De
Filippo, e con il suo inconfondibile timbro di voce,
l’onnipresente Memmo Carotenuto
-------------------------
Un Toto' in strepitosa forma con i 2 sceneggiatori PRINCIPE
del periodo d'oro......DA VEDERE
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lucillafiaccola1796 1 dicembre 2010 19:12
un borghese piccolo piccolo... grandissimo film, grandissimo
regista e grandissimo alberto sordi, che non mi piaceva
tanto... troppo taliano... ma qui SUPERLATIVO....!
|
sugar magnolia 30 novembre 2010 21:14
IVAN
vedi che in pochi giorni abbiamno salutato De Laurentiis e
Monicelli; rispettivamente 91 e 95 anni.
cazzo, la loro vita se la sono vissuta, e alla grande, una
lunga vita, avranno avuto anche loro i propri dispiaceri
pero' ci hanno asciato cose eterne, cose rimarranno,
immmagini che non verranno mai dimenticate.
Alcuni uomini hanno la fotuna di lasciare dietro di loro
testimonianze eterne, altri, la maggior parte, mascono
vivono e muoiono ricordati solo da propri familiari e pochi
amici......invio tanto chi lascia dietro di se' un ricordo
imperituro frutto del loro lavoro, del talento e
dell'ingegno......LORO DUE DAVVERO FANNO PARTE DEI GRANDI
!!!!!
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sugar magnolia 30 novembre 2010 21:07
Giu' il cappello per il MAESTRO che ha deciso di uscire di
scena, pienamente padrone delle sue decisioni, regista fino
all'ultimo, anche della sua stessa fine.
95 anni, malato terminale, ha avuto l'ultima parola anche
sull'ultimo Ciak della sua vita.
GRAZIE MARIO X I MERAVIGLIOSI AFFRESCHI CHE CI HAI LASCIATO
E CHE RIMARRANNO X SEMPRE SULLA PELLICOLA......e anche tra
centinaia di anni gli uomini quando studieranno il
meraviglioso periodo d'oro del cinema italiano, troveranno i
suoi lavori che hanno tratteggiato l'Italia che usciva dalla
guerra e che cresceva, anno dopo anno........la vera Golden
Age della ns. storia recente.
Per stasera ritengo, in segno di rispetto, di tacere, non
scrivero' nulla, guardero' un suo film, uno dei pochi lavori
drammatici nei quali si cimentato' insieme all'attore che
accompagno' buona parte della sua sua vita.
L'amico Alberto Sordi.
Il film e'
UN BORGHESE PICCOLO PICCOLO (1977)
ma ne scriveremo domani.
per stasera si tace in segno di rispetto verso quest'uomo
cosi' pieno di vita e di vitalita' che ha deciso di uscire
di scena piuttosto che vedersi spegnere consumato dalla
malattia.
95 anni vissuti intensamente.
Ciao Mario....e grazie !!!
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