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IVAN.
9 gennaio 2011 14:13
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...e a conferma mi ripeto, Sugar: le bischerate lasciamole ai bischeri.

Certo che la "Sinistra" faceva ostruzionismo a certi prodotti artistico-culturali, come del resto lo faceva la "Destra". Ma sempre di bischerate si tratta.

Se un'opera ha dei contenuti "politici", va presa per quella che è. Punto. Il gioco delle etichettature-a-tutti-i-costi non è certo proposto dagli Autori, bensì dai Critici (o meglio: dai "Giudicatori").
È un gioco che non mi interessa, perché le regole le stabilisce una parte sola. Se le accetti, devi accettare anche di legarti ai compromessi che comportano (politici o meno).
Siccome a suo tempo ci ho anche sbattuto il naso, rifiuto di ricondurre a forza ogni prodotto dell'ingegno umano in una riduttiva chiave di lettura "politica". È sciocco. La Gioconda è di Destra o di Sinistra? E la Cappella Sistina? E "Pompeo" del PAZ? E le mutande di mia nonna? Ma vaffanculo a chi si mette pure a pensarci sopra.

Bischerate per bischeri, come dicevo.



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sugar magnolia
8 gennaio 2011 20:17
....questa e' dedicatissima...ad IVAN il quale, anche se non l'ho mai visto in viso, mi e' venuto in mente durante la visione del film....dopo spieghero' il perche'...

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IL FERROVIERE (1956) P. Germi
sceneggiato dallo stesso Germi con Vincenzoni (quello che ebbe l'idea di Signore e Signori) e Alfredo Giannetti

Trama

La sera di Natale, Andrea, macchinista delle ferrovie, dopo il lavoro fa una lunga sosta all'osteria, dove beve abbondantemente. Rientra tardi e trova i familiari irritati per il suo contegno. Più di tutti è addolorata la figlia Giulia, che è prossima al parto. Ella incomincia a sentirsi male e dà alla luce un bambino nato morto. Il triste evento impressiona vivamente Andrea: egli ha spinto alle nozze la figlia che sentiva di non amare più l'uomo che l'aveva resa madre. L'investimento accidentale di un suicida e la mancata osservazione di un segnale di blocco provocano un'inchiesta a carico del ferroviere ed aggravano la sua crisi psichica. Intanto la famiglia si disgrega: un violento diverbio tra padre e figlia, provocato da una illecita relazione di Giulia, coinvolge anche il secondo figlio, già adulto e dedito a losche imprese. I due rompono ogni relazione col padre; soltanto la moglie e il piccolo Sandro gli conservano il loro affetto. Per aver lavorato durante uno sciopero Andrea si trova in contrasto con i compagni di lavoro e il suo isolamento aumenta per cui cerca conforto nel vino e nella compagnia di donne equivoche. Il piccolo Sandro è l'unico che non ha mai perduto la sua fiducia nel padre: forte del suo puro ed innocente affetto, riuscirà a sottrarre Andrea dal suo pessimistico abbattimento. Andrea si ammala gravemente: dopo tre mesi di letto, la sera di Natale egli vede ricostituirsi intorno l'amicizia dei suoi compagni di lavoro. Anche i due figli, che hanno risolto positivamente i loro problemi, tornano a lui. Egli riprende la sua chitarra e dedica alla moglie una dolce serenata ma la morte improvvisa e serena viene a chiudere le sua travagliata esistenza

(da www.comingsoon.it)

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davvero toccante, ultimo esempio di neorealismo, che, iniziato nel '45 con Roma Citta' Aperta, idealmente termina CON QUESTO FILM nel 1956 con del'56 (che Visconti cerchera' di spazzare via con LE NOTTI BIANCHE, (v. post sotto).

DAVVERO M E R A V I G L I O S O, bella la storia, un risvolto popolare anni '50 ben raccontato (il popolo con il risvolto nei pantaloni, come diceva lo stesso Germi).

E QUI SI INSERISCE UN EPISODIO CHIAVE DA INQUADRARSI IN UN CLIMA POLITICO PARTICOLARE E DOMINATO AL 100 % DAL P.C.I. DELL'EPOCA (e viene fuori un discorso che feci a suo tempo proprio con Ivan, ilo quale mi apostrofo' dicendo ...."Sugar sei sempre il solito etc. etc.")

Durante un dialogo del film, si vede Germi-Ferroviere il quale e' stato retrocesso sul lavoro per via di una serie di problemi.....ORBENE, il Ferroviere, davanti ai sindacati, riuniti per una riunione con i lavoratori dice (piu' o meno) :

" A cosa sevono i sindacati ?? solo a riempirti la testa di chiacchiere, ma quando servono davvero non si mettono contro il potere per un uomo solo, agiscono solo collettivamente con tutti i lavoratori uniti, per avere spazio sui giornali, soltanto per accrescere il loro peso politico....

.....e mentre io sgobbavo 11 ore al giorno, qualcuno, piu' furbo e piu' dritto, prendeva la tessera (del P.C.I. ndr) e faceva carriera spinto dal partito...forse anche qualcuno di questa commissione che mi ha giudicato inidoneo a fare il primo macchinista e chi mi ha retrocesso a guidare vecchie caffettiere"

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ERRORE GRAVISSIMO CARO PIETRO, da quel momento preciso l'intellighenzia gli si rivolto' contro, successivamente fece 4 fim bellissimi ma dal '65 in poi, riuscirono a stroncarlo e ad estrometterlo dal mondo delle produzioni che contavano.
Lui e Giovannino Guareschi sono esempi (rari x verita') di artisti non allineati al clima culturale dell'epoca egemonizzato dal PCI....ed entrambi pagarono qusta scelta a caro prezzo




Critica

Alta classe cinematografica e serio interesse umano sono i due caratteri distintivi del 'Ferroviere' di Germi. Rari, forse anche nella produzione mondiale, sono i film così formalmente ineccepibili.(...) Ho paura che scegliendosi Germi sia stato un po' indulgente con sé stesso: la compiacenza con cui insiste a tenersi sotto la macchina da presa rasenta già leggermente il narcisismo." (Filippo Sacchi, "Al cinema col lapis", 1958, Mondadori)

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Germi non ebbe mai buoni rapporti con la critica cinematografica di sinistra che lo giudicava negativamente più per le sue posizioni politiche che per l'effettivo valore estetico dei suoi film.[2] Germi in particolare aveva osato, lui antifascista convinto, mettere in discussione lo stereotipo che la sinistra si era costruito della figura dell' operaio. Per questo motivo, per un lungo periodo sino alla fine degli anni ottanta Germi fu messo da parte dalla intellighentzia del partito comunista che non poteva accettare quello che Germi aveva intuito: la trasformazione sociale della classe operaia. La colpa del regista era quella, secondo Guido Aristarco, direttore di "Cinema Nuovo" scrivendo de Il ferroviere, di avere dato al protagonista Marcocci una configurazione politica che «appartiene a un populismo storicamente sorpassato» con idee risalenti «all'epoca del movimento socialista esordiente [...] con i turatiani del primo dopoguerra...»
Insomma il vero operaio non può essere un crumiro come il ferroviere di Germi.

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Critiche queste della sinistra che venivano contraddette dal successo che la pellicola incontrò presso il pubblico popolare in Italia a Mosca e a Leningrado durante “La settimana del film italiano".

Le stesse critiche, se non più aspre, ritornarono in occasione della prima dell' Uomo di paglia dove addirittura il protagonista, un operaio, viveva un classico dramma borghese che non poteva appartenergli. Scriveva Umberto Barbaro: «Cari amici, a me questi operai di Germi che si comportano senza intelligenza e senza volontà, senza coscienza di classe e senza solidarietà umana - metodici e abitudinari come piccoli borghesi - la cui socialità si esaurisce in partite di caccia domenicali o davanti ai tavoli delle osterie - che non hanno né brio né slanci, sempre musoni e disappetenti, persino nelle cose dell’amore - che ora fanno i crumiri e ora inguaiano qualche brava ragazza, spingendola al suicidio - e poi piangono lagrime di coccodrillo, con le mogli e dentro chiese e sagrestie - questi operai di celluloide, che, se fossero di carne ed ossa, voterebbero per i socialdemocratici e ne approverebbero le alleanze, fino all’estrema destra, non solo sembrano caricature calunniose ma mi urtano maledettamente i nervi».

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Anche gli intellettuali di sinistra dissidenti da queste posizioni estreme, che non potevano non apprezzare l'arte cinematografica di Germi, non avevano però il coraggio di dirlo apertamente mantenendosi su una posizione di "qui lo dico e qui lo nego", come Glauco Viazzi, che sosteneva che volesse dire ignorare la realtà sociale non riconoscere che «operai siffatti esistono nella realtà e in gran numero, e non solo tra quelli che poi votano dicì o socialdemocratico, ma anche tra quelli che danno il voto ai partiti di classe» ma insieme diceva che L’uomo di paglia, valutato artisticamente, non meritasse che «un cauto e moderato elogio».

Altri come Antonello Trombadori, direttore de Il Contemporaneo, insieme al vicedirettore Carlo Salinari e allo storico Paolo Spriano, scrivevano nel 1956 a Palmiro Togliatti una lettera destinata a rimanere privata - venne resa pubblica solo nel 1990 - con la quale chiedevano al segretario del partito di incontrarsi con Germi per non allontanare un uomo e i "mille come lui" così importante per il movimento antifascista : «Veniamo proprio in questi giorni dall’aver visto un film italiano assai bello e commovente, certamente popolare: "Il ferroviere", di Pietro Germi. È un’opera di un socialdemocratico militante, eppure è un film pervaso da ogni parte di sincero spirito socialista».[3]

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CHE DIRE... voltre sbagliavano anche I Compagni...in questo caso hanno fatto un buco nell'acqua ed hanno ghettizzato un grandissimo regista che avrebbe potuto dare molto di piu', se solo non gli fossero state bloccati i finanziamenti per le produzioni che aveva in mente.
L'ultimo suo grande film, AMICI MIEI, venne girato dall'amico Monicelli, mentre il Germi moriva di cirrosi epatica, nel 1974
sugar magnolia
8 gennaio 2011 14:42
LE NOTTI BIANCHE (1957) L. Visconti, con M. Matsroianni, Maria Shell, Jean Marais

Tratto da un romanzo giovanile di Fëdor Michajlovi? Dostoevskij

IN QUESTO CASO, VISTO CHE L'HO TROVATO, FACCIO PARLARE DIRETTAMENTE IL GRANDE LUCHINO

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Ho realizzato Le notti bianche perché sono convinto della necessità di battere una strada ben diversa da quella che il cinema italiano sta oggi percorrendo. Mi è sembrato cioè che il neorealismo italiano fosse diventato in questi ultimi tempi una formula trasformata in condanna. Con Le notti bianche ho voluto dimostrare che certi confini erano valicabili, senza per questo rinnegare niente. Il mio ultimo film è stato realizzato interamente in teatro di posa, in un quartiere ricostruito che arieggia Livorno, ma senza troppa fedeltà. Anche' attraverso la scenografia ho voluto raggiungere non una atmosfera di irrealtà, ma una realtà ricreata, mediata, rielaborata. Ho voluto, cioè, operare un netto distacco dalla realtà documentata, precisa, proponendomi una decisa rottura con il carattere abituale del cinema italiano di oggi. Io spero soprattutto di aver aperto, con questo film, una porta ai giovani registi italiani che si stanno affermando.

Luchino Visconti da "Cinema Nuovo", a. VI, n. 114-115
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I personaggi restano tre, una donna e due uomini. Natalia, la donna, conosce uno dei due uomini in circostanze un po’ insolite: mentre sola, di notte, se ne sta affacciata ad un ponte che dà su un canale. È così strana, agitata, che Mario ne rimane particolarmente colpito. La sera dopo i due si rivedono e la donna si spiega: un anno prima si era innamorata di un uomo che era inquilino in casa sua; costui un giorno era partito, ma aveva promesso che sarebbe tornato di lì a un anno e che l’avrebbe attesa proprio su quel ponte. Adesso l’anno è passato, lui è già tornato in città e lei aspetta che si faccia vivo. Mario, naturalmente, finisce per ritenere la donna un po’ tocca e, vuoi per aiutarla a liberarsi da quell’incubo, vuoi perché nel frattempo ha cominciato a innamorarsi di lei, pensa di ricorrere a uno stratagemma per convincerla che l’altro l’ha dimenticata.
Lo stratagemma, però, riesce solo a metà perché all’improvviso compare sul ponte l’antico inquilino e Natalia, ebbra di gioia, lo segue di corsa lasciando Mario alla sua delusione, e, adesso, alla sua solitudine. Una storia d’amore, dunque, e di un genere, per di più decisamente romantico


Visconti, portandola sullo schermo, ha messo da parte il neorealismo per farsi direttamente ispirare dal cinema francese di vent’anni fa: cornici e sfondi, cioè, puntigliosamente ricostruiti in “studio”, e climi e cadenze non di rado vicini a un particolare tipo di teatro. In questo quadro, studiato del resto con cure quasi meticolose e con quegli accorgimenti tecnici e di illuminazione ben noti a quanti seguono le regie teatrali di Visconti, i personaggi si muovono con intenzioni volutamente letterarie esaltando ad ogni istante tormenti e stati d’animo di dichiarata derivazione libresca. Un errore? Se lo è, si tratta di un errore intenzionale di impostazione perché ad ogni momento del film, nei suoi dialoghi fioriti, nelle sue situazioni così particolari, nelle sue immagini così pittorescamente studiate, si vede che tutto questo è voluto; si potrà perciò discutere questa impostazione e, in alcune scene, l’insincerità che provoca con certe sue insistenze letterarie, ma non si potrà a meno di prendere atto, e con attenzione, dei suoi singolari risultati in sede di spettacolo: non foss’altro per l’innegabile fertilità dello stile e in talune pagine (quel ballo frenetico, quella rissa convulsa) per la preziosa scioltezza delle tecniche. Cui si aggiunge la felice interpretazione di tutti, da Maria Schell, una delicata Natalia, a Marcello Mastroianni, un Mario solo ogni tanto un po’ consueto, a Jean Marais, l’inquilino.

Gian Luigi Rondi su Il Tempo, 15 Novembre 1957
IVAN.
8 gennaio 2011 1:40
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Welcome to the classics...

"SBATTI IL MOSTRO IN PRIMA PAGINA" fa parte di una ideale trilogia "politica" (assieme a "Lettera aperta a un giornale della sera", di Citto Maselli, e "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" di Elio Petri, entrambi del 1970).

In questo caso il "bersaglio" della critica è la Stampa, manipolata in modo da condizionare e incanalare l'opinione pubblica.

Vien quasi da sorridere nel pensare che una manipolazione come quella descritta nel film, che nei '70 dovrebbe rappresentare un espediente MOLTO pericoloso per la propria credibilità, oggi venga invece propugnata disinvoltamente da qualunque media, come fosse la norma (ormai siamo al punto di sorprenderci del contrario: "Ma come; hanno passato una notizia pulita, senza omissioni o arrangiamenti faziosi...Sono forse impazziti?!")

In ogni caso consiglio di vedere qualunque film di Marco Bellocchio, regista sempre-&-comunque fuori dal coro.



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sugar magnolia
3 gennaio 2011 0:29
SBATTI IL MOSTRO IN PRIMA PAGINA (1972) M. Bellocchio

Il film si apre con un comizio di Ignazio La Russa (l'originale) del 1972 e tratta del periodo caldo nel quale la violenza organizzata stava sfociando nel terrorismo armato (rosso e nero).
Volonte' fa la parte del redattore capo de "Il Giornale" che, nel 1972 ancora non esisteva (venne creato da Montanelli nel '77).
Gli attori vengono fatti recitare appositamente con l'accento locale, non la dizione attorale perfetta di un professionista, per rendere di piu' il fatto che trattasi di persone che realmente possono essere reali.....la vicenda poi fa da sfondo alla Milano dei primi '70 e rappresenta magnificamente lo spirito dell'epoca.

Aggiungo poi che il Capo redattore impersonato da Volonte' ......sembra BELPIETRO !!!!

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MOVIES.YAHOO.COM

In un periodo politicamente caldo, l'8 marzo 1972, alla vigilia delle elezioni e quando la sede de "Il Giornale" ha subito un'aggressione da gruppuscoli di sinistra, la quindicenne Maria Grazia, figlia del noto professor Italo Martini, viene trovata violentata e strozzata in un prato nella periferia di Milano. Il redattope-capo Bizanti, sentito il parere dell'ingegner Montelli, finanziatore de "Il Giornale", incarica di seguire il caso Roveda, un giornalista principiante, affiancandolo allo smaliziato e senza scrupoli Lauri. Dal canto suo Bizanti avvia indagini private: avvicina la professoressa Rita Zigai, amante di Mario Boni (della sinistra extraparlamentare) e in possesso del diario della defunta. Manipolando le notizie ottenute, Bizanti e Lauri presentano, per mezzo di Roveda, un colpevole (Boni) alla polizia, alla magistratura e all'opinione pubblica. Mario Boni viene difeso inutilmente dai compagni di cellula. Solo Roveda, che nutre dubbi, avvicina il bidello della scuola di Maria Grazia scoprendo con orrore la mistificazione e l'autentico assassino nella persona dello stesso bidello. Il redattore-capo anziché denunciare l'assassino, licenzia Roveda, tenendo pronta la notizia per sfruttarla secondo l'esito delle elezioni, sempre d'accordo con Montelli.
IVAN.
26 dicembre 2010 15:55
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Meglio in ritardo che mai (siamo già al 3° episodio), segnalo su TV 2000, alle 18.30...

LE AVVENTURE DI PINOCCHIO

Stupendo sceneggiato di Luigi Comencini dei primi anni '70.
Nonostante la (voluta) lentezza narrativa, è a tutt'oggi la migliore trasposizione su pellicola del celebre libro di Collodi.

Da apprezzare soprattutto le "licenze narrative" di Comencini non incluse nel libro, che mostrano gli stili di vita della "Toscana contadina" dei personaggi di contorno.



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IVAN.
26 dicembre 2010 15:54
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(da Sugar:)
«L'ho guardato...Secondo me sia Gassman che Monicelli hanno fatto di meglio. Gustibus non disputandum est.»
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Certamente; dico solo che "L'ARMATA BRANCALEONE" è un film meno leggero di quanto appaia alla sua prima visione, dove l'attenzione dello spettatore è concentrata principalmente sulla mera trama (invero piuttosto insignificante nel film in questione).
"L'Armata" è una di quelle opere che ci guadagnano nelle SUCCESSIVE visioni; basterebbe RI-vederla tenendo presenti, ad esempio, i contenuti "extra-trama" riportati in questo link:
http://it.wikipedia.org/wiki/L'armata_Brancaleone


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sugar magnolia
25 dicembre 2010 22:25
SIGNORE E SIGNORI (1965), Pietro Germi, sceneggiato da Age, Scarpelli, Flaiano e Vincenzoni


Germi chiude la trilogia iniziata nel 1961 (Divorzio all'italiana, Sedotta e Abbandonata e questo) con questo film-satira bellissimo a 3 episodi, nei quali mette in risalto la meschinita' della provincia italiana.
Esce dalla Siclia e dai suoi riti omertosi per approdare nel veneto di Vincenzoni, lo scneggiatore che ebbe l'idea di tutto il film.
Il 3° episodio della ragazzina minorenne scopata da 5 adulti si riferisce ad un fatto vero.

Erano 5 amici di Treviso di Vincenzoni che erano finiti sotto processo perche' avevano avuto rapporti con questa tipa.
Vincenzoni ci sceneggio' un episodio del film, pero' ebbero delle difficolta' a girare a Treviso perche' i 5 tizi sotto processo crearono dei problemi alla troupe, cosi' andarono a girare nella vicina Conegliano Veneto.



Scarpelli e Flaiano. "Secondo Age... risultò di gran lunga superiore alla sua sceneggiatura; e in un ambiente come quello del cinema, dove la gente tende quasi sempre ad attribuirsi meriti che non le spettano, è davvero il caso di crederci" (E. Giacovelli). E l'ultimo bel film di P. Germi, il più vicino ai temi e ai modi della commedia all'italiana e probabilmente, anche a causa del personaggio "positivo" di G. Moschin, la sua opera satirica più complessa e completa, più cattiva (proprio perché meglio controllata) di quelle di ambiente siciliano. Palma d'oro a Cannes ex aequo con Un uomo, una donna di C. Lelouch

QUESTO FILM, ALMENO NEL PRIMO EPISODIO MI RICORDA LA TRAMA NARRATIVA DI "AMICI MIEI", che venne poi ripresa dallo stesso Germi per la sceneggiatura (scritta nel 1973) di Amici Miei.
Purtroppo non pote' girarlo in prima persona, stava morendo per cirrosi epatica, e passo' il copione all'amico Monicelli (Mario era stato allievo di Germi a fine anni '40 e fu uno dei pochi che riusci' a penetrare il carattere chiuso e scontroso di Germi, uno dei pochi amici veri).

Il film usci come

AMICI MIEI...un film di Pietro Germi, regia di Mario Monicelli.

...giu' il cappello davanti a questa trilogia che in soli 4 anni (1961 - 1965) ci ha regalato 3 perle assolute
sugar magnolia
25 dicembre 2010 21:43
L'ho guardato....che dire...secondo me si Gasmann che Monicelli hanno fatto di meglio.
Forse e' questo sfondo storico e questa comicita' un po' sguaiata che guasta un po' il tutto.
Grande Vittorio, attore immenso sia drammatico che comico pero' questo film non lo annovero tra la Top 10.
Preferico entrambi nelle ambientazione proprie che gli sono congeniali, coie' l'Italia degli anni '50/'60, la descrizione della realta' locale con la verve tipica del periodo storico (1955/1965).

Nessuno me ne voglia,....... gustibus non disputandum est ....
IVAN.
24 dicembre 2010 10:12
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PER UN NATALE DA (branca)LEONI
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Non tutto il digitale terrestre viene per nuocere;
per esempio, sabato 25 dicembre alle 21.00 su RAI Movie trasmettono...

L'ARMATA BRANCALEONE

...di un certo Mario (non ricordo il cognome, era uno mai sentito prima), capolavoro di satira goliardica con un Gassman da cineteca.

(...et peste colga immantinente alli felloni che di mancar lo visionamento reseronsi colpevoli!)



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sugar magnolia
19 dicembre 2010 23:15
I COMPAGNI (1963) M Monicelli

UN CAPOLAVORO ASSOLUTO, DAVVERO BELLO



Alla fine del secolo scorso, in un'industria tessile torinese, un grave incidente è la scintilla che fa scoppiare le prime proteste operaie contro le inumane condizioni di lavoro. La protesta si trasforma in un durissimo sciopero, guidato del professor Sinigaglia, durante il quale un operaio muore. Gli operai rientrano in fabbrica, sconfitti, ma con un filo di speranza.

Fallimentare al botteghino, resta il capolavoro di Monicelli nonostante alcuni eccessi patetici. Forse troppo in anticipo sui tempi, fu un interessante tentativo di virare la commedia all'italiana verso l'impegno sociale e la ricostruzione storica.

Sceneggiatura di Monicelli, Age e Scarpelli (che ottenne la nomination).

Le condizioni dei vita degli operai fine '800, le prime unioni dei proletari per ribellarsi a condizioni di lavoro disumane, un tocco di nazional-popolarismo stile Edmondo De Amicis, strepitoso Mastorianni (ma che te lo dico a fare.....), la posizione COMUNISTISSIMA di Monicelli esce forte piu' che mai.

Forse troppo in anticipo sui tempi, stroncato dal pubblico, apprezzato dalla critica, ma nel '63 quest tempi erano troppo "caldi" per essere trattati in modo cosi' spudorato.
AGE E SCARPELLI NEL PIENO DELLA FORMA, MA Mastroianni che interpreta il maestro di scuola, colto e letterato, rispetto alla rozzezza degli operai che prende a cuore la loro causa, li unisce, e li guida, fino all'esito drammatico.
L'unico colto che si prende a cuore i problemi del proletariato che sta prendendo coscienza della propria forza.
L'UNIONE FA LA FORZA, QUESTO E' IL MESSAGGIO DI MONICELLI......grande Mario, davvero indimenticabile, un affresco struggente e stupendo, toccante e doloroso......

CHE DIRE....GIU' IL CAPPELLO....VE LO CONSIGLIO A TUTTI (IVAN, anche a te, se gia' non l'hai visto)
lucillafiaccola1796
15 dicembre 2010 19:57
signori si nasce ma poi arriva pirlascony ed il popolo sovr'ano ti fa diventare pro-lettario!
IVAN.
15 dicembre 2010 13:00
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(da Sugar:) «SIGNORI SI NASCE (1961) di M. Mattioli»
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MATTOLI, non "Mattioli".
Buon mestierante, senza lode né infamia.

Anche a quell'epoca, in parallelo ai capolavori del Neorealismo, c'era la necessità di girare anche film puramente "evasivi", e uno degli specialisti era appunto Mario Mattoli (con Camillo Mastrocinque, Ciorciolini, Corbucci, Steno e pochi altri...Erano registi talmente prolifici che da soli riuscivano a coprire tutte le esigenze produttive).

Ovviamente la maggior parte di questi prodotti erano dei film "vedi-&-dimentica", anche se alcuni contenevano sequenze degne di nota; peccato che per il resto fossero circondate da "grasso" narrativo di poco conto, per pubblico di bocca buona (lo stesso "SIGNORI SI NASCE", da questo punto di vista, procede alternando splendide trovate a tempi morti che potevano essere meglio utilizzati, ma non facciamo troppo i pignoli).

In questo filone la popolarità di Totò fu molto sfruttata. Anche TROPPO, nel senso che una Produzione puntava quasi tutto sulla sua semplice presenza e basta (come dire: «Aho', ma oltre a darvi Totò, pretendete anche un film ben fatto? Ma allora siete proprio incontentabili!»)
Infatti non sono molti i film "memorabili" con Totò, almeno in proporzione al numero di pellicole da lui interpretate (circa un centinaio).

Inutile fare elenchi; dico solo che il mio preferito con Totò resta "GUARDIE E LADRI" di un certo Mario (che NON è Mario Mattoli...)

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(P.S: Riporta i LINK, quando copincolli, porca trota!)



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sugar magnolia
15 dicembre 2010 0:00
UN ITALIANO IN AMERICA (1967) A. Sordi

Sordi e De Sica, figlio e padre che si ritrovano negli USA, De Sica gioca come gia' in diversi film, sulla sua passione per il gioco d'azzardo (L'Oro di Napoli, Il Conte Max, Il Generale Dalla Rovere....), con finale buonista.

Che dire, si dice che sia la migior regia di Sordi......insomma, caruccio, ma non certo un capolavoro.
Entrambi hanno fatto di meglio.
sugar magnolia
13 dicembre 2010 22:10
SIGNORI SI NASCE (1961) M. Mattioli

Celeberrima battuta:

SIGNORI SI NASCE ...ED IO MODESTAMENTE....LO NACQUI

Toto' e Peppino come sempre affiatatissimi, con una giovane e bella Delia Scala.
Il grande duo, 3 giorni dopo la fine di queste riprese (26 nov. 1960) inizio subito a girare "Toto' Peppino e la Dolce Vita.
Infatti questo SIGNORI SI NASCE venne girato allo studio 3 di Cinecitta' e il secondo invece venne girato allo studio 5, che ancora aveva intatte le sceneggiature approntate 18 mesi prima da Fellini per il suo capolavoro.
Infatti erano costate cosi' tanto che il produttore prima di smantellarle volle utilizzarle anche per un altro film per ammortizzarne ulteriormente gli ingenti costi.
Fellini infatti aveva voluto ricorstruire via Veneto a modo suo anche rinunciando ad una parte del suo compenso; La Dolce Vita prese 6 mesi tra riprese e montaggio (all'epoca in 2 mesi e mezzo si faceva tutto) e costo' 660 milioni di lire.
Il produttore disse:
"se va male questo film vado fallito e chiudo baracca"

INCASSO' IN TUTTO IL MONDO OLTRE 25 MILIARDI DEL'EPOCA !!!!!!!

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All'inizio del '900 il barone Pio Degli Ulivi possiede un'affermata sartoria ecclesiastica mentre suo pratello Ottone detto Zazà ha sperperato tutto e si dà alla bella vita e al gioco. Ottone rischia però di finire in galera per un debito di 300 lire contratto con Bernasconi. Inoltre si ritira il finanziatore di uno spettacolo di varietà in cui lavora Patrizia che aspira a diventarne la Prima Donna a spese di Tittì. Ottone si rimette quindi in contatto con il fratello per avere denaro e per una serie contrattempi gli fa credere di essere il padre di Patrizia, che il suo domestico Battista sia il suo fidanzato - Enzo, quello vero è in prigione - e i tre si trasferiscono da Pio e dalla moglie Maria Luisa. Ma i contrattempi si susseguono.

Inevitabile finale a lieto fine, classica sceneggiatura dell'epoca che ricorda tantissimo MISERIA E NOBILTA' (del quale scriveremo piu' avanti), classici equivoci di stampo anche teatrale; il canovaccio narrativo e sceneggitivo si sviluppa in un crescendo gistoso e sempre gradevolissimo che mi ricorda un pochino le commedie di Carlo Goldoni.
Sarebbe facilissimo trasportare questa sceneggiatura in una piece teatrale.

Questo genere di film lo guardo anche 5 volte di fila (SE IVAN HA VISTO 5 VOLTE "BLOW UP"......) senza mai stancarmi ......
sugar magnolia
13 dicembre 2010 15:23
GERMANIA ANNO ZERO (1948) R. Rossellini




Vincitore al Festival di Locarno del 1948, "Germania anno zero" fu dedicato da Rossellini al figlio Romano, morto nell'agosto del 1946. Ancora una volta Rossellini punta l'attenzione sulla sofferenza umana e sui perdenti, sconfitti da una vita che li costringe a scontare colpe altrui; con un finale disperato ed una visione della vita tragica e priva di speranza, il regista chiude idealmente la trilogia iniziata con "Roma città aperta" (1945) e proseguita con "Paisà" (1946).

Ambientato a Berlino, città fantasma, subito dopo la caduta del Terzo Reich, il film narra la storia di Edmund Koeler, ragazzino di appena tredici anni, che vive di espedienti. Come molti altri abitanti della città, ridotta ad un silenzioso cumulo di macerie, Edmund si aggira per i palazzi distrutti in cerca di cibo per sostentare la famiglia, ammassata in una sola stanza, di proprietà altrui. Il padre di Edmund è costretto a letto da una grave invalidità, il fratello ha disertato durante la guerra ed ora è ricercato come ex nazista, non possiede la tessera alimentare e grava interamente su Edmund; non potendosi mostrare in giro, sua sorella invece si guadagna favori e regali prostituendosi con i soldati delle truppe alleate.

Giorno dopo giorno la vita sembra sempre più inutile e triste, finché Edmund ritrova un suo vecchio maestro di scuola: un uomo ambiguo e cinico, che gli instilla un'insana teoria secondo la quale i deboli sono costretti a soccombere per far posto ai più forti. Edmund, ispirato dalle parole dell'uomo, avvelena il padre. Dopo il gesto disperato, il maestro si rifiuta di alleviare la sua pena con qualche parola di conforto; distrutto dal senso di colpa, Edmund vaga per Berlino, entra in una chiesa, sale sul campanile e - dopo aver visto il carro funebre che porta il corpo del padre - si getta nel vuoto.

Impareggibile nella sua drammaticita', la scena finale del bambino che si suicida colto dai rimorsi e' straziante.

M E R A V I G L I O S O .........
sugar magnolia
11 dicembre 2010 12:19
Eccoci di nuovo al mio adorato Pietro Germi

UN MALEDETTO IMBROGLIO (1959), con Germi stesso e la Cardinale (e altri).
Sempre bellissima Roma sullo sfondo, un discreto giallo, la trama ovviemente risente dei topos di 60 anni fa, pero' scorre bene, e' gradevole, Germi mi piace un sacco......davvero gradevole.
Il file Torrent non e' posseduto da molti seeds, quindi ho impiegato piu' del solito per scaricarlo, ora pero' lo possiedo al 100 % e lo tengo sempre in seeds, in caso qualcuno lo voglia.

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"The first successful crime picture ever made in this country" lo definì Variety, "Il film non ha un momento di tregua e fila
velocemente da una scena all'altra" scrisse Alberto Moravia. Claudia Cardinale, durante un viaggio in Giappone notò che
molti l'avvicinavano canticchiando il celebre motivo dei titoli di coda (Sinnò me moro): scoprì che il film era stato trasmesso
in televisione qualche giorno prima. L'impresa di Germi, autore e interprete di quello che viene unanimemente
considerato uno dei più riusciti e popolari film polizieschi realizzati in Italia, è tanto più sorprendente se si tiene conto del
fatto che il romanzo da cui è tratto, Quer Pasticciaccio Brutto de via Merulana, per la sperimentazione sul linguaggio e
l'originalità del suo stile, è considerato uno dei più significativi capolavori della letteratura italiana contemporanea, che
anche Antonioni aveva tentato di trasferire sullo schermo. "Tutti dicevano: il giallo in Italia non si può fare perch? la nostra
Polizia non incute n? spavento n? il senso fatale della legge, ma fa solo ridere" (Pietro Germi): eppure era proprio questa
la strada per realizzare un grande noir all'italiana. Guardate con quale invisibile cura gli indizi sono "nascosti" nella
scoppiettante ironia della commedia, con quale spiazzante drammaticità si arrivi all’imputazione del meno sospetto
con l’aria di prendersi gioco dello schema poliziesco grazie al solido mestiere dei caratteristi comici (Saro Urzì, tra
tutti). Pur alterando tutto del romanzo (epoca, quartiere, intreccio) ne riproduce lo spirito originario: quel sarcasmo che
maschera lo sdegno per il delitto, quella satira torrenziale mista alla cognizione di un dolore sordo e inarticolabile. È
grazie a essi che il commissario Ingravallo, interpretato dallo stesso regista, collerico, ironico e solitario, è in grado di
competere con analoghe figure del cinema e della letteratura poliziesca stranieri. "Ho avuto l'impressione, in certi
momenti, di trovarmi di fronte a dei frammenti di capolavoro", scrisse Pasolini.
sugar magnolia
7 dicembre 2010 13:23
In effetti ha avuto molti premi.....alla fine li ho scaricati e li guardero' tutti, pero' come e' stato AMORE A PRIMA VISTA CON

Pietro Germi
Luchino Visconti

i miei preferiti

con il buon Michelangelo questo amore non e' affatto sbocciato; mi lascia a bocca asciutta alla fine del film, regolarmente, ed e' proprio questo il suo scopo.
Io sono ancora impressionato dal quel capolavoro che e'
LA CADUTA DEGLI DEI
la plasticita' di questa bella storia (perche' la storia ha un senso ed e' bella), questo scuro affresco germanico (anche qui la trilogia, LA CADUTA DEGLI DEI (1969) , MORTE A VENEZIA (1971) ,LUDWIG (1972) )) decadente, ombroso, con fotografia sempre scura e potentissima.......cazzo quanto mi piace Luchino......

Germi invece ha fatto la sia trilogia (MERAVIGLIOSA) di :

Divorzio all'italiana (1961)(uno strepitoso Mastorianni)

Sedotta e Abbandonata (1964) del quale scrivero' al prossimo post (visto 2 gg. fa)

Signore e Signori (1965) filma 3 episodi ambientato in Veneto

insomma c'era tanto e cosi' tanto di buono tra il 1945 e il 1970 che ogguno trova il suo amore.
E il mio non e' certo Antonioni (pero' guardero' tutto quanto, pian piano se vuoi, ma guardero' tutto)
IVAN.
7 dicembre 2010 0:21
.


(da Sugar:) «Ivan, quale hai visto di questi? (...)»
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Mi manca "L'AVVENTURA".

"BLOW UP" l'ho visto 4 volte. È un'opera di genio, non è pensabile di guardarlo come fosse un film "ordinario".
Certo, in alcune sequenze fa dire: "Embe'? Che c'entra 'sta roba?"...però va detto che le digressioni concettualistiche erano una caratteristica comune del cinema fine '60 (vedi Bergman, o il Kubrick di "2001").
Caratteristica che è stata poi ripresa, rappresentandola in modo meno "astratto", dai Grandi del decennio successivo (Wenders, Herzog, Fassbinder...)
Insomma, il significato di un'opera così complessa va letta anche in senso di "scuola"; lo stesso "PROFONDO ROSSO" di Argento (non a caso ancora con Hemmings protagonista) deve molto agli espedienti narrativi presentati in "BLOW UP".


.
sugar magnolia
6 dicembre 2010 23:56
SIAM0 UOMINI O CAPORALI ?? (1955) Camillo Mastrocinque


Nel manicomio dove è stato rinchiuso in osservazione per aver minacciato di uccidere un prepotente, Totò Esposito espone la propria teoria secondo la quale il mondo è diviso in "uomini" - che lavorano, sudano, soffrono - e "caporali", che sfruttano il lavoro, il sudore e la sofferenza dei primi. Come è sempre capitato a lui, povero uomo angariato da vari caporali (tutti interpretati da Paolo Stoppa).

Cavalcata storica qualunquista ma irresistibile, con Stoppa cattivissimo antagonista e alcuni numeri da antologia.

Stoppa è uno "stronzo" bravissimo ed in certi ruoli sa essere davvero irritante.
Da vedere e rivedere,si scoprono sempre sfaccettature nuove e significative all'interno di una storia scritta appositamente su di lui può dare il 100% del suo istrionismo e sfogarsi in una serie di macchiette che ripercorrono la storia dell'Italia degli ultimi 10-15 anni, dalla seconda guerra mondiale al 1955 del film. Paolo Stoppa nel ruolo della sua eterna nemesi, manco a dirlo, è istrionico e spalla di lusso.

QUESTO, CHISSA' PERCHE', MI E' PIU' CONGENIALE CHE NON ANTONIONI
sugar magnolia
6 dicembre 2010 21:20
Antonioni si era ritagliato uno spazio nel cinema internazionale trattando il tema della INCOMUNICABILITA'........ed anche i suoi film sono tutti rivolti in tal senso.
Oramai mi sono scarivato dal Torrent

PROFESSIONE REPORTER
ZABRISKIE POINT
L'AVVENTURA
L'ECLISSI
LA NOTTE
DESERTO ROSSO

IVAN quale hai visto di questi ????

boooo, forse per coerenza (il fatto d'averli scaricati) dovrei guardarli tutti, pero' non so se ce la faro'.
Ne ho altri 25 ancora da guardare, oltre a questi, che spero incontrino di piu' i miei gusti (44 Giga di film in tutto).

pero' se vuoi parlare di un regista e dei suoi film su un Forum dedicato ai grandi del ns. cinema (italiano) devi guardarlo e sforzarti di leggere quanto piu' possibile sulla sua arte.
lucillafiaccola1796
6 dicembre 2010 19:09
anche a me l'"agnostico" ah ah ah antonioni non piaceva e non piace
sugar magnolia
6 dicembre 2010 15:52
Alla fine mi sono guardato

BLOW UP (1966) __ M. Antonioni

Insomma e' proprio vero, Antonioni o lo ami o lo odi, diciamo che io, non e' che lo odio con tutte le mie forze, MA SICURAMENTE NON LO AMO AFFATTO.

Ogni volta che guardo un suo film rimango sempre male, questi primi piani sempre lenti, pochi dialoghi, troppe metafore sull'esistente / non esistente.....anche qui, nel suo film che piu' ha incassato in tutto il mondo, non si smentisce.

La fotografia è ottima, credo all'avanguardia per il tempo, le sequenze delle immagini non denunciano affatto la datazione del film; per questo è un film TECNICAMENTE INECCEPIBILE, forse meno felice in alcune scene nella sua secoda parte. La bellezza, il dinamismo del film narrano sfiorandolo il contenuto "concettuale" che il regista ci vuole trasmettere, con leggerezza.

Antonioni forse si dilunga troppo sul significato della trama. La vita "può" anche essere sogno,realtà virtuale,adesione superficiale ed estetizzante,come Thomas testimonia già in realtà dall'inizio del film,ritrovando questa certezza alla fine con una consapevolezza in più perchè ha sperimentato anche l'altra faccia della realtà.

Questo fotografo di moda londinese crede di aver fotografato un omicidio e inizia le indagini sullo sfondo di una apprezzabilissima atmosfera, questo si', della Londra meta' '60; alcuni cameo davvero considerevoli, piazzati qua' e la' come la scena del concerto degli Yardbirds con Jimmy Page e Jeff Beck che si esibisce nell'atto di sfasciare la sua chitarra

Alla fine pero', Antonioni, come sempre non ci da' risposta e lascia tutto sospeso a mezzaria, in una immginaria partita di tennis tra 2 mimi che giocano con una pallina inesistente.

Il protagonista si chiede ancora se questo'omicidio che crede di aver fotografato c'e stato o meno, ma alla fine poco gli importa, la telecamera sfuma dall'alto con il fotografo ripreso nel mezzo di un prato britannico....lasciato al suo dubbio.....come anche tutti noi spettatori.

Insomma i gusti sono gusti ......
maryp
2 dicembre 2010 19:08
Un borghese piccolo, piccolo: molto bello, ma non penso di volerlo rivedere: troppo dolore praticamente dall'inizio alla fine:
sugar magnolia
2 dicembre 2010 0:03
Gli ultimi 3 non li salvo neanche un po'.....ma gli altri TUTTI CAPOLAVORI !!!
IVAN.
1 dicembre 2010 23:54
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AMICI SUOI
******

Mario Monicelli non ha lasciato assolutamente nessuno; si è soltanto ricongiunto con gli altri "Amici Miei": Ugo Tognazzi, Adolfo Celi, Duilio Del Prete, Philippe Noiret, Gastone Moschin...
Ora tutti insieme tirano ceffoni alle anime che si affacciano dal treno per il Paradiso (sì, perchè non esiste che un toscano non si faccia un bel periodo di purgatorio, e che diamine...)

I film di Monicelli sono stati tanti. Alcuni li ricordo (e rivedo) con più piacere di altri:

Guardie e ladri (1951)
I soliti ignoti (1958)
La grande guerra (1959)
Risate di gioia (1960)
L'armata Brancaleone (1966)
Amici miei (1975)
Un borghese piccolo piccolo (1977)
Il marchese del Grillo (1981)
Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (1984)
I picari (1988)
Cari, fottutissimi amici (1994)

...e scusate se è poco, ma non sono in vena di..."supercazzole" (citazione-omaggio neanche tanto ermetica).


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sugar magnolia
1 dicembre 2010 21:23
Alla fine ho cambiato idea e ieri notte mi sono scaricato dal Torrent 4 film di Toto' (Lucy, 4 film in 9 ore, vedi che linea ADSL che ho....mi ritengo fortunato).

Ho guardato :
LA BANDA DEGLI ONESTI (1956) regia Camillo Mastrocinque

Antonio Buonocore (Totò) è il portinaio di uno stabile che un bel giorno si ritrova per le mani quello che sembra essere un inaspettato colpo di fortuna, nonchè la svolta della vita, alcuni clichè sottratti alla Zecca dello Stato e la carta filigranata per stampare delle banconote.

Antonio viene in possesso dello scottante materiale grazie ad una confessione fattagli da un anziano inquilino, che in punto di morte gli rivela dove ha nascosto filigrana e clichè di cui Antonio si appropria dopo la morte dell’uomo.

L’idea è molto semplice, almeno sulla carta, coinvolgere altri due compari nell’operazione, il tipografo Giuseppe Lo Turco (Peppino De Filippo), lui fornirà i macchinari necessari a stampare fisicamente le banconote e il pittore Cardone (Giacomo Furia), un artista della tela esperto di colori e vernici.

Antonio sa che i due, indebitati come lui fino al collo, non avranno altra scelta che accettare la proposta. Così i tre si riuniscono nottetempo e danno il vila alla produzione di banconote da diecimila lire, ma il terzetto dopo l’esaltazione iniziale andrà nel panico quando
verrà a sapere, dal figlio finanziere di Antonio, che le autorità sono sulle loro traccie.

L'ACCOPPIATA PEPPINO E TOTO' PUO' ANNOVERARE TRA I LORO CULT MOVIE QUESTO E :

TOTO' PEPPINO E LA MALAFEMMINA

Camillo Mastrocinque, coadiuvato da una frizzante sceneggiatura della coppia d’oro Age & Scarpelli, a fornire materiale per una serie infinita di gag e tormentoni da antologia. A fare da cornice ai due un cast di comprimari di grande talento ed esperienza, come l’attore casertano Giacomo Furia, cresciuto con il teatro di Eduardo De Filippo, e con il suo inconfondibile timbro di voce, l’onnipresente Memmo Carotenuto

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Un Toto' in strepitosa forma con i 2 sceneggiatori PRINCIPE del periodo d'oro......DA VEDERE
lucillafiaccola1796
1 dicembre 2010 19:12
un borghese piccolo piccolo... grandissimo film, grandissimo regista e grandissimo alberto sordi, che non mi piaceva tanto... troppo taliano... ma qui SUPERLATIVO....!
sugar magnolia
30 novembre 2010 21:14
IVAN

vedi che in pochi giorni abbiamno salutato De Laurentiis e Monicelli; rispettivamente 91 e 95 anni.

cazzo, la loro vita se la sono vissuta, e alla grande, una lunga vita, avranno avuto anche loro i propri dispiaceri pero' ci hanno asciato cose eterne, cose rimarranno, immmagini che non verranno mai dimenticate.
Alcuni uomini hanno la fotuna di lasciare dietro di loro testimonianze eterne, altri, la maggior parte, mascono vivono e muoiono ricordati solo da propri familiari e pochi amici......invio tanto chi lascia dietro di se' un ricordo imperituro frutto del loro lavoro, del talento e dell'ingegno......LORO DUE DAVVERO FANNO PARTE DEI GRANDI !!!!!
sugar magnolia
30 novembre 2010 21:07
Giu' il cappello per il MAESTRO che ha deciso di uscire di scena, pienamente padrone delle sue decisioni, regista fino all'ultimo, anche della sua stessa fine.

95 anni, malato terminale, ha avuto l'ultima parola anche sull'ultimo Ciak della sua vita.

GRAZIE MARIO X I MERAVIGLIOSI AFFRESCHI CHE CI HAI LASCIATO E CHE RIMARRANNO X SEMPRE SULLA PELLICOLA......e anche tra centinaia di anni gli uomini quando studieranno il meraviglioso periodo d'oro del cinema italiano, troveranno i suoi lavori che hanno tratteggiato l'Italia che usciva dalla guerra e che cresceva, anno dopo anno........la vera Golden Age della ns. storia recente.

Per stasera ritengo, in segno di rispetto, di tacere, non scrivero' nulla, guardero' un suo film, uno dei pochi lavori drammatici nei quali si cimentato' insieme all'attore che accompagno' buona parte della sua sua vita.
L'amico Alberto Sordi.

Il film e'

UN BORGHESE PICCOLO PICCOLO (1977)

ma ne scriveremo domani.

per stasera si tace in segno di rispetto verso quest'uomo cosi' pieno di vita e di vitalita' che ha deciso di uscire di scena piuttosto che vedersi spegnere consumato dalla malattia.

95 anni vissuti intensamente.

Ciao Mario....e grazie !!!
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