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Sophia 29 ottobre 2009 12:29
per chi non ne poteva più ... ecco a voi finalmente la
DECIMA e ULTIMA PARTE INTRODUTTIVA del QUADRO più generale
in cui il problema energetico si inserisce:
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La posizione dell’Italia
Le considerazioni svolte finora hanno carattere generale,
anche se ho portato esempi prevalentemente italiani.
Il problema si pone in modo parzialmente originale nel
nostro paese: anche in economia, come in politica e nella
società, il paese di oggi è figlio della storia e delle
scelte operate nel passato.
Citerò solo due aspetti.
Uno è la decisione, presa nel 1987 sotto l’impressione
della tragedia di Chernobyl, di non ricorrere all’energia
nucleare. Assieme all’avversione delle popolazioni locali
alle centrali a carbone, ha determinato una dipendenza
fortissima del nostro sistema energetico dagli idrocarburi.
Oggi si tende a sostituire il gas ai derivati del petrolio
nell’industria e nella generazione elettrica, con un
rischio crescente di dipendenza da pochissimi fornitori. La
sola società Gazprom di proprietà del governo russo
fornisce gas per circa un terzo del consumo italiano;
qualora questa fornitura dovesse mancare, i vincoli di
capacità dei gasdotti e di rigidità dei contratti
internazionali non consentirebbero di sostituirla; questa
impresa è quindi in condizioni di fortissimo potere di
mercato nei confronti del nostro paese.
Vi è dunque oggi un urgente bisogno di diversificare, ma il
gas è la più pulita tra le fonti energetiche praticamente
disponibili in quantità adeguate, cosa che non si può
ancora dire delle rinnovabili. Qui vi è conflitto tra
sicurezza e tutela dell’ambiente. E tuttavia anche qui si
può fare qualche progresso guardando meglio dentro il
problema. La direzione ovvia per ridurre la dipendenza dal
gas e al tempo stesso il costo dell’elettricità è quella
di aumentare l’impiego del carbone. Oggi una centrale a
carbone può essere costruita in modo da non produrre
inquinamento locale; non vi è dunque motivo per opporsi se
l’impresa elettrica accetta controlli adeguati a garantire
che vengano effettivamente usate le migliori tecniche.
Resta, allo stato attuale dell’impiantistica,
un’emissione di anidride carbonica molto maggiore di
quella di un impianto a gas. Ma se altri paesi riescono a
restare nei limiti concordati in sede di attuazione del
protocollo di Kyoto pur mantenendo una quota di sicurezza
nella generazione a carbone, perché non dovrebbe riuscirci
l’Italia che ne ha maggiore necessità avendo rinunciato
al nucleare? Il contenimento delle emissioni di gas di serra
non riguarda un impianto o un settore, ma il complesso del
sistema. Se l’Italia ha un problema acuto di sicurezza
nell’approvvigionamento di energia, sembra irrazionale non
volerlo risolvere solo per non fare la fatica di distribuire
lo sforzo necessario per rispettare i parametri di Kyoto
sul ventaglio disponibile dei settori esistenti e delle
azioni possibili.
Concludo esprimendo una convinzione: che la risorsa da
mobilitare con massima urgenza è la razionalità. Nessuna
via deve essere scartata, ma ciascuna deve essere apprezzata
correttamente.
Possiamo sognare l’idrogeno, ma ricordando che non è una
fonte di energia, non si trova in natura e che lo si può
isolare solo mediante l’impiego di una (altra) fonte
energetica, cosicché esso potrà avere grande utilità come
veicolo per avere energia pulita là dove serve.
Possiamo ripensare all’energia nucleare, ma sapendo che il
più ottimistico dei progetti nella più ottimistica delle
ipotesi di contesto richiederebbe comunque una quindicina
d’anni per produrre qualche risultato; che la miglior
tecnologia disponibile nel mondo è oggi abbastanza sicura
per quanto riguarda il funzionamento della centrale ma non
ha ancora prodotto una soluzione per lo smaltimento delle
scorie e lo smantellamento finale dell’impianto; che il
nostro paese non ha ancora saputo risolvere il problema di
localizzazione delle poche scorie che abbiamo, e questo non
invita alla fiducia nella capacità di gestire un sistema
tanto delicato e complesso.
Possiamo accelerare la generazione elettrica da fonti
rinnovabili, ma siamo su misure inferiori di un ordine di
grandezza rispetto al problema. Arriveremo al 2010 non
rispettando gli obiettivi (non vincolanti) fissati dalla
Commissione europea con la direttiva n.77 del 2001; gli
sforzi di incentivazione compiuti finora, anche costosi,
consentiranno solo di mantenere la quota attuale del 16 per
cento di elettricità da fonti rinnovabili in presenza di
una domanda elettrica crescente. Ben che vada, potremo
accrescerla in futuro di qualche punto, non di qualche
decina di punti come sarebbe necessario per ridimensionare
le altre fonti.
Possiamo operare aumenti di efficienza negli usi finali
dell’energia che la Commissione europea stima
nell’ordine del venti per cento. Per realizzarli servono
programmi, come quello in atto in Italia, in cui
l’autorità fissa un obiettivo e un sistema di incentivi e
penalità in modo da sfruttare l’interesse dei soggetti
economici per raggiungere un risultato di utilità sociale.
Di più, un’impresa è certa che se introduce
miglioramenti li può valorizzare. Se ha già raggiunto
l’obiettivo assegnatole, può vendere i certificati
(cosiddetti bianchi) corrispondenti al miglioramento
attuato; li acquisteranno le imprese che non riescono a
raggiungere il loro obiettivo. Di nuovo, il mercato
introduce stimoli e flessibilità, accrescendo l’efficacia
e riducendo il costo complessivo dell’azione.
L’altro aspetto di rilievo nella situazione italiana è
l’estrema difficoltà di localizzare impianti di ogni
genere: centrali, elettrodotti, gasdotti, terminali per
ricevere il metano liquefatto dalle navi e riportarlo allo
stato gassoso per immetterlo in rete (impianti preziosi,
questi, per diversificare le provenienze del gas e ridurre
la dipendenza da pochi fornitori).
La difficoltà è tutt’altro che limitata all’Italia.
Siamo portati a lamentarci, ad accusare avversari politici,
a sognare soluzioni legislative o addirittura
costituzionali, più che a osservare con attenzione come il
problema viene affrontato in altri paesi, che partono da
difficoltà non diverse dalle nostre. Non abbiamo capito che
la gestione del consenso e del dissenso richiede
professionalità, dedizione, preveggenza. La gente ha
diritto di essere informata e persuasa. Non basta dire che
un impianto è innocuo, bisogna usare verso i cittadini
almeno una parte di quello sforzo persuasivo, basato su
analisi e piani d’azione, che le imprese ben conoscono
quando si tratta di imporre un nuovo bene di consumo. Certo
che si tratta di imprese diverse, ma non è proibito
imparare; anzi la disponibilità ad apprendere è una delle
virtù più necessarie alle organizzazioni, oltre che alle
persone.
Approccio razionale ai problemi, capacità di informare e
spiegare: questi sono i prodotti tipici dell’industria
scolastica, alla quale apparteniamo. Vediamo di utilizzarli
e, diciamo così, venderli bene. Ce n’è bisogno, anche
per migliorare il rapporto tra energia e ambiente.
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t_n_t 28 ottobre 2009 12:19
Brava Sophia...parrebbe ora, ma entreremmo nello schema del
complottismo, che le sue invenzioni di allora siano state
"perfezionate" dalla Difesa o anche più sopra e siano stati
creati i cosidetti sistemi HAARP che si ipotizza (perchè
considerati "segreti militari") siano in grado di
"interferire" nei fenomeni atmosferici e "intervenire" nella
trasmissione di impulsi ad immensa distanza; circa gli scopi
le ipotesi positive o negative non mancano.
Se ritieni l'argomento di tuo interesse (si tratta di
energia) puoi sempre effettuare ricerche in tal senso
sapendo in partenza che troverai pro e contro determinate
ipotesi; sono segreti militari, purtroppo, e numerosissimi
brevetti di Tesla pare siano "spariti" dopo la sua morte.
Da parte mia, avrai compreso che quando si "combinano"
troppe anomalie che hanno a che fare con decisioni
ufficiali, ufficiose, occultate ma logiche, da parte dei
potenti e dei loro interessi, non posso far finta che che
non ci sia nulla di male.
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Una domanda OT: ma che cazzo vuole Sole anche da me? solo il
diritto all'ultima parola?
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Sophia 28 ottobre 2009 11:56
@ TNT
Allora, come promesso ... ho chiesto un po' in giro qualche
notizia in più sui contributi di Nikola Tesla e un mio
carissimo amico mi ha risposto quanto segue:
"Non è un "discusso" scienziato: fu un grande scienziato ed
una delle
unità di misura del flusso di campo da lui studiato porta,
ancora ai
giorni nostri, il suo nome, in suo onore.
Poi aveva delle idee balzane che non riuscì mai a
dimostrare, ma del
resto lo sapeva lui per primo.
Quanto alla "radiotrasmissione dell'energia"... non avrebbe
rovinato
un bel niente, perché non era commerciale.
Considera: per trasmettere l'energia occorre prima di tutto
AVERCELA
quest'energia, e dato che i ricevitori sono passivi, e non
li si può
individuare, la percentuale di scrocconi avrebbe fatto
fallire entro
breve qualsiasi industriale avesse voluto sfruttare il
brevetto.
Purtroppo, dopo il 1905 e gli screzi con i finanziatori,
Tesla... si
staccò un po' dalla realtà. Ebbe un'ultima intuizione, ma
che rimase
lettera morta per quasi cento anni: egli scoprì che la sua
"corrente
polifasica" ad alto voltaggio era in grado di percorrere un
"tunnel"
aperto da un proiettore di raggi catodici, e intuì le
possibilità di
avere un contatto elettrico con un oggetto a distanza. Ma
purtroppo,
i materiali a sua disposizione non gli consentirono di
realizzare un
prototipo in scala sufficiente. Pare certo che riuscisse a
costruire
un modellino di portata molto ridotta, però.
Si dice perfino (e *potrebbe* essere vero) che un visitatore
nel suo
laboratorio entrasse accidentalmente a contatto col raggio,
e per un
soffio non ci rimettesse la pelle (e' possibile: Tesla non
lo poteva
sapere, ma la frequenza che usava - e tuttora è in uso
negli USA - è
letale, perché interferisce con lo stepper senoatriale che
regola il
battito cardiaco... anche una corrente molto piccola può
causare una
fibrillazione fatale. In Europa ci va meglio, perche' qui si
impiega
una frequenza diversa, meno pericolosa).
Comunque, le implicazioni del nuovo dispositivo non andarono
perdute
- disponendo di isolatori più potenti, ed elettrodi
migliori, poteva
benissimo darsi che si potesse costruire un "cannone a
raggi" capace
di abbattere un aereo in volo, o provocare l'infarto a un
plotone di
fanteria.
La cosa si riseppe abbastanza - nel 1908, Emilio Salgari nel
suo "Re
del Mare" presenta Paddy O'Brien di Filadelfia, inventore di
un'arma
elettrica in grado di fare esplodere le navi nemiche di
Sandokan (l'
arma viene distrutta da un fortunato colpo di granata, che
uccide il
suo inventore).
E il Dipartimento della Difesa pensò bene che, se qualcuno
si doveva
dedicare a sviluppare gli studi di Tesla, era bene che quel
qualcuno
fossero loro... non si sa mai.
La storia ha ovviamente un seguito, ma non sono in grado di
dare dei
gran particolari; so che Raytheon ha sviluppato un sistema
simile, a
livello concettuale, con il nome in codice di 'Aquila
Vigilante'."
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Sophia 27 ottobre 2009 9:45
Ah ho capito. Non l'avevo mai sentito nominare. Mi
guarderò il video e chiederò un po' in giro a quelli che
se ne occupano in maniera "specifica" se ne sanno nulla.
Appena avrò "nuove" in questo senso ti farò sapere.
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t_n_t 27 ottobre 2009 0:26
Il link richiamava un'anteprima di video su Nikola Tesla.
L'energia fotonica o tachionica sarebbe l'energia che lui
avrebbe (probabilmente ha) scoperto...ma di ciò se ne
riporta solo se fai parecchie ricerche su di lui perchè ad
esempio wikipedia non gli fa troppo onore mentre da altre
parti si rintraccia molto di più sul suo conto, le sue
scoperte e le sue invenzioni ed i suoi brevetti.
Anche tu alzata a quest'ora?
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Sophia 27 ottobre 2009 0:01
Nessun problema per le interruzioni. Avevo già dato il mio
consenso a chiunque ad interrompere e vivacizzare la
discussione con i propri contributi.
Sono andata al link che mi hai segnalato ma non ho trovato
nessun articolo sulla fotonica o tachionica. sotto quale
titolo lo avrei dovuto trovare?
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t_n_t 26 ottobre 2009 23:37
Ciao Sophia
Scusa se interrompo la tua sequenza ma ero a far ricerche in
merito alle diverse vedute tra te e doctor e mi sono
casualmente imbattuto su questo link che parla di energia e
dello scienziato Tesla.
http://www.scienzaeconoscenza.it/articolo/nikola-tesla-segre
to-film-dvd-vera-storia.php
Quale è la tua posizione riguardo questo "discusso"
scienziato che a quanto pare risulterebbe scopritore di una
fonte di energia inesauribile (fotonica o tachionica che dir
si voglia) e che ai suoi tempi avrebbe potuto rovinare gli
interessi dei potenti con tale scoperte?
Buona notte.
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Sophia 26 ottobre 2009 15:04
"Ve la segnalo perché suppongo che non leggerete, nei
prossimi giorni, altro che le meraviglie del concorrente
“South Stream”."
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Infatti ... sul SOLE24 si parlava solo di “South
Stream”.....
Grazie Francesco per la segnalazione del link molto
interessante. Ora mi informo meglio su questo Nabucco e poi
quando ho notizie un po' più certe ti faccio sapere.
Intanto proseguiamo con le ultime parti dell'ARTICOLO.
NONA PARTE:
Liberalizzazione dei mercati energetici e impatto
ambientale
In tutto il mondo, ed in particolare nell’Unione Europea,
l’ultimo decennio è stato caratterizzato da una profonda
riorganizzazione dei servizi energetici a rete, elettricità
e gas.
L’attività è stata ampiamente liberalizzata, ponendo
fine, almeno in via di principio, ai monopoli che a lungo
avevano caratterizzato questi settori e che erano
considerati inevitabili a causa dell’unicità delle reti,
o meglio della loro qualità di monopoli “naturali”.
Separando la gestione della rete dalle attività di
produzione e commercializzazione dell’energia si è potuto
restringere il regime monopolistico alla prima, spingendo le
altre verso un assetto concorrenziale.
Ne è derivata la possibilità di integrare i mercati
nazionali in un mercato unico europeo, il beneficio in
termini di efficienza che deriva dalla concorrenza tra le
imprese, l’apertura di nuovi spazi per l’iniziativa
economica e la libera scelta del consumatore.
Poiché la liberalizzazione dà spazio alle imprese private,
essa può essere vista come un ostacolo più che un aiuto al
perseguimento di interessi pubblici come la salvaguardia
dell’ambiente. Ma ci sono ragioni per ritenere i
contrario.
La lunga stagione dei monopoli regolati dai governi aveva
prodotto strutture tariffarie assai lantane dalle strutture
dei costi, orientare al sostegno di settori industriali e al
perseguimento di obiettivi sociali, o intesi come tali. Il
prolungato mantenimento di tariffe sottocosto stimola lo
spreco di energia o quanto meno una combinazione non
ottimale di fattori produttivi e una composizione non
ottimale dell’industria. L’introduzione di mercato e
concorrenza rende evidenti queste situazioni, costringe le
politiche industriali e sociali alla trasparenza dei sussidi
che la disciplina del mercato interno impone di eliminare.
Il processo non è né facile né indolore e troppo spesso
la protezione dell’industria nazionale, in molto paesi,
pone ostacolo sia alla concorrenza che al contenimento dei
consumi energetici e alla tutela dell’ambiente; ma è
chiaro che l’eliminazione dei sussidi settoriali è
coerente con la tutela ambientale.
Anche quando sembra che l’obiettivo ambientale sia in
contrasto con lo sviluppo del mercato concorrenziale,
un’analisi attenta mostra che politiche ben disegnate
possono utilizzare il mercato in direzione socialmente
positiva. Ad esempio, si è a lungo ritenuto che i consumi
domestici possano essere scoraggiati da una tariffa
progressiva in ragione delle quantità consumate, come la
vecchia e per questo aspetto ancora attuale tariffa
elettrica italiana. Una tariffa del genere, come qualsiasi
prezzo imposto, è ovviamente incompatibile con un mercato
aperto alla concorrenza: così sembra che la
liberalizzazione nuoccia all’ambiente. Ma non si contiene
efficacemente il consumo di energia mantenendo tariffe
politiche, che portano sempre entro di sé il conflitto tra
l’obiettivo sociale e quello ambientale. Va piuttosto
sviluppata la conoscenza delle misure di risparmio
energetico e la loro pratica accessibilità: ad esempio,
l’installazione di pannelli solari termici per la
produzione di acqua calda, la forma più semplice ed
economica di utilizzazione dell’energia solare che vediamo
largamente sviluppata in molti paesi, è ostacolata
principalmente dall’insufficiente conoscenza da parte non
solo dei potenziali utilizzatori ma degli stessi
installatori, dalla divergenza tra l’interesse del
proprietario della casa e quello dell’inquilino, dal
disegno obsoleto e irrazionale degli impianti esistenti
nelle case vecchie; queste le difficoltà da rimuovere
mediante un’azione pubblica, anche in cooperazione con i
privati che siano pronti a cogliere l’occasione.
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francescomangascia 24 ottobre 2009 8:21
South Stream o Nabucco?
La Grande Guerra dei gasdotti si fa sempre più avvincente
di Cesare Propersio
http://www.loccidentale.it/articolo/southstream+o+nabucco%3F
+la+grande+guerra+dei+gasdotti+si+fa+sempre+pi%C3%B9+avvince
nte.0080227
Non si dormono sonni tranquilli al Cremlino.
Il grande incubo, il gasdotto “Nabucco”, voluto
dall’Unione europea per ridurre notevolmente la dipendenza
energetica dalla Russia, si sta concretizzando.
Non sembra vero, dopo anni di impantanamento, ma il progetto
ora si avvia alla fase esecutiva.
A gennaio, dopo l’ultima crisi del gas, il dado è stato
tratto.
E’ stato deciso il percorso, fatti gli studi, stabiliti i
costi, individuato il gas necessario ad avviare il
progetto.
Ora si passa alla fase del finanziamento,che verrà ottenuto
nel 2010 e poi via…verso nuove avventure.
Allego, per non dovermi dilungare, il link a una notizia.
Ve la segnalo perché suppongo che non leggerete, nei
prossimi giorni, altro che le meraviglie del concorrente
“South Stream”.
C’è però questa interessante e non casuale differenza
tra i due gasdotti.
Il Nabucco va avanti tranquillo per la sua strada, senza la
fanfara, le continue conferenze stampa di propaganda davanti
a mezzo mondo dell’informazione e dichiarazioni roboanti
sul suo velocissimo e inarrestabile successo.
Non ha bisogno di convincere il rivale a rinunciare, va
avanti convinto dei suoi mezzi.
E’ un progetto nato per l’Europa, per la sua
indipendenza energetica e per sopperire a future necessità
che , di certo, non sarà la Russia, con una produzione di
gas stagnante, a soddisfare.
Il “South Stream” è nato invece solo come progetto
“contro”.
Per questo, invece di creare un progetto veramente
fattibile, si è dato vita un mostro che cresce a
dismisura.
Se uno dei problemi che hanno frenato il “Nabucco” è il
costo non indifferente, il suo rivale lo batte di gran
lunga.
Essendo ogni mossa volta soltanto a creare problemi al
concorrente dell’UE , si è progressivamente aumentato il
gas promesso a tutti, coinvolgendo il maggior numero
possibile di società e stati, facendo quindi lievitare i
costi da proibitivi a fantascientifici.
Se a questo si aggiunge la crisi economica internazionale,
che non rende certo desiderosi di spendere…
Il 13 luglio 2009 ad Ankara si firma l’accordo
interministeriale tra gli stati interessati al
“Nabucco”?
Allora subito la Russia si organizza e risponde, il 6
agosto, con una strombazzatissima “firma del protocollo di
passaggio del gasdotto nelle acque territoriali
turche”.
Il propagandare ai quattro venti, come se si trattasse di
avvenimenti epocali, ogni firma, ogni incontro, è tipico
del disperato tentativo di rendere credibile la veloce e
ineluttabile realizzazione del progetto.
Come si apprende dallo stesso sito ufficiale nemmeno sanno
esattamente quale sarà il suo percorso!
http://south-stream.info/index.php?id=10&L=1
Non si sa dove passerà, non si sa esattamente quanto costa,
ma si suppone sarà tre volte il “Nabucco” (che già ha
costi non indifferenti) e c’è già la possibile aggiunta
di un nuovo socio, la francese EDF, con altro gas da
trasportare e conseguenti maggiori spese.
A proposito di gas… ma da dove arriverà?
In teoria, la nuova opera porterà gas supplementare
rispetto a quello che già, attraverso Ucraina e
Bielorussia, raggiunge i paesi europei.
In pratica, questo gas semplicemente non esiste e, se
davvero arriverà, si tratterà del gas che passa per
l’Ucraina.
Insomma una spesa colossale completamente inutile, salvo
magari per la Russia.
La cosa più divertente è che Mosca sostiene che siano i
concorrenti a mancare di un fornitore.
Ha voluto a tutti i costi firmare un contratto con
l’Azerbaijan, per poi presentare il tutto come la prova
provata che quel gas ormai è suo.
Peccato che gli azeri abbiano preteso che il contratto
scadesse nel 2014 (per potersi poi attaccare al
“Nabucco”) e che servisse solo per il consumo interno
per la Russia meridionale,con divieto assoluto di venderlo
in Europa…
Un chiaro messaggio per chi doveva intendere, e che infatti
ha inteso.
Ma pare che l’importante sia solo il fumo senza
l’arrosto, la propaganda senza i fatti.
Se invece la Russia fa qualcosa di davvero importante, la
cosa passa inosservata ai più.
Quando, il 6 agosto, ha annunciato ufficialmente che non
firmerà l’Energy Charter Treaty la cosa non ha goduto di
particolare considerazione.
Ma in tal modo Mosca ha detto chiaramente che non ha alcun
intenzione di vincolare i suo traffici energetici alle leggi
internazionali.
Meglio aprire e chiudere i rubinetti come dettano l’umore
e gli interessi politici.
Ma queste cose rafforzano nell’Unione Europea la volontà
di andare avanti fino in fondo.
Ci sono certamente avvenimenti che colpiscono molto di più
il mondo dell’informazione.
Se Russia e Cina firmano cento accordi veri, più uno
presunto sul gas, ecco che i commenti vengono tutti
pilotati, per volontà del Cremlino, su quello più
fasullo.
Solo propaganda volta a creare pressione sull’Europa.
ALLEGATO: L’EUROPA DEL GAS
http://www.gie.eu.com/maps_data/downloads/GSE_STORAGE.pdf
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Sophia 23 ottobre 2009 18:59
Prima di salutarvi per il week end lascio agli appassionati
di questa rubrica la OTTAVA PARTE. Sulle vicende di
attualità ... ritorneremo ...
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Responsabilità politica e strumentazione economica
Alla vigilia di un nuovo round di negoziati la situazione è
quanto mai aperta, ma con l’importante progresso, rispetto
al passato, di un consenso quasi generale sul fatto che il
problema esiste e richiede un impegno politico forte ed
esteso a tutti i paesi che danno un contributo
quantitativamente rilevante alle emissioni globali.
Né la via della riduzione delle emissioni né la via del
progresso tecnico sono oggi in grado di mostrare una
soluzione del problema. Ne risulta una convenienza a
percorrerle entrambe simultaneamente.
Nessuno è oggi in grado di prevedere quali tecniche saranno
per prime sviluppate e portate allo stadio
dell’applicabilità economica su larga scala: lo
sfruttamento dell’energia solare, sia con le tecniche
fotovoltaiche? o con le tecniche termodinamiche? Lo
sfruttamento dei venti anche con piattaforme offshore,
quello delle correnti marine e delle maree? La coltivazione
di piante combustibili? Una tecnologia nucleare sicura nella
gestione e nel decommissioning degli impianti nonché nella
gestione del combustibile e nello smaltimento delle scorie?
Straordinari risparmi di energia attraverso il cambiamento
della modalità costruttive degli edifici e delle
caratteristiche dei motori e degli impianti di riscaldamento
e raffreddamento?
Oggi tutte queste strade sono oggetto di intensa ricerca.
Sappiamo dalla storia dell’industria che anche
l’invenzione è spesso un processo graduale e cumulativo.
Sappiamo che chi arriva primo ad una soluzione capace di
essere diffusa gode di una rendita tanto maggiore quanto
più ampio è il mercato di applicazione, e in questo caso
la posta in gioco è davvero attraente.
Il compito della politica non sembra essere quello di
scegliere una tecnologia e organizzare la ricerca, e nemmeno
quello di imporre la riduzione delle emissioni con una
disciplina militare. In entrambi i casi la pretesa di
avocare le scelte a pochi decisori politici o burocratici
porterebbe a perdere molte occasioni. Meglio fornire un
quadro incentivante, in cui l’interesse privato viene
orientato al vantaggio collettivo, e fare affidamento sulle
scelte di molti e sulla disponibilità dei soggetti
economici ad assumere rischi quanto ritengono di avere in
mano una carta promettente.
Lo stesso disegno del quadro di incentivazioni deve avere
solide basi economiche, con un’analisi di costi e benefici
ben impiantata e capace di considerare effetti diretti e
indiretti.
Per fare un esempio, la scelta di spendere molto danaro
pubblico per la diffusione di pannelli fotovoltaici appare,
in termini di costi e benefici immediati, infondata: il
chilowattora così generato costa circa sette volte il
chilowattora convenzionale: il danaro pubblico potrebbe
essere impiegato in modo più efficiente, dato l’obiettivo
ambientale, ad esempio promuovendo l’efficienza negli usi
finali dell’energia; non vi è un apporto significativo
all’innovazione per il miglioramento dei pannelli perché
l’industria risponde alla domanda mondiale e non a quella
di un paese solo. E tuttavia può essere che anche questa
misura, se inquadrata in una generale campagna per
l’energia pulita e la sicurezza degli approvvigionamenti,
possa attrarre l’attenzione dei cittadini e orientare i
loro investimenti, ottenendo un effetto moltiplicativo che
la renda meno inefficiente di quanto il semplice calcolo
degli effetti diretti farebbe credere.
Molto dipende dalla strategia complessiva dell’azione
pubblica e della comunicazione ad essa collegata. Siamo
sommersi da un tornado di comunicazione assordante, da cui
sono quasi assenti le finalità di interesse pubblico che
pure potrebbero essere apprezzate dai cittadini.
È stato dimostrato, sulla base di rilevazioni, che utenti
in percentuale significativa sono disposti a pagare di più
l’energia elettrica se potessero essere certi della sua
provenienza da fonti rinnovabili.
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Sophia 23 ottobre 2009 13:47
Altre news di GEOPOLITICA
24ore
Mosca, 12:36
IRAN: RUSSIA APPROVA ACCORDO PER ARRICCHIMENTO URANIO
La Russia ha approvato la bozza dell'accordo sul programma
nucleare iraniano che concede a Teheran di arricchire
l'uranio all'estero. "Siamo d'accordo con queste proposte",
ha affermato il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov.
In base all'intesa, che dovrebbe essere approvata oggi da
Teheran, la Repubblica islamica deve inviare in Russia il
75% delle sue riserve di uranio che saranno arricchite fino
al 20%, una percentuale che ne impedisce l'uso per finalita'
militari. Poi l'uranio arricchito passera' in Francia che lo
trasformera' in combustibile adatto per l'impiego in un
reattore iraniano utilizzato per la ricerca medica, sotto lo
stretto controllo dell'Aiea.
(23 ottobre 2009)
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Sophia 23 ottobre 2009 11:09
Oggi l'ambasciata americana è alquanto "in agitazione".
Gli alleati sono sempre sempre quelli del dopo Guerra o
qualcosa è cambiato per ragioni di dipendenza
energetica?
Intanto sul SOLE24ORE leggo:
MOSCA - L'atmosfera è piuttosto surreale: una visita tenuta
nel mistero, tanto che non ci sono certezze neppure sul
luogo dell'incontro. La residenza di Vladimir Putin sul lago
Valdai? Il portavoce del primo ministro russo, Dmitrij
Peskov, non lo conferma, malgrado appaia a fianco di Putin
nelle fotografie pubblicate sul sito del premier russo.
Perché questo silenzio voluto dal Governo italiano, se il
viaggio di Silvio Berlusconi in Russia ha tutta l'aria di
una normale – e proficua – visita di lavoro?
In collegamento video con il primo ministro turco, Recep
Tayyip Erdogan, Putin e Berlusconi hanno dato impulso al
progetto South Stream, il gasdotto con cui la Russia punta a
esportare gas in Europa da sud, senza passare per l'Ucraina.
Da nord, la strada sarà tracciata dal gasdotto "gemello",
Nord Stream. «Silvio – ha detto ieri Putin rivolgendosi a
Erdogan – dice che possiamo costruire South Stream più in
fretta di Nord Stream (che attarverserà il Baltico e sarà
realizzato con i tedeschi, ndr). Penso che sia possibile,
tutti e tre (Italia, Russia e Turchia, ndr) abbiamo già in
comune l'esperienza di Blue Stream», il gasdotto di Eni e
Gazprom che attraversa il mar Nero in acque territoriali
turche. I tre capi di governo hanno inoltre confermato
ulteriori sforzi sul fronte politico e corporate nella
realizzazione dell'oleodotto Samsun-Ceyan. L'Eni è
impegnata nella realizzazione del gasdotto South Stream in
partnership al 50% con Gazprom e nell'oleodotto Samsun-Ceyan
assiame a due imprese russe e una turca.
I progetti South Stream e Samsung-Ceyhan sono «molto
importanti per la sicurezza energetica di tutta l'Europa
dell'Est», ha commentato Berlusconi. Il premier ha
ricordato che proprio la parte centro orientale del Vecchio
Continente «già l'anno scorso ha conosciuto il freddo per
il fermo che si è verificato per la fornitura dalla Russia
attraverso il gasdotto in Ucraina. Attraverso queste nuove
vie, per il gas e per il petrolio, io credo ci sia una
diversificazione delle fonti di approvvigionamento e questo
vuol dire maggiore sicurezza per tutti».
Nel pomeriggio, sempre tra Pietroburgo e dintorni, Putin e
Berlusconi hanno incontrato i dirigenti delle compagnie
russe legate a progetti italiani: Sukhoj, che ha costruito
Superjet insieme ad Alenia, Kamaz e Sollers, partner di
Fiat. Poco dopo l'incontro, le agenzie di informazione russe
titolano: «Berlusconi si compra una Uaz», il fuoristrada
prodotto da Sollers. È possibile – ma non è dato saperlo
con certezza – che l'incontro abbia gettato il seme di un
ruolo italiano nel salvataggio dell'industria
automobilistica russa. Nel pomeriggio, si comunica, Putin e
Berlusconi hanno approfondito tutti i temi dell'attualità
politica internazionale, dal Pakistan al Libano. Ogni
informazione, riguardo agli aspetti della visita che si è
ritenuto di poter rendere pubblici, viene da fonti russe. Il
resto, con tutto il suo carico di congetture, appartiene ai
momenti "privati".
22 ottobre 2009
|
Sophia 23 ottobre 2009 9:40
Eh lo so, caro Francesco, che la questione è delicata e di
non facile soluzione proprio per tutte le questioni
geopolitiche che tocchi. E' per questo che ti ho invitato a
venire a parlarne qui ... così mi aiuti!
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francescomangascia 22 ottobre 2009 20:31
Sophia, ti ringrazio dell’invito e lo raccolgo, ma
affrontare la Questione Energetica analizzata sia dal punto
di vista della Domanda che dalla sua Offerta, senza
considerare i costi finanziari e le avversità
guerro-terroristiche dei trasporti, gasdotti oleodotti;
lascia la porta aperta a tanti, troppi, quesiti. Troppi
dilemmi. Quando hezbollah, creò le premesse per l’ultima
guerra israelo libanese lo fece solo allo scopo di mettere
in subbuglio il Libano, poiché lì doveva passare un
oleodotto che dalla Turchia doveva raggiungere Israele, e
ciò insidiava quel po' di economia entrante che anora
l'Iran possidede. L’umanità è insidiata da una trappola
energetica che, realmente la sta schiacciando poiché le
fonti energetiche sporche, coprono i 4/5 dei consumi primari
di energia, il carbone il petrolio e il gas stanno uccidendo
il mondo, poiché la potenza della loro densità di energia
ha un costo contenuto cui solo quello del nucleare può
competere. Che faremo quando neanche il nucleare o le
potenze idroelettriche potranno più supplire alla voracità
di un mondo, che invece di risparmiare vuole produrre
vendere e poi buttare per poter poi, produrre e vendere di
nuovo . Da questa trappola, non si esce solo con una
cultura, una eventuale ricerca, che ci fornisca di energia
ma piuttosto considerando dei limiti alla produzione, che
ormai insozza solo il pianeta, rivalutando, il risparmio.
Chee te ne fai dello sviluppo economico quando tutto muore.
A chi vendi, se sei dentro un cimitero?
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Sophia 22 ottobre 2009 19:16
Visto che l'attualità ci porta ad anticipare certi
argomenti che verranno affrontati successivamente ...
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2009/10/vis
ti-lontano-berlusconi-party-putin.shtml?uuid=69f64eb8-bd64-1
1de-b058-134702f6b78b&DocRulesView=Libero&correlato
... prima di proseguire volevo proporvi un articolo trovato
in rete che parla dell'L'asse Berlusconi-Eni-Putin nel
mirino di Obama"
di Fausto Carioti
L’ipotesi del “complotto” internazionale ai danni del
presidente del Consiglio inizia a farsi largo anche tra chi
non ha grandi simpatie per Silvio Berlusconi. Tipo Lucia
Annunziata, che ieri sulla Stampa ha parlato del possibile
“complotto Bilderberg”: un club dei potenti della terra
che si riunisce ogni anno sotto la guida spirituale di Henry
Kissinger e traccia l’indirizzo che dovrà prendere il
mondo nei dodici mesi seguenti. Inutile dire che
l’impronta del circolo è spiccatamente anglosassone.
Tanto più lo è stata quest’anno (l’incontro è
avvenuto a cavallo della metà di maggio), grazie alla
presenza di numerosi plenipotenziari della diplomazia
statunitense. E dato che il governo italiano è visto a
Washington come la testa di ponte mediterranea della Russia
di Vladimir Putin e Dmitry Medvedev, la quale oggi è ai
ferri corti con gli Stati Uniti tanto quanto lo era ai tempi
di George W. Bush, la voglia di tirare le somme e dire che
per la Casa Bianca (e per il “circolo Bilderberg”)
Berlusconi è un ostacolo da rimuovere è forte.
I fedelissimi del premier, che pure sentono l’aria farsi
pesante attorno al capo, per ora preferiscono puntare
l’indice altrove. Tipo Niccolò Ghedini, che dice di
vedere in atto «una forma di strategia di isolamento
dell’Italia» e la imputa alla voglia di certi “poteri
economici” di bloccare la Fiat nel momento in cui sta
cercando di diventare una multinazionale dell’automobile.
Ma è una lettura che rischia di peccare di ingenuità. Ciò
che sta creando problemi agli Stati Uniti, infatti, non è
la Fiat, ma la politica estera ed energetica italiana. In
particolare, l’asse tra Berlusconi e Putin, cementato
dalle intese tra Eni e Gazprom.
Questo quotidiano per primo aveva scritto, sei mesi fa, che
Berlusconi era riuscito a «portare l’Italia nella sfera
d’influenza del Cremlino e allontanarla dall’orbita
americana». Oggi lo stesso concetto appare tra le righe dei
commentatori di sinistra. La situazione, da allora, si è
persino fatta più complicata. Perché all’epoca alla
scrivania dello studio ovale della Casa Bianca sedeva Bush,
un amico del nostro presidente del consiglio. Con il quale i
rapporti politici erano stati molto meno idilliaci di quanto
destra e sinistra volessero far credere (lo scorso settembre
il vicepresidente americano Dick Cheney era venuto a Roma
per criticare l’appoggio dato da Berlusconi
all’operazione militare russa in Georgia), ma il feeling
personale era sempre rimasto solido. Con l’arrivo di
Barack Obama alla Casa Bianca il governo italiano ha dovuto
ricominciare da zero, e non è impresa facile. Anche perché
Obama è personaggio freddo, calcolatore, che alla politica
dei rapporti personali preferisce di gran lunga la
realpolitik degli interessi. Così l’Italia, che più di
tanto non ha da dare agli Stati Uniti, è stata messa nella
“seconda fascia” degli alleati europei, quelli meno
importanti. Stessa sorte toccata alla Spagna di José Luis
Zapatero, a dimostrazione del fatto che con Obama non conta
essere di destra o di sinistra, ma solo quello che puoi dare
alla causa statunitense.
E l’Italia, in questo momento, sta dando soprattutto
rogne. L’ultima è di pochi giorni fa. Al dipartimento di
Stato americano, dove le mosse dell’Eni sono seguite con
attenzione - e non certo da oggi - non è passato
inosservato l’accordo siglato il 15 maggio (proprio mentre
in un hotel di Atene era in corso il summit del “club
Bilderberg”) tra Eni e Gazprom, ultima grande intesa
strategica tra le due aziende che fanno capo al governo
italiano e quello russo. L’accordo prevede che la portata
del gasdotto South Stream, attraverso il quale nel 2015 il
gas russo arriverà copioso in Europa e soprattutto in
Italia, aumenti da 31 miliardi di metri cubi l’anno a 63
miliardi. Quanto basta, in teoria, per fornire all’Italia
i quattro quinti del suo fabbisogno di metano. L’enorme
infrastruttura minaccia di uccidere il gasdotto rivale,
Nabucco, quando questo è ancora in fase di progettazione. E
Nabucco è fortemente voluto dall’amministrazione
statunitense, perché farebbe arrivare in Europa il gas di
Turkmenistan, Kazakistan e Paesi vicini, sottraendolo al
controllo russo. La Ue sarebbe meno dipendente dal gas del
Cremlino, la Russia perderebbe potere politico nei confronti
dell’Europa (oltre a una quantità di soldi difficile da
quantificare) e gli Stati Uniti incasserebbero una bella
vittoria nello scacchiere della geopolitica.
Il problema, appunto, è costituito da governo italiano ed
Eni. Che a parole appoggiano ambedue i progetti, ma in
realtà hanno a cuore soprattutto quello che li lega alla
Russia e a Gazprom. Paolo Scaroni, amministratore delegato
del cane a sei zampe, ormai dice apertamente di non credere
più al progetto sponsorizzato dagli Stati Uniti. «Nabucco
decollerà solo quando avrà il gas di Turkmenistan,
Kazakistan e forse dell’Iran. Da quanto ho letto, questo
non accadrà», ha detto Scaroni dopo l’accordo con
Gazprom. Lui stesso, pochi giorni prima, siglando la
maxi-intesa con i russi, aveva detto che dietro
all’ampliamento della capacità di trasporto del gasdotto
c’è «un grande significato politico, perché tutto
questo gas arriverà in Europa senza dover più passare dal
territorio dell’Ucraina». Troppo dipendenti dal gas
russo? Affatto: in quelle stesse ore, Berlusconi commentava
che «dovremmo essere felici che un paese amico ci dia la
possibilità di avere l’energia di cui abbiamo bisogno».
L’Unione europea (e gli Stati Uniti) avrebbero preferito
invece mantenere in gioco l’Ucraina. A marzo, proprio per
questo motivo, la Ue aveva siglato un’intesa con il
governo di Kiev per ammodernare i gasdotti ucraini. «Una
perdita di tempo e di mezzi finanziari», aveva commentato
Scaroni, perché quell’intesa escludeva «chi il gas lo
produce, cioè la Russia».
Insomma, le certezze sono che il patto tra Roma e Mosca è
davvero d’acciaio, e che l’intesa non è solo economica,
ma - per ammissione dei protagonisti - politica. Questo per
Washington è un problema. Fino a che punto
l’amministrazione Obama intenda spingersi e fin dove possa
arrivare, è tutto da vedere.
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Sophia 22 ottobre 2009 16:06
di questo argomento che ben hai colto tu RITORNEREMO con
l'articolo pubblicato dal mio capo che tratta appunto i
fallimenti dell'accordo di Kyoto
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sugar magnolia 22 ottobre 2009 15:29
Ed ecco che la 7° parte dell'articolo dice quello che avevo
sempre pensato.
Se solo l'Europa si muove, non seguita da USA (ma ora Obama
dice che fara' fara' fara'....), CINA, INDIA, BRASILE etc.,
allora sara' solo una perdita di tempo.
Per adeguare le ns. emissioni, in campo U.E. si spenderanno
un sacco di soldi che ricadranno sulla collettivita'
(dell'U.E.), ma se non saremo seguiti da tutto il globo
allora i benefici saranno trascurabili.
O tutti o nessuno.
Ma credo che siamo ben lontani da un'intesa globale.
Intendiamoci, a parole tutti d'accordo che bisogna cambiare
rotta.
Ma quando bisogna cacciare il cash per farlo, rallentando
(almeno per i primi tempi) parzialmente la produzione con
esborsi enormi, beh' allora Cina e molti altri
diranno..............
"SIAMO UN PAESE EMERGENTE, STIAMO EMERGENDO, INIZIATE PURE
VOI"
E' cmq giusto parlarne, perche' se non si inizia almeno a
parlarne non si arrivera' mai al compimento di questo
cammino, che secondo me sara' lungo, lungo, lunghissimo,
forse io 37enne non ne vedro' neppure la fine.
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Sophia 22 ottobre 2009 12:13
Nota d'obbligo.
L'articolo è stato scritto agli inizi del 2007 dunque prima
delle politiche di Obama.
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Sophia 22 ottobre 2009 12:09
SETTIMA PARTE:
L’approccio basato sulla tecnologia
Soprattutto negli Stati Uniti è condivisa la persuasione
che non ci sono le condizioni per fare ciò che sarebbe
veramente necessario per invertire la tendenza: i costi sono
troppo elevati e il disagio per i cittadini consumatori è
eccessivo rispetto a quanto essi sono disposti ad
affrontare, e poiché i cittadini votano, insistere su
misure adeguate comporterebbe un rigetto. Secondo questo
punto di vista l’opzione europea è sterile: essa è
basata su di un piano d’azione che, per essere
accettabile, è del tutto inadeguato.
L’opinione viene di solito accompagnata con il dubbio
circa l’evidenza dell’effetto serra: l’opzione europea
comporterebbe uno sforzo costoso per un obiettivo incerto.
Ma anche se vi è certezza, resta l’obiezione circa il
rapporto tra costo ed efficacia.
Il presidente Clinton arrivò a firmare il protocollo di
Kyoto, ma non lo sottopose al parlamento essendo probabile
un rigetto. Il suo successore George W. Bush ha imboccato
chiaramente l’opzione alternativa, basata da un lato sullo
sviluppo dell’offerta di energia da fonti nazionali anche
a scapito dell’ambiente pur di assecondare la crescita
economica e di ridurre la dipendenza da fornitori esteri,
specie se politicamente inaffidabili, e dall’altro
sull’intensificazione degli sforzi di ricerca per
l’energia pulita, nella convinzione che solo la tecnologia
potrà portare l’umanità fuori dal vicolo cieco. Quindi
forti investimenti nelle tecniche di combustione e di
neutralizzazione delle emissioni (designate come carbon
capture and storage o carbon sequestration) e nelle fonti
rinnovabili.
L'articolo continua afftontando le seguenti questioni:
* Responsabilità politica e strumentazione economica
* Liberalizzazione dei mercati energetici e impatto
ambientale
* La posizione dell’Italia
* Tabelle e Grafici
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Sophia 21 ottobre 2009 16:24
@ tnt
indirettamente. ma non in maniera "dedicata" nel senso di
tecnica. diciamo che mi occupo più che altro di organizzare
eventi, convegni, seminari, corsi su argomenti tipo questi.
ho la fortuna di chiacchierare con molte belle menti. ma non
sono io il genio/competente in materia che saprebbe
rispondere a tutte le domande.
@ sugar
una cosa che mi ha insegnato la mia esperienza nei
laboratori partecipativi è che comunque tutti sanno
"ragionare". Le info degli esperti devono servire solo come
spunto per un ragionamento autonomo. Ma non è detto che i
partecipanti alla discussione non sappiano aggiungere
tasselli e punti di vista nuovi e interessanti che
l'esperto non aveva considerato.
|
t_n_t 21 ottobre 2009 16:08
Sophia, in effetti anch'io posso solo leggerti perchè stai
dando informazioni di cui sono proprio digiuno...questo è
forse il tuo ambito di attività?
Scusa la curiosità.
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sugar magnolia 21 ottobre 2009 15:53
Non e' noioso (almeno per me), e' solo che l'argomento e'
tecnico, quindi, se non hai una competenza specifica, una
volta detto quel poco che sai, puoi solo leggere.
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Sophia 21 ottobre 2009 15:48
A me intanto fa molto piacere constatare che siete in
diversi ad aprire questo TOPIC un po' noioso e di non facile
trattazione.
Vuol dire che l'argomento in qualche modo interessa.
bene .. a breve arriveremo a parlar anche dei russi ...
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fatti & misfatti 21 ottobre 2009 14:57
Per Danilo e Sugar
Della serie: "La comunicazione efficace è il mio motto".
Sono quasi sicuro che se il primo si fermava al pezzo di
frase che precedeva "ma non venire a rompere i coglioni...",
il secondo non repicava con un riecheggiante "ma
vaffanculo...".
Si possono giustamente esprimere i propri legittimi pensieri
senza per forza voler decisamente urtare l'interlocutore;
Danilo, avevi ragione a fargli la precisazione ma in quel
modo sei passato in torto e Sugar si è sentito legittimato
a mandartici...anche se poteva replicarti con miglio
stile.
Vabbè, ma chi sono io per fare la morale ad
entrambi...andiamocene 'affanculo tutti e 3...
...ma il messaggio sarà arrivato?
|
Sophia 21 ottobre 2009 14:35
Visto che oggi dimostrate molto interesse per questo topic
... vi accontento ... e vi lascio il bis:
SESTA PARTE
L’approccio di Kyoto
La strategia che meglio conosciamo e di cui più discutiamo
è quella rappresentata dall’accordo stipulato a Kyoto e
centrata sulla stabilizzazione delle emissioni nel periodo
2008-2012 al livello del 1990. Non è ancora una riduzione,
quindi, delle emissioni e tanto meno della concentrazione;
è un primo passo sperimentale, per compiere un passo più
impegnativo nella seconda fase, quella successiva al 2012.
Mentre stiamo verificando i risultati ottenuti con il primo
accordo, dobbiamo avviare i lavori per il secondo accordo
perché i cinque anni 2007-2011 non sono un periodo
eccessivo data la complessità tecnica e politica del
negoziato e la necessità che ciascun governo abbia definito
gli impegni almeno due o tre anni in anticipo per poter
avviare le politiche necessarie a onorarli.
In realtà gli obiettivi del protocollo di Kyoto comportano
una sostanziosa riduzione delle emissioni non già rispetto
al 1990 ma rispetto ai livelli già raggiunti al momento
della sua entrata in vigore nel 2005, quando le emissioni
globali erano già ben più elevate di quelle del 1990. La
riduzione concordata differisce a seconda di varie
circostanze quali il grado di sviluppo del paese.
L’assegnazione degli obiettivi è stata effettuata a Kyoto
a livello globale, poi l’obiettivo dell’Unione europea
è stato a sua volta tradotto in obiettivi nazionali alla
fine di un negoziato interno.
Il compito è facile solo per i paesi dell’Europa
orientale, ove la gravissima crisi economica seguita alla
fine del regime comunista e l’abbandono di un’economia
inefficiente, orientata ad elevatissimi consumi di energia
fornita a prezzo politico, ha fatto scendere le emissioni
ben oltre quanto richiesto dal protocollo di Kyoto. Per
tutti gli altri l’obiettivo è difficile e in generale
risulta ormai chiaramente che non verrà raggiunto.
Ma la limitazione maggiore dell’operazione in corso è che
i paesi impegnati coprono solo una parte del mondo e quindi
del problema. Restano fuori gli Stati Uniti, la Cina e
l’India, tanto per citare i maggiori. I paesi in rapido
sviluppo, alla rincorsa del benessere definito dal modello
dei paesi più ricchi, resistono a qualsiasi accordo che
imponga loro un rallentamento, e finchè le loro emissioni
pro-capite sono enormemente più basse delle nostre hanno
una ragione forte per resistere.
D’altra parte il peso dei paesi nuovi negli scenari di
emissione dei prossimi decenni è così grande che qualsiasi
accordo che non li comprenda appare come un esercizio di
virtù privo di effetto pratico.
Ci troviamo quindi in una situazione di interdipendenza
delle decisioni in condizioni di incertezza, come un
“dilemma del prigioniero” in cui la soluzione
cooperativa è d’obbligo ma richiede una trattativa che
nella politica mondiale si mescola inevitabilmente con molti
altri oggetti di negoziato, diventando difficile da
raggiungere.
Poiché gli obiettivi al 2008-2012 non vengono raggiunti,
molti parlano di fallimento del protocollo di Kyoto, e con
qualche ragione. Tuttavia bisogna riconoscere che si tratta
di un tentativo di accordo mondiale su di una questione
molto delicata, che comporta costi elevati ed effetti
importanti sullo sviluppo, e che quindi raggiungere una
soluzione al primo colpo era molto difficile.
Il vero test sarà l’accordo per il post-2012. Se ci si
arriverà, il protocollo di Kyoto avrà consentito una prima
approssimazione forse indispensabile per giungere alla
seconda.
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sugar magnolia 21 ottobre 2009 14:27
Pardon
era
VAFFANCULOOOOOOOOOOOOO
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sugar magnolia 21 ottobre 2009 14:27
DANILO ......... LA SENTI QUESTA VOCE ??????
MA FAVVANCULOOOOOOOOOOOOO
E STACCI !!!!!!!!!!
COGLIONE !!!!!!!!!
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Sophia 21 ottobre 2009 14:12
No, dai Danilo. Non essere così duro che non ce n'è
motivo.
E' vero che l'argomento è complesso e non di facile
trattazione. Ma se volevo il silenzio di un convegno mi
cercavo altri spazi. Qui in questo forum-caffè di aduc va
bene anche così con tutte le pause di gestione che
servono.
Nei prossimi giorni vi posto il seguito sempre per piccole
dosi.
E, se e solo se, gli argomenti vi interessano potrei
postarvi anche un altro interessante articolo di una altro
autorevole esperto dal titolo "PERCHE' è FALLITO l'ACCORDO
di KYOTO?".
Sono sempre argomenti introduttivi. Però ci aiutano a
capire il contesto complicato in cui ci muoviamo.
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danilo 21 ottobre 2009 13:33
scusa, Sugar,
Sophia sta disperatamente ( e secondo me senza speranza di
successo ) tentando di allestire una discussione
interessante, attuale e che ci vede protagonisti e tu
continui a riportare dentro delle situazioni che non
c'entrano niente e che lei stessa ha intenzione di
sottovalutare.
vai sul topic degli off-topic e postagli quello che senti
impellente, ma non venire a rompere i coglioni con firs
anche quì. il forum aduc ne ha avuto abbastanza.
danilo.
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sugar magnolia 21 ottobre 2009 13:20
SOFI
chiedevo solo al Direttore, che mi sembrava 'sparito
dall'etere' se per caso non fosse a svernare in qualche
luogo di villeggiatura tipo (ad esempio) il Brasile.
Ma era solo una battuta.
Ricordo infatti di aver letto "di la'" qualcosa riguardo ad
un sito brasiliano che aveva provocato un casino tra voi
(era una delle poche cose che avevo capito), ma non era piu'
nei miei pensieri.
Pero' se hanno usato nome e cognome (trovato non si sa come)
per offendere te e Kumbaz allora avete ragionissima, ma non
e' il caso di SAVP.
Scusa se sono OT, ma li avete denunciati??
Se si' immagino che non si arrivi poi a nulla perche' il
Provider e' sito in un posto del cazzo e per alcune offese i
tribunali non attiveranno certo una Rogatoria
internazionale.
Pero' da' fastidio, e anche tanto.
ps
l'articolo e' interessante, hai fatto bene a postarlo in
piu' "puntate", altrimenti risulta Heavy
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