Commenti
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Seneca 9 dicembre 2007 0:00
Sono pienamente d'accordo con Matteo, l'essere umano
fa schifo, non solo pensa solo ai fatti suoi, ma non è
neppure capace di immedesimarsi in situazioni altrui con
raziocinio. Io sono contrario alla pena di morte per
tanti motivi che vanno dal possibile errore giudiziario
all' abuso di un siffatto potere ecc. ecc., certo però
se mi dicono che un criminale è stato ucciso mentre
cercavano di arrestarlo non solo non me ne frega, ma provo
anche un senso di soddisfazione.
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Matteo 9 dicembre 2007 0:00
Penso che le uniche persone che possano esprimersi sul
quesito siano solo quelle a cui hanno violentato e
successivamente ucciso i figli, la moglie o un'amico
caro. Quelle a cui hanno sparato al figlio per rubargli il
motorino da 1000 euro, il cellulare da 100 euro o il
portafogli contenente solo i documenti. L'unico pensiero
del perdono o del non perdono, a mio parere, possono darlo
solo quelli che hanno subito violenze sulla propria pelle.
Filosofeggiare non serve a nulla. E' facile...troppo
facile scrivere fiumi di parole quando non si è stati
toccati personalmente da certe atrocità commesse da
deviati mentali o da esseri che di umano hanno ben poco
perchè, per loro, la vita non ha nessun valore e prezzo!
Avete mai visto in qualche filmato dei telegiornali le
mogli, le madri dei mafiosi come si disperano quando gli
uccidono (anche in conflitti con le forze dell'ordine) i
propri cari? Penso che però non si sono mai disperati
quando i loro familiari scioglievano nell'acido dei
ragazzini, uccidevano altri mafiosi, uccidevano persone
rapite per estorcere denaro alle famiglie ecc...ecc...!
L'essere umano è strano, complesso e le reazioni
"vere" si hanno quando il fatto ti tocca
personalmente. Che schifo!
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FRANCESCO 9 dicembre 2007 0:00
La pena di morte serve a 2 cose: 1) come esempio per
gli altri 2) a far risparmiare all'onesto
cittadino. Un carcerato costa circa 150 € al giorno al
contribuente Ricordo nel 1998 durante un mio
viaggio in grecia, che sia i negozi che le abitazioni erano
senza porte. parlando con un greco, sono venuto a
conoscenza che in grecia durante il periodo dei colonneli a
chi rubava venivano tagliate le mani e da allora quasi
nessuno ruba
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H.Mailer 8 dicembre 2007 0:00
cit. "A che serve uccidere uomini che hanno ucciso
altri uomini. Ad insegnare che non bisogna uccidere gli
uomini?"
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DE pravato 8 dicembre 2007 0:00
vero, Toppo!... e quanto me piace, in faccia a te!
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Topesio 8 dicembre 2007 0:00
Come dicono a Roma, "non confondere il cioccolato con
la merda": io pontifico, ma tu scorreggi!
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DE pravato 8 dicembre 2007 0:00
scusami Pulitino, tu hai ragione e ti chiedo scusa.
Purtroppo la visione della merda mi scatena crisi di
flautolenze. Poi arriva pure il Toppo a
pontificare... e capirai che è difficile!...
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Sergio 8 dicembre 2007 0:00
X coloro che hanno voglia di confrontarsi Leggo
interventi di cattolici che talvolta scoprono con stupore
quale sia la posizione dottrinale della Chiesa sulla pena di
morte, talvolta reagiscono con fastidio alla sola idea che
la Chiesa Cattolica possa non essere considerata in prima
linea nella lotta alla pena di morte, sempre manifestano
stupore tra quanto affermato in tanti interventi anche dei
recenti Pontefici e le formulazioni dottrinali, che allora
vengono frettolosamente considerate marginali e di scarsa
importanza. Ho già in altri interventi fatto
presente che proprio nella dottrina ufficiale della Chiesa
Cattolica molti sostenitori della pena di morte trovano
ragioni per argomentare in senso politico, etico e
filosofico con ragionamenti che non si limitano al greve
“occhio per occhio”. Chiunque conosca la realtà
statunitense ciò lo sa bene. Per vostra comodità
riporto un articolo di Carmine Bellezza. Dalla lettura di
questo articolo (ma se fate ricerche nel mondo americano
troverete molti discorsi simili) comprenderete quanto è
importante che la Chiesa Cattolica rompa ogni indugio e si
esprima con chiarezza per l’abolizione della pena
capitale. Più istruttivo leggere il breve saggio di
Luigi Lorenzetti dedicato proprio alla pena di morte e al
pensiero cattolico (lo trovate a questo link
www.luigilorenzetti.net/files/la_chiesa_e_la_pena_di_morte.p
df): coglierete la problematicità del rapporto tra dottrina
cattolica e pena di morte (per chi non conoscesse
Lorenzetti, a questo link troverà qualche utile
informazione http://www.luigilorenzetti.net). Buona
lettura e se vorrete potremo discuterne.
__________________________________________ Apologia
della pena di morte di Carmine Bellezza Nel
Natale 1998, l'associazione «Nessuno tocchi Caino»,
sorta da una costola del Partito Radicale, ha organizzato
una marcia in Piazza San Pietro, per chiedere
l'intervento del Pontefice nella sua battaglia contro la
pena di morte. Associazioni come «Amnesty International»
hanno dato il loro appoggio. Proprio la presenza di tale
associazione che, più correttamente andrebbe chiamata
«Amnesy International», perché ha sempre dimenticato,
volutamente, di fare campagne a favore di condannati di
gruppi di destra, per non parlare del suo appoggio a
campagne filo-abortiste, dovrebbe dar da pensare.
Il comprendere la lotta contro l'istituto della pena
capitale nell'impegno contro la «cultura della morte»,
come stanno facendo molti ecclesiastici, è frutto di una
bella confusione d'idee. Cominciamo a
sfatare un assunto che l'attuale pseudo-buonismo dà per
scontato: la pena di morte, una bella cosa certo non è, ma
non è illecita! E' un madornale equivoco
confondere l'inviolabile diritto alla vita
dell'innocente, con la situazione del colpevole che, nel
momento in cui ha spento una vita altrui, immediatamente ha
implicitamente rinunciato alla propria, e quindi al proprio
diritto alla vita. Questo in astratto. Nel
concreto, ci sono da valutare tante situazioni.
In primo luogo, ovviamente, l'accertamento della colpa,
poi l'opportunità della pena . Tanto per
dirne una (sorprenderò qualcuno), ma nell'attuale
situazione italiana, ringraziamo il Signore che i politici e
certa Magistratura che ci ritroviamo non possiedono anche
quest'altra arma. Dato che molti
rappresentanti del mondo cattolico sono in prima fila contro
tale istituto, ricordiamo qual è il reale insegnamento
della Chiesa, presente anche nel Catechismo del 1992.
Seguiremo in quest'analisi due opere fondamentali: «
Iota Unum » di Romano Amerio, (ed. Ricciardi, Milano/
Napoli 1986) e, soprattutto: «Pena di morte e Chiesa
Cattolica» di Catholicus (ed. Volpe Roma 1990). Catholicus
era uno pseudonimo usato dal defunto Padre Enrico Zoffoli,
passionista. Un cattolico non può
sottoscrivere della pena di morte fine a se stessa
l'elogio che ne fa Baudelaire, (chissà se lo sanno i
suoi ammiratori). Di tutt'altro sapore è
quanto ne dice Joseph de Maistre, autore di quell'
indimenticabile «Elogio del boia», secondo il quale anche
l'essere chiamato a spegnere la vita altrui è una
vocazione. La Chiesa ha sempre fondato, con
Sant'Agostino, San Tommaso d'Aquino e Taparelli
d'Azeglio, il giudizio non negativo su tale somma pena
sui seguenti testi del Nuovo Testamento: 1)
«Vuoi tu non dover temere l'autorità'? Fai il bene
ed avrai lode da essa (..) Ma se fai il male allora devi
temere poiché il magistrato non porta la spada inutilmente,
essendo ministro di Dio e vendicatore dell'ira divina»
(San Paolo Lettera ai Romani cap. XIII, 4); 2)
« Ma chi avrà indotto al male uno di questi piccini (...)
sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa una macina da
mulino al collo e fosse sommerso nel profondo del mare» (
Vangelo di San Matteo cap.XVIII, 6). In
effetti, proprio San Tommaso molto si dilunga su cosa
comporta la morte per il condannato. Certo che ad una
cultura che esclude ogni riferimento metafisico, che reputa
quindi un'altra vita solo pallida eventualità, è
normale che la condanna a morte sembri il massimo affronto.
Non a caso è la massoneria, società che ha
sempre diffuso l'indifferentismo religioso, in prima
fila in tale impegno (non nei paesi anglosassoni però, dove
influenza la vita pubblica in modo esplicito e diretto, là
gli sta bene che ci sia, eccome!).
L'Aquinate proprio circa la condanna a morte, raccomanda
la massima cura nell'assistere spiritualmente tali
galeotti. Questo perché la pena capitale paga in un colpo
solo tutti i debiti residui con l'umana e la divina
Giustizia, cosa che la semplice morte naturale non fa..
Pertanto al colpevole che, sinceramente pentito delle
proprie colpe, offra la propria punizione in espiazione, si
applicano in pieno le parole di Gesù' al Buon Ladrone:
«Oggi sarai con me in Paradiso». Non si deve
dimenticare che, secondo la cultura cristiana, prima che
cominciasse a girare il sofisma della «rieducazione» (il
Senatore Pisanò, che in carcere c'era stato, sia come
giornalista sia come detenuto, raccontava che vi aveva
conosciuto ogni razza di uomini: il rassegnato, il
disperato, il vendicativo, il tutto sommato soddisfatto, ma
il « rieducato» no!), il fine della condanna è triplice.
Tanto per incominciare deve servire a
proteggere e difendere la società dai propri membri
cattivi. Poi deve far espiare il colpevole.
Infine deve riparare le ingiustizie da lui
commesse. La «rieducazione» è un tipico
frutto dell'utopia di Rousseau, secondo cui l'uomo
nasce buono per natura ed è la società a guastarlo.
Pertanto, in ultima analisi, il reo è innocente!
Quando l'assassino Buffet salì sulla ghigliottina,
gridò la sua speranza di essere l'ultimo ghigliottinato
di Francia. Avrebbe dovuto gridare quella di essere
l'ultimo assassino! Di recente si è molto
parlato di quel condannato che ha ottenuto, grazie
all'intercessione papale, la grazia. Ma preferisco
ricordare un altro personaggio. Alcuni anni fa, un «serial
killer» che aveva stuprato ed ucciso numerosi bambini,
condannato a morte, non volle assolutamente che si
organizzassero campagne in suo favore. Pretese che la pena
fosse eseguita al più presto (normalmente tra quando la
sentenza è pronunciata e quando è eseguita passano
decenni) proprio perché era sinceramente pentito di ciò
che aveva fatto e non vedeva l'ora di ricevere la giusta
punizione. Chiese solo di poter girare una videocassetta,
con la quale narrare la sua storia. E ciò allo scopo di
mettere le famiglie in guardia dalla pornografia, di cui era
stato gran consumatore fin dall'infanzia. Tale film si
può reperire in Italia, rivolgendosi alla piccola casa
editrice protestante EUN di Marchirolo (Varese).
La Chiesa, ripeto, non solo non fa sua, ma al contrario
respinge la celebrazione della pena capitale fine a se
stessa o quale atto sacro ed altamente religioso, così come
lo ritiene Baudelaire. Che la reputi cosa non
bella traspare dal codice di diritto canonico del 1917 che
colpiva di irregolarità perpetua cioè, salvo speciale
dispensa papale, rendeva permanentemente inabili a ricevere
il sacerdozio non solo il boia, non solo il giudice che
aveva comminato la pena capitale, non solo il PM che
l'aveva chiesta, ma persino i testimoni che, con le loro
dichiarazioni l'avevano resa possibile (l'Ordine
francescano, poi, estendeva tale provvedimento anche ai
figli di tutti costoro, rifiutandosi di accettarli). Però,
non è illecita. Il concetto che il reo ha
rinunciato di per sé al proprio diritto alla vita, è
espresso pari pari a come l'ho scritto io, da Pio XII
nei suoi discorsi ai neurologi francesi del 14 settembre
1952 ed al congresso internazionale dei giuristi cattolici
del 5 febbraio 1955. Che Dio proibisca la
vendetta privata, perché se ne vuol riservare
l'esclusivo monopolio è verissimo. MA che,
sulla base del versetto di Romani XIII, 4 da me citato, che,
sempre secondo le dichiarazioni di Pio XII in quelle
occasioni, ha valore universale, tanto nel tempo che nello
spazio, lo stato sia il ministro incaricato di eseguirla, è
altrettanto vero. Che la redenzione del reo sia
un evento a carattere metafisico, è una verità ormai
taciuta da tutti. Lo ripeto. Se un'altra
vita è vista solo come remota eventualità, è normale che
la pena capitale sia il massimo affronto. Ma
chi sa che la vita non finisce quaggiù, sa che vita e morte
sono mezzi per unirsi a Dio. La compagnia di
San Giovanni Decollato era una congregazione incaricata di
curare l'assistenza spirituale ai condannati a morte.
Quante conversioni ha operato San Giuseppe Cafasso! Quante
lettere di condannati a morte della Resistenza ( e della
RSI) sono esempi di conversioni solenni! Da Nicola di
Tauldo, assistito sul patibolo da Santa Caterina da Siena, a
Felice Robol, confortato da Antonio Rosmini, a Jacques
Fesch, ghigliottinato nel '57, quanti delinquenti hanno
avuto necessità della suprema condanna per raggiungere un
commovente grado di perfezione spirituale. Il
fatto che la pena capitale paghi in un colpo solo tutti i
debiti residui con l'umana e la divina giustizia è una
sentenza di San Tommaso D'Aquino (Summa theologica, alla
voce "mors"). La pena di morte (come
ogni pena), se non si degrada ad arbitrio di un tiranno,
presuppone sempre una sorta di «diminuzione morale» del
reo. La società non priva un colpevole del
diritto alla vita o alla libertà. Si limita a prendere
atto che, tale diritto (inviolabile nell'innocente) lui,
reo, lo ha già «scemato», in un certo qual senso.
In conclusione: la pena di morte, anzi ogni pena, è
illegittima se si pone come indipendenza dell'individuo
verso la legge morale, se i concetti di bene e di male, di
giusto e di sbagliato, sono posti sul solo piano soggettivo,
mentre se vengono considerati su quello oggettivo, allora
anche la pena è legittima contro chi volontariamente viola
la legge morale, il bene e il giusto. Non
c'è alcun diritto incondizionato ai beni della terra.
L'unico diritto inviolabile è quello ai mezzi necessari
per la felicità eterna, nessuna pena lo può escludere,
nemmeno quella capitale.
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Topesio 7 dicembre 2007 0:00
Ma suvvia: ancora date credito a simili personaggi?
Ovviamente parlo del mitico De pravato...
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Sergio 6 dicembre 2007 0:00
X De pravato Anch’io ti ho dato la fonte: il
sito ufficiale della Santa Sede e anche il link
http://www.vatican.va/archive/ITA0014/__P7Y.HTM Si
tratta di una fonte clandestina, una loggia massonica o una
cosca mafiosa o cos’altro ancora secondo te? In ogni
caso, poiché il testo del Catechismo da me riportato
COMPRENDE quanto da te citato, anche un bambino di otto anni
avrebbe compreso che al più si tratta di due distinte
versioni del catechismo cui stiamo attingendo.
Correttezza avrebbe voluto che ti limitassi a segnalare tale
evenienza e nulla ti autorizzava a sproloqui offensivi anche
perché io ho sollevato una critica alla dottrina della
Chiesa in materia di pena di morte e qualunque delle due
versioni proposte del Catechismo sia quella corretta non
cambia di una virgola la mia critica. Infatti, anche con la
versione da te proposta, come pazientemente ho già
spiegato, è evidente che la Chiesa Cattolica ammette la
pena di morte. Tu non hai portato alcuna
argomentazione per confutare (ma sai cosa significa?) la mia
critica e ti sei lanciato in assurdi e gratuiti insulti
appuntando la tua sciocca attenzione su un dettaglio
insignificante perché, lo ripeto per i duri di
comprendonio, non incide minimamente sulla validità della
mia critica. La mia è una critica, giusta o sbagliata
ma solo una critica. Tu ti sei comportato in modo scorretto,
incivile, intollerante da perfetto cafone ignorante. Se
le tue scarse risorse intellettive non ti consentono di
comprendere questi semplici ragionamenti, non mi resta che
dolermi per la tua sfortunata condizione. Pregherò Dio
perché ti faccia dono del bene dell’intelletto.
Auguri e cerca di crescere.
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Pulitino 6 dicembre 2007 0:00
De pravato, ma non avevi detto che di parolacce non ne
scrivevi più?
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FRANCESCO A DUCA 6 dicembre 2007 0:00
A duca, mi sa che l'italiano lo devi imparare tu. Per
non parlare degli argomenti del tutto nulli
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DE pravato 6 dicembre 2007 0:00
STRONZO! La MIA versione del CCC è quella
ufficiale , e ti ho dato anche gli estremi, edita dalla
Libreria Editrice Vaticana e coperta da tanto di Copyright
sia in latino che in italiano - Sarà la tua una stampata
alla macchia per altre sette religiose e cosche
anticattoliche! Ma vattelo a pija nel culo!
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Sergio 6 dicembre 2007 0:00
X De pravato Sei proprio uno sciagurato ignorante e
cafone. Qui mi accusi di fare affermazioni false e di
non riportare correttamente quanto previsto dalla dottrina
cattolica mentre in altra discussione "Totalitarismo
cattolico" affermi che ho riportato correttamente il
pensiero cattolico senza "interpretazioni personali o
elisioni". Peccato che in entrambe le discussioni io ho
riportato lo stesso identico testo relativo alla pena di
morte e desunto testualmente dal Catechismo. E hai il
coraggio di invitare all'onestà? Ma tu non sai neanche
cosa sia e comincio a pensare che non ti rendi neanche conto
di quel che scrivi. Comunque, per offrire a tutti la
possibilità di comprendere chi tu sia, riporto di seguito
quel che hai scritto nell'altra citata discussione.
Vergognati!
------------------------------------------da: DE pravato
Data: 5 Dicembre 2007 Bravo Sergio, che questa
volta hai citato solo gli articoli del CCC (Catechismo
Chiesa Cattolica) senza interpretazioni personali o
elisioni.
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Sergio 6 dicembre 2007 0:00
Caro De Pravato, sei tu che procedi per estrapolazioni e non
sei in grado di riflettere su quel che leggi. Se la tua
versione del catechismo riporta solo la parte da te
menzionata, vuol dire che non è la versione completa e
ufficiale; ti rimando al testo ufficiale presente anche sul
sito della Santa Sede; questo il link
http://www.vatican.va/archive/ITA0014/__P7Y.HTM Il
brano del Catechismo da te riportato l’ho citato anch’io
ma tu ometti la prima parte (o non ne hai notizia):
“L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude,
supposto il pieno accertamento dell'identità e della
responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di
morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per
difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita
di esseri umani”. La seconda parte (da me
correttamente riportata e da te ripresa “Se invece i mezzi
incruenti sono sufficienti per difendere dall'aggressore
e per proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità
si limiterà a questi mezzi, poichè essi sono meglio
rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono
più conformi alla dignità della persona umana. Oggi,
infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato
dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo
inoffensivo colui che l'ha commesso, senza togliergli
definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di
assoluta necessità di soppressione del reo “sono ormai
molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti”
[Evangelium vitae, n. 56]”) riconferma, se ce ne fosse
bisogno, la posizione della Chiesa che si barcamena tra
necessità d’innovazione e tradizione, non potendo e non
volendo smentire le autorevoli voci ecclesiastiche che nel
recente passato si sono espresse inequivocabilmente per
l’ammissione della pena di morte. Per esempio Pio XII nel
1955. Infatti, come ho già illustrato, non esistono
ragioni di sicurezza che possano giustificare la pena di
morte poiché essa viene comminata a chi è già sottoposto
a un regime carcerario e pertanto messo nella condizione di
non poter arrecare danno alla collettività. Quindi,
prescindendo da quale sia la versione corretta del
Catechismo, il giudizio non cambia. Riconfermo che
ipocritamente la Chiesa maschera con una supposta esigenza
di sicurezza la concezione della pena di morte come
deterrente. Ti ricordo, infine, che il Catechismo
riporta parole estratte dall’Evanhelium Vitae, enciclica
del 1995 di Giovanni Paolo II. Ancora, la pena di morte
è stata prevista dallo Stato Vaticano sino al pontificato
di Paolo VI ed espressamente prevista, all’indomani della
rinascita della Stato Vaticano, dall’art 4 della legge 2
del 1929. Puoi citarmi un’iniziativa a livello
internazionale (ti ricordo che la Santa Sede è presente
anche all’ONU) promossa dalla Chiesa Cattolica per abolire
la pena di morte? Non solo sei poco informato,
basterebbe parlare con qualsiasi prelato mediamente
preparato per avere conferma che quanto sostengo non è una
mia interpretazione ma la pacifica e non contestabile
posizione ufficiale della Chiesa Cattolica, ma sei anche
offensivo: tipico dei cattolici arroganti e incolti.
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DE pravato 5 dicembre 2007 0:00
proprio tu, quando leggi una cosa e ne capisci un'altra,
e ne riferisci una terza! . . Il
“Mio” Catechismo della Chiesa Cattolica, ISBN
88-209-1888-9, al punto 2267, fra fine pag 557 ed inizio
558 dice solamente: “Se i mezzi incruenti sono
sufficienti per difendere le vite umane dall’aggressore e
per proteggere l’ordine pubblico e la sicurezza delle
persone, l’autorità si limiterà a questi mezzi, poiché
essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del
bene comune e sono più conformi alla dignità della persona
umana”. NON C’E’ ALTRO. Prima
viene l’articolo 2266, poi il 2268. Ti sembra
che il tuo intervento circa la pena di morte sia una
corretta interpretazione di questo articolo che
belluinamente citi “testualmente”?... Diciamo
che qualche volta leggi male, qualche volta l’odio per la
Chiesa ti fa capire peggio, e qualche altra infine citi un
diamine per un altro… Risultato concreto: chi legge e
si fida di te, capisce quello che gli vuoi far capire tu e
non quello che veramente è! Ti sembra modo di
agire di un gentiluomo educato che non dice parolacce?...
eddai!... dilla una parolaccia, ma sii onesto!
(NB – Non ci ho messo nemmeno un vaffanculo, in questo
intervento. Sono diventato una pesona educata pure io?...
più di Beppe Grillo?...)
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Sergio 5 dicembre 2007 0:00
Caro DE Pravato, sono una persona educata e quindi mi limito
a invitarti a leggere il Catechismo. Per tua comodità
ti riporto quanto afferma il Catechismo che al punto 2267
recita testualmente: “L'insegnamento tradizionale
della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento
dell'identità e della responsabilità del colpevole, il
ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica
via praticabile per difendere efficacemente
dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani. Se
invece i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere
dall'aggressore e per proteggere la sicurezza delle
persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi,
poichè essi sono meglio rispondenti alle condizioni
concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità
della persona umana. Oggi, infatti, a seguito delle
possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere
efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che
l'ha commesso, senza togliergli definitivamente la
possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di
soppressione del reo “sono ormai molto rari, se non
addirittura praticamente inesistenti” [Evangelium vitae,
n. 56]”. Chi è che dice stronzate?
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DE pravato 5 dicembre 2007 0:00
Sergio, ma che cazzo dici? lo sai che la prima
pagina di un libro condiziona il successo di tutta
l'opera?... ..................
"Contrariamente a quanto afferma anche la Chiesa
Cattolica, non esistono esigenze di sicurezza che rendono
necessaria la pena di morte. Per definizione si tratta di
una pena inflitta a chi, condannato dopo un processo, è
sottoposto a un regime di carcerazione. Ergo, l’individuo
è già nelle condizioni di non arrecare danno alla
collettività. Non sarebbe ucciso per motivi di sicurezza ma
la sua morte servirebbe da monito ad altri, quindi si
sacrificherebbe una vita per una presunta valenza di
deterrenza e non di sicurezza. Presunta perché i dati ci
dimostrano che la pena di morte non è per nulla un
deterrente. ............. Queste sono
un mucchio di stronzate! E non serve a niente,
che poi cominci a dire cose sensate:
"Aggiungo che la pena di morte, per la caratteristica
intriseca di irreversibilità, non lascia spazio a rimediare
a sempre possibili errori giudiziari. "
............... Ormai il lettore attento, quello
che ha anche altre cose da fare, già ti ha scartato... e
non continua più a leggerti! Stai attento,
a quello che dici!
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Sergio 5 dicembre 2007 0:00
Contrariamente a quanto afferma anche la Chiesa Cattolica,
non esistono esigenze di sicurezza che rendono necessaria la
pena di morte. Per definizione si tratta di una pena
inflitta a chi, condannato dopo un processo, è sottoposto a
un regime di carcerazione. Ergo, l’individuo è già
nelle condizioni di non arrecare danno alla collettività.
Non sarebbe ucciso per motivi di sicurezza ma la sua morte
servirebbe da monito ad altri, quindi si sacrificherebbe una
vita per una presunta valenza di deterrenza e non di
sicurezza. Presunta perché i dati ci dimostrano che la pena
di morte non è per nulla un deterrente. Aggiungo che
la pena di morte, per la caratteristica intriseca di
irreversibilità, non lascia spazio a rimediare a sempre
possibili errori giudiziari. Discutere intorno alla
pena di morte, significa porsi interrogativi su quale debba
essere la funzione della pena. In molte comunità
arcaiche chi commetteva delitti gravi era allontanato dalla
comunità. La pena era il ripudio dalla comunità. Anche gli
Stati moderni hanno utilizzato questa tecnica, pensate ai
bagni penali nelle colonie (Papillon, vi ricorda
qualcosa?). Oggi questa soluzione è praticata con le
istituzioni carcerarie che dovrebbero essere finalizzate a
creare le condizioni per il reinserimento di chi delinque.
Inutile nascondersi che in certi casi questo obiettivo
(presente anche nel nostro ordinamento) non è perseguibile
per le caratteristiche del soggetto e per i limiti della
nostra cultura e capacità di recupero ma in tanti altri
casi, invece, per i limiti oggettivi e strutturali delle
nostre carceri (per questo talvolta il carcere si trasforma
in una scuola del crimine). Imporsi di non praticare
la pena di morte richiama l’obbligo di adoperarsi per
il miglioramento della struttura carceraria perché possa
essere coerente con l’obiettivo costituzionale del
reinserimento. Possiamo anche prevedere che il carcere
abbia una esclusiva funzione segregativa (cosa che avviene
con la condanna all’ergastolo, per esempio) ma questa
ipotesi dovrebbe essere estremamente limitata a casistiche
estreme e strettamente correlata ai limiti delle capacità e
tecniche di recupero cui facevo riferimento prima. Troppo
spesso, invece, rinunciamo alla funzione di recupero per
inerzia e incapacità di prevedere forme di pena alternative
alla pura segregazione. Così, molti entrano in carcere per
piccoli reati ed escono delinquenti patentati. In
linea di principio sono contrario perfino
all’ergastolo perché con la previsione di questa pena
si abdica aprioristicamente alla funzione di reinseriemnto
della pena non in riferimento al soggetto specifico ma in
relazione a figure di reato. Sono però considerazioni
di carattere culturale, oserei dire di cultura
antropologica, che mi portano a essere un irriducibile, sino
a dimostrazione contraria, oppositore della pena di
morte. Quale civiltà vogliamo? Su quali leve vogliamo
agire per migliorare la convivenza civile? E, poiché
quando si parla di pena di morte sono sempre gli istinti di
pancia che prevalgono, aggiungo subito una terza domanda.
Può la collettività farsi carico della
“bestialità” che talvolta caratterizza il
comportamento di taluni soggetti? La mia risposta
è sì, perché ogni “asocialità” è frutto
della nostra natura. Non esiste civiltà umana a ogni
latitudine e longitudine che non abbia praticato schiavitù,
stupri di massa, deportazioni di intere popolazioni,
genocidi, torture… La violenza e la
distruttività accompagnano l’uomo sin
dall’epoca delle caverne. La violenza è
animale, e quindi riesce più facile all’uomo che è
pur sempre un animale… La violenza umana è
consapevole, volontaria; gli altri animali sono
inconsapevolemnte violenti, si tratta di uso della forza,
istinto e non di scelta. La violenza umana sa essere
inaudita perché l’uomo aggiunge conoscenza,
intenzionalità e consapevolezza, alla naturale forza
biologica giungendo a una smisurata capacità distruttiva.
La capacità d’amare e di lasciarsi amare è
cultura, creatività che dona all’uomo quel quid che
lo rende diverso dagli altri animali. L’essere umano
è l’unico animale capace di amare, progettare,
creare. Solo potenziando queste “armi” a
noi specifiche potremo tacitare l’istinto violento e
sanguinario che emerge immediatamente anche in miti persone
appena diventano branco. Ripudiare la violenza dovrebbe
essere l’imperativo categorico. Troppo spesso,
invece, indulgiamo in atteggiamenti comprensivi e
accondiscendenti. Ci piaccia o meno, in ciascuno di noi
può annidarsi un “mostro” e con questa
eventualità dobbiamo imparare a convivere e a fare i conti.
Gridare al “mostro” è spesso un modo per
esorcizzare le nostre paure, a non confrontarci con esse e
con la nostra misteriosa natura. Significa non fare i conti
con la civiltà umana che ha sempre considerato la vita
altrui un bene di cui poter disporre a piacimento. Di questa
civiltà siamo figli. Pensate alla schiavitù, ma
anche alla vendita dei figli e ai figli
“promessi” in matrimonio… Pensate
ad Abramo pronto a sgozzare Isacco perché la Voce così gli
comanda. Il terrorista, in nome di un ideale
superiore, dispone della vita di persone innocenti.
Pensate ai serial killer. Non si muovono il più delle volte
perché spinti da una forza moralizzatrice e purificatrice?
Cos’è il terrorista se non un serial killer
“politico”? Gli Stati hanno utilizzato
milioni di persone come carne da macello impiegandole in
guerre assurde. Le religioni in nome della Verità
Rivelata hanno ucciso e massacrato. L’idea
antropologica che si possa disporre della vita altrui genera
assassini, genera mostri. Con questo dobbiamo fare i
conti. Nella violenza sessuale, non c’è forse
una manifestazione di potere che, lungi dall’essere
sconfitta, contrassegna la civiltà umana? Solo di recente
lo stupro è diventato un reato contro la persona prima era
un reato contro la moralità! Per quanti secoli il
maschilismo imperante ha incitato e favorito la violenza
contro le donne? Quante volte la cronaca della violenza
subita da una donna è stata accompagnata da commenti del
tipo “si vabbè ma se l’è
cercata…”. C’è una bellissima pièce di
Dario Fo su questo aspetto oppure pensate al film
“Sotto accusa” con una straordinaria Jodie
Foster. Guerre giuste, sacrifici necessari…
perché stupirsi, gridare al mostro, invocare pene esemplari
se qualcuno ritiene che sia “giusto” sacrificare
la vita altrui per accedere agli agi della vita, a qualche
momento di piacere o realizzare un obiettivo politico?
Sono frutti della nostra civiltà e della nostra natura.
Gli altri animali sono dotati di una
“moralità” genetica, l’uomo deve essere
educato all’amore, alla moralità e alla legalità. Vi
sembra che si facciano seri sforzi in questa direzione?
Se Abramo è indicato come un pilastro della cristianità,
la missione diviene ardua. Se perfino la Chiesa ritiene
lecita, anche se con prudenza, la guerra… allora non
c’è scampo. No, nessuno ha il diritto di
disporre della vita altrui. Solo così “la sacralità
della vita” ha un senso e potrà essere difesa.
Dobbiamo prendere atto che l’uomo è un “animale
disadattato”, un pesce fuor d’acqua. Questa è
la nostra natura, simili a Dio che distrugge Sodoma e
Gomorra, incurante di un terrorizzato Abramo che lo invita a
considerare che potrebbero esserci dei “giusti”
in quelle città. La pena di morte è allora forse una
allegorica caricaturale trasfigurazione della vita concepita
come pena.
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DUCA 5 dicembre 2007 0:00
E te, Francesco, andavi a squola e t'imparavi
litagliano!
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Sesto Quinto 4 dicembre 2007 0:00
Supervik, con questa tua idea di fondo, cosa diventerà tuo
figlio un grande guerriero?
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Supervik 4 dicembre 2007 0:00
......se uno ammazza mio figlio io SO' cosa fare..... Di
sicuro non aspetto lo Staterello che gli faccia 20 anni di
processi in semi liberta'..... OCCHIO PER OCCHIO - DENTE
PER DENTE....... Di qualsiasi razza o colore sia il
bastardo.....
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Topesio 3 dicembre 2007 0:00
Be' non sono io...
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Sesto Quinto 3 dicembre 2007 0:00
x Topesio con un motore di ricerca digitando il tuo
pseudonimo ho trovato un sito dove Topesio è descritto
così. ciao
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Stefano - Venezia 3 dicembre 2007 0:00
Grazie Topesio è quello che volevo sentirti dire ?
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Topesio 3 dicembre 2007 0:00
Sesto Quinto, non capisco dove tu voglia arrivare e
soprattutto non capisco il senso del tuo virgolettato: chi
staresti citando?
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FRANCESCO 2 dicembre 2007 0:00
Ricordo ai signori, che durante l'epoca fascista, non
era in vigore la pena di morte. i condannati scontavano la
pena in carcere facendo i lavori forzati. tutti i mafiosi
arrestati in sicilia sono stati spediti al confino. in quel
caso se ci sarebbe stata la pena di morte, gli americani se
lo sarebbero sognato di sbarcare in sicilia.
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DE pravato 2 dicembre 2007 0:00
No... Passante, non dire così! Il Toppo è
normale... un italiano normale... anzi anche un poco più
che normale... dicono... di un zinzininn in più del
50%... Sennò, credi che staremmo dove
siamo?... (zinzininn NON è una cattiva parola...
vuol solo dire "acerrimamente poco")
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rumeno 2 dicembre 2007 0:00
pena di morte?
NNOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!! -Dove ci porta
la morte? Ci porta in quella pace dove noi fummo prima di
nascere. La morte è il non-essere: è ciò che ha preceduto
l'esistenza. Sarà dopo di me quello che era prima di
me. Se la morte è uno stato di sofferenza, doveva essere
così prima che noi venissimo alla luce: ma non sentimmo,
allora, alcuna sofferenza. NO, NO,
NO,NOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!
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Sesto Quinto 2 dicembre 2007 0:00
x Topesio cosa cancelleresti da questa descrizione di
chi è Topesio? Vegetariano, finocchio, ricercatore,
padre di un bel bimbo, antiberlusconiano e:
"maschio, bianco, ho da poco superato i
quarant'anni, quindi tecnicamente parlando sono oltre la
metà della mia vita. Refrattario alla rigidità delle
regole, pigro da paura, voglio bene e mi faccio voler bene.
Buon cibo, amici, Pc e motocicletta ( non necessariamente in
quest'ordine ) le mie passioni, insieme a mille altre
che a volte durano lo spazio d'un mattino, altre volte
mi accompagnano per interi pezzi di vita."
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