Commenti
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Seneca
9 dicembre 2007 0:00
Sono pienamente d'accordo con Matteo, l'essere umano fa schifo, non solo pensa solo ai fatti suoi, ma non è neppure capace di immedesimarsi in situazioni altrui con raziocinio.
Io sono contrario alla pena di morte per tanti motivi che vanno dal possibile errore giudiziario all' abuso di un siffatto potere ecc. ecc., certo però se mi dicono che un criminale è stato ucciso mentre cercavano di arrestarlo non solo non me ne frega, ma provo anche un senso di soddisfazione.
Matteo
9 dicembre 2007 0:00
Penso che le uniche persone che possano esprimersi sul quesito siano solo quelle a cui hanno violentato e successivamente ucciso i figli, la moglie o un'amico caro. Quelle a cui hanno sparato al figlio per rubargli il motorino da 1000 euro, il cellulare da 100 euro o il portafogli contenente solo i documenti. L'unico pensiero del perdono o del non perdono, a mio parere, possono darlo solo quelli che hanno subito violenze sulla propria pelle. Filosofeggiare non serve a nulla. E' facile...troppo facile scrivere fiumi di parole quando non si è stati toccati personalmente da certe atrocità commesse da deviati mentali o da esseri che di umano hanno ben poco perchè, per loro, la vita non ha nessun valore e prezzo! Avete mai visto in qualche filmato dei telegiornali le mogli, le madri dei mafiosi come si disperano quando gli uccidono (anche in conflitti con le forze dell'ordine) i propri cari? Penso che però non si sono mai disperati quando i loro familiari scioglievano nell'acido dei ragazzini, uccidevano altri mafiosi, uccidevano persone rapite per estorcere denaro alle famiglie ecc...ecc...! L'essere umano è strano, complesso e le reazioni "vere" si hanno quando il fatto ti tocca personalmente. Che schifo!
FRANCESCO
9 dicembre 2007 0:00
La pena di morte serve a 2 cose:
1) come esempio per gli altri
2) a far risparmiare all'onesto cittadino. Un carcerato costa circa 150 € al giorno al contribuente

Ricordo nel 1998 durante un mio viaggio in grecia, che sia i negozi che le abitazioni erano senza porte.
parlando con un greco, sono venuto a conoscenza che in grecia durante il periodo dei colonneli a chi rubava venivano tagliate le mani e da allora quasi nessuno ruba
H.Mailer
8 dicembre 2007 0:00
cit. "A che serve uccidere uomini che hanno ucciso altri uomini. Ad insegnare che non bisogna uccidere gli uomini?"
DE pravato
8 dicembre 2007 0:00
vero, Toppo!...
e quanto me piace, in faccia a te!
Topesio
8 dicembre 2007 0:00
Come dicono a Roma, "non confondere il cioccolato con la merda": io pontifico, ma tu scorreggi!
DE pravato
8 dicembre 2007 0:00
scusami Pulitino, tu hai ragione e ti chiedo scusa.

Purtroppo la visione della merda mi scatena crisi di flautolenze.

Poi arriva pure il Toppo a pontificare... e capirai che è difficile!...
Sergio
8 dicembre 2007 0:00
X coloro che hanno voglia di confrontarsi

Leggo interventi di cattolici che talvolta scoprono con stupore quale sia la posizione dottrinale della Chiesa sulla pena di morte, talvolta reagiscono con fastidio alla sola idea che la Chiesa Cattolica possa non essere considerata in prima linea nella lotta alla pena di morte, sempre manifestano stupore tra quanto affermato in tanti interventi anche dei recenti Pontefici e le formulazioni dottrinali, che allora vengono frettolosamente considerate marginali e di scarsa importanza.

Ho già in altri interventi fatto presente che proprio nella dottrina ufficiale della Chiesa Cattolica molti sostenitori della pena di morte trovano ragioni per argomentare in senso politico, etico e filosofico con ragionamenti che non si limitano al greve “occhio per occhio”. Chiunque conosca la realtà statunitense ciò lo sa bene.
Per vostra comodità riporto un articolo di Carmine Bellezza. Dalla lettura di questo articolo (ma se fate ricerche nel mondo americano troverete molti discorsi simili) comprenderete quanto è importante che la Chiesa Cattolica rompa ogni indugio e si esprima con chiarezza per l’abolizione della pena capitale.
Più istruttivo leggere il breve saggio di Luigi Lorenzetti dedicato proprio alla pena di morte e al pensiero cattolico (lo trovate a questo link www.luigilorenzetti.net/files/la_chiesa_e_la_pena_di_morte.p df): coglierete la problematicità del rapporto tra dottrina cattolica e pena di morte (per chi non conoscesse Lorenzetti, a questo link troverà qualche utile informazione http://www.luigilorenzetti.net).
Buona lettura e se vorrete potremo discuterne.
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Apologia della pena di morte di Carmine Bellezza

Nel Natale 1998, l'associazione «Nessuno tocchi Caino», sorta da una costola del Partito Radicale, ha organizzato una marcia in Piazza San Pietro, per chiedere l'intervento del Pontefice nella sua battaglia contro la pena di morte. Associazioni come «Amnesty International» hanno dato il loro appoggio. Proprio la presenza di tale associazione che, più correttamente andrebbe chiamata «Amnesy International», perché ha sempre dimenticato, volutamente, di fare campagne a favore di condannati di gruppi di destra, per non parlare del suo appoggio a campagne filo-abortiste, dovrebbe dar da pensare.
Il comprendere la lotta contro l'istituto della pena capitale nell'impegno contro la «cultura della morte», come stanno facendo molti ecclesiastici, è frutto di una bella confusione d'idee.
Cominciamo a sfatare un assunto che l'attuale pseudo-buonismo dà per scontato: la pena di morte, una bella cosa certo non è, ma non è illecita!
E' un madornale equivoco confondere l'inviolabile diritto alla vita dell'innocente, con la situazione del colpevole che, nel momento in cui ha spento una vita altrui, immediatamente ha implicitamente rinunciato alla propria, e quindi al proprio diritto alla vita.
Questo in astratto. Nel concreto, ci sono da valutare tante situazioni.
In primo luogo, ovviamente, l'accertamento della colpa, poi l'opportunità della pena .
Tanto per dirne una (sorprenderò qualcuno), ma nell'attuale situazione italiana, ringraziamo il Signore che i politici e certa Magistratura che ci ritroviamo non possiedono anche quest'altra arma.
Dato che molti rappresentanti del mondo cattolico sono in prima fila contro tale istituto, ricordiamo qual è il reale insegnamento della Chiesa, presente anche nel Catechismo del 1992. Seguiremo in quest'analisi due opere fondamentali: « Iota Unum » di Romano Amerio, (ed. Ricciardi, Milano/ Napoli 1986) e, soprattutto: «Pena di morte e Chiesa Cattolica» di Catholicus (ed. Volpe Roma 1990). Catholicus era uno pseudonimo usato dal defunto Padre Enrico Zoffoli, passionista.
Un cattolico non può sottoscrivere della pena di morte fine a se stessa l'elogio che ne fa Baudelaire, (chissà se lo sanno i suoi ammiratori).
Di tutt'altro sapore è quanto ne dice Joseph de Maistre, autore di quell' indimenticabile «Elogio del boia», secondo il quale anche l'essere chiamato a spegnere la vita altrui è una vocazione.
La Chiesa ha sempre fondato, con Sant'Agostino, San Tommaso d'Aquino e Taparelli d'Azeglio, il giudizio non negativo su tale somma pena sui seguenti testi del Nuovo Testamento:
1) «Vuoi tu non dover temere l'autorità'? Fai il bene ed avrai lode da essa (..) Ma se fai il male allora devi temere poiché il magistrato non porta la spada inutilmente, essendo ministro di Dio e vendicatore dell'ira divina» (San Paolo Lettera ai Romani cap. XIII, 4);
2) « Ma chi avrà indotto al male uno di questi piccini (...) sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa una macina da mulino al collo e fosse sommerso nel profondo del mare» ( Vangelo di San Matteo cap.XVIII, 6).
In effetti, proprio San Tommaso molto si dilunga su cosa comporta la morte per il condannato. Certo che ad una cultura che esclude ogni riferimento metafisico, che reputa quindi un'altra vita solo pallida eventualità, è normale che la condanna a morte sembri il massimo affronto.
Non a caso è la massoneria, società che ha sempre diffuso l'indifferentismo religioso, in prima fila in tale impegno (non nei paesi anglosassoni però, dove influenza la vita pubblica in modo esplicito e diretto, là gli sta bene che ci sia, eccome!).
L'Aquinate proprio circa la condanna a morte, raccomanda la massima cura nell'assistere spiritualmente tali galeotti. Questo perché la pena capitale paga in un colpo solo tutti i debiti residui con l'umana e la divina Giustizia, cosa che la semplice morte naturale non fa.. Pertanto al colpevole che, sinceramente pentito delle proprie colpe, offra la propria punizione in espiazione, si applicano in pieno le parole di Gesù' al Buon Ladrone: «Oggi sarai con me in Paradiso».
Non si deve dimenticare che, secondo la cultura cristiana, prima che cominciasse a girare il sofisma della «rieducazione» (il Senatore Pisanò, che in carcere c'era stato, sia come giornalista sia come detenuto, raccontava che vi aveva conosciuto ogni razza di uomini: il rassegnato, il disperato, il vendicativo, il tutto sommato soddisfatto, ma il « rieducato» no!), il fine della condanna è triplice.
Tanto per incominciare deve servire a proteggere e difendere la società dai propri membri cattivi.
Poi deve far espiare il colpevole.
Infine deve riparare le ingiustizie da lui commesse.
La «rieducazione» è un tipico frutto dell'utopia di Rousseau, secondo cui l'uomo nasce buono per natura ed è la società a guastarlo. Pertanto, in ultima analisi, il reo è innocente!
Quando l'assassino Buffet salì sulla ghigliottina, gridò la sua speranza di essere l'ultimo ghigliottinato di Francia. Avrebbe dovuto gridare quella di essere l'ultimo assassino!
Di recente si è molto parlato di quel condannato che ha ottenuto, grazie all'intercessione papale, la grazia. Ma preferisco ricordare un altro personaggio. Alcuni anni fa, un «serial killer» che aveva stuprato ed ucciso numerosi bambini, condannato a morte, non volle assolutamente che si organizzassero campagne in suo favore. Pretese che la pena fosse eseguita al più presto (normalmente tra quando la sentenza è pronunciata e quando è eseguita passano decenni) proprio perché era sinceramente pentito di ciò che aveva fatto e non vedeva l'ora di ricevere la giusta punizione. Chiese solo di poter girare una videocassetta, con la quale narrare la sua storia. E ciò allo scopo di mettere le famiglie in guardia dalla pornografia, di cui era stato gran consumatore fin dall'infanzia. Tale film si può reperire in Italia, rivolgendosi alla piccola casa editrice protestante EUN di Marchirolo (Varese).
La Chiesa, ripeto, non solo non fa sua, ma al contrario respinge la celebrazione della pena capitale fine a se stessa o quale atto sacro ed altamente religioso, così come lo ritiene Baudelaire.
Che la reputi cosa non bella traspare dal codice di diritto canonico del 1917 che colpiva di irregolarità perpetua cioè, salvo speciale dispensa papale, rendeva permanentemente inabili a ricevere il sacerdozio non solo il boia, non solo il giudice che aveva comminato la pena capitale, non solo il PM che l'aveva chiesta, ma persino i testimoni che, con le loro dichiarazioni l'avevano resa possibile (l'Ordine francescano, poi, estendeva tale provvedimento anche ai figli di tutti costoro, rifiutandosi di accettarli). Però, non è illecita.
Il concetto che il reo ha rinunciato di per sé al proprio diritto alla vita, è espresso pari pari a come l'ho scritto io, da Pio XII nei suoi discorsi ai neurologi francesi del 14 settembre 1952 ed al congresso internazionale dei giuristi cattolici del 5 febbraio 1955.
Che Dio proibisca la vendetta privata, perché se ne vuol riservare l'esclusivo monopolio è verissimo.
MA che, sulla base del versetto di Romani XIII, 4 da me citato, che, sempre secondo le dichiarazioni di Pio XII in quelle occasioni, ha valore universale, tanto nel tempo che nello spazio, lo stato sia il ministro incaricato di eseguirla, è altrettanto vero.
Che la redenzione del reo sia un evento a carattere metafisico, è una verità ormai taciuta da tutti.
Lo ripeto. Se un'altra vita è vista solo come remota eventualità, è normale che la pena capitale sia il massimo affronto.
Ma chi sa che la vita non finisce quaggiù, sa che vita e morte sono mezzi per unirsi a Dio.
La compagnia di San Giovanni Decollato era una congregazione incaricata di curare l'assistenza spirituale ai condannati a morte. Quante conversioni ha operato San Giuseppe Cafasso! Quante lettere di condannati a morte della Resistenza ( e della RSI) sono esempi di conversioni solenni! Da Nicola di Tauldo, assistito sul patibolo da Santa Caterina da Siena, a Felice Robol, confortato da Antonio Rosmini, a Jacques Fesch, ghigliottinato nel '57, quanti delinquenti hanno avuto necessità della suprema condanna per raggiungere un commovente grado di perfezione spirituale.
Il fatto che la pena capitale paghi in un colpo solo tutti i debiti residui con l'umana e la divina giustizia è una sentenza di San Tommaso D'Aquino (Summa theologica, alla voce "mors").
La pena di morte (come ogni pena), se non si degrada ad arbitrio di un tiranno, presuppone sempre una sorta di «diminuzione morale» del reo.
La società non priva un colpevole del diritto alla vita o alla libertà. Si limita a prendere atto che, tale diritto (inviolabile nell'innocente) lui, reo, lo ha già «scemato», in un certo qual senso.
In conclusione: la pena di morte, anzi ogni pena, è illegittima se si pone come indipendenza dell'individuo verso la legge morale, se i concetti di bene e di male, di giusto e di sbagliato, sono posti sul solo piano soggettivo, mentre se vengono considerati su quello oggettivo, allora anche la pena è legittima contro chi volontariamente viola la legge morale, il bene e il giusto.
Non c'è alcun diritto incondizionato ai beni della terra. L'unico diritto inviolabile è quello ai mezzi necessari per la felicità eterna, nessuna pena lo può escludere, nemmeno quella capitale.
Topesio
7 dicembre 2007 0:00
Ma suvvia: ancora date credito a simili personaggi? Ovviamente parlo del mitico De pravato...
Sergio
6 dicembre 2007 0:00
X De pravato

Anch’io ti ho dato la fonte: il sito ufficiale della Santa Sede e anche il link http://www.vatican.va/archive/ITA0014/__P7Y.HTM
Si tratta di una fonte clandestina, una loggia massonica o una cosca mafiosa o cos’altro ancora secondo te?
In ogni caso, poiché il testo del Catechismo da me riportato COMPRENDE quanto da te citato, anche un bambino di otto anni avrebbe compreso che al più si tratta di due distinte versioni del catechismo cui stiamo attingendo.
Correttezza avrebbe voluto che ti limitassi a segnalare tale evenienza e nulla ti autorizzava a sproloqui offensivi anche perché io ho sollevato una critica alla dottrina della Chiesa in materia di pena di morte e qualunque delle due versioni proposte del Catechismo sia quella corretta non cambia di una virgola la mia critica. Infatti, anche con la versione da te proposta, come pazientemente ho già spiegato, è evidente che la Chiesa Cattolica ammette la pena di morte.
Tu non hai portato alcuna argomentazione per confutare (ma sai cosa significa?) la mia critica e ti sei lanciato in assurdi e gratuiti insulti appuntando la tua sciocca attenzione su un dettaglio insignificante perché, lo ripeto per i duri di comprendonio, non incide minimamente sulla validità della mia critica.
La mia è una critica, giusta o sbagliata ma solo una critica. Tu ti sei comportato in modo scorretto, incivile, intollerante da perfetto cafone ignorante.
Se le tue scarse risorse intellettive non ti consentono di comprendere questi semplici ragionamenti, non mi resta che dolermi per la tua sfortunata condizione.
Pregherò Dio perché ti faccia dono del bene dell’intelletto.
Auguri e cerca di crescere.
Pulitino
6 dicembre 2007 0:00
De pravato, ma non avevi detto che di parolacce non ne scrivevi più?
FRANCESCO A DUCA
6 dicembre 2007 0:00
A duca, mi sa che l'italiano lo devi imparare tu. Per non parlare degli argomenti del tutto nulli
DE pravato
6 dicembre 2007 0:00
STRONZO!

La MIA versione del CCC è quella ufficiale , e ti ho dato anche gli estremi, edita dalla Libreria Editrice Vaticana e coperta da tanto di Copyright sia in latino che in italiano - Sarà la tua una stampata alla macchia per altre sette religiose e cosche anticattoliche!

Ma vattelo a pija nel culo!
Sergio
6 dicembre 2007 0:00
X De pravato
Sei proprio uno sciagurato ignorante e cafone.
Qui mi accusi di fare affermazioni false e di non riportare correttamente quanto previsto dalla dottrina cattolica mentre in altra discussione "Totalitarismo cattolico" affermi che ho riportato correttamente il pensiero cattolico senza "interpretazioni personali o elisioni". Peccato che in entrambe le discussioni io ho riportato lo stesso identico testo relativo alla pena di morte e desunto testualmente dal Catechismo.
E hai il coraggio di invitare all'onestà? Ma tu non sai neanche cosa sia e comincio a pensare che non ti rendi neanche conto di quel che scrivi.
Comunque, per offrire a tutti la possibilità di comprendere chi tu sia, riporto di seguito quel che hai scritto nell'altra citata discussione. Vergognati!
------------------------------------------da: DE pravato
Data: 5 Dicembre 2007

Bravo Sergio, che questa volta hai citato solo gli articoli del CCC (Catechismo Chiesa Cattolica) senza interpretazioni personali o elisioni.
Sergio
6 dicembre 2007 0:00
Caro De Pravato, sei tu che procedi per estrapolazioni e non sei in grado di riflettere su quel che leggi. Se la tua versione del catechismo riporta solo la parte da te menzionata, vuol dire che non è la versione completa e ufficiale; ti rimando al testo ufficiale presente anche sul sito della Santa Sede; questo il link http://www.vatican.va/archive/ITA0014/__P7Y.HTM
Il brano del Catechismo da te riportato l’ho citato anch’io ma tu ometti la prima parte (o non ne hai notizia): “L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani”.
La seconda parte (da me correttamente riportata e da te ripresa “Se invece i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall'aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi, poichè essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana. Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l'ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo “sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti” [Evangelium vitae, n. 56]”) riconferma, se ce ne fosse bisogno, la posizione della Chiesa che si barcamena tra necessità d’innovazione e tradizione, non potendo e non volendo smentire le autorevoli voci ecclesiastiche che nel recente passato si sono espresse inequivocabilmente per l’ammissione della pena di morte. Per esempio Pio XII nel 1955.
Infatti, come ho già illustrato, non esistono ragioni di sicurezza che possano giustificare la pena di morte poiché essa viene comminata a chi è già sottoposto a un regime carcerario e pertanto messo nella condizione di non poter arrecare danno alla collettività. Quindi, prescindendo da quale sia la versione corretta del Catechismo, il giudizio non cambia. Riconfermo che ipocritamente la Chiesa maschera con una supposta esigenza di sicurezza la concezione della pena di morte come deterrente.
Ti ricordo, infine, che il Catechismo riporta parole estratte dall’Evanhelium Vitae, enciclica del 1995 di Giovanni Paolo II.
Ancora, la pena di morte è stata prevista dallo Stato Vaticano sino al pontificato di Paolo VI ed espressamente prevista, all’indomani della rinascita della Stato Vaticano, dall’art 4 della legge 2 del 1929.
Puoi citarmi un’iniziativa a livello internazionale (ti ricordo che la Santa Sede è presente anche all’ONU) promossa dalla Chiesa Cattolica per abolire la pena di morte?
Non solo sei poco informato, basterebbe parlare con qualsiasi prelato mediamente preparato per avere conferma che quanto sostengo non è una mia interpretazione ma la pacifica e non contestabile posizione ufficiale della Chiesa Cattolica, ma sei anche offensivo: tipico dei cattolici arroganti e incolti.
DE pravato
5 dicembre 2007 0:00
proprio tu, quando leggi una cosa e ne capisci un'altra, e ne riferisci una terza!
.
.


Il “Mio” Catechismo della Chiesa Cattolica, ISBN 88-209-1888-9, al punto 2267, fra fine pag 557 ed inizio 558 dice solamente:

“Se i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere le vite umane dall’aggressore e per proteggere l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone, l’autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana”.

NON C’E’ ALTRO.

Prima viene l’articolo 2266, poi il 2268.

Ti sembra che il tuo intervento circa la pena di morte sia una corretta interpretazione di questo articolo che belluinamente citi “testualmente”?...

Diciamo che qualche volta leggi male, qualche volta l’odio per la Chiesa ti fa capire peggio, e qualche altra infine citi un diamine per un altro…
Risultato concreto: chi legge e si fida di te, capisce quello che gli vuoi far capire tu e non quello che veramente è!

Ti sembra modo di agire di un gentiluomo educato che non dice parolacce?... eddai!... dilla una parolaccia, ma sii onesto!

(NB – Non ci ho messo nemmeno un vaffanculo, in questo intervento. Sono diventato una pesona educata pure io?... più di Beppe Grillo?...)
Sergio
5 dicembre 2007 0:00
Caro DE Pravato, sono una persona educata e quindi mi limito a invitarti a leggere il Catechismo.
Per tua comodità ti riporto quanto afferma il Catechismo che al punto 2267 recita testualmente:
“L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani. Se invece i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall'aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi, poichè essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana. Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l'ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo “sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti” [Evangelium vitae, n. 56]”.

Chi è che dice stronzate?

DE pravato
5 dicembre 2007 0:00
Sergio, ma che cazzo dici?

lo sai che la prima pagina di un libro condiziona il successo di tutta l'opera?...
..................

"Contrariamente a quanto afferma anche la Chiesa Cattolica, non esistono esigenze di sicurezza che rendono necessaria la pena di morte. Per definizione si tratta di una pena inflitta a chi, condannato dopo un processo, è sottoposto a un regime di carcerazione. Ergo, l’individuo è già nelle condizioni di non arrecare danno alla collettività. Non sarebbe ucciso per motivi di sicurezza ma la sua morte servirebbe da monito ad altri, quindi si sacrificherebbe una vita per una presunta valenza di deterrenza e non di sicurezza. Presunta perché i dati ci dimostrano che la pena di morte non è per nulla un deterrente.

.............

Queste sono un mucchio di stronzate!

E non serve a niente, che poi cominci a dire cose sensate:

"Aggiungo che la pena di morte, per la caratteristica intriseca di irreversibilità, non lascia spazio a rimediare a sempre possibili errori giudiziari. "

...............

Ormai il lettore attento, quello che ha anche altre cose da fare, già ti ha scartato... e non continua più a leggerti!


Stai attento, a quello che dici!

Sergio
5 dicembre 2007 0:00
Contrariamente a quanto afferma anche la Chiesa Cattolica, non esistono esigenze di sicurezza che rendono necessaria la pena di morte. Per definizione si tratta di una pena inflitta a chi, condannato dopo un processo, è sottoposto a un regime di carcerazione. Ergo, l’individuo è già nelle condizioni di non arrecare danno alla collettività. Non sarebbe ucciso per motivi di sicurezza ma la sua morte servirebbe da monito ad altri, quindi si sacrificherebbe una vita per una presunta valenza di deterrenza e non di sicurezza. Presunta perché i dati ci dimostrano che la pena di morte non è per nulla un deterrente.
Aggiungo che la pena di morte, per la caratteristica intriseca di irreversibilità, non lascia spazio a rimediare a sempre possibili errori giudiziari.
Discutere intorno alla pena di morte, significa porsi interrogativi su quale debba essere la funzione della pena.
In molte comunità arcaiche chi commetteva delitti gravi era allontanato dalla comunità. La pena era il ripudio dalla comunità. Anche gli Stati moderni hanno utilizzato questa tecnica, pensate ai bagni penali nelle colonie (Papillon, vi ricorda qualcosa?).
Oggi questa soluzione è praticata con le istituzioni carcerarie che dovrebbero essere finalizzate a creare le condizioni per il reinserimento di chi delinque. Inutile nascondersi che in certi casi questo obiettivo (presente anche nel nostro ordinamento) non è perseguibile per le caratteristiche del soggetto e per i limiti della nostra cultura e capacità di recupero ma in tanti altri casi, invece, per i limiti oggettivi e strutturali delle nostre carceri (per questo talvolta il carcere si trasforma in una scuola del crimine).
Imporsi di non praticare la pena di morte richiama l’obbligo di adoperarsi per il miglioramento della struttura carceraria perché possa essere coerente con l’obiettivo costituzionale del reinserimento.
Possiamo anche prevedere che il carcere abbia una esclusiva funzione segregativa (cosa che avviene con la condanna all’ergastolo, per esempio) ma questa ipotesi dovrebbe essere estremamente limitata a casistiche estreme e strettamente correlata ai limiti delle capacità e tecniche di recupero cui facevo riferimento prima. Troppo spesso, invece, rinunciamo alla funzione di recupero per inerzia e incapacità di prevedere forme di pena alternative alla pura segregazione. Così, molti entrano in carcere per piccoli reati ed escono delinquenti patentati.
In linea di principio sono contrario perfino all’ergastolo perché con la previsione di questa pena si abdica aprioristicamente alla funzione di reinseriemnto della pena non in riferimento al soggetto specifico ma in relazione a figure di reato.
Sono però considerazioni di carattere culturale, oserei dire di cultura antropologica, che mi portano a essere un irriducibile, sino a dimostrazione contraria, oppositore della pena di morte.
Quale civiltà vogliamo? Su quali leve vogliamo agire per migliorare la convivenza civile?
E, poiché quando si parla di pena di morte sono sempre gli istinti di pancia che prevalgono, aggiungo subito una terza domanda.
Può la collettività farsi carico della “bestialità” che talvolta caratterizza il comportamento di taluni soggetti?

La mia risposta è sì, perché ogni “asocialità” è frutto della nostra natura.
Non esiste civiltà umana a ogni latitudine e longitudine che non abbia praticato schiavitù, stupri di massa, deportazioni di intere popolazioni, genocidi, torture…
La violenza e la distruttività accompagnano l’uomo sin dall’epoca delle caverne.
La violenza è animale, e quindi riesce più facile all’uomo che è pur sempre un animale… La violenza umana è consapevole, volontaria; gli altri animali sono inconsapevolemnte violenti, si tratta di uso della forza, istinto e non di scelta. La violenza umana sa essere inaudita perché l’uomo aggiunge conoscenza, intenzionalità e consapevolezza, alla naturale forza biologica giungendo a una smisurata capacità distruttiva.
La capacità d’amare e di lasciarsi amare è cultura, creatività che dona all’uomo quel quid che lo rende diverso dagli altri animali. L’essere umano è l’unico animale capace di amare, progettare, creare.
Solo potenziando queste “armi” a noi specifiche potremo tacitare l’istinto violento e sanguinario che emerge immediatamente anche in miti persone appena diventano branco.
Ripudiare la violenza dovrebbe essere l’imperativo categorico.
Troppo spesso, invece, indulgiamo in atteggiamenti comprensivi e accondiscendenti.
Ci piaccia o meno, in ciascuno di noi può annidarsi un “mostro” e con questa eventualità dobbiamo imparare a convivere e a fare i conti. Gridare al “mostro” è spesso un modo per esorcizzare le nostre paure, a non confrontarci con esse e con la nostra misteriosa natura. Significa non fare i conti con la civiltà umana che ha sempre considerato la vita altrui un bene di cui poter disporre a piacimento. Di questa civiltà siamo figli.
Pensate alla schiavitù, ma anche alla vendita dei figli e ai figli “promessi” in matrimonio…
Pensate ad Abramo pronto a sgozzare Isacco perché la Voce così gli comanda.
Il terrorista, in nome di un ideale superiore, dispone della vita di persone innocenti.
Pensate ai serial killer. Non si muovono il più delle volte perché spinti da una forza moralizzatrice e purificatrice? Cos’è il terrorista se non un serial killer “politico”?
Gli Stati hanno utilizzato milioni di persone come carne da macello impiegandole in guerre assurde.
Le religioni in nome della Verità Rivelata hanno ucciso e massacrato.
L’idea antropologica che si possa disporre della vita altrui genera assassini, genera mostri.
Con questo dobbiamo fare i conti.
Nella violenza sessuale, non c’è forse una manifestazione di potere che, lungi dall’essere sconfitta, contrassegna la civiltà umana? Solo di recente lo stupro è diventato un reato contro la persona prima era un reato contro la moralità! Per quanti secoli il maschilismo imperante ha incitato e favorito la violenza contro le donne? Quante volte la cronaca della violenza subita da una donna è stata accompagnata da commenti del tipo “si vabbè ma se l’è cercata…”. C’è una bellissima pièce di Dario Fo su questo aspetto oppure pensate al film “Sotto accusa” con una straordinaria Jodie Foster.

Guerre giuste, sacrifici necessari… perché stupirsi, gridare al mostro, invocare pene esemplari se qualcuno ritiene che sia “giusto” sacrificare la vita altrui per accedere agli agi della vita, a qualche momento di piacere o realizzare un obiettivo politico?
Sono frutti della nostra civiltà e della nostra natura.
Gli altri animali sono dotati di una “moralità” genetica, l’uomo deve essere educato all’amore, alla moralità e alla legalità. Vi sembra che si facciano seri sforzi in questa direzione?
Se Abramo è indicato come un pilastro della cristianità, la missione diviene ardua. Se perfino la Chiesa ritiene lecita, anche se con prudenza, la guerra… allora non c’è scampo.
No, nessuno ha il diritto di disporre della vita altrui. Solo così “la sacralità della vita” ha un senso e potrà essere difesa. Dobbiamo prendere atto che l’uomo è un “animale disadattato”, un pesce fuor d’acqua. Questa è la nostra natura, simili a Dio che distrugge Sodoma e Gomorra, incurante di un terrorizzato Abramo che lo invita a considerare che potrebbero esserci dei “giusti” in quelle città.
La pena di morte è allora forse una allegorica caricaturale trasfigurazione della vita concepita come pena.
DUCA
5 dicembre 2007 0:00
E te, Francesco, andavi a squola e t'imparavi litagliano!
Sesto Quinto
4 dicembre 2007 0:00
Supervik, con questa tua idea di fondo, cosa diventerà tuo figlio un grande guerriero?
Supervik
4 dicembre 2007 0:00
......se uno ammazza mio figlio io SO' cosa fare..... Di sicuro non aspetto lo Staterello che gli faccia 20 anni di processi in semi liberta'..... OCCHIO PER OCCHIO - DENTE PER DENTE....... Di qualsiasi razza o colore sia il bastardo.....
Topesio
3 dicembre 2007 0:00
Be' non sono io...
Sesto Quinto
3 dicembre 2007 0:00
x Topesio
con un motore di ricerca digitando il tuo pseudonimo ho trovato un sito dove Topesio è descritto così. ciao
Stefano - Venezia
3 dicembre 2007 0:00
Grazie Topesio è quello che volevo sentirti dire ?
Topesio
3 dicembre 2007 0:00
Sesto Quinto, non capisco dove tu voglia arrivare e soprattutto non capisco il senso del tuo virgolettato: chi staresti citando?
FRANCESCO
2 dicembre 2007 0:00
Ricordo ai signori, che durante l'epoca fascista, non era in vigore la pena di morte. i condannati scontavano la pena in carcere facendo i lavori forzati. tutti i mafiosi arrestati in sicilia sono stati spediti al confino. in quel caso se ci sarebbe stata la pena di morte, gli americani se lo sarebbero sognato di sbarcare in sicilia.
DE pravato
2 dicembre 2007 0:00
No... Passante, non dire così!

Il Toppo è normale... un italiano normale... anzi anche un poco più che normale... dicono... di un zinzininn in più del 50%...

Sennò, credi che staremmo dove siamo?...

(zinzininn NON è una cattiva parola... vuol solo dire "acerrimamente poco")
rumeno
2 dicembre 2007 0:00
pena di morte?

NNOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!

-Dove ci porta la morte? Ci porta in quella pace dove noi fummo prima di nascere. La morte è il non-essere: è ciò che ha preceduto l'esistenza. Sarà dopo di me quello che era prima di me. Se la morte è uno stato di sofferenza, doveva essere così prima che noi venissimo alla luce: ma non sentimmo, allora, alcuna sofferenza.
NO, NO, NO,NOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!
Sesto Quinto
2 dicembre 2007 0:00
x Topesio
cosa cancelleresti da questa descrizione di chi è Topesio?
Vegetariano, finocchio, ricercatore, padre di un bel bimbo, antiberlusconiano e:
"maschio, bianco, ho da poco superato i quarant'anni, quindi tecnicamente parlando sono oltre la metà della mia vita. Refrattario alla rigidità delle regole, pigro da paura, voglio bene e mi faccio voler bene. Buon cibo, amici, Pc e motocicletta ( non necessariamente in quest'ordine ) le mie passioni, insieme a mille altre che a volte durano lo spazio d'un mattino, altre volte mi accompagnano per interi pezzi di vita."
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