Commenti
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osa 4 agosto 2005 0:00
da: lalla Data: 4 Agosto 2005 osa, hai dato
un'occhiata www.luogocomune.net?
--------------------------------------- Ho visto
Lalla. Ci sono molte persone che sanno ragionare con la
propria testa ma purtroppo x ognuno di loro ci sono 100
imbecilli che non credono ad altro che a quello che dice la
TV.
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Alex 4 agosto 2005 0:00
Osa, se fai degli interventi enciclopedici è difficile
trovare il tempo di risponderti. Tra l'altro fai
come Marzullo, ti fai le domande e ti dai le risposte.
E' una tua supposizione, che spacci per il Vero
assoluto, che gli attentati di Londra siano stati appoggiati
da qualche governo. Come sono tue supposizioni e deduzioni
altri commenti che hai fatto, ma si potrebbe affermare anche
il contrario senza timore di smentita.
L'Afghanistan ha visto la vittoria dei ribelli? Anche
qui pura opinione, c'è in carica un governo eletto.
L'Iran una povera vittima? Peccato che
l'opposizione abbia denunciato brogli elettorali durante
le ultime votazioni. Anche Mussolini negli anni trenta
vinceva in maniera plebiscitaria... Circa gli obiettivi
del terrorismo.. ovvio, "punire" gli infedeli,
come più volte detto nei videomessaggi... o anche questi
sono prodotti dagli americani? Ma in Spagna hanno anche
ottenuto un grande risultato politico, non certo favorevole
agli Usa. "E, ormai è certo, l’attentato alle
Torri Gemelle di New York dell’11 settembre 2001 è stato
un autoattentato": di illazioni se ne possono fare
tante, ma almeno servirebbe dimostrarle. Di certo non
c'è proprio nulla, ed è scorretto affermare ciò di
cui non si hanno prove, se non qualche scritto trovato
chissà in quale sito di dubbia corrispondenza col vero.
Ormai si giustifica tutto e il contrario di tutto: se un
fatto va a favore degli Usa se lo sono fatti loro per un
loro vantaggio, se invece va contro gli Usa se lo sono
sempre fatti loro per aumentare la tensione e giustificare
le loro azioni. Alle illazioni non c'è mai fondo, meno
male che poi parlano i fatti.
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fabio 4 agosto 2005 0:00
x stefano fusco. caro stefano 2 cose: La prima è
che se mi dici di andare a documentarmi un un sito,
assicurati prima che ci siano informazioni che possano
avallare la tua tesi(ribadisco, l'auto ad acqua non
esiste, e l'idrogeno può essere prodotto
dall'acqua) Secondo mica è colpa mia se tu fai
delle affermazioni di carattere scentifico che non stanno in
piedi, io mi limito solo a suggerirti di studiare di più su
i libri di fisica in modo da evitarti di fare la figura
dell'incompetente. X lalla Continui a non
capire........speriamo che qualche talebano o qualche
islamico estremista possa farti conoscere la bontà delle
loro tradizioni....auguri!
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lalla 4 agosto 2005 0:00
osa, hai dato un'occhiata www.luogocomune.net?
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Paolo 4 agosto 2005 0:00
Per Osa, sugli USA. Interessante la coppia di messaggi
di OSA su questo pericoloso Stato canaglia che sono gli
USA. Molte delle affermazioni di Osa sono indubbiamente
vere, altre convincono meno. Sicuro che l'USIA fu
costituita nel 1953? Non e' nata da quello che per molti
anni si chiamava USIS? Mi sembra una forzatura
sostenere che la corsa all'ovest servisse SOLO a
procurarsi porti per spedire pelli di orso in Cina. Magari
quando avrebbero raggiunto il Pacifico e costruito i porti
l'orso era passato di moda ... Mettere le mani su un bel
po' di territorio mi sembra uno scopo accettabile e
credibile, e in questo gli USA non sarebbero stati diversi
da tanti altri Stati. Certo ci sono stati degli episodi in
cui l'impiego delle risorse statali USA per sostenere
interessi di singoli o gruppi di imprenditori ha dato molto
nell'occhio, come il golpe in Cile nel 1973, ma non
e' detto che tutta la politica USA si riduca a qualcosa
del genere, ci possono anche essere degli interessi generali
di sicurezza e sopravvivenza e perche' no di potenza,
non legati agli interessi contingenti di singole
aziende. E d'altra parte si potrebbe sostenere che
gli USA nemmeno in questo siano tanto diversi dagli altri
Stati. Non uso' forse l'impero britannico (o quello
francese o altri) le proprie forze armate per difendere gli
interessi della Compagnia delle Indie, etc? Quanto al
quasi sterminio dei Pellirossa, certo non e' stata una
cosa molto simpatica, ma cosa avrebbero fatto costoro se
invece di scannarsi tra loro si fossero dati da fare per
costruirsi delle canoe oceaniche e fossero arrivati da noi
prima che noi arrivassimo da loro? E comunque perche'
compiangerli, visto che secondo gli storici questi
Pellirossa non sarebbero neanche, a rigore, dei nativi
americano, ma cuginetti di Gengis Khan e compari che
attraverso lo stretto di Bering invasero l'America assai
prima che ci arrivasse Colombo? Visto come si comportarono
tutti i barbari che riuscirono a invadere l'Europa, il
quasi sterminio dei Pellirosse puo' essere visto come
una vendetta trasversale, e la conquista dell'America un
risarcimento per i danni e i crimini di guerra commessi dai
barbari cuginetti dei Pellirosse. Qualche
perplessita' sulle affermazioni di Osa sulla politica
interna USA, dalle sue parole a volte sembrerebbe che coloro
che non fanno parte dell'oligarchia dominante si rendano
perfettamente conto di come stiano le cose, per dirla in
termini marxisti avrebbero una coscienza di classe, altre
volte sembrerebbe che la propaganda di regime sia riuscita a
convincerli che la realta' USA non e' quella che
percepiscono ogni giorno negli slums. Quanto alla
possibilita' che l'attacco alle Torri gemelle sia
stato montato dagli USA, non sono abbastanza addentro alla
cosa da dire se sia stato cosi' o no, ma propendo per un
mezzo no, nel senso che piu' che attuare l'attacco
con propri uomini e' piu' probabile, visti anche i
precedenti storici, che lo abbiano lasciato accadere. Che
l'attacco venga dall'esterno e' importante per
ragioni di politica interna, per rinsaldare il fronte
interno, come accadde a Pearl Harbour (la maggioranza degli
Statunitensi era contraria a entrare in guerra, pare, anche
secondo testinianze di alti ufficiali USA, che Roosvelt
fosse al corrente dell'attacco, ma lo lascio'
avvenire proprio per sfruttare la reazione emotiva nella
popolazione), tutto questo pero' non vuol dire che gli
Americani siano sempre i cattivi e tuti gli altri i buoni,
ad esempio nel caso di Pearl Harbour gli USA si trovavano
comunque di fronte a uno Stato espansionista e molto ostile,
che aveva gia' attaccato Corea, Okinawa, Formosa, Cina e
Russia e che cercava di dominare il mondo, quindi il trucco
di Roosvelt in fondo fu un piccolo peccato veniale,
sostanzialmente aveva ragione. Allo stesso modo anche se il
Governo USA avesse "lasciato accadere"
l'attacco alle Torri gemelli, beh, Bin Laden c'era
effettivamente, e da tempo. Insomma gli Americano saranno
brutti e cattivi, ma non sono certo gli unici.
Paolo
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osa 4 agosto 2005 0:00
Più questa stagione del terrore continua meno si capisce,
ma a pensar male spesso ci si prende. Analizziamo
freddamente la situazione, anche se davanti a tanto orrore
(guerre d’invasione e bombe in mezzo ai civili) non è
facile, perché qualcosa non quadra. Secondo la
teoria ufficiale del “politicamente corretto” siamo
sotto attacco da parte di una sorta di rete internazionale
islamica che ha dichiarato guerra all’Occidente
democratico; i più “ragionevoli” la ritengono una
risposta all’invasione dell’Iraq, i più “radicali”
sottolineano come già dall’11 settembre 2001 il conflitto
fosse iniziato. A questi ultimi ricordiamo che,
tralasciando tutta l’epoca colonialista (come ha invece
recentemente sottolineato il sindaco di Londra Ken
Livingstone) e partendo dal 1945, sarebbe possibile elencare
una serie di avvenimenti che hanno contribuito a scavare un
fossato tra i due mondi: la nascita di Israele e la
conseguente cacciata dei palestinesi dalla loro terra, i
colpi di Stato anglo-americani in Libano ed Iran,
l’attacco all’Egitto di Nasser, l’invasione
dell’Iraq del 1991 e il conseguente embargo, il
bombardamento del Sudan… Insomma, se anche la loro teoria
fosse vera, i presunti kamikaze che fecero strage gettando
gli aerei dirottati contro le Torri gemelle (sul Pentagono
come ormai è chiaro si trattò di un’autobomba) sarebbero
frutto di un risentimento maturato nei decenni.
Ma continuando a seguire il loro ragionamento, che nella
seconda fase coincide con quello dei “ragionevoli”,
rimane da spiegare quali obiettivi si prefiggano gli
attentati terroristici e in particolare quali vantaggi
possano apportare alla c.d. “causa islamica”.
A meno di non voler considerare Al-Qa‘ida una sorta di
organizzazione criminale composta da assetati sanguinari
completamente irrazionali (e a volte i media ammaestrati la
presentano così), i conti non tornano. Da un
punto di vista militare, se si eccettua la strage di Madrid
con la conseguente vittoria elettorale di Zapatero e il
ritiro dei soldati spagnoli dall’Iraq(1), la strategia del
terrore non ha alcun senso. In Iraq e ormai anche
in Afghanistan tutte le fonti più attendibili segnalano
come ormai la partita stia per chiudersi a favore della
resistenza, semmai le truppe occupanti stanno cercando il
modo di uscirne senza troppe umiliazioni. Le stesse opinioni
pubbliche, quella statunitense e soprattutto quella inglese,
sono contrarie all’avventura militare intrapresa dai loro
governi, perciò gli attentati sono assolutamente
controproducenti in quanto suscitano paura e desiderio cieco
di vendetta. Tutti i comunicati del Ba‘th sono
estremamente significativi a questo proposito; la guerriglia
irachena non necessita né di uomini né di mezzi, ma solo
di appoggio politico e propagandistico: perché allora le
bombe nelle stazioni dei bus o della metropolitana? Non si
tratta invece di un modo per screditarla e convincere i
numerosi oppositori europei che siamo in pieno conflitto di
civiltà e la guerra è inevitabile? Ricordiamo
che siamo peraltro alla vigilia di un’altra importante
crisi mondiale, cioè l’ultimatum che gli anglo-americani
si preparano a dare all’Iran, come esplicitamente ammesso
da Kissinger dopo gli attentati di Sharm el-Sheikh.
Quale miglior modo di organizzarlo se non coinvolgendo
la NATO in Iraq (alleati europei compresi) e ritirando
truppe statunitensi da spostare altrove (cioè in
Azerbaijan, naturale base logistica per la destabilizzazione
del regime di Teheran)? Perché poi colpire Stati
che si sono opposti alla deposizione di Saddam Hussein, come
ad es. la Turchia? Non si tratta proprio di un avvertimento
al governo di Ankara perché rimanga allineato e coperto
alle strategie atlantiste? Quali obiettivi si
vorrebbero raggiungere con un’eventuale attentato
all’Italia? La conversione di Berlusconi all’Islam? Il
ritiro dei soldati italiani dall’Iraq? Eppure è evidente
anche ai ciechi che Roma è assolutamente succube di
Washington, quindi un eventuale dietrofront italiano
potrebbe avvenire solamente se autorizzato dalla Casa
Bianca. Evidentemente si vuole spaventare e
spianare il terreno all’adozione di misure speciali contro
le rare voci libere rimaste in circolazione nel nostro
paese, così come avvenuto in Gran Bretagna.
Esaminiamo allora velocemente le confuse notizie sugli
attentatori. Come è possibile che il Mossad
sapesse almeno sei minuti prima delle bombe di Londra (ma
inizialmente si era ammesso che il preavviso era molto più
grande), tanto da avvertire l’ex premier Nethanyahu?
Perché lo stesso giorno nella capitale inglese si stavano
svolgendo esercitazioni antiterroristiche, copertura ideale
per eludere ogni tipo di sorveglianza? Perché ancora il
Mossad aveva avvisato le autorità egiziane che in quei
giorni ci sarebbero stati attentati ai casino di Sharm
el-Sheihk? Come hanno fatto a saperlo i terroristi che hanno
quindi cambiato obiettivo, facendo esplodere le bombe
altrove e non nei casinò debitamente controllati? Perché
un quotidiano nazionale italiano, già il giorno successivo
alla strage, ammetteva che stando ai servizi segreti
israeliani bisognerebbe seguire una fantomatica pista che
porterebbe a “trafficanti serbi che farebbero uscire le
provviste di esplosivo dagli arsenali dell’esercito di
Belgrado corrompendo alcuni ufficiali e poi li rivendono ai
terminali di Al-Qa‘ida a Sarajevo. Via terra e poi in
nave, l’esplosivo raggiunge la costa egiziana e viene
fatto transitare attraverso il Sinai …”, ricordando che
la rivendicazione proviene dall’Organizzazione Al-Qa‘ida
in Siria ed Egitto(2)? Forse per bilanciare l’articolo del
medesimo quotidiano qualche pagina prima, nel quale si
comunicava che “dalle targhe di almeno una delle auto dei
kamikaze si deduce che la macchina sia entrata in Egitto dal
territorio israeliano transitando dal valico di
Taba”(3). Perché lo stesso giornalista così
informato sulle veline israeliane, il giorno dopo
rettificava l’indicazione del collega: “Le due vetture
usate per compiere gli attentati di Sharm el Sheik erano di
marca giapponese, immatricolate in Giordania e importate
illegalmente utilizzando il traghetto che dal porto giordano
di Aquaba porta a Nueiba in Egitto”?(4) Peccato
che dopo la smentita egiziana sulle responsabilità di
gruppi beduini sia arrivata anche quella sui c.d. terroristi
pachistani, “imboccata” del sito israeliano “Debka”,
vicino al Mossad. In realtà, l’attentato di Sharm
el-Sheikh ha provocato ingenti danni economici all’Egitto,
ma chi ha interesse a indebolire il governo del Cairo, la
presunta rete islamista o uno Stato rivale? Yuval Shteinitz
e lo stesso Shin Bet (servizio di sicurezza israeliano) ad
accusare l’Egitto di “preparare il suo esercito a una
prossima guerra contro Israele”?(5) E a considerare il
rafforzamento militare voluto da Mubarak il principale
pericolo per Tel Aviv dopo l’atomica iraniana e prima del
c.d. “terrorismo islamico”?(6) Non sarà
allora che tutto quanto sta succedendo, compresi i tentativi
di destabilizzazione dell’Arabia Saudita, vada nella
direzione auspicata dal progetto del “Grande Medio
Oriente”, varato dall’Amministrazione Bush e supportato
dalle ambizioni territoriali sioniste? Qualcuno
dovrebbe iniziare finalmente a rispondere a queste domande,
il tempo per smarcarsi dal “macello” planetario ormai
stringe.
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Paolo 4 agosto 2005 0:00
Il titolo del thread e' "Paura del
terrorismo?". Io risponderei no, nessuna paura del
terrorismo, proprio perche' si tratta solo di terrorismo
(e non di una guerra di sterminio). Durante la seconda
guerra mondiale gli Inglesi, quando erano sotto il tiro
delle V1 e V2 (e non c'era quel minimo di tempo per
correre in un rifugio), continuavano a farsi i fatti loro,
senza soverchie preoccupazioni. V1 e V2 fecero dei danni e
uccisero un po' di gente, ma non tanti, per cui, come
capirono le stesse possibili vittime, il rischio di venire
colpito da una V2 era minimo. Nello stesso periodo
sulle citta' tedesche e italiane ogni notte volavano i
Mosquito, cacciabombardieri d'alta quota difficili da
abbattere, essi giravano e giravano a lungo, poi sganciavano
l'unica piccola bomba che avevano, e talvolta
ammazzavano qualcuno, ma anche qui le probabilita' di
rimetterci la pelle per colpa di un Mosquito erano minime,
al punto che la popolazione, dopo esserre inzialmente corsa
in rifugio al minimo allarme, e aver passato parecchie notti
in bianco, arrivo' alla razionale conclusione che
sarebbe stato molto piu' pericoloso privarsi del sonno
che esporsi alla minaccia dei Mosquito. Quanta gente
sono riusciti ad ammazzare i terroristi? E quanta gente
muore ogni anno in incidenti stradali, incidenti aerei e
ferroviari, e in altri modi anche piu' banali? Eppure
nessun rinuncia ad andare per strada, o in treno o in aereo.
Il terrorismo sarebbe una minaccia seria solo se fosse in
grado di colpire tutti i quasi tutti i nostri treni, o
aerei, o automobili, o che, come quando nell'ultima fase
della seconda guerra mondiale la supremazia aerea alleata
era tale che gli ufficiali tedeschi non si spostavano
piu' in aereo, e anche in auto stavano attenti,
preferibilmente si muovevano di notte. Ma Bin Laden non
e' nemmeno lontanamente all'altezza del SAC degli
USA, o del Bomber Command inglese. Certo, il pericolo di
morire per la bomba di un terrorista c'e', ma e'
talmente bassa che l'unica cosa sensata e'
infischiarsene (e cercare di farli fuori tutti). Paolo
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osa 4 agosto 2005 0:00
John Kleeves sugli attentati di Londra di John
Kleeves lunedì, 18 luglio 2005
Domanda 1 : Dottor Kleeves, cosa pensa
dell’attentato avvenuto a Londra lo scorso giovedì 7
luglio 2005 ? Risposta 1.
E’ un attentato molto simile a quello di
Madrid dell’11 marzo dello scorso anno. Nella capitale
spagnola esplosero simultaneamente varie bombe, piazzate in
treni e stazioni ferroviarie, che provocarono un totale di
200 morti e 1400 feriti. A Londra ad esplodere
simultaneamente sono stati degli ordigni posti in carrozze
della metropolitana e in almeno un autobus di superficie,
che hanno causato 700 feriti e un numero di morti calcolato
per il momento in 70 ma destinato sicuramente ad aumentare.
Anche l’ora degli attentati è simile, collocata in
entrambi i casi verso le 8.30 del mattino, quando operai e
impiegati si recano al lavoro. Anche il giorno : in entrambi
i casi era un giovedì, un giovedì lavorativo.
Attentati di questo genere, così complessi e insieme così
ben studiati e puntualmente eseguiti, non sono alla portata
di gruppi terroristici “ privati “, nati e cresciuti al
di fuori di strutture in qualche modo ufficiali, ma possono
essere realizzati solo dai servizi segreti di una qualche
Nazione, o di più Nazioni allo scopo associate. Per queste
operazioni i servizi segreti possono agire in due modi : o
in prima persona oppure infiltrando un ignaro gruppo
terroristico “ privato “, che inducono all’azione
fornendogli il necessario, cioè il danaro, le armi e gli
esplosivi con i relativi accessori, e soprattutto
fornendogli le informazioni esclusive sugli obiettivi.
Così ad organizzare questi attentati di Madrid
e Londra è stato sicuramente un governo, o i governi
associati di più Paesi. Riuscire a convergere verso
qualcuno in particolare non è come cercare un ago in un
pagliaio. Infatti, non sono molti i Paesi che hanno la
consuetudine di ricorrere a questi sistemi in tempi di pace.
In passato si sono distinti in tal senso la Gran Bretagna,
gli Stati Uniti, la Turchia e la Francia, e forse qualche
volta la Germania e la Russia. Negli ultimi decenni, e
attualmente, si può dire che solo gli Stati Uniti, la Gran
Bretagna, Israele e la Francia ricorrono a questi sistemi. I
Paesi più e più volte accusati dagli USA e dai loro
alleati, e dai vari e variopinti pulpiti internazionali loro
legati, di essere dei “ rogue States “, dei “ Paesi
canaglia “ che fomentano il “ terrorismo internazionale
“ e si macchiano di ogni altra infamia, sono al contrario
completamente innocenti, e specie col terrorismo non hanno
nulla a che fare. A dirlo non sono io ma è la storia e la
cronaca : si leggano i libri e si vadano a rileggere i
giornali degli anni e decenni passati e questa verità
balzerà evidente. Quindi i sospetti si riducono
a USA, GB, Israele, Francia. Per focalizzare su quale o su
quali di loro ( nel caso si sia formata una associazione )
non c’è che porsi la solita, vecchia ma generalmente
infallibile domanda : cui prodest ? A chi l’operazione ha
fatto comodo ? a chi l’attentato ha portato vantaggi ?
Nel caso dell’attentato di Madrid io, ragionando in
questi termini, avevo concluso che il colpevole erano gli
USA. Gli USA hanno alle spalle una storia lunghissima di
covert operations realizzate sotto mentite spoglie, una
storia cominciata così precocemente come nel 1773, con la
faccenda del Boston Tea Party, quando alcuni ribelli
coloniali americani travestiti da indiani buttarono a mare
il carico di tè di un mercantile inglese, e poi continuata
con l’impresa dei sedicenti coloni di Sam Houston che nel
1836 avrebbe fruttato la regione messicana del Tejas ( poi
diviso in Texas, New Mexico, Colorado e Arizona ) ; una
storia ripetuta con la costituzione di bande armate
apparentemente locali cui far condurre le proprie guerre ( i
Contras del Nicaragua, le AUC della Colombia, la Mano
Bianca degli esuli cubani, gli Squadroni della Morte di un
po’ tutta l’America Latina, la Al Qaeda
dell’Afghanistan, l’UCK del Kossovo e della Macedonia,
le bande della Cecenia, altri ) ; e una storia andata avanti
con l’esecuzione di una miriade di attentati e omicidi
politici compiuti strisciando nell’ombra di qualcun altro
( Mattei-Mafia, Moro-Brigate Rosse, M.L.King-Uomo
squilibrato, John Lennon-Uomo squilibrato, H.M.Schleyer-Rote
Armee Fraction, D’Antona-Brigate Rosse, Biagi-Brigate
Rosse, altri ). Non solo, ma gli USA hanno
mostrato di apprezzare a tal punto i vantaggi dell’atto
terroristico attribuito ad altri da essere arrivati a
organizzare degli attentati contro se stessi, contro
cittadini, beni e territorio degli USA stessi ! Di nuovo non
sono io ma è la storia a dirlo, fornendo degli esempi
davvero notevoli e incontrovertibili, riconosciuti da
qualunque studioso animato da un minimo di obiettività :
nel 1898 furono agenti del governo USA a far saltare la
corazzata USS Maine e i suoi 160 uomini di equipaggio nel
porto dell’Avana, ottenendo così il pretesto per
dichiarare quella guerra alla Spagna che avrebbe fruttato
Cuba, Guam e le Filippine ; nel 1915 furono i funzionari
doganali americani a lasciar trapelare la presenza nelle
stive del Lusitania di ingenti rifornimenti bellici per la
Gran Bretagna, rendendo così la nave una preda ambita per
gli U Boote tedeschi ; fu il presidente Franklin Delano
Roosevelt in persona ( il buono e sofferente paralitico ), e
il suo staff più intimo guidato dal gen. George Marshall, a
provocare deliberatamente l’attacco giapponese a Pearl
Harbor del 7 dicembre 1941 e a congegnare perché provocasse
più morti possibile fra il personale americano, al solito
scopo di avere il pretesto per la guerra. E,
ormai è certo, l’attentato alle Torri Gemelle di New York
dell’11 settembre 2001 è stato un autoattentato,
organizzato dai servizi USA per avere la scusa di lanciare
la “ guerra al terrorismo internazionale “, cioè in
altre parole di partire alla conquista del pianeta
cominciando con il Medioriente, il suo petrolio, e la sua
collocazione strategica nei confronti di Russia e Cina. Ho
detto che è certo essersi trattato di un autoattentato
perché se ne sono ottenute le prove materiali ; ad esempio,
è stato dimostrato con fotografie che l’11 settembre 2001
il Pentagono non fu colpito da un aereo di linea dirottato
ma da un missile da crociera. In questo autoattentato sono
periti circa 2700 cittadini statunitensi ; per gli
ascoltatori della radio satellitare iraniana in lingua
italiana che ci stanno ascoltando questo sembra incredibile,
sembra un abominio impensabile, un crimine che nessuno mai
si sognerebbe di compiere verso il proprio popolo, ma per
combinazione è circa lo stesso numero dei soldati
statunitensi morti a Pearl Harbor. L’abominio era già
stato commesso una volta. Di questa
disponibilità statunitense all’autoattentato è rimasta
addirittura una testimonianza scritta : il piano denominato
“ Northwoods “, preparato dal gen. Lemnitzer nel 1962 e
recentemente venuto alla luce in forma integrale, che
prevedeva l’esecuzione di vari e alcuni assai efferati
attentati terroristici contro cittadini e mezzi statunitensi
dei quali incolpare Cuba e il solito “ malvagio “ Fidel
Castro. Il piano, aggiungono le fonti USA, fu respinto dal
presidente Kennedy : attendibile o no questa conclusione,
questo “ lieto fine “ un po’ hollywoodiano, rimane il
fatto che il piano fu preparato e ciò basta a testimoniare
un cinismo intollerabile. Nel caso
dell’attentato di Madrid il cui prodest ? per gli USA
stava nelle intenzioni. Eseguendo l’attentato di Madrid, o
facendolo eseguire da chissà quale scheggia impazzita del
sottobosco politico europeo o musulmano, gli USA agitavano
lo spauracchio del terrorismo in Europa, contando che con
ciò gli europei avrebbero rotto gli indugi e avrebbero
seguito gli USA nella loro crociata mediorientale, spacciata
appunto per crociata contro il terrorismo internazionale. In
particolare e in concreto l’obiettivo era di affidare alla
NATO la continuazione della guerra coloniale in Iraq,
liberando così truppa americana per altre conquiste. Per
quanto riguardava le elezioni politiche generali spagnole,
che si sarebbero svolte tre giorni dopo, gli USA pensavano
che il PPE dell’alleato Aznar avrebbe potuto trarre solo
vantaggio da un attentato del genere, e anche in caso
contrario il pronostico favorevole non si sarebbe sovvertito
visto il vantaggio che i sondaggi assegnavano ad Aznar. Ma
non andò così. Gli Spagnoli confermarono l’infallibile
fiuto che li aveva tenuti fuori dalla prima e dalla seconda
guerra mondiale : Aznar perse le elezioni nei confronti del
socialista Zapatero, che come primo atto stabilì il ritiro
del contingente spagnolo dall’Iraq. E ciò bloccò tutto
il programma circa la NATO in Iraq. In
conclusione, a mio parere l’attentato di Madrid fu una
covert operation andata male, che anzi aveva ottenuto un
risultato contrario al previsto, una covert operation che
aveva avuto un effetto boomerang, che aveva backfired. Non
è una cosa così rara come si può pensare. In
ogni caso non ci sono alternative a questo scenario.
Qualcuno potrebbe dire che l’attentato fu compiuto da
qualcuno che voleva proprio quel risultato, il rovesciamento
di Aznar, la vittoria di Zapatero e di conseguenza il ritiro
della Spagna dall’Iraq e la paralisi della NATO nel
teatro. E cioè che l’attentato fu compiuto non da chi
voleva gli Occidentali in Iraq, come gli USA, ma da chi non
li voleva, ad esempio la Russia, la Cina o l’Iran. Ma non
è possibile. A parte che si tratta di Paesi che non seguono
la prassi degli attentati terroristici, né palesi né
covert, c’è da dire che se così fosse stato allora un
attentato del genere si sarebbe ripetuto in ogni Paese
europeo dove c’era una elezione sensibile sull’Iraq,
perché così si sarebbe potuto determinare il risultato
voluto, e invece ciò non si è verificato. Anzi, a
dimostrazione del fatto che in Europa - ma credo si possa
dire nel mondo - non esiste ciò che viene chiamato “
terrorismo islamico “, ognuno può constatare che in
Europa dopo l’attentato di Madrid non ci sono stati
attentati attribuibili agli islamici, come del resto non
c’erano mai stati prima.
……………………………………..
Invece il primo attentato “
islamico “ in Europa dopo quello di Madrid è stato quello
di Londra. Perché ? Perché, appunto, non è un
attentato terroristico islamico. E’ anche questo una
covert operation, e anche questo - credo - è opera dello
Zio Sam. Il cui prodest ? è chiaro e netto. In effetti, è
lo stesso dell’attentato di Madrid : portare la NATO in
Iraq. Vincere le resistenze della Francia e della Germania e
porre senza remore la NATO alle dipendenze dirette degli
USA. Gli USA non avevano certo rinunciato all’obiettivo,
che è una tappa indispensabile, ineludibile, necessaria
verso il dominio totale del pianeta.
L’obiettivo è in questi tempi ancora più pregnante,
ancora più fatidico. In Europa si è sviluppato un braccio
di ferro terribile fra Francia e Gran Bretagna, fra Chirac e
Blair. Il nodo su chi comanda nella Europa Unita ( nella UE
) stando in Europa è venuto al pettine. Si è sempre saputo
sin dall’inizio che l’alternativa era tra Francia e Gran
Bretagna, perché sono gli unici due Paesi con armi
nucleari, e cioè sono gli unici due Paesi che contano ; gli
altri sono comparse, compresa la Germania nonostante la sua
economia gigantesca. Ora appunto bisogna decidere, perché i
Due Grandi hanno preso due strade divergenti nei confronti
degli USA : la GB di totale e acritico appoggio, la F di
aperto dissenso, addirittura di concorrenza ( vedi fra le
altre cose la lotta per la supremazia aerea civile tra
Airbus e Boeing, che in prospettiva può portare alla
supremazia nell’aviazione militare : la F ha già messo in
produzione il caccia senza pilota, mentre gli USA hanno
difficoltà in proposito ). La GB vuole una UE da lei GB
guidata alla piena sottomissione agli USA ; la F vuole una
UE da lei F guidata e in concorrenza con gli USA.
Il momento è critico anche per l’accumularsi di due
eventi : i referendum di Francia e Olanda che hanno respinto
la Carta Costituzionale europea poche settimane fa, e
l’inizio del semestre inglese alla presidenza europea.
E’ una congiuntura esplosiva. Il referendum francese non
è avvenuto per caso : è stato Chirac a volerlo, non per
“ far decidere al popolo “ per democrazia, come ha detto
e sperando che il popolo dicesse sì, ma per respingere la
Carta sapendo e sperando che il popolo avrebbe detto no. In
pratica Chirac tramite quel referendum ha fatto la seguente
affermazione : o l’Unione Europea accetta la leadership
della Francia ( messa in discussione da alcune recenti
risoluzioni, come per l’ammissione della Turchia e il
boicottaggio dell’esercito autonomo europeo ) o l’UE non
si fa. E ora alla presidenza dell’UE c’è, per i
prossimi sei mesi, Tony Blair, che ha già dichiarato che il
suo scopo è di aggirare, di sovvertire, di annullare gli
effetti del referendum francese. Solo pochi
decenni fa per un dissidio del genere in Europa sarebbe
scoppiata una guerra. E sono
interessati alla vicenda anche gli USA. C’è da crederci :
in Europa si sta svolgendo ora un confronto che per loro
vale il dominio del Pianeta. Chiaro che gli USA
non si fermeranno di fronte a niente. E neanche la GB si
fermerà di fronte a niente : per stabilire la supremazia
della GB in Europa la dirigenza inglese non ha esitato a
scatenare prima la prima e poi la seconda guerra mondiale.
Un grande attentato in Inghilterra, quasi sicuramente a
Londra, probabilmente era stato studiato da molto, forse
dall’indomani dell’attentato fallito di Madrid : la
riunione del G8 a Glenneagles, in Scozia, è servita per
dargli l’approvazione finale. E’ stato Blair
informato ? Ha dato il suo assenso alla strage londinese ?
Chissà, ma in ogni caso non era necessario : da tempo Blair
sa a che gioco si sta giocando ; non lo sapesse non
ricoprirebbe il posto che copre. Lo stesso si può dire
della signora regina Elisabetta e degli esponenti della più
interna cerchia del potere inglese. Vale la pena
di osservare che anche nell’attentato di Londra, come in
quello delle Torri Gemelle e in quello di Madrid, le vittime
sono state in maggioranza dei poveri pendolari, spesso degli
immigrati senza cittadinanza ( nella strage di Madrid su 200
vittime 90 erano immigrati romeni ). In effetti questi
attentati sembrano proprio essere stati studiati per essere
essenzialmente degli eventi mediatici, col più alto
rapporto possibile fra risonanza politica e danni umani,
specie danni umani nella parte più “ pregiata “ della
popolazione, quella appartenente all’establishment. Al
proposito si può anche osservare che se veramente gli
autori dell’attentato fossero stati degli islamici animati
da malanimo nei confronti degli europei, non avrebbero
scelto per le esplosioni quei luoghi e quell’orario ;
semmai avrebbero pensato a stadi di calcio affollati, o
concentrazioni equivalenti di folla inerme e possibilmente
pregiata, come nelle tribune dei concorsi
ippici. Comunque, avvenuto
l’attentato, Blair si è comportato proprio secondo il
copione che l’ottica sin qui seguita avrebbe suggerito. Ha
pungolato l’orgoglio inglese, dissuadendo in via
preventiva la popolazione dal chiedere un ritiro
dall’Iraq. Hanno aiutato in ciò le disposizioni date in
precedenza durante le esercitazioni di nascondere i
brandelli umani sparsi dietro tende istantaneamente
innalzate sui luoghi, il divieto di trasmettere immagini di
feriti agonizzanti e di trasmettere interviste con
sopravvissuti particolarmente scossi : si sono visti in
effetti alla televisione solo volti insanguinati, ma integri
e in buono spirito : people wounded but with grace. Nel
contempo Blair ha soffiato sul fuoco dell’allarmismo : dal
giorno dell’attentato si sono succeduti incalzanti e
continui gli allarmi bomba a Londra e in altri luoghi come
Birmingham, tutti rivelatisi infondati. E’ la tipica
combinazione di rassicurazioni ( niente crudezze in vista
sui media, cioè : non ci sono reali pericoli da
fronteggiare ) e di psicosi allarmistica che mira a far
accettare ai popoli una guerra assai pericolosa. Poi Blair
ha invitato l’UE a rinserrare i ranghi contro il “
terrorismo internazionale “, implicitamente invitandola
anche ad accettare la leadership inglese naturalmente, una
nomina oramai d’obbligo visti i danni subiti. Ha alluso a
nuove iniziative da prendere in sede comunitaria ( e il
presidente Barroso ha annunciato proprio oggi martedì 12
luglio che sarà approvato domani un nuovo pacchetto di
misure comunitarie contro il terrorismo ), ha cominciato a
parlare di NATO. Per quanto riguarda l’Iran, Blair aveva
minacciato questo Paese solo pochi giorni prima, quando lo
aveva ammonito a non sottovalutare la determinazione inglese
a privarlo della tecnologia nucleare, il che è poco meno di
una dichiarazione di guerra. Probabilmente verrà scoperto
qualche iraniano fra i sospetti attentatori. Già mi pare
che ci sia un siriano. Mi si lasci
un’ultima considerazione su Bush e Blair. Sono due poveri
uomini patetici, due patetici capi di due patetici Paesi
senza spirito e senza futuro. Questi Paesi ebbero
un’epopea durante la seconda guerra mondiale. Fu
un’epopea in gran parte falsa e frutto di circostanze, ma
in ogni caso l’effetto nel mondo fu grande. E ora tutto
ciò che sanno fare è guardare a quelle glorie passate e
cercare di riprodurle : Bush cerca di fare rivivere il mito
di Pearl Harbor ( che fu falso, ripeto, ma la gente non lo
sa ), il mito dell’America attaccata proditoriamente che
reagisce e alla fine vince, e Blair rifà il verso a
Churchill e al suo famoso discorso sulle “ tears and blood
“, le lacrime e sangue che precederanno l’immancabile
vittoria ; fra poco saluterà con le dita a V. Da qui si
vede che sono due Paesi che sembrano sulla cresta
dell’onda ma che invece sono finiti, che tra breve saranno
travolti dall’umanità in movimento.
Domanda 2 : Dottor Kleeves, lei individua
un ruolo di Israele nella vicenda ?
Risposta 2. Israele è un Paese di
secondo piano, anzi ancora meno che così. E’ una scelta,
una strategia degli USA iniziata nel 1967, di spacciare
Israele come eminenza grigia della politica estera USA. Gli
USA in tale modo si nascondono dietro Israele, fingono di
essere mal consigliati da una entità malevola, fingono di
essere dei bonaccioni traviati da amicizie equivoche. Molti
dei personaggi più esposti nella gestione del potere
statunitense sono di origine ebraica, come oggi Brezinsky,
Wolfowitz, Feith, Perle, eccetera e come ieri altri tipo la
Albright e Kissinger, perché i Veri Americani che detengono
il potere, che sono esponenti dei WASP ( White Anglo Saxon
Protestants ), vogliono creare l’apparenza di una certa
situazione che in realtà non c’è. Se si studia la storia
della diaspora ebraica si vede che questa situazione si è
ripetuta molte volte, sia per la disponibilità oggettiva
degli ebrei, cioè la loro presenza come corpi estranei
nella varie società, che per la loro disponibilità
soggettiva a fare da parafulmini, magari per vanità, e
anche per bramosia perché ci sono vantaggi materiali nel
ruolo. Così, è vero che Israele figura assieme
agli USA in quasi tutti i loro malaffari mondiali, e va da
sé in quelli mediorientali, ma ricoprendo il ruolo del
gregario e non quello del caposquadra. Non bisogna lasciarsi
ingannare : chi comanda sono gli USA, e da loro vengono i
problemi. Anche se naturalmente chi approfitta tanto della
loro protezione, come fa senza ritegno Israele, ha le sue
colpe. Per quanto riguarda gli autoattentati
può anche darsi che i servizi israeliani abbiano giocato un
ruolo di supporto, anche se sarebbe strano che gli americani
si siano fidati di loro per cose tanto delicate. Per
l’autoattentato delle Torri Gemelle di New York è
documentata una presenza dei servizi israeliani, però non
si sa a quale titolo. Sicuramente erano al corrente
dell’attentato prima che avvenisse, ma non è certo che ne
conoscessero la vera logica. Forse hanno anche rischiato di
mandare tutto all’aria perché hanno pensato di avvertire
gli ebrei che lavoravano alle Torri di stare a casa quel
giorno. In sostanza, ciò che voglio dire è che
mi sembra sbagliato pensare che gli attentati di New York,
Madrid e Londra, o uno o due di loro, siano stati
organizzati o pilotati dai servizi israeliani allo scopo di
dirigere l’ira USA verso certi Paesi vicini che Israele
vuole vedere distrutti. Gli USA non sono così babbei, e
neanche lo è la Gran Bretagna, e Israele non potrebbe
evitare una punizione micidiale. So che invece la credenza
nella onnipotenza dell’ebraismo mondiale è molto diffusa,
e che molti pensano che il mondo sia diretto a forza di
diabolici complotti ebraici. Mi sembra un grave errore di
prospettiva, che distoglie l’attenzione dai veri
congiurati ed ostacola alla fine la soluzione dei problemi.
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Antonio Girardini 4 agosto 2005 0:00
Buongiorno Stefano, hai scritto delle cose giuste, le
condivido. Ho letto tutti i vostri passaggi e devo dire
che tutti avete delle ragioni buone da esprimere e meritano
di essere dibattute. Sinceramente sono talmente sconcertato
dai fatti che succedono che a volte mi sento smarrito e mi
fa piacere sentire l'opinione di tutti. Peccato per
quelle persone maleducate che con le parolacce credono di
avere ragione..
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Alex 4 agosto 2005 0:00
Lalla, ignorare chi la pensa diversamente non mi sembra che
porti un gran contributo al dialogo. Non tutti quelli che
non sono d'accordo con te hanno usato parole offensive;
viceversa, non tutti quelli che la pensano come te si sono
espressi nel pieno rispetto delle idee altrui. Prima di
accusare gli altri guarda anche in casa tua.
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lalla 4 agosto 2005 0:00
stefano nn è giusto che x colpa di pochi il forum debba
essere imbrattato,mi hanno riempito di parolacce e di
insulti solo xchè esprimo il mio parere,se loro nn sono
capaci di interagire il problema nn deve essere nostro, io
li ignoro e continuo x la mia strada, inserisco lo stesso le
mie opinioni e le mie considerazioni.
|
Stefano Fusco 3 agosto 2005 0:00
RIPETO: Sono profondamente pentito di aver voluto
esprimere il mio pensiero su questo forum. Mi aspettavo
commenti, dibattiti, opinioni. Mi aspettavo di imparare
qualcosa che non sò... Il risultato invece, è una serie di
insulti tra gente che si crede "portatore di
verità". Voi non sapete cosa vuol dire OPINIONE e non
sapete avere un dibattito o dialogo civile. Qui, sembra che
bisogna a tutti costi convincere gli atri che stanno
sbagliando. Quando ho scritto il mio post, non ho voluto
lavare il cervello a nessuno, ma semplicemente dichiarare la
mia posizione contro la violenza. Tutto qui. Se qualcuno non
è della stessa opinione lo rispetto. Non c'è bisogno
di sparare addosso alle opinioni degli altri. Questo
"dovrebbe" essere un forum, non un campo di
combattimento. Io resto della mia opinione e rispetto quelle
altrui, siamo qui per parlare non per insultarci. Mi rivolgo
ai tuttologi e ai professoroni che non hanno neanche il
coraggio di scrivere il loro nome e cognome.
|
Stefano Fusco 3 agosto 2005 0:00
X FABIOX X LUCA Questo non è il mio
forum, questo forum è libero. Ognuno può scrvere ciò che
vuole...Argomenti e opinioni. Ma quando il Sig. FABIOX mi
dice che io non avrei la capacità di capire una legge
fisica mi sta dando del ritardato. Sapete capire la
differenza tra esprimere un'opinione e offendere
qualcuno?? Voi pensate che ho scritto delle banalità...
forse, ma non ho offeso nessuno!!! Stiamo parlando di
problemi enormi come il terrorismo e non riesco a vedere
neanche un pò di educazione e rispetto con delle persone
della mia stessa lingua e nazione... CHE
DELUSIONE. Sono io lo sfigato che scrive delle
banalità vero?? Allora voi che avete capito tutto
scrivete almeno il vostro nome e cognome. Oppure non avete
il coraggio di farlo??... Allora potete inventarne uno...
tanto chi lo scopre?? No dai.. molto meglio insultare gli
altri e restare nell'anonimato... Insultare
gli altri senza essere scoperto non lo facevo neanche a 10
anni. GUARDATEVI VOI ALLO SPECCHIO!!!!!!!!!!!!
|
lalla 3 agosto 2005 0:00
osa che post lunghi che scrivi...li ho salvati e li leggerò
con calma, poi ti faccio sapere...intanto ti lascio il link
di un sito che trovo molto interessante. benvenuto.
http://www.comedonchisciotte.org/site/index.php
|
Alex 3 agosto 2005 0:00
Marco, inutile cercare di colloquiare con loro, sono
talmente accecati dalla ricerca della Verità alternativa
che appena dici qualcosa che non condividono preferiscono
chiudere subito la conversazione per rimanere nel loro brodo
spalleggiandosi a vicenda, come per autoconvincersi. In
realtà non fanno altro che esercitarsi con degli enormi
"copia e incolla", cercando chi la spara più
grossa. Forse sono una nuova setta. PS: scusa ma
la tua ricostruzione non mi convince... che c'entra
Napoleone? Ho già scritto altrove che Napoleone ero io e
che nessuno poteva smentirmi (cosa che infatti finora non ha
fatto nessuno), e ti giuro che con le Torri Gemelle, ancora
peraltro solidissime, non c'entro nulla.
|
Marco 3 agosto 2005 0:00
Ognuno può pensare ed avere le teorie che vuole.
Ma tutta questa ostinazione a trovare verità
"alternative" mi sembra più che altro solo una
moda condizionata da film, telefilm e libri di fantascienza,
dove la verità non è mai quella che sembra all'inizio
ed è sempre quella più inverosimile. Le torie
di chi dice che l'11 settembre gli USA se lo sono fatti
da soli, valgono esattamente come le mie che invece penso
che l'attacco delle torri gemelle lo hanno commissionato
i marziani (non da marte, ma dall'Area 51), coordinati a
terra da Napoleone che in realtà non è mai morto (ha
scoperto la fonte dell'eterna giovinezza, ed è più
volte riapparso tra noi in incognito in questi secoli. Si
dice che in realtà Elvis fosse proprio lui). Gli
attentatori suicidi non erano arabi, bensì degli eschimesi
neonazisti. Ma in realtà l'attentato è fallito,
le torri gemelle sono ancora li, però l'astuto
Napoleone le ha fatte velocemente ricoprire con un enorme
telo invisibile che funziona attraverso la bioenergia
emanata dai corpi di tutti i newyorkesi. Ed a tutte le
persone del mondo è stato fatta un ipnosi di massa
attraverso uno speciale raggio via satellite che ci ha fatto
vedere le torri cadere. Sembra che in realtà in quei
momenti come dei babbei guardavamo tutti il televisore
spento. E pensare che quel babbeo di Bush, è
stato capace di pensare a farsi un attentato da solo come
quello dell'11 settembre per andare ad invadere
l'Afghanistan, probabilmente uno dei paesi più poveri
del mondo, mentre non è stato capace di seppellire due
missiletti di distruzione di massa nel deserto iracheno.
Mah, valli a capire sti americani.
|
osa 3 agosto 2005 0:00
CARA LALLA, penso anch'io che il vero pericolo per
il mondo siano gli USA e non quei disgraziati che fanno gli
"autobotti"...poveri imbecilli "strumenti
ciechi d'occhiuta rapina",come dice il poeta...
Ciao! ---------------------------------------
UN PAESE PERICOLOSO:GLI USA(Parte 1°)
Una società squilibrata: il caso Usa La
realtà degli Stati Uniti ha molti lati negativi, sia nei
suoi aspetti attuali che storici. A chi la conosce, anche
poco, ma quel poco con esattezza, immancabilmente capita
prima o poi di notare come la filmografia di tale paese -
per antonomasia Hollywood - sia al riguardo puntualmente
mistificatoria. Non in modo plateale: i film di
Hollywood non stravolgono completamente i fatti né fanno
omissioni evidenti per i non iniziati. Con disinvoltura essi
evitano di citare gli eventi più significativi, o dei
particolari rivelatori, e distorcono i fatti quel tanto che
basta per indurre lo spettatore a trarre conclusioni
sbagliate su certe situazioni, o comunque a non trarre
quelle giuste. Gli esempi sono infiniti. La
società americana Prendiamo la società
americana. Com'è, in breve ma con esattezza, quella
società? E' una società dove gli individui lottano
accanitamente per arricchirsi, dove quelli che non ce la
fanno cominciano a lottare accanitamente per sopravvivere e
gli altri non ne hanno mai abbastanza di ingegnarsi a
mostrare il loro successo. E' una società
spietata, oltremodo selettiva secondo il suo criterio, che
distrugge innumerevoli schiere dei suoi componenti. Le
statistiche parlano chiaro. Su un totale di 240 milioni di
abitanti i poveri sono 30 milioni per il governo e 60
milioni per gli istituti privati. Non si tratta di
"poveri" solo rispetto ad uno standard elevato:
non possono permettersi di curarsi, ed infatti hanno una
vita media di 10 anni più breve della media; anche il
sangue che vendono nei laboratori privati presenti in ogni
cittadina, che può fruttare sino a 80 dollari al mese, non
aiuta. Nella vasta area interna dei monti
Appalaci, che tocca cinque Stati ed è abitata praticamente
solo dai bianchi anglosassoni, ci sono episodi di
denutrizione fra i bambini. Gli homeless sono circa 4
milioni (il governo li calcola in 250.000, che sono invece
solo gli homeless anche malati di mente). In maggioranza
bianchi anglosassoni, sono persone che hanno perso il lavoro
e non ne hanno trovato un altro in tempo utile: sia che
fossero in affitto o avessero contratto un mortgage bancario
sulla casa, in breve si trovano sulla strada.
Può anche essersi trattato di un problema di salute: ogni
anno circa un milione di persone negli USA va in bancarotta
per le spese mediche. Intere famiglie sono homeless: vivono
nella loro auto, addosso alla quale cominciano ad erigere
tende e cartoni; allontanati da un sito all'altro
finiscono per ritrovarsi nelle car cities o nelle tent
cities, la più grande delle quali è presso Van Nuys, un
sobborgo di Los Angeles. Ogni inverno circa
1.000 homeless muoiono per il freddo. Gli street kids
riflettono il disagio delle famiglie povere americane: sono
minori dagli 8 ai 14 anni, dei due sessi, che fuggono di
casa e che si ritrovano in gruppetti nelle grandi città
dove per sopravvivere in genere si prostituiscono ad adulti
che li cercano incessantemente (gli street kids fanno
survival sex con i chicken hawks). Fra rientri e
nuove fughe il loro numero è costante da molti anni ed è
calcolato in "più di un milione". Ogni anno circa
5.000 street kids muoiono per percosse, stenti o malattie,
frettolosamente fatti seppellire in tombe anonime dalle
autorità municipali; molti hanno l'AIDS (il 40% di
quelli che vivono a New York City, si calcola).
L'infanzia difficile non si concilia con la scuola: ci
sono così negli USA 27 milioni di analfabeti, persone che
scelgono le scatolette di cibo in base ai disegni, per i
quali comunque sviluppano una memoria sicura. I
migrant workers sono circa 5 milioni: sono lavoratori
agricoli stagionali che passano la vita spostandosi da un
campo di pomodori a uno di meloni su vecchie auto o
furgoncini, le loro case. Tre milioni di nuclei
familiari - anche numerosi, di cinque o sei persone - vivono
nei trailers, che sono cassoni in alluminio e polistirolo da
2,2 x 6-10 metri montati su ruote gommate e parcheggiati per
sempre in campi di periferia, che diventano trailer parks.
Quantità ancora maggiori vivono negli slums, quartieri
degradati e pericolosissimi presenti in ogni città, in
genere in zone periferiche abilmente tagliate fuori dalla
viabilità, perché i turisti non le vedano o qualcuno non
ci si avventuri per sbaglio. Ogni anno in media
il 17% delle famiglie americane trasloca, seguendo il lavoro
là dove lo trova, anche mille miglia distante. Madri single
e desolate sono spesso costrette a vendere i loro neonati,
come la legge americana in verità permette: al posto del
pagamento delle spese del parto, circa 3.000 dollari,
firmano in ospedale un certificato di cedimento in adozione
ed il neonato finisce ad una coppia, la quale spende in
totale sui 20.000 dollari. Roseanne Barr, la
protagonista del serial televisivo Roseanne, in gioventù
ebbe problemi e diede in adozione la figlia, che ora vive in
Texas. Questo è per sommi capi il risvolto
umano della curva di distribuzione della ricchezza negli
Stati Uniti, dove meno dell'l% della popolazione detiene
più del 50% della medesima e dove il resto non è diviso
molto più equamente. Gli stenti economici si
trasformano in criminalità e disagi psicologici. Il livello
di criminalità americano è giustamente leggendario e basti
il numero di omicidi: dai 25 ai 30.000 all'anno; nella
capitale Washington, che ha circa gli abitanti di Bologna,
avvengono sui 400 omicidi all'anno. Per i problemi
psicologici si può dire che negli Stati Uniti vi sono 27
milioni di alcolizzati, 18 milioni di consumatori di droghe
leggere, da 4 a 8 milioni di cocainomani e 500.000
eroinomani, mentre uno studio condotto nel 1984 dal National
Institute of Mental Health concludeva che il 19% della
popolazione adulta americana era da considerarsi mentalmente
malata dal punto di vista clinico. Anche i suicidi sono dai
25 ai 30.000 all'anno. Dietro la maschera
Guardando un film di Hollywood ambientato negli
States contemporanei ha mai lo spettatore la sensazione di
una realtà del genere? Certamente no. I
particolari che sarebbero solo di per sé rivelatori sono
accuratamente evitati. Così in nessun film americano si
vedono street kids o intere, normali famiglie composte da
padre, madre e figli che vivono in automobili; mai è
presentata la situazione della persona che non può curarsi
per mancanza di soldi e che è respinta da medici e ospedali
per quello; mai si vedono homeless o comunque poveri che
vendono sangue e sperma per 20 dollari; mai si vedono tent
cities o trailer parks; mai si vedono donne che cedono i
loro figli in cambio del pagamento della retta ospedaliera.
Il resto è mostrato tutto, ora questo ora quello a seconda
delle esigenze del copione: slums, barboni, braccianti
nomadi e così via. Il contesto e il modo in cui
tali topiche sono presentate, però, non permettono allo
spettatore di rendersi conto del loro reale significato,
della drammatica portata che hanno nella società americana.
Il che viene ottenuto suggerendo allo spettatore
altre opzioni, rivolgendosi al suo subconscio con
ammiccamenti vari. I barboni, ad esempio, se inseriti sullo
sfondo per un tocco di "realismo" sono sempre
stesi a terra ubriachi o drogati; se sono in piedi e parlano
sono dei pazzi o dei mentecatti; lo spettatore così
conclude che gli homeless americani sono tutti dei portatori
di gravi difetti che si trovano in difficoltà per una
qualche loro colpa, o dei malati che preferiscono vivere in
una scatola di cartone piuttosto che in un istituto.
Se l'homeless del film ha una parte nella vicenda
e non gli si attribuiscono colpe specifiche, allora lo è
per sua scelta, per via della sua personalità di
irriducibile ribelle, come un personaggio di Pian della
Tortilla. Questo è anche il caso dei migrant workers,
presentati come dei solitari che passano da un ranch
all'altro perché così a loro piace; se si portano
dietro una famiglia allora sono sempre deichicanos,
immigrati abituati a miserie peggiori. Rarissimo vedere un
trailer in un film americano; comunque quando c'è non
è maiinserito in un trailer park, è sempre seminuovo e
abitato da un single di indole sportiva, o da un criminale.
Altre situazioni presentate da Hollywood
sembrerebbero a prima vista sicure rivelatrici di una
realtà sociale spietata, come ad esempio il caso
dell'impiegato che viene licenziato e che diventa
homeless. Ma nella vicenda sono sempre inseriti elementi di
inverosimiglianza, che inducono lo spettatore a concludere
che la situazione non è stata tratta dalla realtà, ma
inventata apposta peconfezionare una storia e farlo
divertire. C'è poi un arma segreta, che risolve ogni
situazione: l'immancabile lieto fine di Hollywood.
Con il lieto fine si può presentare quasi qualunque
dramma: innanzitutto esso rappresenta di per sé
un'inverosimiglianza, che ha l'effetto appena detto,
e alla peggio lascia nello spettatore l'impressione che
la società americana può avere sì delle durezze, può
creare delle difficoltà, ma che queste sono sempre
temporanee e dopo un po' tutto si risolve per il meglio.
La politica interna americana
Discorso analogo per la politica interna americana. Gli
Stati Uniti, ben lungi dall'essere una democrazia, sono
una evidentissima oligarchia basata sulla ricchezza.
L'establishment oligarchico comprende circa un quarto
della popolazione ed esercita la sua dittatura attraverso un
sistema elettorale che non pone limiti ai finanziamenti
privati e che di fatto esclude dal voto gli strati più
poveridella popolazione: alle elezioni statali, dalle quali
dipende in concreto la vita dei cittadini (gli USA non sono
uno Stato; sono una federazione) non partecipa mai più del
35/40% degli aventi teoricamente diritto, per una serie di
ostacoli pratici che sono frapposti, e a quelle
presidenziali mai più del 50/55%. Politici e
media americani chiamano la loro una One man one vote
democracy; il popolino la chiama One dollar one vote. Nel
tempo mai meno dell'80% dei componenti del Senato
federale è stato costituito da miliardari in persona;
analogamente sono in genere glieletti a cariche federali
importanti ed i capi di dipartimenti federali. La politica
seguita dall'establishment oligarchico è conforme
aisuoi soli interessi e va a detrimento di quelli di larghi
strati della popolazione. Questi capiscono la situazione -
come no - e vorrebbero protestare, ma non si può perché
negli USA c'è la prevenzione e la repressione del
dissenso. La prima viene eseguita tramite la
Retorica di Stato imposta nelle scuole e ad ogni livello
della vita pubblica, e tramite lo stretto controllo del
mondo mediale; per la repressione parlano i circa 10.000
detenuti politici che ci sono nelle carceri americane (dove
c'è anche qualche straniero, come Silvia Baraldini ad
esempio). Tutto avviene all'atto pratico, e
tutto all'esatto contrario di quanto e' scritto: la
libertà di parola e di espressione garantita dal Quinto
Emendamento vale solo per il perfezionamento dello status
quo, non certo per metterlo in discussione. Hollywood ha mai
prodotto un film che trasmettesse la sensazione di tale
stato di cose? Tutt'altro. Il sistema americano è
presentato come una vera democrazia, dove la partecipazione
popolare è addirittura capillare. Ci sono però evidenti
disfunzioni in questa democrazia e Hollywood non fa
l'errore di fingere di ignorarle. Si ricorre allora a
due capri espiatori fissi: le mancanze personali di qualche
personaggio politico, la sua corruzione o ambizione, e lo
strapotere di un mondo mediale cinico e irresponsabile (il
Quarto potere), che rappresentano entrambi l'elemento
umano che ogni tanto guasta un sistema altrimenti perfetto.
Prendiamo la storia americana. Inutile cercare
nei film di Hollywood una qualche verità completa in
merito. La Guerra di Indipendenza del 1776 fu dovuta a
contrasti commerciali fra i grandi mercanti del New England
ed i grandi latifondisti negrieri del Sud da una parte e la
Gran Bretagna dall'altra, ed è tuttora controverso se
una maggioranza del popolo coloniale vi fosse favorevole; in
effetti, finita la guerra, per evitare ritorsioni circa
100.000 americani si rifugiarono parte in Gran Bretagna e
parte in Canada, dove fra l'altro originarono la parte
tuttora anglofona del paese. Per Hollywood invece si trattò
di una insurrezione per ottenere la libertà, spontanea e
costellata di episodi di eroismo popolare (non ve ne fu
uno). Per i neri il periodo dello schiavismo,
durato nel New England dal 1630 al 1780 e nel Sud dal 1619
al 1865, fu tremendo. Per averne un'idea basta
considerare che ai loro schiavi i padroni facevano anche
strappare i denti, assai ricercati per le dentiere (nel
1787, a Richmond, per un incisivo si pagavano due ghinee;
anche George Washington aveva una dentiera fatta con denti
umani). Ma non è questa la situazione presentata da Via col
vento, che addirittura suggerisce rapporti idilliaci fra gli
schiavi e i loro padroni. Nessun film di Hollywood, inoltre,
ha mai dato un'idea della dimensione della tragedia che
fu per l'Africa lo schiavismo americano: mentre gli
schiavi giunti a una qualche destinazione, che nell'80%
dei casi erano appunto gli Stati Uniti, furono sui 3
milioni, nel periodo dello schiavismo la popolazione
dell'Africa calò di circa 50 milioni di unità.
Anche le persecuzioni cui furono soggetti i neri degli
Stati Uniti con la segregazione razziale non sono mai state
proposte da Hollywood nel loro vero volto: nel solo anno
1914 furono linciati 1.100 neri negli Stati Uniti, ora qua e
ora là, ma trascorsi del genere certamente non emergono in
Indovina chi viene a cena?. Lo sterminio degli
Indiani... Solo una fu la volontà degli
americani nei confronti dei "loro indiani":
sterminarli. In quella parte dell'America che sono ora
gli Stati Uniti gli Indiani erano almeno 5 milioni nel 1630,
e ne furono contati 250.000 al censimento generale
dell'anno 1900. Inizialmente gli indiani statunitensi,
come del resto quelli del continente, furono decimati dalle
epidemie che i bianchi si portavano dietro; ma poi furono
volontariamente sterminati, come invece nel resto del
continente non successe. Ciò si verificò nel
lungo arco di tempo che va dal 1634 al 1890. Innanzitutto
gli americani, appena si accorsero che gli indiani non
resistevano alle epidemie, cominciarono a diffonderle negli
accampamenti distribuendo coperte infettate col vaiolo, che
raccoglievano nei loro ospedali nel corso delle ricorrenti
epidemie (il vaiolo era endemico nelle colonie, ma faceva
poche vittime fra i bianchi). Il sistema,
inaugurato dai Puritani della Massachusetts Bay Colony dopo
il 1630, fu usato qualche volta anche dai governatori
inglesi e poi dal Con-gresso statunitense sinoltre la metà
dell'Ottocento. Quindi ci furono i massacri,
che avvennero tutti secondo lo stesso copione: attacchi di
sorpresa ad accampamenti eseguiti di norma quando i maschi
adulti - i "guerrieri" - erano assenti. Il primo
avvenne nel 1634 in Connecticut, quando i Puritani, guidati
da John Winthrop, di notte incendiarono un accampamento di
Pequot e spararono sugli indiani che uscivano dalle tende,
uccidendone circa700 e vendendo i sopravvissuti come
schiavi. L'ultimo fu a Wounded Knee nel
1890, quando il VII reggimento di cavalleria sterminòun
intero villaggio nel quale si trovavano 200 persone fra
donne, vecchi e bambini, e nessun uomo adulto; le Giacche
Blu persero 29 uomini, caduti da cavallo durante la carica.
Fra i due, innumerevoli episodi del tutto analoghi. Ma il
grosso dello sterminio fu eseguito affamando gli indiani a
morte. Ingannati dai trattati (entro il 1880 ne furono
conclusi più di 400, nessuno dei quali rispettato dal
variCongressi e Presidenti), gli indiani finivano in riserve
inospitali, dove gli stenti li decimavano. Dal
1850 al 1875 il Congresso fece sterminare i bisonti, sui
quali soli si sostenevano gli indiani delle praterie
centrali: erano sugli 80 milioni nel 1850 e ne furono
contati 541 nel 1889, ridotti nel 1911 a due nello zoo di
Chicago (tutti gli attuali bisonti di Yellowstone discendono
da quei due, un maschio euna femmina).
C'erano poi i coloni americani; che dove andavano si
liberavano degli Indiani locali avvelenando i pozzi
d'acqua e assoldando"uccisori d'indiani"
per far aumentare di valore le concessioni acquistate dalle
grandi società immobiliari del New England (finito
illavoro, gli "uccisori" si davano in genere al
banditismo). ...visto da Hollywood
Come racconta Hollywood questa storia? Come sappiamo,
mostrando gli indiani cattivi che attaccano pacifici coloni
e dolcissime colone dagli occhi celesti. Era vero,
c'erano tali attacchi ed efferatezze, ma il contesto di
provocazioni mortali cui erano soggetti gli indiani non è
mai intuibile; eppure era il nocciolo della vicenda.
Ultimamente Hollywood ha prodotto dei western che hanno
fatto pensare ad un suo ripensamento sul ruolo degli
indiani, da carnefici a vittime come in effetti erano.
Citiamo ad esempio Soldato blu, Un uomo chiamato cavallo,
Piccolo grande uomo, Balla coi lupi, più qualche altro. In
essi non c'è nessun ripensamento, solo un affinamento
della mistificazione, insostenibile ormai nei termini
passati. La logica implicita di tali film è che i problemi
degli indiani nacquero da equivoci, da incomprensioni fra
due popoli così diversi; qualche volta nacquero da singoli
americani cattivi, troppo avidi, o anche da singoli indiani
o da singole tribù ingiustificatamente bellicose.
I massacri sono presentati come episodi, tragici, ma
sempre tali. Prendiamo Balla coi lupi. Nella parte centrale
dedicata alla vita della pacifica tribù Sioux è obiettivo,
ma all'inizio si vedono dei guerrieri Pawnee che
uccidono un civile bianco; il che lascia pensare che quei
Pawnee avessero riservato la stessa sorte ad altri bianchi,
magari delle famiglie di coloni, giustificando così
l'intervento massiccio dei soldati nel finale, che
inevitabilmente se la prendono anche con i Sioux. In pratica
questa mistificazione di Hollywood che potremmo definire
dell'ultima generazione è analoga a quella da sempre
eseguita in Italia nei fumetti di Tex Willer, dove la colpa
è sempre dell'agente della riserva corrotto, del
generale ottuso o del "pezzo grosso" di
Washington. Per inciso sarebbe interessante sapere se gli
autori di Tex abbiano compiuto tale disinformazione
intenzionalmente, e se sì spinti da chi e in cambio di che
cosa. Le guerre sante degli USA La
Guerra Civile del 1861-1865 fu dovuta a dissidi sulla
politica economica federale fra il grande capitalismo del
Nord commerciale e industriale ed il grande latifondismo del
Sud agricolo e negriero. Il problema era effettivamente lo
schiavismo, ma non per ragioni morali: per ragioni
economiche. Hollywood non ha mai messo in dubbio
le ragioni morali del conflitto. Venendo alla Prima Guerra
Mondiale, gli Stati Uniti vi entrarono per salvare la
Balance of Power in Europa, minacciata dagli Imperi
Centrali, Balance che era necessaria agli Stati Uniti per
continuare a condurre con profitto i loro commerci
internazionali. Hollywood - e ricordo qui Il sergente York -
presentò certamente la partecipazione americana come un suo
volontario e disinteressato contributo alla causa della
libertà nel mondo. Analogamente per la Seconda
Guerra Mondiale, cui gli Stati Uniti parteciparono ancora
per salvare la Balance of Power in Europa minacciata questa
volta da Hitler e Mussolini, e in più per salvare il
Mercato dell'Oriente minacciato dal Giappone. Non uno
degli infiniti film prodotti da Hollywood su questo tema
mette in dubbio che la partecipazione americana non fosse
dovuta ad un volontario e disinteressato contributo alla
causa della libertà nel mondo. Nella Seconda
Guerra Mondiale gli Stati Uniti introdussero due novità
clamorose, due cose mai viste prima nella Storia: la Guerra
alle Popolazioni Civili e la Guerra per il Dopoguerra.
Entrambe le novità vanno comunemente sotto il nome di
Guerra Totale, ma sono due cose distinte. La
Guerra alle Popolazioni Civili consiste nel sottoporre il
governo della nazione avversa al seguente ricatto: o ti
arrendi o io stermino la tua popolazione civile, o almeno
cerco di farlo. La Guerra per il Dopoguerra
consiste nel portare distruzioni nelle strutture economiche
della nazione avversa allo scopo non di diminuire la sua
capacità di mantenere le sue forze armate - cosa
impossibile da ottenere se queste stesse non sono già state
battute sul campo e quindi la guerra già vinta -, ma di
rendere la nazione stessa economicamente dipendente nel
dopoguerra, e in particolare, se tale era il caso, non più
un concorrente commerciale sui mercati internazionali.
Entrambi gli obiettivi furono perseguiti dagli Stati Uniti
tramite i bombardamenti aerei. Il primo
obiettivo fu perseguito tramite il bombardamento a tappeto
delle più alte concentrazioni di civili (le città
naturalmente, ad esempio Dresda e Tokyo, dove furono uccisi
rispettivamente 300.000 e 100.000 civili); contro il
Giappone, appena pronte, furono anche usate le bombe
nucleari gettate su due delle poche città risparmiate dai
bombardamenti convenzionali appunto nella previsione
dell'utilizzo della nuova arma. Il secondo obiettivo fu
perseguito col bombardamento di industrie di nessuno scopo
militare (quelle con uso militare erano difese) e di
infrastrutture civili in generale: ponti,ferrovie, dighe,
centrali elettriche, acquedotti, fornaci ecc. I
massicci bombardamenti convenzionali americani e l'uso
delle bombe atomiche sul Giappone furono topiche clamorose
della Seconda Guerra Mondiale e non potevano essere ignorati
da Hollywood. Ma come li presentò? Non suggerì certo la
loro natura strumentale per la Guerra alle Popolazioni
Civili e per la Guerra per il Dopoguerra. No: i
bombardamenti convenzionali servivano perdistruggere qualche
importantissima fabbrica di materiale militare, e le perdite
civili erano degli incresciosi inconvenienti, mentre lebombe
nucleari servivano, quelle si, per chiudere una partita
tramite incredibili macellazioni di civili, ma contro un
avversario previamente dipinto come disumano. Le
guerre di Corea e del Vietnam furono fatte dagli Stati Uniti
per salvare il salvabile del Mercato dell'Oriente dopo
la perdita della Cina, nonostante tutti gli sforzi diventata
comunista nel 1949. Per Hollywood gli Stati Uniti vi
parteciparono perché invocati da popoli locali che volevano
difendere la loro libertà minacciata dai comunisti
disumani. Ma, come successo per gli indiani, le verità che
andavano mano a mano rivelandosi su quei conflitti, in
particolare del Vietnam, imposero a Hollywood una maggiore
sofisticazione. Così dopo i film apologetici
dell'intervento statunitense, il cui apice fu raggiunto
con Berretti Verdi, cominciarono ad essere realizzati film
in qualche modo critici dell'operato statunitense, come
Apocalypse Now, Platoon, Il cacciatore e altri. Ma sono film
solo apparentemente critici, perché nessuno di loro, mai in
nessun caso, mette il dito nella vera piaga: la natura
neocoloniale della guerradel Vietnam. Apocalypse Now,
addirittura, con l'aria di criticarlo elogia il governo
statunitense: i soldati sul campo, esasperati da un
avversario difficile, volevano "la bomba" ma lui
seppe resistere. I particolari rivelatori
continuano naturalmente ad essere omessi. Ad esempio,
nessuna rievocazione filmica del massacro di My Lai,
avvenuto il 16 marzo 1968 nel Vietnam del Sud, quando la
compagnia "Charlie" sterminò i 500 abitanti del
villaggio, composti al momento solo da vecchi, donne e
bambini (gli uomini erano fuori alla pesca); nessun accenno
che i defolianti coi quali fu irrorato unsettimo del
territorio sud vietnamita, ben lungi dal servire per
scoprire i Viet Cong, che infatti stavano sotto terra,
servivano invece per distruggere le foreste di alberi della
gomma che nella previsione di dover abbandonare il paese -
avrebbero fatto concorrenza a quelle possedute in Indonesia
da un paio di multinazionali statunitensi del settore (altro
mirabile esempio di Guerra per ilDopo-guerra).
Consideriamo l'America Latina ed il suo miserevole
stato: ovunque - ad eccezione di Cuba - governi corrotti o
dittatori mentecatti, e miseria, disperazione e degradazione
umana nella grande maggioranza della popolazione.
Nella storia e anche nell'attualità di ogni paese
latinoamericano ci sono stragi incredibili: 400.000 morti in
Colombia, seguiti al Bogotazo del 1948; 300.000 morti in El
Salvador dal 1960 ad oggi; fra 100.000 ed 1.000.000 di morti
in Brasile negli anni seguenti al colpo di Stato del 1964;
100.000 morti in Guatemala dal 1980 al 1988; 50.000 morti in
Nicaragua nello stesso periodo; 30.000 morti in Cile
seguenti al golpe del 1973; e cose analoghe dalle altre
parti, in Argentina, Uruguay, Bolivia, Perù ecc.
E questo perché i paesi dell'America Latina sono delle
colonie di fatto degli Stati Uniti, che per avervi dei
governi succubi come si vuole ai desideri delle loro
multinazionali creano colpi di Stato e ricorrenti
repressioni. Come racconta la storia Hollywood? La racconta
con il film Il dittatore dello stato libero di Bananas, che
nel fare la parodia delle dittature latinoamericane
suggerisce che siano dovute unicamente all'indole dei
locali, gente buffonesca, ma stupida e violenta.
La politica estera americana Il che introduce
l'argomento dell'uso della CIA fatto dalla politica
estera americana. Tutti sanno che la CIA è responsabile di
varie nefandezze nel mondo: ogni tanto un colpo di Stato,
ogni tanto l'omicidio di una personalità politica
estera, e così via. Com'è ovvio, la CIA non prende
iniziative di tale portata da sola: necessità
dell'ordine o dell'approvazione sia del Congresso
che del Presidente, i responsabili della politica estera del
paese. Come presentano la cosa i film americani
sull'argomento? Immancabilmente le
nefandezze della CIA sono il frutto di sue
"deviazioni", o quantomeno dell'eccesso di
zelo dei suoi dirigenti e agenti; Congresso e Presidente non
sono mai chiamati in causa, non sapevano mai niente.
Tale è dunque la situazione: Hollywood falsifica la
realtà americana in alcuni suoi aspetti sensibili, sia del
passato che del presente. Non vi sono dubbi che
la prassi sia intenzionale. Ciò si deduce prima di tutto
dalla sistematicità e coerenza della falsificazione: non un
film di Hollywood fa eccezione a quanto detto sopra. Quindi
si può notare che Hollywood non è certamente
all'oscuro della veritàsui vari argomenti.
Per quanto riguarda la società americana è sotto i suoi
occhi; ci vive dentro e la conosce perfettamente. Negli
Stati Uniti la corretta interpretazione delle varie topiche
della storia americana è perfettamente nota a scrittori,
registi, sceneggiatori, consulenti vari: gli artefici dei
film di Hollywood. L'interpretazione sopra
esposta della Guerra di Indipendenza e della Guerra Civile
non è mia, ma diCharles Austin Beard (1874-1948), il più
grande storico americano, che la dimostrò in vari libri a
partire dal 1913 (An Economic Interpretation of the
Constitution, The Rise of American Civilization, The
Economic Basis of Politics e altri ancora), tutti libri
conosciutissimi dall'intellighenzia statunitense e la
cui veridicità non è messa in dubbio. La vera
situazione degli schiavi neri è descritta in molti libri
statunitensi, così come la dimensione della tragedia dello
schiavismo per l'Africa (Native American Htstorical
Demography è in ogni biblioteca). Lo stesso vale per la
storia degli indiani: negli Stati Uniti il primo libro che
raccontava la verità, A Century of Dishonor della Jackson,
fu addirittura pubblicato nel 1881, e seguito da
moltissimialtri - Bury my heart at Wounded Knee di Dee
Brown, pubblicato nel 1971, è conosciutissimo in Europa, e
logicamente ancora di più negli States. La storia del Texas
e dei suoi schiavi è nei libri per le scuole medie così
come raccontata sopra, tranne che per i mercenari e la
figura di Davie Crockett, la verità sui quali è comunque
nella biblioteca di qualunque Junior College.
Meno pubblicizzati negli Stati Uniti sono i motivi della
partecipazione alle due guerre mondiali e la natura
coloniale delle guerre di Corea e del Vietnam: si tratta
dell'attualità della politica estera americana, si
tratta di american foreign policy in the making, ed i suoi
scopi sono tenutinascosti al grande pubblico. Ma anche qui
la verità è perfettamente intuibile per l'stablishment
statunitense, ed in particolare per la sua intellighenzia,
che tale politica estera concorre, nella pratica, a
formulare. La vera natura dei bombardamenti
aerei strategici della Seconda Guerra Mondiale è di sicuro
un tabù negli USA; alcuni libri sull'argomento
consentono però di farsene un'idea abbastanza precisa,
e potrei citare Wings of Judgement di Ronald Schaeffer del
1985 e A History of Strategic Bombing di Lee Kenneth del
1982. Lo stesso si può dire delle
responsabilità statunitensi in America Latina, dove la
letteratura in merito è abbondantissima negli Stati Uniti,
e per citare solo i più illuminanti vedi Cry of the People.
United States Involvement in the Rise of Fascism, Torture,
and Murder and the Persecutiont of the Catholic Church in
Latin America di Penny Lernoux del 1980, American
Neo-Colonialism di William Po-meroy del 1970, An American
Company. The Tragedy of United Fruits di Thomas McCann del
1976, Silent Missions di Vernon Walters del 1978, The
Morass. United States Intervention in Central America di
Richard White del 1984, US Policy Toward Latin America di
Harold Molineau del 1986. Una analoga abbondanza
si trova sull'argomento CIA e operazioni segrete varie,
dove la verità della situazione non è poi tanto fra le
righe. Sull'argomento ha scritto anche un importante
agente della CIA pentito, Philip Agee, che nel 1975
pubblicò negli Stati Uniti Inside the Company. CIA Diary e
poi riparò all'estero. Anche Victor Marchetti, un (ex?)
agente della CIA piuttosto noto in Italia, ha scritto delle
verità sulla Compagnia; ad esempio, in The CIA and the Cult
of Intelligence del 1974 ha scritto a pag. 6 che i
Presidenti americani "are always aware of, generally
approve of, and often initiate the CIA's major
undertakings" ("sono sempre stati consapevoli e
generalmente hanno approvato e in più di un caso
addirittura promosso le maggiori imprese della CIA"). I
colpi di Statoe gli omicidi politici sono certamente dei
major undertakings. Il fascino indiscreto
della disinformazione Non rimane che chiedersi
perché Hollywood faccia tanta disinformazione mirata sul
proprio paese: chi glielo fa fare, e cosa ci guadagna? La
risposta non è difficile, anche se richiede delle premesse,
come sempre purtroppo quando si tratta degli Stati Uniti,
questi sconosciuti. Si è già accennato
all'organizzazione interna degli Stati Uniti, al dominio
dell'establishment oligarchico ed alle sue esigenze di
prevenzione del dissenso, prevenzione attuata essenzialmente
tramite lo stretto controllo del mondo mediale.
Hollywoodè fuor dl dubbio l'elemento più importante di
tale mondo assieme alla carta stampata ed al notiziari
televisivi e radiofonici. Ecco che Hollywood deve
confezionare prodotti politically and culturally correct, e
cioè di regime, proprio come fanno la carta stampata ed i
notiziari televisivi e radiofonici americani. Ma la massima
importanza di Hollywood è in politica estera. La politica
estera americana è elaborata dallo stesso establishment
mercantile che comanda nel paese e non fa che proiettare
all'estero gli scopi che quello ha all'interno:
arricchire sempre più. Per questo la politica estera
americana ha sempre seguito, sin dalla fondazione
dell'Unione, il seguente unico criterio, o logica di
comportamento: mettere a disposizione le sue risorse -
diplomatiche e militari - per agevolare le imprese
economiche all'estero di quelle entità private
americane - società o anche singoli operatori, entrambi
membri per definizione dell'establishment mercantile -
che vi si dedicano. Naturalmente c'è anche
l'esigenza della difesa nazionale, ma questa, vista la
geografia, è sempre stata del tutto secondaria. In pratica
con gli Stati Uniti abbiamo una classe mercantile dalla
psicologia speciale che si è completamente impadronita di
un paese e che ne adopera i grandi mezzi umani e materiali
per ricercare opportunità di arricchimento in tutto il
resto del mondo, ovunque le trovi. Si capiscono
meglio gli Stati Uniti, nei loro rapporti con gli altri
paesi, se li si pensa non alla stregua di un paese fra i
tanti, ma come una impresa commerciale privata; privata ma
grandissima, con enormi risorse umane e materiali a
disposizione; privata ma con un potente esercito mercenario
agli ordini, e con nessun tribunale cui dover rendere conto.
Il vero volto degli USA Questo, e
niente altro, sono gli Stati Uniti d'America. Ciò si
dimostrò sin da subito nelle relazioni estere del paese, e
cosi rimase sempre. I mercanti del New England scatenarono
la rivolta del 1776 contro la madrepatria inglese quando
questa scoprì il suo gioco di voler lasciare alla East
India Company di Londra il monopolio del commercio con la
Cina. Quindi la neonata federazione combatté la sua prima
guerra, quella del 1812 sempre contro la Gran Bretagna, con
l'obiettivo di scalzarla dai Grandi Laghi canadesi, la
zona che forniva quelle pellicce che erano la merce di
scambio più ambita dai cinesi, e quindi da John Jacob
Astor, il proprietario della American Fur Company.
L'intera Conquista del West fu eseguita giusto per
raggiungere il Pacifico ed suoi porti, dai quali i grandi
mercanti del New England avrebbero potuto commerciare con
l'Oriente; anche le Hawaii e le Filippine furono prese
allo stesso scopo, così come allo stesso scopo era stata
acquistata l'Alaska. Cuba fu presa nel 1898 per
garantire lo sfruttamento delle piantagioni di canna da
zucchero che vi avevano acquistato alcune multinazionali e
alcuni singoli americani. Per analoghi motivi si iniziarono
a sovvertire in quegli anni i paesi dell'America
Centrale: le multinazionali statunitensi della frutta, fra
le quali particolarmente attiva la United Fruits (poi United
Brands), volevano procurarsi in loco e praticamente per
niente, grandi piantagioni e chiesero al loro governo di
Washington di sostituire i governi regolari con altri più
condiscendenti. Detto e fatto. Poi vollero che
la mano d'opera locale fosse ancora più a buon mercato
ed ottennero governi ancora più condiscendenti, formati da
dittatori mentecatti alla Anastasio Somoza che per garantire
a se stessi e a qualche loro accolito un buon conto in banca
a Miami consegnavano la loro popolazione alla macellazione
degli statunitensi: infatti ogni tanto si verificavano
scioperi nelle piantagioni, e la multinazionale proprietaria
mandava marines e green berets a mitragliare i peones con
gli elicotteri (proprio così, più e più volte, è
capitato nelle piantagioni della United Fruits in Guatemala,
e da altre parti; capita ancora, certo, ed i mitragliamenti
sono eseguiti dalla Delta Force e dagli Air Commandos
dislocati alla Eglin Air Force Base in Florida).
Più tardi motivi analoghi portarono alla sovversione
dell'America del Sud: con il colpo di Stato in Brasile
del 1964, nel giro di due anni le multinazionali
statunitensi si appropriarono della metà delle industrie
brasiliane (una volta in pensione il gen. Do Couto y Silva,
amico di Castelo Branco, fu assunto dalla Dow Chemical come
direttore della filiale brasiliana); il colpo di Stato in
Cile del 1973 fu voluto da un pool di multinazionali
statunitensi operanti nel paese, specialmente nel settore
del rame; e così via. Stessi scopi e stessi sistemi per la
"politica estera" statunitense in altri luoghi del
mondo, in pratica ovunque poté: in Africa, nel Medioriente,
nel Pacific Market (segnatamente nelle Filippine, in
Indonesia, nella Corea del Sud, a Taiwan e in Indocina, dove
però alla fine andò male). Il motivo del
grande attivismo della politica estera americana, della sua
presenza in ogni luogo del mondo, anche il più remoto, il
suo intromettersi in ogni bega locale, in ogni controversia,
in ogni conflitto anche il più lontano dai propri confini e
quindi anche il più assolutamente ininfluente sulla propria
"sicurezza nazionale", è il fatto che tale
politica segue gli interessi dei propri imprenditori
privati, e questi ultimi vanno dappertutto nel mondo, a
rivoltare ogni sasso per vedere se sotto c'è qualcosa
da prendere. Tale logica vale per tutti, non
solo per gli sprovveduti del Terzo Mondo: gli americani non
hanno timori reverenziali né un rispetto particolare per
nessuno, tantomeno per gli europei. In Europa gli sconfitti
furono mantenuti nel recinto col Piano Marshall, che era la
soluzione più economica per mantenerne il controllo, e poi
furono spremuti per quanto si poteva: ancora oggi, dopo più
di mezzo secolo, Germania e Italia non possono praticamente
costruire aerei, né da guerra né civili, perché li devono
comprare dalle industrie americane, e lo stesso vale per
altri settori "strategici", mentre ancora non
possono esportare certe merci negli States e ne devono di
là importare a forza altre. Ancora questi due paesi non
hanno il coraggio di presentare alle rispettive popolazioni
i veri dati delle loro relazioni economiche con gli Stati
Uniti. Ancora di più questo vale per il
Giappone. Come già accennato, anche le due guerre mondiali
furono fatte dagli Stati Uniti per agevolare le loro aziende
con interessi all'estero: si doveva impedire la
formazione di un Blocco europeo continentale, che sarebbe
stato troppo forte militarmente ed avrebbe dominato i
mercati internazionali escludendo tutti gli altri, in primis
le multinazionali statunitensi; nella Seconda Guerra
Mondiale era pressante l'esigenza delle aziende
statunitensi di non essere escluse dal mercato della Cina,
occupata militarmente dal Giappone nel 1937.
Anche la Guerra Fredda con l'URSS del 1945-1989 era, in
ultima analisi, fatta solo per le aziende americane con
interessi all'estero: la scusa del contenimento del
comunismo serviva per controllare e cambiare governi un
po' dappertutto allo scopo di renderli più
accondiscendenti con le esigenze delle medesime. In effetti,
con la Guerra Fredda l'impero neocoloniale americano
raggiunse la massima espansione della sua storia: in quel
periodo fu completato l'asservimento dell'America
Latina e vi furono aggiunti quelli di mezza Africa, di mezzo
Medioriente, dl quasi tutti i paesi del Pacific Market.
USA cancro del pianeta? Non rimane che
notare come tale politica estera americana non sia affatto
indolore per il mondo. Ci sono sfruttamenti economici,
risorse portate via ai legittimi proprietari, che rimangono
così impoveriti con tutte le conseguenze del caso. Ad
esempio con la vita media più corta, con tanti anni che
avrebbero potuto essere vissuti e che invece non lo sono
stati perché il paese è drenato dalle aziende
statunitensi. Quindi c'è da dire che un governo
filo-americano, e cioè filo-multinazionali statunitensi,
non nasce spontaneamente in un paese, perché per
definizione contrario ai suoi interessi: deve essere creato
artificiosamente, influenzando elezioni, corrompendo
elementi chiave, provocando colpi di Stato; e spesso per
certi periodi deve essere mantenuto a forza con la
repressione poliziesca e militare, con gli Squadroni della
Morte. Ci sono quindi stragi e ammazzamenti
dappertutto, laddove quelli accennati prima per
l'America Latina non sono che una frazione (si pensi al
colpo di Stato del 1965 in Indonesia, che portò alla
sostituzione di Sukarno col più conciliante Suharto e
provocò un numero impressionante di morti: da
cinquecentomila a un milione, a seconda delle fonti; ora le
stragi sono ancora in corso a Timor, dopo i 700.000 morti
del 1976). Questa, e niente altro, è la
politica estera statunitense. In parole povere, con
l'operato degli Stati Uniti si sta assistendo al
tentativo di un paese di soggiogare l'intero mondo ai
suoi desideri, che ora sono economici ma che un domani
potrebbero ampliarsi, prospettiva ben poco rassicurante. Si
tratta di una politica che va a detrimento degli interessi
di tutti gli altri e che è anche pericolosa per il mondo,
in verità micidiale. Non può essere dichiarata, eseguita
alla luce del sole: se la gente la capisse, vi resisterebbe,
e portarla avanti sarebbe troppo costoso per gli Stati
Uniti, probabilmente impossibile. Ecco che gli
Stati Uniti hanno l'esigenza di nascondere tale
politica, facendo credere che la loro politica sia realtà
un'altra. Questa politica estera finta, facciata, è
quella ben nota e ufficiale degli Stati Uniti, che essi
dichiarano ad ogni passo ed in ogni occasione: la difesa
della democrazia e della libertà nel mondo. Ciò implica di
dover eseguire a monte un altro camuffamento, quello sulla
vera natura degli Stati Uniti, come società e come storia:
chi crederebbe ad una politica estera mirante a difendere
democrazia e libertà nel mondo da parte di paese che la
democrazia e la libertà non le ha mai viste e che ha una
storia come quella cui si è accennato sopra?
Bisogna sostenere, invece, che gli Stati Uniti sono una
democrazia genuina, pure se con qualche pecca forse nel
passato (mai nel presente); che tutti gli americani hanno
facile opportunità di raggiungere l'agiatezza; dove i
fallimenti dipendono solo da rare e inescusabili debolezze
personali; che gli americani sono ingenui e che se fanno
qualche errore, magari in politica estera con qualche strage
di troppo, lo fanno per stupidità; che la storia americana
è un sentiero cosparso di candore e buone intenzioni: una
guerra di indipendenza dal tiranno Giorgio III; una guerra
nel 1812 contro lo stesso problema; una Conquista del West
per fare un po' di spazio a quei poveri emigranti
provenienti dall'Europa; una guerra civile con quasi
500.000 morti fatta solo per ragioni morali, per togliere ad
una parte della popolazione un cattivo vizio datogli dalla
Corona inglese; una conquista delle Hawaii per portare la
civiltà, e idem per le Filippine; una conquista di Cuba per
liberarla dal giogo coloniale spagnolo; una intromissione -
un po' pesante, è vero - in America Latina per aiutare
quegli sprovveduti a governarsi; due guerre mondiali fatte
contro i propri interessi, solo per difendere la democrazia
in casa d'altri; qualche centinaio di colpi di stato che
purtroppo si dovettero fare a partire dal 1945 per evitare
che poveri e buoni popoli cadessero vittime del comunismo;
qualche guerra con qualche milione di morti che purtroppo si
dovette fare sempre dopo il 1945 per lo stesso motivo; e
così via. Ecco creata la ben nota Retorica di
Stato americana. Essa è, appunto, ben nota perché è
propagandata con straordinari mezzi e intensità in tutto il
mondo. Il compito non è affidato
all'improvvisazione di qualche benintenzionato: c'è
un'Agenzia federale apposita, che si occupa
statutariamente solo di questo, l'USIA. L'United
States Information Agency è stata creata nel 1953 con lo
scopo dl "Influenzare le attitudini e le opinioni del
pubblico estero in modo da favorire le politiche degli Stati
Uniti d'America.., e di descrivere l'America e gli
obiettivi e le politiche americane ai popoli di altre
nazioni in modo da generare comprensione, rispetto e, per
quanto possibile, identificazione con le proprie legittime
aspirazioni". In parole povere propaganda, solo
propaganda, niente altro che propaganda:
l'USIA ha il compito di diffondere all'estero
l'immagine che si vuole degli Stati Uniti, proprio
quella della Retorica di Stato sopra delineata,
all'unico e solo scopo di mascherare la vera politica
estera del paese. La sede centrale
dell'USIA, che dipende dal Segretario di Stato e cioè
dal Ministero degli Esteri, è ora al 301 IV South West
Street di Washington ed il suo attuale direttore si chiama
Joseph Duffey. E un'Agenzia federale pubblica
nell'esistenza, ma segreta nell'operatività,
esattamente come la CIA. Attualmente può
contare su un budget che si aggira intorno ai 3 bilioni di
dollari ed impiega sui 30.000 (trentamila) dipendenti, che
gestiscono più di 300 centrali operative in più di cento
paesi. L'USIA possiede suoi mezzi di informazione sparsi
per il mondo, alcune centinaia tra riviste, giornali,
fumetti, case discografiche, emittenti televisive locali,
stazioni radio (sua è la VOA, Voice of America) e così via
con i media. Il principale, strumento di lavoro
dell'USIA è però il controllo del mondo mediale
statunitense e dei suoi prodotti, perché questi poi vanno a
finire in tutto il mondo, influenzando in modo decisivo
l'opinione che all'estero ci si fa degli Stati
Uniti.
|
osa 3 agosto 2005 0:00
UN PAESE PERICOLOSO: GLI USA (Parte 2°)
Propaganda di Stato Ora possiamo finalmente
tornare a Hollywood. I suoi film, esportati in tutto il
mondo, hanno una straordinaria importanza nel determinare
l'immagine che all'estero ci si fa degli Stati
Uniti; anzi, nella grandissima maggioranza dei casi, essi
sono l'unico mezzo con cui la gente nel mondo si forma
tale immagine. Hollywood quindi non poteva essere lasciata
libera di creare i suoi prodotti, seguendo solo una logica
di mercato: doveva essere guidata, portata a conciliare tali
esigenze con quelle della propaganda governativa.
L'asservimento di Hollywood alle esigenze della
propaganda di Stato americana è una storia documentata.
Agli inizi Hollywood crebbe in pace e autonomia: non si
aveva ancora idea della sua formidabile importanza politica.
Essa iniziò ad attrarre l'attenzione
dell'establishment negli anni Trenta, quando produsse
alcune pellicole di contenuto "sociale", in linea
con la politica apparente delNew Deal del presidente
Roosevelt ("apparente" perché in realtà
Roosevelt non aveva alcuna intenzione riformistica; voleva
solo salvare il regime oligarchico da una rivoluzione dovuta
all'eccesso di miseria portato dalla Grande Depressione
del 1929, ma, né fu scoperto dagli intellettuali, né fu
capito dal grosso dell' establishment: era troppo astuto
per entrambi). La tendenza fu acuita
dall'arrivo negli Stati Uniti a partire dal 1936, e in
particolare a Hollywood, California, di molti intellettuali
tedeschi "progressisti" che fuggivano dal nazismo,
come Bertolt Brecht, Thomas Mann, Erich Fromm, Theodor
Adorno, Herbert Marcuse, Hans Eisler, Fritz Lang, Billy
Wilder e vari altri. In questo periodo la Frontier Film, per
la quale lavorava anche il regista EliaKazan, produsse dei
documentari fortemente caratterizzati sul piano sociale,
come The Plow that Broke the Plaints e The River di Pare
Lorentz, che insospettirono l'establishment, mentre
Blockade di William Dieterle del 1938, Grapes of Wrath di
John Ford del 1939 e Man Hunt dl Fritz Lang del 1941
suscitarono aperte proteste in ambienti politici.
Ma poi ci fu la guerra. Durante la guerra Hollywood
partecipò massicciamente allo sforzo propagandistico del
governo; vi si impegnarono, in genere con documentari,
registicome Capra, Ford, Huston, Wyler, e furono prodotti
film come Pride of the Marines, Mission to Moscow, Sahara,
Action in the North Atlantic, Song of Russia., Tender
Comrade, Hitler's Children, Thirty Seconds Over Tokio.
Ciò rese benemerenze a Hollywood, anche se
Edgar J. Hoover immediatamente protestò per Mission to
Moscow, ma anche dimostrò in pieno la sua tremenda
potenzialità politica, la sua capacità unica di
influenzare il pubblico mondiale. In più nell'immediato
dopoguerra, accoppiando l'esperienza fatta nei
documentari di guerra con l'esempio del cinema
neo-realista italiano (Roma città aperta, Ladri di
biciclette, Paisa' ecc.), Hollywood produsse molti film
sul tipo neo-realista, e di impegno e denuncia sociale, che
ebbero un grande successo di pubblico sia negli Stati Uniti
che all'estero; alcuni esempi sono The Best Years of our
Lives di William Wyler, Crossfire di Edward Dmytryk, Lost
Weekend di Billy Wilder, Snake Pit di Anatole Litvak, Kiss
of Death di Henry Hathaway, Brute Force di Jules Dassin,
Smash-up di Stuart Heisler, Gentleman's Agreement di
Elia Kazan, tutti usciti fra il 1945 e il 1947.
Non erano film politici e tantomeno di propaganda politica;
trattavano temi reali di gente reale: problemi di
reinserimento per reduci, odio razziale,
situazioni carcerarie, malattie psichiatriche. Erano
realisti, raccontavano la società - americana - così
com'era. Ma era proprio questo il problema: Hollywood
andava assolutamente posta sotto controllo, non doveva più
produrre film del genere. Ormai si era anche chiarito come
bisognava procedere. La legislazione americana
scritta garantiva - come ancora certamente garantisce - la
libertà di parola e di espressione. Non si potevaistituire
un ufficio centralizzato governativo di censura
cinematografica, un Minculpop. Bisognava fare capire a
Hollywood come si desiderava che si comportasse, trovare in
quest'ottica una scusa emblematica per tormentarla sino
ad ottenere la sua completa e volontaria, democratica,
sudditanza. Dai numerosi e sempre meno timidi tentativi
fatti a partire dal 1930 si era capito che tale scusa poteva
essere l'esigenza di scoprire i comunisti che lavoravano
in un'industria così sensibile come Hollywood. In
realtà non si dovevano colpire i comunisti di Hollywood, o
almeno non loro in primis. Questi erano pochissimi, solo
qualche sceneggiatore come Dalton Trumbo e Paul Jarrico,
qualche scrittore di testi come John Lawson e Albert Maltz,
qualche regista come Robert Rossen e Herbert Biberman e
qualche attore come Howard Da Silva e Anne Revere, e non
avevano quasi influenza alcuna sui film prodotti.
E poi erano dei comunisti all'acqua di rose, entravano
e uscivano dal partito a seconda se piaceva o no
l'ultima mossa internazionale dell'URSS; tranne che
nel caso di Lawson non erano affatto degli attivisti, ma
giusto dei simpatizzanti a parole e solo in certi periodi.
Si dovevano colpire i molto più numerosi e
determinanti progressisti, o liberali, elementi che senza
essere affatto comunisti erano però sensibili a istanze o
argomenti sociali, o erano semplicemente intelligenti, e che
avevano sia la tendenza che la capacità di influenzare, di
conseguenza, i lavori cui partecipavano. Soprattutto, e
naturalmente, si dovevano convincere i produttori ad
eliminare pellicole di un certo tipo, anche se
economicamente remunerative. Dissenso a stelle e
strisce Ad occuparsi della cosa non poteva
essere altro che la commissione parlamentare chiamata House
Committee on Un-American Activities (HUAC). Tale era il nome
infine dato nel 1938 a varie commissioni parlamentari
istituite a partire dal 1930 allo scopo di vigilare sul
dissenso politico interno (definito "attività non
tipicamente americana"), anche se il suo compito
ufficiale era di raccoglieredati per aiutare la formulazione
di nuove leggi. Già nel 1936 (in pieno New Deal
rooseveltiano...) queste commissioni avevano innescato il
fenomeno del blacklisting a Hollywood, e cioè
l'esclusione pratica dal lavoro di elementi ritenuti
nocivi agli interessi dell'establishment oligarchico.
Quindi nel 1940 l'HUAC aveva già convocato a
Washington, per interrogarli sulle loro idee politiche,
ventidue esponenti di Hollywood fra i quali figuravano
Fredric March, Humphrey Bogart, James Cagney, Jean Muir e
Louise Rainer. La guerra aveva imposto la
sospensione delle indagini, anche se Hollywood non fu
affatto dimenticata: in pieno 1943 il Congresso, tramite il
meccanismo dei fondi, bloccò il settore documentari di
guerra dell'Office of War Information perché vi erano
confluiti elementi della Frontier Film. Nel 1947 dunque
l'HUAC, presieduta da J. Parnell Thomas e fra i cui
membri figurava il giovane parlamentare Richard Nixon,
iniziò una serie di udienze pubbliche e pubblicizzate,
ufficialmente allo scopo di appurare il grado di
infiltrazione comunista a Hollywood. In realtà
l'obiettivo era di indurre i soggetti decisionali di
Hollywood - in breve i produttori - a creare solo film
adatti alla politica governativa americana, sia interna che
soprattutto estera (già Nixon si era chiesto che effetto
avrebbe avuto Grape of Wrath sugli yugoslavi).
Nelle intenzioni dell'HUAC, e secondo le esperienze del
1936, si sarebbe dovuto arrivare a questo tramite la
creazione da parte dei produttori di liste nere, che
sarebbero servite per escludere da Hollywood tutti i
soggetti, di ogni livello, non disposti a seguire
fedelmente nel loro lavoro la Retorica di Stato ufficiale.
Come ulteriore avvertimento trasversale le banche di New
York che finanziavano i produttori di Hollywood strinsero il
credito, mentre la Corte Suprema minava l'indipendenza
economica dei medesimi stabilendo che essi non potevano
possedere anche le sale di proiezione, cioè vendere
direttamente al pubblico il loro prodotto chiudendo il
cerchio. Una parte del personale di Hollywood
reagì all'apertura delle udienze creando il Committee
for the First Amendment (il Primo Emendamento stabilisce la
libertà di espressione), del quale fra gli altri facevano
parte i registi John Huston, William Wyler, John Ford, Billy
Wilder, Elia Kazan e George Stevens, gli attori Humphrey
Bogart, Lauren Bacall, Gregory Peck, Danny Kaye, Gene Kelly,
Kirk Douglas, Henry Fonda, Burt Lancaster, Edward G.
Robinson, Katharine Hepburn, Myrna Loy, Rita Hayworth e
Marsha Hunt, i musicisti Benny Goodman e Leonard Bernstein.
Ma la maggioranza degli operatori di Hollywood, produttori
come Jack Warner, David Selznick, Samuel Goldwyn e Louis
Mayer in testa, aveva capito che avrebbe dovuto accettare la
prassi dell'auto censura politica e culturale.
La scrittrice di testi cinematografici Ayn Rand per
dimostrare quanto bene avesse capito, compilò e pubblicò
anche un manuale di autocensura per Hollywood, intitolato
Guida dello schermo per Americani, che conteneva fra gli
altri i seguenti principi: "Non insultare il Sistema
della Libera Impresa", "Non deificare l'Uomo
Comune", "Non glorificare il Collettivo",
"Non glorificare il Fallimento", "Non
insultare il Successo", "Non insultare gli
Industriali". La guida sarà poi incorporata
dall'USIA nei suoi manuali interni. Il risultato delle
audizioni fu esattamente quello previsto. Dopo pochi
interrogatori, dove chi si rifiutava di rispondere in virtù
della protezione del Primo Emendamento veniva deferito per
oltraggio al Congresso, e chi rispondeva citando il medesimo
veniva tacitato o trascinato fuori dall'aula a forza,
mentre ogni tempo e riguardo era concesso a chi accusava
altri, con la cosiddetta Dichiarazione del Waldorf Astoria
del 26 novembre 1947 i produttori accettarono di
"ripulire" l'ambiente loro stessi tramite
liste nere, e le sedute dell'HUAC furono immediatamente
interrotte, senza neanche terminare l'audizione di tutti
i convocati. Dieci degli interrogati - Bessie,
Biberman, Cole, Dmytryk, Lardner, Lawson, Maltz, Ornitz,
Scott e Trumbo, tutti sceneggiatori e registi - furono
condannati ad un anno di carcere per "oltraggio al
Congresso", condanna confermata dalla Corte Suprema e
poi scontata. Nessun'altra accusa si era
potuta trovare nei loro confronti, come di nessun altro del
resto, né di essere dei sovversivi né di avere neanche mai
inserito della propaganda comunista nei loro lavori. Fra i
primi interrogati c'era stato Bertolt Brecht
(L'opera da tre soldi), che per Hollywood aveva scritto
Hangmen Also Die (Anche i boia muoiono di Fritz Lang, uscito
nel 1943). Fuggendo dal nazismo aveva cercato la libertà
negli... Stati Uniti. Subito dopo l'interrogatorio, nel
quale aveva detto di non essere mai stato iscritto al
partito comunista e di mettere nei suoi lavori giusto le sue
opinioni, tornò in Germania. Le liste nere
funzionarono. L'HUAC non commise l'errore di
compilarle; disse solo che erano necessarie, aumentando il
terrore con l'incertezza. Comparvero così
materialmente, ancora non si sa per opera di chi, delle
liste gonfie a dismisura di nomi di sceneggiatori, registi,
scrittori, attori, musicisti, tecnici ecc., che erano
ricavate, sembra, da articoli di giornale, dai resoconti
dell'HUAC, dai titoli di testa di certi film e da
dicerie, e che - continuamente aggiornate - servivano ai
produttori ed ai datori di lavoro in generale di Hollywood
per sapere chi tenere alla larga. Alcuni elementi
continuarono a lavorare in nero, e a paga dimezzata; altri
utilizzarono prestanome o pseudonimi; la maggioranza non
poté più lavorare nell'industria cinematografica per
molti anni, anche per sempre. Il danno maggiore
agli elementi sulla lista nera ed alle loro famiglie, quando
le avevano, era fatto dalla gente comune, dai vicini e dai
conoscenti: erano oramai additati come sovversivi,
traditori, nemici di quella società, e tutti giravano loro
le spalle, quando non li infastidivano attivamente o non se
la prendevano coi loro figli a scuola. Ad alimentare in modo
quasi ufficiale queste hate campaigns c'erano una
quantità di associazioni dei più vari generi e qualifiche,
tutte però "ultra-americane". Fra queste ne
spiccava una a livello nazionale, la American Legion, forte
di quasi tre milioni di iscritti e di un milione di
simpatizzanti, con più di 17.000 sedi sparse nel
paese: si occupava di tenere vivo il risentimento nei
confronti dei "devianti" di Hollywood e
picchettava anche gli ingressi dei cinema in cui si
proiettava un film all'indice, o nei cui titoli di coda
compariva un personaggio della lista nera. La
normalizzazione funziona Per Hollywood fu
sufficiente. L'unico film a contenuto sociale prodotto
negli Stati Uniti dopo il 1947, del tipo mettiamo di Grape
of Wrath, fu The Salt of the Earth (Il sale della terra di
Herbert Biberman), girato nel 1951 fuori da Hollywood.
Trattava dello sciopero di una piccola comunità di minatori
del Nuovo Messico. Per produrlo Biberman, Scott e Jarrico
avevano creato una compagnia di produzione indipendente ed
il film era stato realizzato in un clima di terrore (ci
furono spari contro la troupe) e terminato fra mille
difficoltà: i laboratori non volevano sviluppare la
pellicola, le ditte non consegnavano l'attrezzatura per
il sonoro, la musica fu registrata con un sotterfugio, il
montaggio fu eseguito di nascosto. Alla fine le poche sale
che accettarono di proiettarlo furono
picchettatedall'American Legion e negli States il film
non fu neanche visto. A partire dal 1947 non
solo scomparvero da Hollywood i film a contenuto sociale:
anche in tutti gli altri film fu tolto qualunque riferimento
alla classe operaia ed ai suoi luoghi di lavoro, le
fabbriche. Si può esaminare l'intera produzione di
Hollywood post-1947 sino all'ultimo fotogramma
dell'ultimo film, ma una catena di montaggio o anche
solo l'interno di una fabbrica non si vede. Eppure negli
USA ci sono. Alla fine del 1949 giunse notizia
che la Russia aveva costruito il suo primo ordigno nucleare.
L'establishment americano si infuriò: in realtà
accusava il governo di non aver portato prima un attacco
nucleare alla Russia. L'attacco non era stato portato
perché, nonostante tutti gli sforzi fatti su quel piano,
non sarebbe stato decisivo e nella guerra generale che
sarebbe seguitagli Stati Uniti avrebbero perso. Ma questo
erano in pochi a saperlo: l'establishment pensava che la
colpa fosse dei troppi "comunisti" che si erano
"infiltrati" nel governo e nelle Agenzie
governative, nelle scuole, nei media, dappertutto. Iniziava,
a farla breve, l'Era McCarthy, che sarebbe durata sino
al 1960 e che avrebbe visto il senatore Joseph McCarthy
guidare sino al 1956 le inchieste dell'HUAC in ogni
settore alla ricerca dei "comunisti". Hollywood
non fu risparmiata, benché avesse "già dato", ma
ogni tanto rivisitata per tutto il periodo. Nel
1951 furono convocati a testimoniare un centinaio di
operatori di Hollywood, ed in base alle dichiarazioni di
alcuni di loro, e segnatamente i "pentiti" Elia
Kazan e Edward Dmytryk, fra il 1952 e il 1953 l'HUAC
segnalò espressamente 324 nominativi da aggiungere sulla
lista nera, fra cui lo scrittore Dashiell Hammett, il
regista Joseph Losey, gli attori Howard Da Silva, Zero
Mostel, Lionel Stander, Anne Revere, John Garfield. Hammett
fu poi incarcerato per un anno per non aver voluto
rispondere alle domande della Commissione (rispose solo
quando gli chiesero se riconosceva la sigla "D.H."
in calce a un documento: "I can answer that",
disse Hammett, "Two letters of the alphabet" -
"a questo so rispondere, sono due lettere
dell'alfabeto"). Garfield morì per lo stress, come
del resto accadde agli altri attori Edward Bromberg, Gordon
Kahn, Canada Lee e Mady Christians, mentre Philip Loeb e
Madelyne Drnytryk, moglie di Edward, si uccisero al pari di
vari personaggi diciamo minori. A partire dal
1953 il compito di forgiare l'immagine degli Stati Uniti
nel mondo venne affidato, come s'è visto, all'USIA.
Questa Agenzia funzionò da consulente all'HUAC, le cui
incursioni ad Hollywood divennero più competenti, e quindi
più mirate, più chirurgiche e anche più rare. A partire
da quella data, quindi, le convocazioni dell'HUAC per
Hollywood riguardarono di tanto in tanto singoli personaggi,
in genere eccellenti, o gruppetti di persone collegate in
qualche modo logico. In questo contesto più
"scientifico" incapparono ad esempio il
commediografo Arthur Miller, condannato ad un anno di
carcere per essersi rifiutato di rispondere, e l'attore
Charles Chaplin, che riparò in Europa (già nel 1947 il
Senatore Rankin aveva chiesto l'espulsione di
"Charlot", che era inglese, ed il bando di tutti i
suoi film - Luci detta ribalta, Tempi moderni ecc. - dal
territorio statunitense). Chaplin fu seguito in
Europada diversi altri, ad esempio i registi Orson Welles,
John Huston, Joseph Losey e Jules Dassin e gli sceneggiatori
Carl Foreman, Ben Barzman, Paul Jarrico e Michael Wilson.
Preoccupato che troppi scontenti andassero
all'estero, a raccontare poi delle verità scomode sulla
realtà statunitense, nel 1956 il governo ritirò il
passaporto agli indagati dall'HUAC. In ogni caso le
persecuzioni dell'Era Mc-Carthy non avevano aggiunto
molto al lavoro fatto dall'HUAC nel 1947.
Sin da allora Hollywood era stata ridotta al rango di
fabbrica di propaganda di Stato, esattamente come la
filmografia sovietica, e come quella di qualunque altro
paese totalitario. La differenza era che Hollywood non
veniva pagata dallo Stato per quello: doveva fare
propaganda, mantenersi con la medesima, e contribuire con le
esportazioni alla bilancia commerciale della nazione. La
grandezza del sistema americano sta in queste cose. Per non
appesantire il discorso non si sono citati gli interventi
repressivi dell'HUAC, e governativi in generale, negli
altri settori importanti per la propaganda di Stato, come
l'istruzione, la carta stampata, la radio, la
televisione, la musica leggera, il teatro, lo sport:
ovviamente ci furono. Una realtà inventata
Ora è chiaro perché Hollywood produce film così
mistificatori della realtà americana: perché ci è
costretta dal governo. Ed è superfluo chiedersi cosa ci
guadagni: la sopravvivenza, infatti. Attualmente
l'attività di Hollywood è controllata centralmente
dall'USIA, come accade in pratica dal 1953. Tale
controllo consiste nel fare in modo che il contenuto dei
suoi prodotti sia in linea con la Retorica di Stato, che sia
appunto come descritto all'inizio. La fuga sempre più
marcata di Hollywood dal reale, la sua sempre maggiore
insistenza verso film di fantasia dominati dagli effetti
speciali e dall'inverosimiglianza in generale, dipende
dal suo disagio nei riguardi della censura dell'USIA. La
tendenza oltretutto fu sin da subito incoraggiata
dall'USIA, perché poteva facilmente prestarsi ad
uninsidioso tipo di propaganda subliminale. Per
esempio furono benvenuti i film di "marziani"
degli anni Cinquanta: i marziani venivano sulla Terra, ma
atterravano sempre, guarda caso, negli Stati Uniti:
evidentemente erano il paese più significativo della Terra,
il più all'avanguardia. Un analogo tipo di propaganda
indiretta è presente in tutti i film americani di
fantascienza e "spaziali", ad esempio come 2001
Odissea nello spazio,Guerre Stellari e Alien.
L'USIA svolge la sua mansione come qualunque organismo
di censura e propaganda statale. Esamina in anticipo il
copione di tutti i film dei quali è stata decisa la
produzione e può decidere variazioni. Si occupa anche,
tramite agevolazioni fiscali ed usando le sue entrature
all'estero, di promuovere l'esportazione di quei
film ritenuti particolarmente utili ai fini della
propaganda. Nei paesi in cui i film americani sono
presentati in lingua locale l'USIA, in virtù di
clausole contrattuali, riesce in genere a controllare il
doppiaggio, che in effetti in molti squarci di dialogo è
diverso dall'originale, e sempre in senso favorevole
alla realtà americana (ad esempio in un film americano un
personaggio diceva di essere "in cassa integrazione da
un anno": non c'è cassa integrazione negli Stati
Uniti). Naturalmente ci sono anche differenze di
immagini nei film americani tra la versione originale,
proiettata negli USA, e quellaesportata; ci sono tagli e
aggiunte. Una variazione abbastanza frequente
riguarda le immagini di nudi femminili, completamente
assenti nelle versioni diffuse negli USA - dove sono
proibite - e invece qualche volta presenti nelle versioni
estere, in quei paesi naturalmente dove tali immagini non
sono vietate. In effetti l'USIA non ama propagandare
troppo il carattere bigotto della morale pubblica
statunitense, specie in Europa. Altra interessante realtà
americana che l'USIA ritiene meglio non propagandare è
il fatto che gli uomini americani sono quasi tutti
circoncisi(il 95%): il pubblico internazionale potrebbe
cominciare a chiedersi perché, e potrebbe venirgli in mente
di operare collegamenti con il concetto di popolo eletto del
Vecchio Testamento, la religione americana. Gli eventuali
riferimenti alla circoncisione, che ogni tanto compaiono nei
film americani specie sotto forma di gags, sono tolti dalle
versioni per l'estero. Una grande differenza
rispetto a quanto accade nei soliti regimi autoritari
c'è invece nell'uso dei sistemi coercitivi
impiegati per ottenere la conformità ideologica, e che sono
pochi. C'è una specie di patto fra
Hollywood e il governo: Hollywood riconosce di essere
importante per la politica del governo, sia interna che
estera, e si autoregolamenta di conseguenza, ben sapendo che
in caso di inadempienza subirebbe durissime punizioni,
esattamente come in passato anche se probabilmente non con
gli stessi pretesti. Un'inadempienza sarebbe la
realizzazione di un film come Grape of Wrath o Man Hunt, per
esempio, o come uno qualunque sulla linea neo-realista
americana tipica dell'immediato dopoguerra (per inciso
quei film sono scomparsi dal circuito statunitense sin dal
1950, al pari di molti degli anni Trenta; ora negli USA
Charlie Chaplin è un emerito sconosciuto). In poche parole,
vale ancora il Patto del Waldorf del 1947.
Retorica di Stato Nonostante ciò l'USIA
necessita di tanto in tanto di mezzi coattivi, di pressione.
Per questo si avvale della collaborazione di altre Agenzie
federali, ora questa ora quella a seconda dei casi.
Abbastanza stretti e continuativi sono i collegamenti con
1'FBI, la DEA e 1'IRS. Il Federal Bureau
of Investigations, la polizia federale statunitense, è il
massimo ente di repressione politica interna e può servire
anche per Hollywood. La presenza della Drug Enforcement
Agency si spiega col fatto che parecchi elementi di
Hollywood sono consumatori più o meno abituali di droga e
quindi vulnerabili a quell'accusa, che la DEA può
portare a discrezione. Considerazioni analoghe
per l'Internal Revenue Service, il fisco americano.
E' da notare che negli Stati Uniti è prassi comune, per
le Agenzie federali, costruire false accuse a fini di
repressione politica; anzi questo è il sistema canonico.
Così anche se si è nella perfetta legalità per ogni cosa
basta la volontà di tali Agenzie operative come l'FBI,
la DEA o l'IRS per demolire completamente una persona,
ridurla sul lastrico, privarla della possibilità di
lavorare, anche incarcerarla; ma è molto meglio,
naturalmente, se c'è qualche appiglio reale.
Molto importante per l'USIA è anche il Pentagono.
Tutto il materiale bellico importante che si vede nei film
americani, come navi, aerei, elicotteri, carri armati ecc.
è fornito dal Pentagono, e in cambio l'USIA esercita
una supervisione su tutta la realizzazione del film. Anche
il Pentagono naturalmente può intervenire con sue esigenze
particolari. Gli esempi sono moltissimi. Per Tora! Tora!
Tora! il Pentagono prestò sei navi da guerra in servizio
attivo, fra cui la portaerei Yorktown, e due
cacciatorpediniere della riserva rimesse in funzione
appositamente per il film. Per Top Gun (con Tom Cruise) mise
a disposizione una squadriglia di cacciabombardieri da
marina F14 Tomcat (questo film fu addirittura commissionato
dal Pentagono, in cerca di pubblicità per
l'arruolamento di piloti). PerOperazione Sottoveste (con
Cary Grant) prestò un sommergibile diesel e per Caccia a
Ottobre Rosso (con Sean Connery) addirittura un sommergibile
nucleare in servizio attivo (un vero boomer). Stessi
discorsi per tutti i film ambientati in Vietnam, compreso
l'apparentemente antiamericano (appunto) Platoon, per la
serie dei Rambo di Sylvester Stallone e così via.
Le virtù "nascoste" dei divi Ma
il pubblico, sia interno che internazionale, più che
Hollywood conosce i divi di Hollywood, i grandi attori e
attrici. Sono loro ad attirare l'attenzione, sono loro i
più importanti. L'USIA lo sa. Tramite la
sua potentissima influenza essa cerca di impedire che
giungaal vertice un elemento del quale non sia appurato
l'orientamento politico; al contrario, aiuta ad ottenere
copioni chi con i suoi film precedenti e con le sue
dichiarazioni ha reso pubblico omaggio alla Retorica di
Stato, compatibilmente con le esigenze di cassetta dei
produttori, che pure sono forti. Il che porta, non troppo
raramente, a vere e proprie complicità, compromissioni tra
gli attori e qualche Agenzia federale, in particolare
l'FBI, che necessita di delatori nell'ambiente top.
Un classico è il caso di John Wayne, che era un
delatore abituale dell'FBI, così come del resto Elvis
Presley, che aveva addirittura un nome in codice
("Colonel Burrows"). Quindi, una volta che il divo
c'è, che sia stato aiutato o meno, egli è seguito
direi passo passo; va da sé nei suoi film, ma anche fuori
dal set egli non deve uscire dai binari impostigli da
Hollywood, e cioè dal governo, perché può fare molti
danni in virtù della sua popolarità e della istintiva
tendenza del pubblico a credergli, perché diventatogli
familiare. Vedasi ad esempio il caso di Marlon Brando e del
vespaio che suscitò quando mise il dito nella piaga del
trattamento subito dagli indiani, o di Jane Fonda quando nel
1972 si fece fotografare accanto ad una postazione antiaerea
nordvietnamita. Entrambi furono poi naturalmente
puniti, imponendo a Hollywood di escluderli dal lavoro per
molti anni (furono cioè messi sulla black list, che ancora
esiste, certo; la permanenza è di 10 anni).
Robert Redford, dopo un viaggio a Cuba pure preventivamente
autorizzato dal Dipartimento di Stato come impone la legge
sull'embargo, subì un accertamento dell'IRS. Jack
Nicholson, che nel 1997 aveva manifestato l'intenzione
di chiedere analogo nulla osta per partecipare ad un raduno
di amanti del sigaro Avana, fu convinto a rinunciare. Ma al
divo di Hollywood, per diventare tale e per restarlo, si
chiede di regola più che la mancanza di manifestazioni
ostili o Un-Amencan: si chiede la partecipazione attiva alla
propaganda di Stato, con i suoi film e anche a livello
personale. Shirley Temple, forte del suo passato di
graziosissima bambina attrice (era "riccioli
d'oro"), ha compiuto molte missioni all'estero
per conto dell'USIA allo scopo di migliorare
l'immagine degli Stati Uniti, scaduta magari per qualche
piccola strage appena fatta (per le benemerenze e
l'esperienza acquisita la Tempie ritenne addirittura di
poter chiedere al presidente Reagan il posto di direttore
dell'USIA, che però le fu negato). Analoghe
missioni compirono al tempo delle guerre di Corea e del
Vietnam Bob Hope, Marilyn Monroe e diversi altri. Di John
Wayne non occorre parlare. Gli esempi si sono addirittura
moltiplicati negli ultimi anni. Con un film Clint Eastwood
ha cercato di nobilitare l'invasione della minuscola
isola di Grenada del 1983, ed ha partecipato ad altre
pellicole apologetiche. Tom Cruise ha girato Top Gun, un
film del Pentagono, e Born the Forth of July, dove le
vicende della guerra del Vietnam e dei suoi reduci sono
travisate. Sylvester Stallone con la serie Rambo
non ha fatto che attaccare i nemici del Dipartimento di
Stato, i vietnamiti e gli arabi di Gheddafi e Saddam
Hussein, e lo stesso, parodiando Rambo, hanno fatto Charlie
Sheen e Leslie Nielsen. Anche Arnold Schwarzenegger e Chuck
Norris hanno impersonato il Super-Americano che combatte
contro il Super-Male, l'oggetto additato di volta in
volta dal Dipartimento. Brad Pitt ha girato Sette anni in
Tibet, un film di propaganda anti-cinese, molto richiesta
dal Dipartimento a partire dal 1989 per motivi che sarebbe
lungo spiegare, e analoga propaganda - lui anche a livello
personale - ha fatto e fa Richard Gere. Woody
Allen non solo ha interpretato, ma anche scritto e diretto
Il dittatore dello stato libero di Bananas, forse il film
più abbietto mai prodotto, perché il più ingiusto nei
riguardi di tante persone sofferenti. Madonna ha
interpretato Evita, dove non c'è alcuna eco delle
responsabilità statunitensi nelle difficoltà di Juan
Domingo Peron. Mel Gibson in Air America ha cercato di far
dimenticare che quei voli-CIA servivano per portare droga
nel mercato statunitense. Danny De Vito, Demi Moore e Goldie
Hawn si sono impegnati a convogliare simpatia o comprensione
verso i marines, che sono mercenari disposti a uccidere
qualunque cosa per un buon mensile ed un pensionamento a 40
anni. E così via, si potrebbe continuare per molte pagine.
In poche parole, i divi di Hollywood non sono
dei bravi attori che col loro onesto lavoro hanno raggiunto
una meritata fama, o non sono solo quello. Sono da
considerare dei funzionari, dei funzionari semi-governativi,
perché intrecciano in modo indissolubile il loro lavoro
"civile" con precisi compiti di propaganda
governativa. Essi sono dei Divi di Stato. Anche
questa è Hollywood Questa è Hollywood. Ora,
ben definita la situazione, ci si può divertire a fare
delle considerazioni. Si è già accennato alla
"grandezza" del sistema americano. Hollywood ne è
effettivamente un buon esempio. Occorreva eliminare una
filmografia indipendente e sostituirla con una di Stato, a
scopo di prevenzione del dissenso politico interno e di
camuffamento e propaganda all'estero;
contemporaneamente occorreva salvare l'immagine di paese
"democratico" curata dall'establishment
oligarchico e dai suoi esponenti politici sin dalla
fondazione del paese (vedi la Dichiarazione di Indipendenza,
i 14 Punti del presidente Wilson, le Quattro Libertà di
Roosevelt ecc.), e anche spendere il meno possibile in
questa attività di propaganda interna ed estera, anzi
possibilmente occorreva guadagnarci. Il tutto fu ottenuto
nel 1947 convincendo i produttori di Hollywood a
confezionare pellicole che oltre ad essere attraenti per il
pubblico fossero anche conformi alla Retorica di Stato.
L'opera di convinzione fu eseguita tramite
un'azione antidemocratica, anzi chiaramente repressiva,
nello stile di un regime puramente totalitario, ma
l'USIA ben presto si occupò di farla dimenticare al
mondo: si era trattato solo di caccia ai comunisti, di un
eccesso di zelo in difesa della democrazia interna da parte
di un paese che si accingeva a difendere la medesima in
tutto il mondo; inoltre tale eccesso di zelo era stato
momentaneo, una follia passeggera: le inchieste
dell'HUAC erano infatti finite (si omise naturalmente di
osservare che gli effetti delle stesse erano permanenti).
Formidabile poi il lato economico
dell'operazione. La propaganda filmica interna è pagata
dai soggetti cui è principalmente diretta, cioè dai più
danneggiati dalla medesima, quegli strati meno abbienti
della popolazione che costituiscono la maggioranza degli
spettatori, da qualche anno tramite la televisione; quella
all'estero è pagata dai paesi che importano i film di
Hollywood, che li considerano alla stregua di una merce
qualunque. E non si tratta solo di coprire i costi: come si
sa, nel business in oggetto ci sono grandi profitti, che
vanno all'establishment proprietario delle case
cinematografiche - e anche al governo tramite la tassazione.
Vale forse la pena di ricordare che dopo le materie prime e
gli armamenti, la voce più importante dell'export
statunitense è costituita dai "prodotti
culturali", fra i quali Hollywood fa la parte del leone
(anche gli altri "prodotti culturali" americani,
come dischi, romanzi ecc. seguono poi la stessa logica di
Hollywood, è evidente: l'USIA controlla anche loro). Si
tratta insomma, alla fine, di una grande triangolazione, una
delle tante che gli Stati Uniti fanno in questo ingenuo
mondo. Non è l'unica, infatti. Anche la
Guerra Fredda non era che una triangolazione: con la scusa
del contenimento dell'URSS e del comunismo si portava
intanto la sovversione neo-coloniale nei tre quarti del
mondo. Anche la presenza militare americana all'estero
è una triangolazione: per la medesima è sempre qualcun
altro che paga - chiedetelo un po' ai giapponesi. Il
traffico internazionale di droga, controllato all'ultimo
proprio dal governo statunitense, non è altro che
un'unica, enorme, mastodontica triangolazione. Ma non è
questo l'oggetto del presente scritto.
Andiamo invece all'"ingenuo mondo" che guarda
i film, i documentari, i cartoni animati ed i serial
televisivi americani. Veniamo all'Italia, per esempio,
che ne importa quantità enormi. Ci sono molte
domande da porsi. Sui critici cinematografici italiani
innanzitutto: hanno sempre trattato i film di Hollywood come
normali prodotti del settore, dissertando elegantemente sui
valori filmici ed i meriti o demeriti artistici; mai però,
che io sappia, qualcuno di loro ha accennato alla loro
valenza propagandistica. Delle due l'una: o non
l'hanno capita o l'hanno capita. Nel primocaso, che
critici sono? Dobbiamo allora solo sorridere dei loro
articoli di giornale, delle loro presentazioni televisive,
delle manifestazioni dove fanno da organizzatori e da
giuria. Se invece l'hanno capita, perché non ne hanno
mai parlato? Perché non hanno mai messo in guardia il
pubblico? Forse sono dei critici di Stato? E se si, di quale
Stato? Il caso dell'Italia Molte
domande sono da porre al governo italiano. Premettiamo il
fatto che gli Stati Uniti vietano l'importazione di film
stranieri. Certo non in modo ufficiale; non sarebbe
ammissibile per una democrazia che per di più si dice
paladina del libero commercio internazionale. All'atto
pratico vengono importati pochissimi film stranieri, e quei
pochi non sono doppiati, ma solo sottotitolati, equindi
inseriti - come fossero delle curiosità esotiche tipo il
teatro No giapponese - nel minuscolo circuito dei cinema
d'essai dove nessuno li vede. Che io sappia, l'unico
film italiano ad essere stato doppiato negli Stati Uniti, e
ad essere entrato nella normale distribuzione sino a
comparire sulle reti televisive, è Per un pugno di dollari
di Sergio Leone e con Clint Eastwood, presentato col titolo
A Fistful of Dollars; gli americani lo credono il film di
Hollywood di un regista immigrato da poco. E' logico.
Non si erano fatte le purghe del 1947 per
lasciare poi il pubblico americano in balia della
filmografia estera, magari di quella neo-realista italiana.
In effetti anche questo prevedeva l'Accordo del Waldorf:
l'autolimitazione delle case distributrici di Hollywood
nell'importare film stranieri e l'esecuzione del
doppiaggo solo in casi eccezionali, e per film che fossero
sembrati usciti dalla catena para-statale di Hollywood.
Allora perché il governo italiano non ha mai invocato il
principio della reciprocità in questo settore commerciale?
Eppure l'importazione di film e telefilm
americani incide negativamente per migliaia di miliardi
sulla bilancia commerciale italiana. Si tratta di una
imposizione americana: i prodotti di Hollywood sono appunto
una di quelle merci che gli Stati Uniti impongono
all'Italia (e alla Germania, al Giappone e a tanti
altri) di comprare da loro, come più indietro si è
accennato. Ed è anche ovvio perché: perché sono
propaganda, che ha gli scopi spiegati in precedenza,
particolarmente importanti in paesi assoggettati in seguito
a una guerra. Vada per l'imposizione: vae
victis. Ma perché poi non dirlo al popolo, almeno perché
non farglielo capire, magari tramite qualche critico di
Stato? Almeno sarebbe stata possibile una
qualche autodifesa. Al contrario l'effetto
propagandistico di Hollywood è sempre stato esaltato dal
governo con la diffusione di film e telefilm tramite la
televisione pubblica. E a che ritmo! Ogni tanto, poi, alla
RAI succedono dei fatti inquietanti. Per esempio il 18
febbraio 1998 RAI 2 ha trasmesso in prima serata il film Un
giorno con il presidente, di tale W.Hussein e con tali J.
Ritter e T. Harper, dove compariva addirittura il presidente
americano Clinton in persona. Cosi il film era presentato
alla pagina 772 di Televideo: "Missy, una sedicenne,
subisce l'amputazione di una gamba per un tumore. Ma,
nonostantetutto, la sua sorte è segnata. In seguito, il
padre di Missy viene licenziato e l'assicurazione gli
raddoppia il premio per te speseospedaliere. Ma grazie
all'intervento del governo Clinton, nell'ambito di
un progetto di difesa dei diritti della famiglia, il
padreriprenderà a lavorare". Si tratta di
un film fatto realizzare dal governo Clinton per appoggiare
le sue politiche sociali, diretto al pubblico interno. Per
inciso tali politiche sociali non sono state approvate, né
mai lo saranno; anzi nel 1996 il Congresso ha anche
eliminato l'unico programma sociale valido che
c'era, 1'AFLD, per le madri sole con figli. Per
contro, senza volere il film offre una buona idea di come si
diventa homeless negli USA. In ogni caso tale film non
poteva avere meno interesse per il pubblico italiano;
nonostante questo è stato trasmesso. Perché? Forse perché
si era nel pieno della crisi irachena e si pensava di dover
convogliare la simpatia degli italianiverso Bill Clinton e
quindi verso gli Stati Uniti? Se è così, chi fa questi
ragionamenti alla RAI? D'accordo; la RAI è
la televisione di Stato. Ma di quale Stato? La
RAI è nulla a confronto delle televisioni di Berlusconi:
Canale Cinque, Italia Uno e Rete Quattro. Sembra che i
programmatori conoscano solo film e telefilm americani,
laddove c'è un intero mondo là fuori pieno di gente
che fa film, come i francesi, i tedeschi, gli spagnoli, i
russi, e così via; anche gli italiani fanno film. Se si
tratta di esigenze di audience, hanno mai dato al pubblico
la possibilità di scegliere? Se si tratta di problemi di
costo dei film, hanno mai considerato la possibilità che il
prezzo dei film di Hollywood è anche politico? Oppure si
tratta di scelte culturali e politiche, di scelte di campo
come direbbe il cav. Berlusconi? In tal caso mi chiedo quale
sia il confine tra una televisione commerciale ed una
postazione di propaganda politica, se mai può esistere.
Ci sono poi i divi cinematografici americani, e
l'attenzione di cui li ricoprono i media italiani. Vada
per le riviste di costume, o per i periodici femminili,
benché facciano male a focalizzare l'attenzione su
personaggi così al di fuori dalla norma. Ma è solo uno
scandalo, un segno di irresponsabilità grave, che dei
telegiornali del prime time, che durano trenta minuti in
tutto e che si devono occupare delle notizie dal paese e dal
mondo, sacrifichino interi minuti per informare
dell'ultimo film di Sylvester Stallone, dell'ultima
preghiera buddista di Richard Gere, dell'ultimo brutto
gesto di Madonna. Pensano di divertire il pubblico con un
pò di varietà e non sanno di fare propaganda gratis ai
massimi agenti di propaganda del mondo, i Divi di Stato
americani. Si, ci fanno divertire.
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lalla 3 agosto 2005 0:00
osa io sono settimane che sostengo la teoria che hai
riportato tu sul tuo forum, se vuoi dai un'occhiata ai
post precedenti x vedere ciò che ho scritto e come hanno
invece reagito gli "intelligentoni". occhio che
ora arriveranno insulti anch ex te, ma nn farci caso,
ignorali, cmq mi interessa scambiare opinioni con te
sull'argomento, ho delle fonti molto interessanti.
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Alex 2 agosto 2005 0:00
x Osa: illazioni, assolutamente nulla di concreto.
Lalla, ma chi te l'ha detto che quello si sarebbe fatto
saltare in nome di Allah? Lui ha parlato chiaramente di
azione dimostrativa. E comunque quando uno è alle
strette dei suoi principi se ne frega pur di salvarsi la
pellaccia.
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osa 2 agosto 2005 0:00
Buongiorno. Ho da poco trovato questo forum e vorrei
riportare un mio intervento su altro forum all'indomani
degli attentati di Londra. Forse qualcuno concorderà o
forse no... ---------------------------------------
GLI ATTENTATI DI LONDRA:UNA COVERT OPERATION DELLO ZIO SAM
? Circola l'ipotesi,avanzata da più
parti,che gli attentati di Londra non siano che la scusa per
un intervento militare americano in IRAN,così come quello
dell'11 settembre legittimò l'invasione prima
dell' Afghanistan e poi dell'IRAQ.
Vedere l'articolo sull'attentato alle Twin Towers
e,in rosso,lo stupore di un operatore di borsa italiano per
la STRANISSIMA INDIFFERENZA di WALL STREET agli attentati di
ieri. I gravi attentati di ieri hanno
destabilizzato violentemente i mercati europei e di
conseguenza anche i nostri Trading System che stavano
andando bene. Si è rotto un semaforo mentre si
procedeva nell'onda verde. Ora, con pazienza dovremo
riprendere il ritmo giusto. Mi sembra però,
paradossalmente, che l'elemento di maggiore
destabilizzazione sia stato proprio la stranissima
INDIFFERENZA alle bombe di Londra (non spettano a noi
le analisi socio-psicologiche) del mercato americano.
Tutti ci aspettavamo, ieri alle 15,30 un mercato americano
quanto meno turbato se non addirittura spaventato dal grave
episodio di Londra. E invece i mercati di oltreoceano
si sono comportati normalmente facendo registrare
oscillazioni normali, non diversamente dagli scossoni
che potrebbero dare il prezzo della pancetta o del bestiame.
Di conseguenza, anche se con poco logica, ( i mercati
hanno sempre ragione) , i prezzi sono stati risucchiati
all'insù rimbalzando di 1000 punti, facendo
risaltare numerosi stop-loss lasciando feriti e morti.
Come dire che al mattino non era successo nulla e avevamo
sentito un telegiornale che arrivava da Marte.
Stamattina addirittura un gap rialzista. Bene, ora
siamo proiettati verso il 32845 dell'altro ieri per poi
andare a sfiorare o a rompere i 33000? Oppure già in
giornata chiuderemo il gap rialzista aperto stamattina?
Non lo sa nessuno come sempre. Tanto meno i trading system
basati sulla volatilità che hanno bisogno di qualche
giorno per adattarsi a situazioni eccezionali di
volatilità. Saluti e buon trading - L'admin
- Michele 11 SETTEMBRE 2001:
UNA COVERT OPERATION DELLO ZIO SAM ?
Si, l'ipotesi più probabile è che l'attentato alle
Twin Towers dell'11 settembre 2001 sia stato in realtà
un autoattentato (strage di stato ndr), cioè una azione
voluta e pianificata dallo stesso governo americano. A
portare verso questa conclusione sono molti indizi, sia di
genere "poliziesco" che di genere politico. Non è
però lo scopo del presente scritto di illustrarli. Lo scopo
del presente scritto è solo di mostrare come la soluzione
dell'autoattentato sia possibile, come essa sia
verosimile. La gente trova difficile credere
all'autoattentato a proposito dell'11 settembre 2001
perché sembra un' enormità: un governo che organizza
un atto di terrorismo contro la propria popolazione, e un
atto così autolesionista e sanguinoso anche, e in più
sotto gli occhi di tutto il mondo! Non pare proprio
possibile. E invece la Storia dimostra come un atto del
genere sia perfettamente in linea con la prassi di sempre
della politica estera americana. Con un autoattentato siamo
nel campo delle undercover operations, cioè delle azioni
ostili o comunque illegali da compiere sotto anonime o
mentite spoglie in tempo di pace, o contro qualcuno col
quale formalmente non si è in guerra, azioni che spesso
ricadono nel campo del terrorismo più tipico.
Bene, gli Stati Uniti indiscutibilmente sono il Paese che
più di tutti è ricorso alle undercover operations. Ne
hanno compiute miriadi e di tutti i tipi.
Undercover operations quotidiane Per esempio gli
Stati Uniti : - Hanno organizzato centinaia di
colpi di Stato nel mondo ( in effetti più di 500 solo dal
1945 ad oggi ) facendoli sempre passare per iniziative dei
locali. - Hanno compiuto o fatto compiere
nell'ombra decine e decine di omicidi di leader politici
o di altre personalità di rilievo. Ricordiamo per
rinfrescare la memoria Madero, Gaitan, Truxillo Molina,
Lumumba, Letelier, Prats, Schneider, Mattei, Moro,
Hammarskjold, Luther King, Malcom X, Remeliik, Palme, gli
economisti tedeschi Herrauser e Rohwedder eliminati nel 1989
e nel 1991. Contro Castro organizzarono venti tentativi di
omicidio, tutti falliti. - Hanno sabotato
nascostamente per decenni l'economia cubana: hanno
rovinato i motori degli autobus; contaminato i sacchi di
zucchero; diffuso epidemie negli allevamenti prima dei
tacchini ( nel 1962 ) e poi dei maiali ( nel 1971 ); fatto
saltare nel 1960 nel porto dell'Avana il mercantile
francese Le Coubre; fatto speronare nel 1964 nel Tamigi un
mercantile che trasportava 42 autobus per Cuba; indotto con
minacce un fabbricante a fornire cuscinetti difettosi ai
cubani; disseminato nell'aria cristalli che provocavano
da una parte dell'isola siccità e dall'altra diluvi
( nel 1969 e nel 1970 ). - Hanno diffuso,
nascondendo subito la mano, epidemie letali per le
popolazioni umane: a partire dal Seicento hanno cominciato a
diffondere coperte infette col vaiolo alle tribù indiane,
ed hanno continuato sino alla metà dell'Ottocento
eseguendo un genocidio; nel 1954 con aerei privi di insegne
hanno gettato cartoni pieni di insetti portatori di peste e
colera in Corea del Nord e in Cina; nel 1981 hanno
introdotto a Cuba sciami di zanzare portatrici di un virus
che infettò 300.000 persone con 158 che morirono.
- Hanno cercato anonimamente di provocare carestie nei
raccolti tramite insetti: nel 1999 hanno incaricato un
ispettore dell'ONU di innescare una invasione di
cavallette in Iraq ( l'ispettore, un canadese, è stato
scoperto ed espulso ). - Hanno compiuto, sempre
anonimamente, atti di terrorismo classico: nel 1973 hanno
fatto esplodere una bomba su un DC8 della Cubana Airlines in
volo da Barbados a Cuba con 73 a bordo, tutti morti; nel
1996 e 1997 hanno organizzato una serie di attentati
dinamitardi contro alberghi di Cuba, dove in un caso rimase
morto un turista italiano; in Angola e altri luoghi hanno
contaminato riserve acquifere potabili col Photoxin.
Undercover operations per fare guerre Ciò
per quanto riguarda le undercover operations di tipo
spicciolo, quelle di tutti i giorni e che gli USA eseguono -
oltre che naturalmente con la CIA - con reparti istituiti
solo per questo e che solo questo fanno di routine, come gli
Air Commandos creati da John Kennedy per le operazioni aeree
anonime, i Navy Seals creati per i sabotaggi marini,
costieri e portuali, i Rangers riconvertiti per i sabotaggi
terrestri dietro le linee " nemiche ". Ci sono poi
le undercover operations in grande stile. Fra queste
c'è la creazione e la gestione segreta di grandi
eserciti mercenari, che sotto questa o quella bandiera,
sotto questa o quella sigla, sotto questa o quella parola
d'ordine conducono delle guerre contro dei Paesi
stabiliti dagli USA, guerre che senza eccezione sono di tipo
terroristico. Per creazione e gestione di tali eserciti
intendiamo il reclutamento, l' addestramento, la
fornitura delle armi, lo stipendio, e la loro guida day by
day con passaggio di informazioni e indicazione degli
obiettivi. Ricordiamo fra tali eserciti : - Il
gruppo di guerriglia dell'UNITA, attivo in Angola sin
dal 1966, quando gli USA crearono una scissione nel fronte
di liberazione dell'MPLA ( fondato nel 1956 da Agostinho
Neto ) che si batteva contro il Portogallo colonialista. Con
la concessione della libertà da parte del Portogallo nel
1975 l'MPLA andò logicamente al governo e l'UNITA
iniziò una guerriglia di tipo marcatamente terroristico,
rivolta contro i civili, che continua tuttora e che dovrebbe
aver fatto un numero di morti superiore al milione. L
'UNITA, diretta sul campo dal nativo Jonas Savimbi morto
quest'anno, diceva e dice di battersi per la " vera
democrazia " ma lo scopo dei suoi creatori americani
era ed è di assicurarsi dei governi proni agli interessi
delle proprie Multinazionali. - Il gruppo del
RENAMO nell'altra colonia gemella del Portogallo in
Africa, il Mozambico dichiarato anch'esso libero nel
1975. Il gruppo fu sostenuto inizialmente anche dalla
Rhodesia e poi dal Sud Africa, ma poi rimasero solo gli USA,
che sono i suoi gestori anche adesso. La lotta è contro il
governo per lo stesso scopo dell'Angola e anche la
tattica è la stessa, consistendo in attacchi terroristici
indiscriminati contro i civili. Delle gravi siccità hanno
peggiorato la situazione della popolazione e per quanto
riguarda i morti sino ad ora si parla di " milioni
", forse otto milioni. - Il gruppo dei
cosiddetti CONTRAS, circa 15.000 uomini reclutati tra la
feccia dell'America Latina e pagati anche facendoli
compartecipare al traffico di cocaina verso gli USA e
l'Europa, che gli USA misero in piedi nel 1980 per
abbattere in Nicaragua il governo dei Sandinisti, che nel
1979 avevano finalmente cacciato il dittatore pro USA
Somoza. Anche i CONTRAS conducevano una guerra
essenzialmente di terrorismo contro i civili e dal 1980 al
1988 le loro vittime, documentate dal governo di Managua,
furono 50.000. Il film scozzese La canzone di Carla di Ken
Loach espone chiaramente la filiazione USA dei CONTRAS e
l'origine sempre USA del loro terrorismo. -
I mujaheddin dell'Afganistan, delle tribù di
trafficanti di eroina pagate e armate dagli USA nel 1978 per
rovesciare il presidente Karmal alleato dell' URSS. Dopo
l'ingresso dell'Armata Rossa nel 1979 per sostenere
Karmal i dollari e le armi degli americani aumentarono di
molto. Gli USA inviarono anche mercenari raccolti in tutta
l'area mediorientale e Osama Bin Laden era appunto uno
dei capi di questa legione straniera, a stretto contatto con
CIA e Pentagono. - Il gruppo dell'UCK
albanese, circa 30.000 uomini reclutati fra malviventi e
avventurieri vari albanesi, pagati anche facendoli
compartecipare al traffico di eroina e hashish verso
l'Italia, che per conto degli USA ha condotto attacchi
terroristici contro civili serbi in Kosovo fornendo la scusa
per l'attacco della NATO alla Yugoslavia del 1999.
Questo gruppo ha poi ripetuto gli attacchi contro la
Macedonia. Nelle file dell'UCK militavano anche molti
mercenari di provenienza mediorientale, anche loro pagati
dagli USA. - Il gruppo degli "
indipendentisti " ceceni arruolato nei primi anni
'90 attorno a Dudaev e poi, morto lui, attorno a
Mashkadov, con lo scopo di espellere i russi prima dalla
Cecenia e poi dall'intero Caucaso petrolifero, mossa
strategica che metterebbe completamente a terra la Russia la
cui economia si basa al 70% sulle esportazioni di petrolio.
Questi " ribelli " sono membri di tribù
tradizionalmente dedite al brigantaggio e al traffico di
droga e sono convinti a combattere contro i russi dai
dollari, dalle armi e dall'addestramento USA, e dal
fatto che gli USA li favoriscono nel traffico di eroina. Gli
USA li rinforzano con mercenari che arruolano in tutto il
Medioriente e difatti anche Osama Bin Laden, che è un
saudita, ha combattuto in Cecenia. Undercover
operations per provocare guerre Gli USA hanno
poi compiuto undercover operations più sofisticate,
consistenti nell'organizzare provocazioni per indurre
una controparte a una reazione violenta da sfruttare come
casus belli. Gli esempi sono anche qui abbondanti e
ricordiamo : - L'episodio di Fort Sumter del
1861, quando i Confederati furono indotti a sparare alcune
cannonate che furono - quasi letteralmente verrebbe da dire
- colte al balzo dal presidente Lincoln per iniziare la
Guerra Civile. - L'episodio del Lusitania
del 1915, il piroscafo fatto partire da New York con le
stive platealmente piene di armi per la Gran Bretagna
sperando che fosse affondato dai sottomarini tedeschi, come
accadde, raggiungendo lo scopo di aumentare
l'interventismo antitedesco. -
L'episodio di Pearl Harbor del 1943, quando i giapponesi
furono indotti all'attacco preventivo da una serie di
provocazioni congegnate da Roosevelt. -
L'episodio del Golfo del Tonchino del 1964, quando
grandi navi americane minacciarono apposta ( ordini del gen.
Westmoreland ) delle piccole navi vietnamite, i cui colpi di
rimando furono la scusa per iniziare i grandi bombardamenti
aerei. - L'episodio del Kuwait del 1990,
quando gli americani - nascosti dietro i kuwaitiani -
cominciarono a spillare petrolio iracheno attraverso il
confine per indurre quella reazione che ci fu e che permise
l'intervento della coalizione occidentale del 1991. Non
solo, ma sembra che alla trappola abbia contribuito anche
l'Ambasciatrice americana in Kuwait, che abilmente,
meglio di una attrice di Hollywood, fece " capire
" a Saddam che gli USA non avrebbero reagito ad una
invasione del Kuwait. L'inquietante
precedente del 1898. Non mancò il caso in cui,
non riuscendo a indurre la controparte all'atto
violento, gli USA si decisero a compierlo loro stessi, si
decisero all'autoattentato: il casus belli per la guerra
contro la Spagna del 1898, che fruttò agli USA Cuba e le
Filippine, fu l'attentato che nel 1898 nel porto
dell'Avana fece saltare in aria l'incrociatore
americano in visita Maine, e benché si parli anche di un
gruppo di imprenditori e finanzieri interessati allo
zucchero cubano - sempre americani comunque - sembra
assodato che ad ordinare l'atto sia stato proprio il
governo USA del presidente McKinley ( un uomo che morì
assassinato in effetti, nel 1901 dall'anarchico Czolgosz
). Il cinismo non è mai mancato. Cosa fondamentale da
notare è che il governo americano in questo genere di
evenienze ha dato consistentemente prova di non tenere in
alcun conto la vita di propri soldati o cittadini, più
precisamente di essere disposto a sacrificarli - ad
ucciderli lui stesso, in verità - pur di ottenere i suoi
scopi. La maggioranza delle undercover operations di
provocazione che abbiamo visto hanno comportato la morte
programmata di cittadini americani, civili o militari. Si
può infatti puntualizzare in merito: - A Fort
Sumter non ci furono morti, ma la successiva guerra civile
fece tra militari e civili 1.000.000 di morti, un milione di
americani sacrificati - benché indirettamente, fatti
ammazzare fra di loro in effetti - perché il gruppo
dirigente del Nord, di cui Lincoln era il portavoce,
ottenesse i suoi scopi, che erano quelli di espandere anche
al Sud il sistema mercantile capitalista. - A
bordo del Maine al momento dello scoppio c'erano 262
marinai, tutti americani e tutti morti. - A
bordo del Lusitania fra gli oltre duemila passeggeri
c'erano anche cittadini americani, dei quali 140
morirono assieme a circa 1.000 degli altri. -
Nell'attacco giapponese a Pearl Harbor morirono 2.300 (
o 2.600 secondo altre fonti ) militari americani. Questi
soldati non furono una, ma più volte vittime del loro
governo: prima per le provocazioni intenzionali di Roosevelt
al Giappone, poi perché sempre Roosevelt rifiutò di
evacuare la base avanzata e quindi esposta di Pearl Harbor
proprio perché la medesima gli serviva come esca, infine
perché i vertici militari e civili di Washington - il gen.
Marshall in testa - impedirono di avvertire per tempo la
base dell'attacco, di cui il controspionaggio
dell'OP20G era venuto a sapere con certezza 5 ore prima,
perché volevano che lo stesso riuscisse, che fossero
affondate molte navi ( ma non le portaerei, fatte uscire dal
porto qualche giorno prima ) e che ci fossero alte perdite
umane, per impressionare di più la propria opinione
pubblica. L'ovvia conclusione
Questa è la storia circa le undercover operations degli
USA. Fa ancora meraviglia, a questo punto, che
l'attentato alle Twin Towers dell'11 settembre 2001
possa essere stato un autoattentato? A mio parere non
dovrebbe di certo. Nel caso, non ci sarebbe niente che fosse
davvero una novità, una sorpresa, un qualcosa che il
governo USA non ci avesse già fatto vedere prima.
Impressiona il numero dei morti : 2.700 / 2.800. Molti sì,
ma guarda caso è circa lo stesso numero dei morti di Pearl
Harbor. Non solo: a Pearl Harbor si trattava di soldati,
elementi giovani e sicuramente con cittadinanza americana;
le vittime delle Twin Towers invece, vista l'ora
dell'attentato, erano assai meno " pregiate ":
i dirigenti e funzionari non erano ancora arrivati negli
uffici e i presenti erano più che altro personale di basso
livello, fattorini, uscieri, donne delle pulizie, guardie
private, in maggioranza non dei WASP e con molti che non
avevano neanche la cittadinanza americana, erano degli
immigrati clandestini. Gli ebrei che lavoravano alle Twin
Towers poi sembra addirittura che siano stati avvertiti
il giorno prima di non recarsi al lavoro
l'indomani. Impressiona anche la scala
dell'attentato, il danno portato all'America. Anche
qui, non di più del danno portato a Pearl Harbor, dove
furono affondate sette grandi navi da battaglia più
naviglio vario e furono distrutti al suolo più di 200 aerei
della vicina base di Ohau. In conclusione, in linea di
principio l'attentato alle Torri Gemelle può benissimo
essere stato un autoattentato del governo USA, dato che ciò
sarebbe in linea con la sua prassi abituale e con la sua
caratura morale. Per compiere l'ultimo passo, e
stabilire che questa è addirittura l'ipotesi più
probabile, è necessario trovare il movente adatto, un
obiettivo che il governo USA potesse ragionevolmente pensare
di raggiungere tramite l' autoattentato, e un obiettivo
proporzionato, così grande come grandi erano i rischi e
anche le perdite connessi con una undercover operation del
genere.
|
lalla 2 agosto 2005 0:00
romano, hai ragione, xò mi pare strano che una persona
così devota ad allah, tanto da farsi saltare in aria in suo
nome, possa "tradirlo".x carità tutto può essere
xò uno che ama così tanto il suo dio preferirebbe morire
piuttosto che collaborare col nemico. tu che ne pensi?
|
Paolo 2 agosto 2005 0:00
Ho letto l'intervento di Fabio del 27 Luglio: e' uno
che parla chiaro. Si' non siamo indifesi contro il
terrorismo, se si vuole lo si puo' vincere, il punto di
forza del terrorismo e' che i possibili terroristi sono
tra noi, quindi applicare il principio "io a casa mia e
tu a casa tua" risolve tutto, perche' un confine
chiaro e netto e' molto facile sa sorvegliare e da
difendere, basta un satellite spia a 36000 Km di quota per
sorvegliare tutto il Mediterraneo e il Medio Oriente,
"vede" anche di notte o attraverso alla nebbia,
con una risoluzione che permette di leggere i titoli dei
giornali, altro che frottole sugli 8000 Km di coste diffiili
da sorvegliare. E se occorre sparare si spara, come fanno
appunto i Greci e altri. Nel 1500, preoccupati
pervhe' le idee diffuse dai missionari europei stavano
alterando preziosi equilibri interni, i Giapponesi
escogitarono una soluzione geniale, nessuno straniero poteva
entrare in Giappone, ma continuavano gli scambi commerciali
su una isoletta nella baia di Nagasaki, nessuno straniero
avrebbe messo piede sulle isole maggiori, e le merci
venivano controllate con cura. Oggi si potrebbe fare la
stessa cosa. Trattare affari in videoconferenza, passare le
merci ai raggi X, etc etc. Di immigrati non ce n'e'
bisogno, abbiamo solo in Europa decine id milioni di
disoccupati e di poveri da sistemare, altro che immigrati!
Una vera e propria guerra potrebbe risultare superflua.
Comunque, fin che ci sono 24 milioni di islamici negli USA e
chissa' quanti in Europa, li si puo' usare come
ostaggi, ammazzarne 1.000.000 per ogni Europeo che viene
ucciso, roba da smontare persino Bin Laden. Sono ridicole e
sbagliate le affermazioni di alcuni, che non si deve
scendere al livello del nemico: in guerra per vincere
bisogna picchiare piu' forte del nemico, come fece
l'aviazione inglese comandata da Harris, i Tedeschi
rasero al suolo Coventry, e Harris promise di radere al
suolo 50 citta' tedesche, mantenne la promessa e
ando' anche oltre, e' cosi' che si vince.
Comunque anche la propaganda o guerra psicologica puo'
avere una funzione positiva. Ma si tratta di condurre una
vera e propria guerra (propagandistica) di religione, far
vedere che il Corano non da' e non promette nulla. Il
comunismo prometteva giustizia, uguaglianza e un sempre
maggior benessere, ma in fondo che cosa promette
l'Islam? Perche' uno dovrebbe aderire all'Islam?
Certo, c'e' la tassa per i poveri, ma 1300 anni di
Islam mostrano che non e' sufficiente a dar da mangiare
ai poveri. Insomma invece di "rispettare"
l'Islam, criticarlo e attaccarlo come si puo' fare
per qualsiasi religione o ideologia nemica. Mettere in
dubbio l'esistenza dell'aldila', delle oasi
celesti piene di vergini, visto che nessun e' mai potuto
tornare indietro a confermare che esistono, si tratta
insomma di bugie non controllabili. Paolo
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Romano 2 agosto 2005 0:00
Per Lalla, chiedendo scusa se scrivo una considerazione
velocemente: anche i brigatisti più incalliti ed i
mafiosi più fedeli in molte occasioni hanno collaborato con
il nemico. Non vedo perchè un islamico non lo possa fare.
Potrebbe voler dire che la religione che professano può
essere accantonata un momento e che magari converrà, di
fronte a determinate condizioni, operare una scelta, magari
discutibile ma comunque una scelta precisa, ragionata e
dettata da un calcolo di convenienza e non solo dai principi
e fondamenti religiosi.
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Alex 1 agosto 2005 0:00
Io dico che ci stiamo facendo le pippe mentali, questo è
stato preso, ha ammesso certe situazioni e noi stiamo ancora
a costruire i castelli di sabbia per dimostrare che l'ha
mandato Bush... mah! In Egitto le indagini vanno avanti
e noi ancora a fare castelli di sabbia per dare la colpa
all'occidente quando invece si è voluto chiaramente
punire l'Egitto. Io continuo a non avere
paura di un americano che mi siede accanto.
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lalla 1 agosto 2005 0:00
stefano, ormai sono talmente sfiduciata dai mass media che
nn credo + a nulla. innanzi tutto ho notato che da un tg
all'altro le foto dei terroristi a volte sono diverse,
inoltre nn so xchè ma secondo me quei personaggi che ci
hanno fatto vedere in tv nn corrispondono ai terroristi. il
fatto che un islamico collabori con il nemico nn lo trovi
un pò strano? nn credo che la loro religione contempli
questo, che ne pensi?
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fabiox 1 agosto 2005 0:00
Stefano caro, non servono il mio nome e cognome per
avere un riferimento di ignoranza... rileggiti il tuo
post. ah, stefano caro, se non hai il tempo di
rileggete casì tante banalità (ma quanti anni hai?)
guardati allo specchio
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luca 1 agosto 2005 0:00
x stefano la stessa cosa vale per te questo NON E'
IL TUO FORUM è aperto a tutti e TUTTI possono scrivere
CIO'CHE VOGLIONO... se non ti sta bene basta che segui
le istruzioni che tu stesso hai scritto.
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Stefano Fusco 1 agosto 2005 0:00
Caro FabioX, ce l'hai un nome visto che non hai
educazione? Allora vediamo se hai il coraggio di scrivere
come ti chiami, così almeno avremo un riferimento a tanta
ingnoranza e volgarità. Questo forum contiene un post che
ho scritto. Mi interessa l'opinione di chi viene a
leggere. Non sei obbligato a leggere, ne a condividere, ne
tantomeno ad intervenire con insulti infantili. Vuoi aprire
un nuovo forum su Lalla e le sue idee?? Sei libero di farlo,
le istruzioni sono sulla homepage di questo sito. Nel tuo
nuovo forum sarai finalmente contento di scrvere tutto il
tuo repertorio di insulti e parolacce che conosci. Se non
sei capace di scrivere a senso compiuto i tuoi commenti non
sono più graditi. Spero di non dover più replicare con te.
Buona giornata.
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Fabiox 1 agosto 2005 0:00
LALLA cogliona sfigata
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