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osa
4 agosto 2005 0:00
da: lalla
Data: 4 Agosto 2005

osa, hai dato un'occhiata www.luogocomune.net?

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Ho visto Lalla.
Ci sono molte persone che sanno ragionare con la propria testa ma purtroppo x ognuno di loro ci sono 100 imbecilli che non credono ad altro che a quello che dice la TV.
Alex
4 agosto 2005 0:00
Osa, se fai degli interventi enciclopedici è difficile trovare il tempo di risponderti.
Tra l'altro fai come Marzullo, ti fai le domande e ti dai le risposte.
E' una tua supposizione, che spacci per il Vero assoluto, che gli attentati di Londra siano stati appoggiati da qualche governo. Come sono tue supposizioni e deduzioni altri commenti che hai fatto, ma si potrebbe affermare anche il contrario senza timore di smentita.
L'Afghanistan ha visto la vittoria dei ribelli? Anche qui pura opinione, c'è in carica un governo eletto.
L'Iran una povera vittima? Peccato che l'opposizione abbia denunciato brogli elettorali durante le ultime votazioni. Anche Mussolini negli anni trenta vinceva in maniera plebiscitaria...
Circa gli obiettivi del terrorismo.. ovvio, "punire" gli infedeli, come più volte detto nei videomessaggi... o anche questi sono prodotti dagli americani? Ma in Spagna hanno anche ottenuto un grande risultato politico, non certo favorevole agli Usa.
"E, ormai è certo, l’attentato alle Torri Gemelle di New York dell’11 settembre 2001 è stato un autoattentato": di illazioni se ne possono fare tante, ma almeno servirebbe dimostrarle. Di certo non c'è proprio nulla, ed è scorretto affermare ciò di cui non si hanno prove, se non qualche scritto trovato chissà in quale sito di dubbia corrispondenza col vero.
Ormai si giustifica tutto e il contrario di tutto: se un fatto va a favore degli Usa se lo sono fatti loro per un loro vantaggio, se invece va contro gli Usa se lo sono sempre fatti loro per aumentare la tensione e giustificare le loro azioni. Alle illazioni non c'è mai fondo, meno male che poi parlano i fatti.
fabio
4 agosto 2005 0:00
x stefano fusco.
caro stefano 2 cose:
La prima è che se mi dici di andare a documentarmi un un sito, assicurati prima che ci siano informazioni che possano avallare la tua tesi(ribadisco, l'auto ad acqua non esiste, e l'idrogeno può essere prodotto dall'acqua)
Secondo mica è colpa mia se tu fai delle affermazioni di carattere scentifico che non stanno in piedi, io mi limito solo a suggerirti di studiare di più su i libri di fisica in modo da evitarti di fare la figura dell'incompetente.
X lalla
Continui a non capire........speriamo che qualche talebano o qualche islamico estremista possa farti conoscere la bontà delle loro tradizioni....auguri!
lalla
4 agosto 2005 0:00
osa, hai dato un'occhiata www.luogocomune.net?
Paolo
4 agosto 2005 0:00
Per Osa, sugli USA.
Interessante la coppia di messaggi di OSA su questo pericoloso Stato canaglia che sono gli USA.
Molte delle affermazioni di Osa sono indubbiamente vere, altre convincono meno.
Sicuro che l'USIA fu costituita nel 1953? Non e' nata da quello che per molti anni si chiamava USIS?
Mi sembra una forzatura sostenere che la corsa all'ovest servisse SOLO a procurarsi porti per spedire pelli di orso in Cina. Magari quando avrebbero raggiunto il Pacifico e costruito i porti l'orso era passato di moda ... Mettere le mani su un bel po' di territorio mi sembra uno scopo accettabile e credibile, e in questo gli USA non sarebbero stati diversi da tanti altri Stati. Certo ci sono stati degli episodi in cui l'impiego delle risorse statali USA per sostenere interessi di singoli o gruppi di imprenditori ha dato molto nell'occhio, come il golpe in Cile nel 1973, ma non e' detto che tutta la politica USA si riduca a qualcosa del genere, ci possono anche essere degli interessi generali di sicurezza e sopravvivenza e perche' no di potenza, non legati agli interessi contingenti di singole aziende.
E d'altra parte si potrebbe sostenere che gli USA nemmeno in questo siano tanto diversi dagli altri Stati. Non uso' forse l'impero britannico (o quello francese o altri) le proprie forze armate per difendere gli interessi della Compagnia delle Indie, etc?
Quanto al quasi sterminio dei Pellirossa, certo non e' stata una cosa molto simpatica, ma cosa avrebbero fatto costoro se invece di scannarsi tra loro si fossero dati da fare per costruirsi delle canoe oceaniche e fossero arrivati da noi prima che noi arrivassimo da loro? E comunque perche' compiangerli, visto che secondo gli storici questi Pellirossa non sarebbero neanche, a rigore, dei nativi americano, ma cuginetti di Gengis Khan e compari che attraverso lo stretto di Bering invasero l'America assai prima che ci arrivasse Colombo? Visto come si comportarono tutti i barbari che riuscirono a invadere l'Europa, il quasi sterminio dei Pellirosse puo' essere visto come una vendetta trasversale, e la conquista dell'America un risarcimento per i danni e i crimini di guerra commessi dai barbari cuginetti dei Pellirosse.
Qualche perplessita' sulle affermazioni di Osa sulla politica interna USA, dalle sue parole a volte sembrerebbe che coloro che non fanno parte dell'oligarchia dominante si rendano perfettamente conto di come stiano le cose, per dirla in termini marxisti avrebbero una coscienza di classe, altre volte sembrerebbe che la propaganda di regime sia riuscita a convincerli che la realta' USA non e' quella che percepiscono ogni giorno negli slums.
Quanto alla possibilita' che l'attacco alle Torri gemelle sia stato montato dagli USA, non sono abbastanza addentro alla cosa da dire se sia stato cosi' o no, ma propendo per un mezzo no, nel senso che piu' che attuare l'attacco con propri uomini e' piu' probabile, visti anche i precedenti storici, che lo abbiano lasciato accadere. Che l'attacco venga dall'esterno e' importante per ragioni di politica interna, per rinsaldare il fronte interno, come accadde a Pearl Harbour (la maggioranza degli Statunitensi era contraria a entrare in guerra, pare, anche secondo testinianze di alti ufficiali USA, che Roosvelt fosse al corrente dell'attacco, ma lo lascio' avvenire proprio per sfruttare la reazione emotiva nella popolazione), tutto questo pero' non vuol dire che gli Americani siano sempre i cattivi e tuti gli altri i buoni, ad esempio nel caso di Pearl Harbour gli USA si trovavano comunque di fronte a uno Stato espansionista e molto ostile, che aveva gia' attaccato Corea, Okinawa, Formosa, Cina e Russia e che cercava di dominare il mondo, quindi il trucco di Roosvelt in fondo fu un piccolo peccato veniale, sostanzialmente aveva ragione. Allo stesso modo anche se il Governo USA avesse "lasciato accadere" l'attacco alle Torri gemelli, beh, Bin Laden c'era effettivamente, e da tempo. Insomma gli Americano saranno brutti e cattivi, ma non sono certo gli unici.
Paolo
osa
4 agosto 2005 0:00
Più questa stagione del terrore continua meno si capisce, ma a pensar male spesso ci si prende.

Analizziamo freddamente la situazione, anche se davanti a tanto orrore (guerre d’invasione e bombe in mezzo ai civili) non è facile, perché qualcosa non quadra.

Secondo la teoria ufficiale del “politicamente corretto” siamo sotto attacco da parte di una sorta di rete internazionale islamica che ha dichiarato guerra all’Occidente democratico; i più “ragionevoli” la ritengono una risposta all’invasione dell’Iraq, i più “radicali” sottolineano come già dall’11 settembre 2001 il conflitto fosse iniziato.

A questi ultimi ricordiamo che, tralasciando tutta l’epoca colonialista (come ha invece recentemente sottolineato il sindaco di Londra Ken Livingstone) e partendo dal 1945, sarebbe possibile elencare una serie di avvenimenti che hanno contribuito a scavare un fossato tra i due mondi: la nascita di Israele e la conseguente cacciata dei palestinesi dalla loro terra, i colpi di Stato anglo-americani in Libano ed Iran, l’attacco all’Egitto di Nasser, l’invasione dell’Iraq del 1991 e il conseguente embargo, il bombardamento del Sudan… Insomma, se anche la loro teoria fosse vera, i presunti kamikaze che fecero strage gettando gli aerei dirottati contro le Torri gemelle (sul Pentagono come ormai è chiaro si trattò di un’autobomba) sarebbero frutto di un risentimento maturato nei decenni.

Ma continuando a seguire il loro ragionamento, che nella seconda fase coincide con quello dei “ragionevoli”, rimane da spiegare quali obiettivi si prefiggano gli attentati terroristici e in particolare quali vantaggi possano apportare alla c.d. “causa islamica”.

A meno di non voler considerare Al-Qa‘ida una sorta di organizzazione criminale composta da assetati sanguinari completamente irrazionali (e a volte i media ammaestrati la presentano così), i conti non tornano.

Da un punto di vista militare, se si eccettua la strage di Madrid con la conseguente vittoria elettorale di Zapatero e il ritiro dei soldati spagnoli dall’Iraq(1), la strategia del terrore non ha alcun senso.

In Iraq e ormai anche in Afghanistan tutte le fonti più attendibili segnalano come ormai la partita stia per chiudersi a favore della resistenza, semmai le truppe occupanti stanno cercando il modo di uscirne senza troppe umiliazioni. Le stesse opinioni pubbliche, quella statunitense e soprattutto quella inglese, sono contrarie all’avventura militare intrapresa dai loro governi, perciò gli attentati sono assolutamente controproducenti in quanto suscitano paura e desiderio cieco di vendetta.

Tutti i comunicati del Ba‘th sono estremamente significativi a questo proposito; la guerriglia irachena non necessita né di uomini né di mezzi, ma solo di appoggio politico e propagandistico: perché allora le bombe nelle stazioni dei bus o della metropolitana? Non si tratta invece di un modo per screditarla e convincere i numerosi oppositori europei che siamo in pieno conflitto di civiltà e la guerra è inevitabile?

Ricordiamo che siamo peraltro alla vigilia di un’altra importante crisi mondiale, cioè l’ultimatum che gli anglo-americani si preparano a dare all’Iran, come esplicitamente ammesso da Kissinger dopo gli attentati di Sharm el-Sheikh.

Quale miglior modo di organizzarlo se non coinvolgendo la NATO in Iraq (alleati europei compresi) e ritirando truppe statunitensi da spostare altrove (cioè in Azerbaijan, naturale base logistica per la destabilizzazione del regime di Teheran)?

Perché poi colpire Stati che si sono opposti alla deposizione di Saddam Hussein, come ad es. la Turchia? Non si tratta proprio di un avvertimento al governo di Ankara perché rimanga allineato e coperto alle strategie atlantiste?

Quali obiettivi si vorrebbero raggiungere con un’eventuale attentato all’Italia? La conversione di Berlusconi all’Islam? Il ritiro dei soldati italiani dall’Iraq? Eppure è evidente anche ai ciechi che Roma è assolutamente succube di Washington, quindi un eventuale dietrofront italiano potrebbe avvenire solamente se autorizzato dalla Casa Bianca.

Evidentemente si vuole spaventare e spianare il terreno all’adozione di misure speciali contro le rare voci libere rimaste in circolazione nel nostro paese, così come avvenuto in Gran Bretagna.

Esaminiamo allora velocemente le confuse notizie sugli attentatori. Come è possibile che il Mossad

sapesse almeno sei minuti prima delle bombe di Londra (ma inizialmente si era ammesso che il preavviso era molto più grande), tanto da avvertire l’ex premier Nethanyahu? Perché lo stesso giorno nella capitale inglese si stavano svolgendo esercitazioni antiterroristiche, copertura ideale per eludere ogni tipo di sorveglianza? Perché ancora il Mossad aveva avvisato le autorità egiziane che in quei giorni ci sarebbero stati attentati ai casino di Sharm el-Sheihk? Come hanno fatto a saperlo i terroristi che hanno quindi cambiato obiettivo, facendo esplodere le bombe altrove e non nei casinò debitamente controllati? Perché un quotidiano nazionale italiano, già il giorno successivo alla strage, ammetteva che stando ai servizi segreti israeliani bisognerebbe seguire una fantomatica pista che porterebbe a “trafficanti serbi che farebbero uscire le provviste di esplosivo dagli arsenali dell’esercito di Belgrado corrompendo alcuni ufficiali e poi li rivendono ai terminali di Al-Qa‘ida a Sarajevo. Via terra e poi in nave, l’esplosivo raggiunge la costa egiziana e viene fatto transitare attraverso il Sinai …”, ricordando che la rivendicazione proviene dall’Organizzazione Al-Qa‘ida in Siria ed Egitto(2)? Forse per bilanciare l’articolo del medesimo quotidiano qualche pagina prima, nel quale si comunicava che “dalle targhe di almeno una delle auto dei kamikaze si deduce che la macchina sia entrata in Egitto dal territorio israeliano transitando dal valico di Taba”(3).

Perché lo stesso giornalista così informato sulle veline israeliane, il giorno dopo rettificava l’indicazione del collega: “Le due vetture usate per compiere gli attentati di Sharm el Sheik erano di marca giapponese, immatricolate in Giordania e importate illegalmente utilizzando il traghetto che dal porto giordano di Aquaba porta a Nueiba in Egitto”?(4)

Peccato che dopo la smentita egiziana sulle responsabilità di gruppi beduini sia arrivata anche quella sui c.d. terroristi pachistani, “imboccata” del sito israeliano “Debka”, vicino al Mossad. In realtà, l’attentato di Sharm el-Sheikh ha provocato ingenti danni economici all’Egitto, ma chi ha interesse a indebolire il governo del Cairo, la presunta rete islamista o uno Stato rivale? Yuval Shteinitz e lo stesso Shin Bet (servizio di sicurezza israeliano) ad accusare l’Egitto di “preparare il suo esercito a una prossima guerra contro Israele”?(5) E a considerare il rafforzamento militare voluto da Mubarak il principale pericolo per Tel Aviv dopo l’atomica iraniana e prima del c.d. “terrorismo islamico”?(6)

Non sarà allora che tutto quanto sta succedendo, compresi i tentativi di destabilizzazione dell’Arabia Saudita, vada nella direzione auspicata dal progetto del “Grande Medio Oriente”, varato dall’Amministrazione Bush e supportato dalle ambizioni territoriali sioniste?
Qualcuno dovrebbe iniziare finalmente a rispondere a queste domande, il tempo per smarcarsi dal “macello” planetario ormai stringe.


Paolo
4 agosto 2005 0:00
Il titolo del thread e' "Paura del terrorismo?". Io risponderei no, nessuna paura del terrorismo, proprio perche' si tratta solo di terrorismo (e non di una guerra di sterminio).
Durante la seconda guerra mondiale gli Inglesi, quando erano sotto il tiro delle V1 e V2 (e non c'era quel minimo di tempo per correre in un rifugio), continuavano a farsi i fatti loro, senza soverchie preoccupazioni. V1 e V2 fecero dei danni e uccisero un po' di gente, ma non tanti, per cui, come capirono le stesse possibili vittime, il rischio di venire colpito da una V2 era minimo.
Nello stesso periodo sulle citta' tedesche e italiane ogni notte volavano i Mosquito, cacciabombardieri d'alta quota difficili da abbattere, essi giravano e giravano a lungo, poi sganciavano l'unica piccola bomba che avevano, e talvolta ammazzavano qualcuno, ma anche qui le probabilita' di rimetterci la pelle per colpa di un Mosquito erano minime, al punto che la popolazione, dopo esserre inzialmente corsa in rifugio al minimo allarme, e aver passato parecchie notti in bianco, arrivo' alla razionale conclusione che sarebbe stato molto piu' pericoloso privarsi del sonno che esporsi alla minaccia dei Mosquito.
Quanta gente sono riusciti ad ammazzare i terroristi? E quanta gente muore ogni anno in incidenti stradali, incidenti aerei e ferroviari, e in altri modi anche piu' banali? Eppure nessun rinuncia ad andare per strada, o in treno o in aereo. Il terrorismo sarebbe una minaccia seria solo se fosse in grado di colpire tutti i quasi tutti i nostri treni, o aerei, o automobili, o che, come quando nell'ultima fase della seconda guerra mondiale la supremazia aerea alleata era tale che gli ufficiali tedeschi non si spostavano piu' in aereo, e anche in auto stavano attenti, preferibilmente si muovevano di notte. Ma Bin Laden non e' nemmeno lontanamente all'altezza del SAC degli USA, o del Bomber Command inglese. Certo, il pericolo di morire per la bomba di un terrorista c'e', ma e' talmente bassa che l'unica cosa sensata e' infischiarsene (e cercare di farli fuori tutti).
Paolo
osa
4 agosto 2005 0:00
John Kleeves sugli attentati di Londra
di John Kleeves

lunedì, 18 luglio 2005




Domanda 1 : Dottor Kleeves, cosa pensa dell’attentato avvenuto a Londra lo scorso giovedì 7 luglio 2005 ?



Risposta 1.



E’ un attentato molto simile a quello di Madrid dell’11 marzo dello scorso anno. Nella capitale spagnola esplosero simultaneamente varie bombe, piazzate in treni e stazioni ferroviarie, che provocarono un totale di 200 morti e 1400 feriti. A Londra ad esplodere simultaneamente sono stati degli ordigni posti in carrozze della metropolitana e in almeno un autobus di superficie, che hanno causato 700 feriti e un numero di morti calcolato per il momento in 70 ma destinato sicuramente ad aumentare. Anche l’ora degli attentati è simile, collocata in entrambi i casi verso le 8.30 del mattino, quando operai e impiegati si recano al lavoro. Anche il giorno : in entrambi i casi era un giovedì, un giovedì lavorativo.

Attentati di questo genere, così complessi e insieme così ben studiati e puntualmente eseguiti, non sono alla portata di gruppi terroristici “ privati “, nati e cresciuti al di fuori di strutture in qualche modo ufficiali, ma possono essere realizzati solo dai servizi segreti di una qualche Nazione, o di più Nazioni allo scopo associate. Per queste operazioni i servizi segreti possono agire in due modi : o in prima persona oppure infiltrando un ignaro gruppo terroristico “ privato “, che inducono all’azione fornendogli il necessario, cioè il danaro, le armi e gli esplosivi con i relativi accessori, e soprattutto fornendogli le informazioni esclusive sugli obiettivi.


Così ad organizzare questi attentati di Madrid e Londra è stato sicuramente un governo, o i governi associati di più Paesi. Riuscire a convergere verso qualcuno in particolare non è come cercare un ago in un pagliaio. Infatti, non sono molti i Paesi che hanno la consuetudine di ricorrere a questi sistemi in tempi di pace. In passato si sono distinti in tal senso la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, la Turchia e la Francia, e forse qualche volta la Germania e la Russia. Negli ultimi decenni, e attualmente, si può dire che solo gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, Israele e la Francia ricorrono a questi sistemi. I Paesi più e più volte accusati dagli USA e dai loro alleati, e dai vari e variopinti pulpiti internazionali loro legati, di essere dei “ rogue States “, dei “ Paesi canaglia “ che fomentano il “ terrorismo internazionale “ e si macchiano di ogni altra infamia, sono al contrario completamente innocenti, e specie col terrorismo non hanno nulla a che fare. A dirlo non sono io ma è la storia e la cronaca : si leggano i libri e si vadano a rileggere i giornali degli anni e decenni passati e questa verità balzerà evidente.

Quindi i sospetti si riducono a USA, GB, Israele, Francia. Per focalizzare su quale o su quali di loro ( nel caso si sia formata una associazione ) non c’è che porsi la solita, vecchia ma generalmente infallibile domanda : cui prodest ? A chi l’operazione ha fatto comodo ? a chi l’attentato ha portato vantaggi ?

Nel caso dell’attentato di Madrid io, ragionando in questi termini, avevo concluso che il colpevole erano gli USA. Gli USA hanno alle spalle una storia lunghissima di covert operations realizzate sotto mentite spoglie, una storia cominciata così precocemente come nel 1773, con la faccenda del Boston Tea Party, quando alcuni ribelli coloniali americani travestiti da indiani buttarono a mare il carico di tè di un mercantile inglese, e poi continuata con l’impresa dei sedicenti coloni di Sam Houston che nel 1836 avrebbe fruttato la regione messicana del Tejas ( poi diviso in Texas, New Mexico, Colorado e Arizona ) ; una storia ripetuta con la costituzione di bande armate apparentemente locali cui far condurre le proprie guerre ( i Contras del Nicaragua, le AUC della Colombia, la Mano Bianca degli esuli cubani, gli Squadroni della Morte di un po’ tutta l’America Latina, la Al Qaeda dell’Afghanistan, l’UCK del Kossovo e della Macedonia, le bande della Cecenia, altri ) ; e una storia andata avanti con l’esecuzione di una miriade di attentati e omicidi politici compiuti strisciando nell’ombra di qualcun altro ( Mattei-Mafia, Moro-Brigate Rosse, M.L.King-Uomo squilibrato, John Lennon-Uomo squilibrato, H.M.Schleyer-Rote Armee Fraction, D’Antona-Brigate Rosse, Biagi-Brigate Rosse, altri ).

Non solo, ma gli USA hanno mostrato di apprezzare a tal punto i vantaggi dell’atto terroristico attribuito ad altri da essere arrivati a organizzare degli attentati contro se stessi, contro cittadini, beni e territorio degli USA stessi ! Di nuovo non sono io ma è la storia a dirlo, fornendo degli esempi davvero notevoli e incontrovertibili, riconosciuti da qualunque studioso animato da un minimo di obiettività : nel 1898 furono agenti del governo USA a far saltare la corazzata USS Maine e i suoi 160 uomini di equipaggio nel porto dell’Avana, ottenendo così il pretesto per dichiarare quella guerra alla Spagna che avrebbe fruttato Cuba, Guam e le Filippine ; nel 1915 furono i funzionari doganali americani a lasciar trapelare la presenza nelle stive del Lusitania di ingenti rifornimenti bellici per la Gran Bretagna, rendendo così la nave una preda ambita per gli U Boote tedeschi ; fu il presidente Franklin Delano Roosevelt in persona ( il buono e sofferente paralitico ), e il suo staff più intimo guidato dal gen. George Marshall, a provocare deliberatamente l’attacco giapponese a Pearl Harbor del 7 dicembre 1941 e a congegnare perché provocasse più morti possibile fra il personale americano, al solito scopo di avere il pretesto per la guerra.

E, ormai è certo, l’attentato alle Torri Gemelle di New York dell’11 settembre 2001 è stato un autoattentato, organizzato dai servizi USA per avere la scusa di lanciare la “ guerra al terrorismo internazionale “, cioè in altre parole di partire alla conquista del pianeta cominciando con il Medioriente, il suo petrolio, e la sua collocazione strategica nei confronti di Russia e Cina. Ho detto che è certo essersi trattato di un autoattentato perché se ne sono ottenute le prove materiali ; ad esempio, è stato dimostrato con fotografie che l’11 settembre 2001 il Pentagono non fu colpito da un aereo di linea dirottato ma da un missile da crociera. In questo autoattentato sono periti circa 2700 cittadini statunitensi ; per gli ascoltatori della radio satellitare iraniana in lingua italiana che ci stanno ascoltando questo sembra incredibile, sembra un abominio impensabile, un crimine che nessuno mai si sognerebbe di compiere verso il proprio popolo, ma per combinazione è circa lo stesso numero dei soldati statunitensi morti a Pearl Harbor. L’abominio era già stato commesso una volta.

Di questa disponibilità statunitense all’autoattentato è rimasta addirittura una testimonianza scritta : il piano denominato “ Northwoods “, preparato dal gen. Lemnitzer nel 1962 e recentemente venuto alla luce in forma integrale, che prevedeva l’esecuzione di vari e alcuni assai efferati attentati terroristici contro cittadini e mezzi statunitensi dei quali incolpare Cuba e il solito “ malvagio “ Fidel Castro. Il piano, aggiungono le fonti USA, fu respinto dal presidente Kennedy : attendibile o no questa conclusione, questo “ lieto fine “ un po’ hollywoodiano, rimane il fatto che il piano fu preparato e ciò basta a testimoniare un cinismo intollerabile.

Nel caso dell’attentato di Madrid il cui prodest ? per gli USA stava nelle intenzioni. Eseguendo l’attentato di Madrid, o facendolo eseguire da chissà quale scheggia impazzita del sottobosco politico europeo o musulmano, gli USA agitavano lo spauracchio del terrorismo in Europa, contando che con ciò gli europei avrebbero rotto gli indugi e avrebbero seguito gli USA nella loro crociata mediorientale, spacciata appunto per crociata contro il terrorismo internazionale. In particolare e in concreto l’obiettivo era di affidare alla NATO la continuazione della guerra coloniale in Iraq, liberando così truppa americana per altre conquiste. Per quanto riguardava le elezioni politiche generali spagnole, che si sarebbero svolte tre giorni dopo, gli USA pensavano che il PPE dell’alleato Aznar avrebbe potuto trarre solo vantaggio da un attentato del genere, e anche in caso contrario il pronostico favorevole non si sarebbe sovvertito visto il vantaggio che i sondaggi assegnavano ad Aznar. Ma non andò così. Gli Spagnoli confermarono l’infallibile fiuto che li aveva tenuti fuori dalla prima e dalla seconda guerra mondiale : Aznar perse le elezioni nei confronti del socialista Zapatero, che come primo atto stabilì il ritiro del contingente spagnolo dall’Iraq. E ciò bloccò tutto il programma circa la NATO in Iraq.

In conclusione, a mio parere l’attentato di Madrid fu una covert operation andata male, che anzi aveva ottenuto un risultato contrario al previsto, una covert operation che aveva avuto un effetto boomerang, che aveva backfired. Non è una cosa così rara come si può pensare.

In ogni caso non ci sono alternative a questo scenario. Qualcuno potrebbe dire che l’attentato fu compiuto da qualcuno che voleva proprio quel risultato, il rovesciamento di Aznar, la vittoria di Zapatero e di conseguenza il ritiro della Spagna dall’Iraq e la paralisi della NATO nel teatro. E cioè che l’attentato fu compiuto non da chi voleva gli Occidentali in Iraq, come gli USA, ma da chi non li voleva, ad esempio la Russia, la Cina o l’Iran. Ma non è possibile. A parte che si tratta di Paesi che non seguono la prassi degli attentati terroristici, né palesi né covert, c’è da dire che se così fosse stato allora un attentato del genere si sarebbe ripetuto in ogni Paese europeo dove c’era una elezione sensibile sull’Iraq, perché così si sarebbe potuto determinare il risultato voluto, e invece ciò non si è verificato. Anzi, a dimostrazione del fatto che in Europa - ma credo si possa dire nel mondo - non esiste ciò che viene chiamato “ terrorismo islamico “, ognuno può constatare che in Europa dopo l’attentato di Madrid non ci sono stati attentati attribuibili agli islamici, come del resto non c’erano mai stati prima.



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Invece il primo attentato “ islamico “ in Europa dopo quello di Madrid è stato quello di Londra. Perché ?

Perché, appunto, non è un attentato terroristico islamico. E’ anche questo una covert operation, e anche questo - credo - è opera dello Zio Sam. Il cui prodest ? è chiaro e netto. In effetti, è lo stesso dell’attentato di Madrid : portare la NATO in Iraq. Vincere le resistenze della Francia e della Germania e porre senza remore la NATO alle dipendenze dirette degli USA. Gli USA non avevano certo rinunciato all’obiettivo, che è una tappa indispensabile, ineludibile, necessaria verso il dominio totale del pianeta.

L’obiettivo è in questi tempi ancora più pregnante, ancora più fatidico. In Europa si è sviluppato un braccio di ferro terribile fra Francia e Gran Bretagna, fra Chirac e Blair. Il nodo su chi comanda nella Europa Unita ( nella UE ) stando in Europa è venuto al pettine. Si è sempre saputo sin dall’inizio che l’alternativa era tra Francia e Gran Bretagna, perché sono gli unici due Paesi con armi nucleari, e cioè sono gli unici due Paesi che contano ; gli altri sono comparse, compresa la Germania nonostante la sua economia gigantesca. Ora appunto bisogna decidere, perché i Due Grandi hanno preso due strade divergenti nei confronti degli USA : la GB di totale e acritico appoggio, la F di aperto dissenso, addirittura di concorrenza ( vedi fra le altre cose la lotta per la supremazia aerea civile tra Airbus e Boeing, che in prospettiva può portare alla supremazia nell’aviazione militare : la F ha già messo in produzione il caccia senza pilota, mentre gli USA hanno difficoltà in proposito ). La GB vuole una UE da lei GB guidata alla piena sottomissione agli USA ; la F vuole una UE da lei F guidata e in concorrenza con gli USA.

Il momento è critico anche per l’accumularsi di due eventi : i referendum di Francia e Olanda che hanno respinto la Carta Costituzionale europea poche settimane fa, e l’inizio del semestre inglese alla presidenza europea. E’ una congiuntura esplosiva. Il referendum francese non è avvenuto per caso : è stato Chirac a volerlo, non per “ far decidere al popolo “ per democrazia, come ha detto e sperando che il popolo dicesse sì, ma per respingere la Carta sapendo e sperando che il popolo avrebbe detto no. In pratica Chirac tramite quel referendum ha fatto la seguente affermazione : o l’Unione Europea accetta la leadership della Francia ( messa in discussione da alcune recenti risoluzioni, come per l’ammissione della Turchia e il boicottaggio dell’esercito autonomo europeo ) o l’UE non si fa. E ora alla presidenza dell’UE c’è, per i prossimi sei mesi, Tony Blair, che ha già dichiarato che il suo scopo è di aggirare, di sovvertire, di annullare gli effetti del referendum francese.

Solo pochi decenni fa per un dissidio del genere in Europa sarebbe scoppiata una guerra.



E sono interessati alla vicenda anche gli USA. C’è da crederci : in Europa si sta svolgendo ora un confronto che per loro vale il dominio del Pianeta.

Chiaro che gli USA non si fermeranno di fronte a niente. E neanche la GB si fermerà di fronte a niente : per stabilire la supremazia della GB in Europa la dirigenza inglese non ha esitato a scatenare prima la prima e poi la seconda guerra mondiale. Un grande attentato in Inghilterra, quasi sicuramente a Londra, probabilmente era stato studiato da molto, forse dall’indomani dell’attentato fallito di Madrid : la riunione del G8 a Glenneagles, in Scozia, è servita per dargli l’approvazione finale.

E’ stato Blair informato ? Ha dato il suo assenso alla strage londinese ? Chissà, ma in ogni caso non era necessario : da tempo Blair sa a che gioco si sta giocando ; non lo sapesse non ricoprirebbe il posto che copre. Lo stesso si può dire della signora regina Elisabetta e degli esponenti della più interna cerchia del potere inglese.

Vale la pena di osservare che anche nell’attentato di Londra, come in quello delle Torri Gemelle e in quello di Madrid, le vittime sono state in maggioranza dei poveri pendolari, spesso degli immigrati senza cittadinanza ( nella strage di Madrid su 200 vittime 90 erano immigrati romeni ). In effetti questi attentati sembrano proprio essere stati studiati per essere essenzialmente degli eventi mediatici, col più alto rapporto possibile fra risonanza politica e danni umani, specie danni umani nella parte più “ pregiata “ della popolazione, quella appartenente all’establishment. Al proposito si può anche osservare che se veramente gli autori dell’attentato fossero stati degli islamici animati da malanimo nei confronti degli europei, non avrebbero scelto per le esplosioni quei luoghi e quell’orario ; semmai avrebbero pensato a stadi di calcio affollati, o concentrazioni equivalenti di folla inerme e possibilmente

pregiata, come nelle tribune dei concorsi ippici.



Comunque, avvenuto l’attentato, Blair si è comportato proprio secondo il copione che l’ottica sin qui seguita avrebbe suggerito. Ha pungolato l’orgoglio inglese, dissuadendo in via preventiva la popolazione dal chiedere un ritiro dall’Iraq. Hanno aiutato in ciò le disposizioni date in precedenza durante le esercitazioni di nascondere i brandelli umani sparsi dietro tende istantaneamente innalzate sui luoghi, il divieto di trasmettere immagini di feriti agonizzanti e di trasmettere interviste con sopravvissuti particolarmente scossi : si sono visti in effetti alla televisione solo volti insanguinati, ma integri e in buono spirito : people wounded but with grace. Nel contempo Blair ha soffiato sul fuoco dell’allarmismo : dal giorno dell’attentato si sono succeduti incalzanti e continui gli allarmi bomba a Londra e in altri luoghi come Birmingham, tutti rivelatisi infondati. E’ la tipica combinazione di rassicurazioni ( niente crudezze in vista sui media, cioè : non ci sono reali pericoli da fronteggiare ) e di psicosi allarmistica che mira a far accettare ai popoli una guerra assai pericolosa. Poi Blair ha invitato l’UE a rinserrare i ranghi contro il “ terrorismo internazionale “, implicitamente invitandola anche ad accettare la leadership inglese naturalmente, una nomina oramai d’obbligo visti i danni subiti. Ha alluso a nuove iniziative da prendere in sede comunitaria ( e il presidente Barroso ha annunciato proprio oggi martedì 12 luglio che sarà approvato domani un nuovo pacchetto di misure comunitarie contro il terrorismo ), ha cominciato a parlare di NATO. Per quanto riguarda l’Iran, Blair aveva minacciato questo Paese solo pochi giorni prima, quando lo aveva ammonito a non sottovalutare la determinazione inglese a privarlo della tecnologia nucleare, il che è poco meno di una dichiarazione di guerra. Probabilmente verrà scoperto qualche iraniano fra i sospetti attentatori. Già mi pare che ci sia un siriano.



Mi si lasci un’ultima considerazione su Bush e Blair. Sono due poveri uomini patetici, due patetici capi di due patetici Paesi senza spirito e senza futuro. Questi Paesi ebbero un’epopea durante la seconda guerra mondiale. Fu un’epopea in gran parte falsa e frutto di circostanze, ma in ogni caso l’effetto nel mondo fu grande. E ora tutto ciò che sanno fare è guardare a quelle glorie passate e cercare di riprodurle : Bush cerca di fare rivivere il mito di Pearl Harbor ( che fu falso, ripeto, ma la gente non lo sa ), il mito dell’America attaccata proditoriamente che reagisce e alla fine vince, e Blair rifà il verso a Churchill e al suo famoso discorso sulle “ tears and blood “, le lacrime e sangue che precederanno l’immancabile vittoria ; fra poco saluterà con le dita a V. Da qui si vede che sono due Paesi che sembrano sulla cresta dell’onda ma che invece sono finiti, che tra breve saranno travolti dall’umanità in movimento.





Domanda 2 : Dottor Kleeves, lei individua un ruolo di Israele nella vicenda ?



Risposta 2.



Israele è un Paese di secondo piano, anzi ancora meno che così. E’ una scelta, una strategia degli USA iniziata nel 1967, di spacciare Israele come eminenza grigia della politica estera USA. Gli USA in tale modo si nascondono dietro Israele, fingono di essere mal consigliati da una entità malevola, fingono di essere dei bonaccioni traviati da amicizie equivoche. Molti dei personaggi più esposti nella gestione del potere statunitense sono di origine ebraica, come oggi Brezinsky, Wolfowitz, Feith, Perle, eccetera e come ieri altri tipo la Albright e Kissinger, perché i Veri Americani che detengono il potere, che sono esponenti dei WASP ( White Anglo Saxon Protestants ), vogliono creare l’apparenza di una certa situazione che in realtà non c’è. Se si studia la storia della diaspora ebraica si vede che questa situazione si è ripetuta molte volte, sia per la disponibilità oggettiva degli ebrei, cioè la loro presenza come corpi estranei nella varie società, che per la loro disponibilità soggettiva a fare da parafulmini, magari per vanità, e anche per bramosia perché ci sono vantaggi materiali nel ruolo.

Così, è vero che Israele figura assieme agli USA in quasi tutti i loro malaffari mondiali, e va da sé in quelli mediorientali, ma ricoprendo il ruolo del gregario e non quello del caposquadra. Non bisogna lasciarsi ingannare : chi comanda sono gli USA, e da loro vengono i problemi. Anche se naturalmente chi approfitta tanto della loro protezione, come fa senza ritegno Israele, ha le sue colpe.

Per quanto riguarda gli autoattentati può anche darsi che i servizi israeliani abbiano giocato un ruolo di supporto, anche se sarebbe strano che gli americani si siano fidati di loro per cose tanto delicate. Per l’autoattentato delle Torri Gemelle di New York è documentata una presenza dei servizi israeliani, però non si sa a quale titolo. Sicuramente erano al corrente dell’attentato prima che avvenisse, ma non è certo che ne conoscessero la vera logica. Forse hanno anche rischiato di mandare tutto all’aria perché hanno pensato di avvertire gli ebrei che lavoravano alle Torri di stare a casa quel giorno.

In sostanza, ciò che voglio dire è che mi sembra sbagliato pensare che gli attentati di New York, Madrid e Londra, o uno o due di loro, siano stati organizzati o pilotati dai servizi israeliani allo scopo di dirigere l’ira USA verso certi Paesi vicini che Israele vuole vedere distrutti. Gli USA non sono così babbei, e neanche lo è la Gran Bretagna, e Israele non potrebbe evitare una punizione micidiale. So che invece la credenza nella onnipotenza dell’ebraismo mondiale è molto diffusa, e che molti pensano che il mondo sia diretto a forza di diabolici complotti ebraici. Mi sembra un grave errore di prospettiva, che distoglie l’attenzione dai veri congiurati ed ostacola alla fine la soluzione dei problemi.
Antonio Girardini
4 agosto 2005 0:00
Buongiorno Stefano,
hai scritto delle cose giuste, le condivido.
Ho letto tutti i vostri passaggi e devo dire che tutti avete delle ragioni buone da esprimere e meritano di essere dibattute. Sinceramente sono talmente sconcertato dai fatti che succedono che a volte mi sento smarrito e mi fa piacere sentire l'opinione di tutti. Peccato per quelle persone maleducate che con le parolacce credono di avere ragione..
Alex
4 agosto 2005 0:00
Lalla, ignorare chi la pensa diversamente non mi sembra che porti un gran contributo al dialogo. Non tutti quelli che non sono d'accordo con te hanno usato parole offensive; viceversa, non tutti quelli che la pensano come te si sono espressi nel pieno rispetto delle idee altrui.
Prima di accusare gli altri guarda anche in casa tua.
lalla
4 agosto 2005 0:00
stefano nn è giusto che x colpa di pochi il forum debba essere imbrattato,mi hanno riempito di parolacce e di insulti solo xchè esprimo il mio parere,se loro nn sono capaci di interagire il problema nn deve essere nostro, io li ignoro e continuo x la mia strada, inserisco lo stesso le mie opinioni e le mie considerazioni.
Stefano Fusco
3 agosto 2005 0:00
RIPETO:
Sono profondamente pentito di aver voluto esprimere il mio pensiero su questo forum. Mi aspettavo commenti, dibattiti, opinioni. Mi aspettavo di imparare qualcosa che non sò... Il risultato invece, è una serie di insulti tra gente che si crede "portatore di verità". Voi non sapete cosa vuol dire OPINIONE e non sapete avere un dibattito o dialogo civile. Qui, sembra che bisogna a tutti costi convincere gli atri che stanno sbagliando. Quando ho scritto il mio post, non ho voluto lavare il cervello a nessuno, ma semplicemente dichiarare la mia posizione contro la violenza. Tutto qui. Se qualcuno non è della stessa opinione lo rispetto. Non c'è bisogno di sparare addosso alle opinioni degli altri. Questo "dovrebbe" essere un forum, non un campo di combattimento. Io resto della mia opinione e rispetto quelle altrui, siamo qui per parlare non per insultarci. Mi rivolgo ai tuttologi e ai professoroni che non hanno neanche il coraggio di scrivere il loro nome e cognome.
Stefano Fusco
3 agosto 2005 0:00
X FABIOX

X LUCA

Questo non è il mio forum, questo forum è libero. Ognuno può scrvere ciò che vuole...Argomenti e opinioni. Ma quando il Sig. FABIOX mi dice che io non avrei la capacità di capire una legge fisica mi sta dando del ritardato. Sapete capire la differenza tra esprimere un'opinione e offendere qualcuno?? Voi pensate che ho scritto delle banalità... forse, ma non ho offeso nessuno!!! Stiamo parlando di problemi enormi come il terrorismo e non riesco a vedere neanche un pò di educazione e rispetto con delle persone della mia stessa lingua e nazione...
CHE DELUSIONE.
Sono io lo sfigato che scrive delle banalità vero??
Allora voi che avete capito tutto scrivete almeno il vostro nome e cognome. Oppure non avete il coraggio di farlo??... Allora potete inventarne uno... tanto chi lo scopre?? No dai.. molto meglio insultare gli altri e restare nell'anonimato...

Insultare gli altri senza essere scoperto non lo facevo neanche a 10 anni.
GUARDATEVI VOI ALLO SPECCHIO!!!!!!!!!!!!
lalla
3 agosto 2005 0:00
osa che post lunghi che scrivi...li ho salvati e li leggerò con calma, poi ti faccio sapere...intanto ti lascio il link di un sito che trovo molto interessante. benvenuto.

http://www.comedonchisciotte.org/site/index.php
Alex
3 agosto 2005 0:00
Marco, inutile cercare di colloquiare con loro, sono talmente accecati dalla ricerca della Verità alternativa che appena dici qualcosa che non condividono preferiscono chiudere subito la conversazione per rimanere nel loro brodo spalleggiandosi a vicenda, come per autoconvincersi. In realtà non fanno altro che esercitarsi con degli enormi "copia e incolla", cercando chi la spara più grossa. Forse sono una nuova setta.

PS: scusa ma la tua ricostruzione non mi convince... che c'entra Napoleone? Ho già scritto altrove che Napoleone ero io e che nessuno poteva smentirmi (cosa che infatti finora non ha fatto nessuno), e ti giuro che con le Torri Gemelle, ancora peraltro solidissime, non c'entro nulla.
Marco
3 agosto 2005 0:00
Ognuno può pensare ed avere le teorie che vuole.

Ma tutta questa ostinazione a trovare verità "alternative" mi sembra più che altro solo una moda condizionata da film, telefilm e libri di fantascienza, dove la verità non è mai quella che sembra all'inizio ed è sempre quella più inverosimile.

Le torie di chi dice che l'11 settembre gli USA se lo sono fatti da soli, valgono esattamente come le mie che invece penso che l'attacco delle torri gemelle lo hanno commissionato i marziani (non da marte, ma dall'Area 51), coordinati a terra da Napoleone che in realtà non è mai morto (ha scoperto la fonte dell'eterna giovinezza, ed è più volte riapparso tra noi in incognito in questi secoli. Si dice che in realtà Elvis fosse proprio lui). Gli attentatori suicidi non erano arabi, bensì degli eschimesi neonazisti.
Ma in realtà l'attentato è fallito, le torri gemelle sono ancora li, però l'astuto Napoleone le ha fatte velocemente ricoprire con un enorme telo invisibile che funziona attraverso la bioenergia emanata dai corpi di tutti i newyorkesi.
Ed a tutte le persone del mondo è stato fatta un ipnosi di massa attraverso uno speciale raggio via satellite che ci ha fatto vedere le torri cadere. Sembra che in realtà in quei momenti come dei babbei guardavamo tutti il televisore spento.

E pensare che quel babbeo di Bush, è stato capace di pensare a farsi un attentato da solo come quello dell'11 settembre per andare ad invadere l'Afghanistan, probabilmente uno dei paesi più poveri del mondo, mentre non è stato capace di seppellire due missiletti di distruzione di massa nel deserto iracheno. Mah, valli a capire sti americani.


osa
3 agosto 2005 0:00
CARA LALLA,
penso anch'io che il vero pericolo per il mondo siano gli USA e non quei disgraziati che fanno gli "autobotti"...poveri imbecilli "strumenti ciechi d'occhiuta rapina",come dice il poeta...
Ciao!
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UN PAESE PERICOLOSO:GLI USA(Parte 1°)


Una società squilibrata: il caso Usa

La realtà degli Stati Uniti ha molti lati negativi, sia nei suoi aspetti attuali che storici. A chi la conosce, anche poco, ma quel poco con esattezza, immancabilmente capita prima o poi di notare come la filmografia di tale paese - per antonomasia Hollywood - sia al riguardo puntualmente mistificatoria.

Non in modo plateale: i film di Hollywood non stravolgono completamente i fatti né fanno omissioni evidenti per i non iniziati. Con disinvoltura essi evitano di citare gli eventi più significativi, o dei particolari rivelatori, e distorcono i fatti quel tanto che basta per indurre lo spettatore a trarre conclusioni sbagliate su certe situazioni, o comunque a non trarre quelle giuste. Gli esempi sono infiniti.

La società americana

Prendiamo la società americana. Com'è, in breve ma con esattezza, quella società? E' una società dove gli individui lottano accanitamente per arricchirsi, dove quelli che non ce la fanno cominciano a lottare accanitamente per sopravvivere e gli altri non ne hanno mai abbastanza di ingegnarsi a mostrare il loro successo.

E' una società spietata, oltremodo selettiva secondo il suo criterio, che distrugge innumerevoli schiere dei suoi componenti. Le statistiche parlano chiaro. Su un totale di 240 milioni di abitanti i poveri sono 30 milioni per il governo e 60 milioni per gli istituti privati. Non si tratta di "poveri" solo rispetto ad uno standard elevato: non possono permettersi di curarsi, ed infatti hanno una vita media di 10 anni più breve della media; anche il sangue che vendono nei laboratori privati presenti in ogni cittadina, che può fruttare sino a 80 dollari al mese, non aiuta.

Nella vasta area interna dei monti Appalaci, che tocca cinque Stati ed è abitata praticamente solo dai bianchi anglosassoni, ci sono episodi di denutrizione fra i bambini. Gli homeless sono circa 4 milioni (il governo li calcola in 250.000, che sono invece solo gli homeless anche malati di mente). In maggioranza bianchi anglosassoni, sono persone che hanno perso il lavoro e non ne hanno trovato un altro in tempo utile: sia che fossero in affitto o avessero contratto un mortgage bancario sulla casa, in breve si trovano sulla strada.

Può anche essersi trattato di un problema di salute: ogni anno circa un milione di persone negli USA va in bancarotta per le spese mediche. Intere famiglie sono homeless: vivono nella loro auto, addosso alla quale cominciano ad erigere tende e cartoni; allontanati da un sito all'altro finiscono per ritrovarsi nelle car cities o nelle tent cities, la più grande delle quali è presso Van Nuys, un sobborgo di Los Angeles.

Ogni inverno circa 1.000 homeless muoiono per il freddo. Gli street kids riflettono il disagio delle famiglie povere americane: sono minori dagli 8 ai 14 anni, dei due sessi, che fuggono di casa e che si ritrovano in gruppetti nelle grandi città dove per sopravvivere in genere si prostituiscono ad adulti che li cercano incessantemente (gli street kids fanno survival sex con i chicken hawks).

Fra rientri e nuove fughe il loro numero è costante da molti anni ed è calcolato in "più di un milione". Ogni anno circa 5.000 street kids muoiono per percosse, stenti o malattie, frettolosamente fatti seppellire in tombe anonime dalle autorità municipali; molti hanno l'AIDS (il 40% di quelli che vivono a New York City, si calcola).

L'infanzia difficile non si concilia con la scuola: ci sono così negli USA 27 milioni di analfabeti, persone che scelgono le scatolette di cibo in base ai disegni, per i quali comunque sviluppano una memoria sicura.

I migrant workers sono circa 5 milioni: sono lavoratori agricoli stagionali che passano la vita spostandosi da un campo di pomodori a uno di meloni su vecchie auto o furgoncini, le loro case.

Tre milioni di nuclei familiari - anche numerosi, di cinque o sei persone - vivono nei trailers, che sono cassoni in alluminio e polistirolo da 2,2 x 6-10 metri montati su ruote gommate e parcheggiati per sempre in campi di periferia, che diventano trailer parks. Quantità ancora maggiori vivono negli slums, quartieri degradati e pericolosissimi presenti in ogni città, in genere in zone periferiche abilmente tagliate fuori dalla viabilità, perché i turisti non le vedano o qualcuno non ci si avventuri per sbaglio.

Ogni anno in media il 17% delle famiglie americane trasloca, seguendo il lavoro là dove lo trova, anche mille miglia distante. Madri single e desolate sono spesso costrette a vendere i loro neonati, come la legge americana in verità permette: al posto del pagamento delle spese del parto, circa 3.000 dollari, firmano in ospedale un certificato di cedimento in adozione ed il neonato finisce ad una coppia, la quale spende in totale sui 20.000 dollari.

Roseanne Barr, la protagonista del serial televisivo Roseanne, in gioventù ebbe problemi e diede in adozione la figlia, che ora vive in Texas.

Questo è per sommi capi il risvolto umano della curva di distribuzione della ricchezza negli Stati Uniti, dove meno dell'l% della popolazione detiene più del 50% della medesima e dove il resto non è diviso molto più equamente.

Gli stenti economici si trasformano in criminalità e disagi psicologici. Il livello di criminalità americano è giustamente leggendario e basti il numero di omicidi: dai 25 ai 30.000 all'anno; nella capitale Washington, che ha circa gli abitanti di Bologna, avvengono sui 400 omicidi all'anno. Per i problemi psicologici si può dire che negli Stati Uniti vi sono 27 milioni di alcolizzati, 18 milioni di consumatori di droghe leggere, da 4 a 8 milioni di cocainomani e 500.000 eroinomani, mentre uno studio condotto nel 1984 dal National Institute of Mental Health concludeva che il 19% della popolazione adulta americana era da considerarsi mentalmente malata dal punto di vista clinico. Anche i suicidi sono dai 25 ai 30.000 all'anno.

Dietro la maschera

Guardando un film di Hollywood ambientato negli States contemporanei ha mai lo spettatore la sensazione di una realtà del genere?

Certamente no. I particolari che sarebbero solo di per sé rivelatori sono accuratamente evitati. Così in nessun film americano si vedono street kids o intere, normali famiglie composte da padre, madre e figli che vivono in automobili; mai è presentata la situazione della persona che non può curarsi per mancanza di soldi e che è respinta da medici e ospedali per quello; mai si vedono homeless o comunque poveri che vendono sangue e sperma per 20 dollari; mai si vedono tent cities o trailer parks; mai si vedono donne che cedono i loro figli in cambio del pagamento della retta ospedaliera. Il resto è mostrato tutto, ora questo ora quello a seconda delle esigenze del copione: slums, barboni, braccianti nomadi e così via.

Il contesto e il modo in cui tali topiche sono presentate, però, non permettono allo spettatore di rendersi conto del loro reale significato, della drammatica portata che hanno nella società americana.

Il che viene ottenuto suggerendo allo spettatore altre opzioni, rivolgendosi al suo subconscio con ammiccamenti vari. I barboni, ad esempio, se inseriti sullo sfondo per un tocco di "realismo" sono sempre stesi a terra ubriachi o drogati; se sono in piedi e parlano sono dei pazzi o dei mentecatti; lo spettatore così conclude che gli homeless americani sono tutti dei portatori di gravi difetti che si trovano in difficoltà per una qualche loro colpa, o dei malati che preferiscono vivere in una scatola di cartone piuttosto che in un istituto.

Se l'homeless del film ha una parte nella vicenda e non gli si attribuiscono colpe specifiche, allora lo è per sua scelta, per via della sua personalità di irriducibile ribelle, come un personaggio di Pian della Tortilla. Questo è anche il caso dei migrant workers, presentati come dei solitari che passano da un ranch all'altro perché così a loro piace; se si portano dietro una famiglia allora sono sempre deichicanos, immigrati abituati a miserie peggiori. Rarissimo vedere un trailer in un film americano; comunque quando c'è non è maiinserito in un trailer park, è sempre seminuovo e abitato da un single di indole sportiva, o da un criminale.

Altre situazioni presentate da Hollywood sembrerebbero a prima vista sicure rivelatrici di una realtà sociale spietata, come ad esempio il caso dell'impiegato che viene licenziato e che diventa homeless. Ma nella vicenda sono sempre inseriti elementi di inverosimiglianza, che inducono lo spettatore a concludere che la situazione non è stata tratta dalla realtà, ma inventata apposta peconfezionare una storia e farlo divertire. C'è poi un arma segreta, che risolve ogni situazione: l'immancabile lieto fine di Hollywood.

Con il lieto fine si può presentare quasi qualunque dramma: innanzitutto esso rappresenta di per sé un'inverosimiglianza, che ha l'effetto appena detto, e alla peggio lascia nello spettatore l'impressione che la società americana può avere sì delle durezze, può creare delle difficoltà, ma che queste sono sempre temporanee e dopo un po' tutto si risolve per il meglio.

La politica interna americana

Discorso analogo per la politica interna americana. Gli Stati Uniti, ben lungi dall'essere una democrazia, sono una evidentissima oligarchia basata sulla ricchezza. L'establishment oligarchico comprende circa un quarto della popolazione ed esercita la sua dittatura attraverso un sistema elettorale che non pone limiti ai finanziamenti privati e che di fatto esclude dal voto gli strati più poveridella popolazione: alle elezioni statali, dalle quali dipende in concreto la vita dei cittadini (gli USA non sono uno Stato; sono una federazione) non partecipa mai più del 35/40% degli aventi teoricamente diritto, per una serie di ostacoli pratici che sono frapposti, e a quelle presidenziali mai più del 50/55%.

Politici e media americani chiamano la loro una One man one vote democracy; il popolino la chiama One dollar one vote. Nel tempo mai meno dell'80% dei componenti del Senato federale è stato costituito da miliardari in persona; analogamente sono in genere glieletti a cariche federali importanti ed i capi di dipartimenti federali. La politica seguita dall'establishment oligarchico è conforme aisuoi soli interessi e va a detrimento di quelli di larghi strati della popolazione. Questi capiscono la situazione - come no - e vorrebbero protestare, ma non si può perché negli USA c'è la prevenzione e la repressione del dissenso.

La prima viene eseguita tramite la Retorica di Stato imposta nelle scuole e ad ogni livello della vita pubblica, e tramite lo stretto controllo del mondo mediale; per la repressione parlano i circa 10.000 detenuti politici che ci sono nelle carceri americane (dove c'è anche qualche straniero, come Silvia Baraldini ad esempio).

Tutto avviene all'atto pratico, e tutto all'esatto contrario di quanto e' scritto: la libertà di parola e di espressione garantita dal Quinto Emendamento vale solo per il perfezionamento dello status quo, non certo per metterlo in discussione. Hollywood ha mai prodotto un film che trasmettesse la sensazione di tale stato di cose? Tutt'altro. Il sistema americano è presentato come una vera democrazia, dove la partecipazione popolare è addirittura capillare. Ci sono però evidenti disfunzioni in questa democrazia e Hollywood non fa l'errore di fingere di ignorarle. Si ricorre allora a due capri espiatori fissi: le mancanze personali di qualche personaggio politico, la sua corruzione o ambizione, e lo strapotere di un mondo mediale cinico e irresponsabile (il Quarto potere), che rappresentano entrambi l'elemento umano che ogni tanto guasta un sistema altrimenti perfetto.

Prendiamo la storia americana. Inutile cercare nei film di Hollywood una qualche verità completa in merito. La Guerra di Indipendenza del 1776 fu dovuta a contrasti commerciali fra i grandi mercanti del New England ed i grandi latifondisti negrieri del Sud da una parte e la Gran Bretagna dall'altra, ed è tuttora controverso se una maggioranza del popolo coloniale vi fosse favorevole; in effetti, finita la guerra, per evitare ritorsioni circa 100.000 americani si rifugiarono parte in Gran Bretagna e parte in Canada, dove fra l'altro originarono la parte tuttora anglofona del paese. Per Hollywood invece si trattò di una insurrezione per ottenere la libertà, spontanea e costellata di episodi di eroismo popolare (non ve ne fu uno).

Per i neri il periodo dello schiavismo, durato nel New England dal 1630 al 1780 e nel Sud dal 1619 al 1865, fu tremendo. Per averne un'idea basta considerare che ai loro schiavi i padroni facevano anche strappare i denti, assai ricercati per le dentiere (nel 1787, a Richmond, per un incisivo si pagavano due ghinee; anche George Washington aveva una dentiera fatta con denti umani). Ma non è questa la situazione presentata da Via col vento, che addirittura suggerisce rapporti idilliaci fra gli schiavi e i loro padroni. Nessun film di Hollywood, inoltre, ha mai dato un'idea della dimensione della tragedia che fu per l'Africa lo schiavismo americano: mentre gli schiavi giunti a una qualche destinazione, che nell'80% dei casi erano appunto gli Stati Uniti, furono sui 3 milioni, nel periodo dello schiavismo la popolazione dell'Africa calò di circa 50 milioni di unità.

Anche le persecuzioni cui furono soggetti i neri degli Stati Uniti con la segregazione razziale non sono mai state proposte da Hollywood nel loro vero volto: nel solo anno 1914 furono linciati 1.100 neri negli Stati Uniti, ora qua e ora là, ma trascorsi del genere certamente non emergono in Indovina chi viene a cena?.

Lo sterminio degli Indiani...

Solo una fu la volontà degli americani nei confronti dei "loro indiani": sterminarli. In quella parte dell'America che sono ora gli Stati Uniti gli Indiani erano almeno 5 milioni nel 1630, e ne furono contati 250.000 al censimento generale dell'anno 1900. Inizialmente gli indiani statunitensi, come del resto quelli del continente, furono decimati dalle epidemie che i bianchi si portavano dietro; ma poi furono volontariamente sterminati, come invece nel resto del continente non successe.

Ciò si verificò nel lungo arco di tempo che va dal 1634 al 1890. Innanzitutto gli americani, appena si accorsero che gli indiani non resistevano alle epidemie, cominciarono a diffonderle negli accampamenti distribuendo coperte infettate col vaiolo, che raccoglievano nei loro ospedali nel corso delle ricorrenti epidemie (il vaiolo era endemico nelle colonie, ma faceva poche vittime fra i bianchi).

Il sistema, inaugurato dai Puritani della Massachusetts Bay Colony dopo il 1630, fu usato qualche volta anche dai governatori inglesi e poi dal Con-gresso statunitense sinoltre la metà dell'Ottocento.

Quindi ci furono i massacri, che avvennero tutti secondo lo stesso copione: attacchi di sorpresa ad accampamenti eseguiti di norma quando i maschi adulti - i "guerrieri" - erano assenti. Il primo avvenne nel 1634 in Connecticut, quando i Puritani, guidati da John Winthrop, di notte incendiarono un accampamento di Pequot e spararono sugli indiani che uscivano dalle tende, uccidendone circa700 e vendendo i sopravvissuti come schiavi.

L'ultimo fu a Wounded Knee nel 1890, quando il VII reggimento di cavalleria sterminòun intero villaggio nel quale si trovavano 200 persone fra donne, vecchi e bambini, e nessun uomo adulto; le Giacche Blu persero 29 uomini, caduti da cavallo durante la carica. Fra i due, innumerevoli episodi del tutto analoghi. Ma il grosso dello sterminio fu eseguito affamando gli indiani a morte. Ingannati dai trattati (entro il 1880 ne furono conclusi più di 400, nessuno dei quali rispettato dal variCongressi e Presidenti), gli indiani finivano in riserve inospitali, dove gli stenti li decimavano.

Dal 1850 al 1875 il Congresso fece sterminare i bisonti, sui quali soli si sostenevano gli indiani delle praterie centrali: erano sugli 80 milioni nel 1850 e ne furono contati 541 nel 1889, ridotti nel 1911 a due nello zoo di Chicago (tutti gli attuali bisonti di Yellowstone discendono da quei due, un maschio euna femmina).

C'erano poi i coloni americani; che dove andavano si liberavano degli Indiani locali avvelenando i pozzi d'acqua e assoldando"uccisori d'indiani" per far aumentare di valore le concessioni acquistate dalle grandi società immobiliari del New England (finito illavoro, gli "uccisori" si davano in genere al banditismo).

...visto da Hollywood

Come racconta Hollywood questa storia? Come sappiamo, mostrando gli indiani cattivi che attaccano pacifici coloni e dolcissime colone dagli occhi celesti. Era vero, c'erano tali attacchi ed efferatezze, ma il contesto di provocazioni mortali cui erano soggetti gli indiani non è mai intuibile; eppure era il nocciolo della vicenda. Ultimamente Hollywood ha prodotto dei western che hanno fatto pensare ad un suo ripensamento sul ruolo degli indiani, da carnefici a vittime come in effetti erano. Citiamo ad esempio Soldato blu, Un uomo chiamato cavallo, Piccolo grande uomo, Balla coi lupi, più qualche altro. In essi non c'è nessun ripensamento, solo un affinamento della mistificazione, insostenibile ormai nei termini passati. La logica implicita di tali film è che i problemi degli indiani nacquero da equivoci, da incomprensioni fra due popoli così diversi; qualche volta nacquero da singoli americani cattivi, troppo avidi, o anche da singoli indiani o da singole tribù ingiustificatamente bellicose.

I massacri sono presentati come episodi, tragici, ma sempre tali. Prendiamo Balla coi lupi. Nella parte centrale dedicata alla vita della pacifica tribù Sioux è obiettivo, ma all'inizio si vedono dei guerrieri Pawnee che uccidono un civile bianco; il che lascia pensare che quei Pawnee avessero riservato la stessa sorte ad altri bianchi, magari delle famiglie di coloni, giustificando così l'intervento massiccio dei soldati nel finale, che inevitabilmente se la prendono anche con i Sioux. In pratica questa mistificazione di Hollywood che potremmo definire dell'ultima generazione è analoga a quella da sempre eseguita in Italia nei fumetti di Tex Willer, dove la colpa è sempre dell'agente della riserva corrotto, del generale ottuso o del "pezzo grosso" di Washington. Per inciso sarebbe interessante sapere se gli autori di Tex abbiano compiuto tale disinformazione intenzionalmente, e se sì spinti da chi e in cambio di che cosa.

Le guerre sante degli USA

La Guerra Civile del 1861-1865 fu dovuta a dissidi sulla politica economica federale fra il grande capitalismo del Nord commerciale e industriale ed il grande latifondismo del Sud agricolo e negriero. Il problema era effettivamente lo schiavismo, ma non per ragioni morali: per ragioni economiche.

Hollywood non ha mai messo in dubbio le ragioni morali del conflitto. Venendo alla Prima Guerra Mondiale, gli Stati Uniti vi entrarono per salvare la Balance of Power in Europa, minacciata dagli Imperi Centrali, Balance che era necessaria agli Stati Uniti per continuare a condurre con profitto i loro commerci internazionali. Hollywood - e ricordo qui Il sergente York - presentò certamente la partecipazione americana come un suo volontario e disinteressato contributo alla causa della libertà nel mondo.

Analogamente per la Seconda Guerra Mondiale, cui gli Stati Uniti parteciparono ancora per salvare la Balance of Power in Europa minacciata questa volta da Hitler e Mussolini, e in più per salvare il Mercato dell'Oriente minacciato dal Giappone. Non uno degli infiniti film prodotti da Hollywood su questo tema mette in dubbio che la partecipazione americana non fosse dovuta ad un volontario e disinteressato contributo alla causa della libertà nel mondo.

Nella Seconda Guerra Mondiale gli Stati Uniti introdussero due novità clamorose, due cose mai viste prima nella Storia: la Guerra alle Popolazioni Civili e la Guerra per il Dopoguerra. Entrambe le novità vanno comunemente sotto il nome di Guerra Totale, ma sono due cose distinte.

La Guerra alle Popolazioni Civili consiste nel sottoporre il governo della nazione avversa al seguente ricatto: o ti arrendi o io stermino la tua popolazione civile, o almeno cerco di farlo.

La Guerra per il Dopoguerra consiste nel portare distruzioni nelle strutture economiche della nazione avversa allo scopo non di diminuire la sua capacità di mantenere le sue forze armate - cosa impossibile da ottenere se queste stesse non sono già state battute sul campo e quindi la guerra già vinta -, ma di rendere la nazione stessa economicamente dipendente nel dopoguerra, e in particolare, se tale era il caso, non più un concorrente commerciale sui mercati internazionali. Entrambi gli obiettivi furono perseguiti dagli Stati Uniti tramite i bombardamenti aerei.

Il primo obiettivo fu perseguito tramite il bombardamento a tappeto delle più alte concentrazioni di civili (le città naturalmente, ad esempio Dresda e Tokyo, dove furono uccisi rispettivamente 300.000 e 100.000 civili); contro il Giappone, appena pronte, furono anche usate le bombe nucleari gettate su due delle poche città risparmiate dai bombardamenti convenzionali appunto nella previsione dell'utilizzo della nuova arma. Il secondo obiettivo fu perseguito col bombardamento di industrie di nessuno scopo militare (quelle con uso militare erano difese) e di infrastrutture civili in generale: ponti,ferrovie, dighe, centrali elettriche, acquedotti, fornaci ecc.

I massicci bombardamenti convenzionali americani e l'uso delle bombe atomiche sul Giappone furono topiche clamorose della Seconda Guerra Mondiale e non potevano essere ignorati da Hollywood. Ma come li presentò? Non suggerì certo la loro natura strumentale per la Guerra alle Popolazioni Civili e per la Guerra per il Dopoguerra. No: i bombardamenti convenzionali servivano perdistruggere qualche importantissima fabbrica di materiale militare, e le perdite civili erano degli incresciosi inconvenienti, mentre lebombe nucleari servivano, quelle si, per chiudere una partita tramite incredibili macellazioni di civili, ma contro un avversario previamente dipinto come disumano.

Le guerre di Corea e del Vietnam furono fatte dagli Stati Uniti per salvare il salvabile del Mercato dell'Oriente dopo la perdita della Cina, nonostante tutti gli sforzi diventata comunista nel 1949. Per Hollywood gli Stati Uniti vi parteciparono perché invocati da popoli locali che volevano difendere la loro libertà minacciata dai comunisti disumani. Ma, come successo per gli indiani, le verità che andavano mano a mano rivelandosi su quei conflitti, in particolare del Vietnam, imposero a Hollywood una maggiore sofisticazione.

Così dopo i film apologetici dell'intervento statunitense, il cui apice fu raggiunto con Berretti Verdi, cominciarono ad essere realizzati film in qualche modo critici dell'operato statunitense, come Apocalypse Now, Platoon, Il cacciatore e altri. Ma sono film solo apparentemente critici, perché nessuno di loro, mai in nessun caso, mette il dito nella vera piaga: la natura neocoloniale della guerradel Vietnam. Apocalypse Now, addirittura, con l'aria di criticarlo elogia il governo statunitense: i soldati sul campo, esasperati da un avversario difficile, volevano "la bomba" ma lui seppe resistere.

I particolari rivelatori continuano naturalmente ad essere omessi. Ad esempio, nessuna rievocazione filmica del massacro di My Lai, avvenuto il 16 marzo 1968 nel Vietnam del Sud, quando la compagnia "Charlie" sterminò i 500 abitanti del villaggio, composti al momento solo da vecchi, donne e bambini (gli uomini erano fuori alla pesca); nessun accenno che i defolianti coi quali fu irrorato unsettimo del territorio sud vietnamita, ben lungi dal servire per scoprire i Viet Cong, che infatti stavano sotto terra, servivano invece per distruggere le foreste di alberi della gomma che nella previsione di dover abbandonare il paese - avrebbero fatto concorrenza a quelle possedute in Indonesia da un paio di multinazionali statunitensi del settore (altro mirabile esempio di Guerra per ilDopo-guerra).

Consideriamo l'America Latina ed il suo miserevole stato: ovunque - ad eccezione di Cuba - governi corrotti o dittatori mentecatti, e miseria, disperazione e degradazione umana nella grande maggioranza della popolazione.

Nella storia e anche nell'attualità di ogni paese latinoamericano ci sono stragi incredibili: 400.000 morti in Colombia, seguiti al Bogotazo del 1948; 300.000 morti in El Salvador dal 1960 ad oggi; fra 100.000 ed 1.000.000 di morti in Brasile negli anni seguenti al colpo di Stato del 1964; 100.000 morti in Guatemala dal 1980 al 1988; 50.000 morti in Nicaragua nello stesso periodo; 30.000 morti in Cile seguenti al golpe del 1973; e cose analoghe dalle altre parti, in Argentina, Uruguay, Bolivia, Perù ecc.

E questo perché i paesi dell'America Latina sono delle colonie di fatto degli Stati Uniti, che per avervi dei governi succubi come si vuole ai desideri delle loro multinazionali creano colpi di Stato e ricorrenti repressioni. Come racconta la storia Hollywood? La racconta con il film Il dittatore dello stato libero di Bananas, che nel fare la parodia delle dittature latinoamericane suggerisce che siano dovute unicamente all'indole dei locali, gente buffonesca, ma stupida e violenta.

La politica estera americana

Il che introduce l'argomento dell'uso della CIA fatto dalla politica estera americana. Tutti sanno che la CIA è responsabile di varie nefandezze nel mondo: ogni tanto un colpo di Stato, ogni tanto l'omicidio di una personalità politica estera, e così via. Com'è ovvio, la CIA non prende iniziative di tale portata da sola: necessità dell'ordine o dell'approvazione sia del Congresso che del Presidente, i responsabili della politica estera del paese. Come presentano la cosa i film americani sull'argomento?

Immancabilmente le nefandezze della CIA sono il frutto di sue "deviazioni", o quantomeno dell'eccesso di zelo dei suoi dirigenti e agenti; Congresso e Presidente non sono mai chiamati in causa, non sapevano mai niente.

Tale è dunque la situazione: Hollywood falsifica la realtà americana in alcuni suoi aspetti sensibili, sia del passato che del presente.

Non vi sono dubbi che la prassi sia intenzionale. Ciò si deduce prima di tutto dalla sistematicità e coerenza della falsificazione: non un film di Hollywood fa eccezione a quanto detto sopra. Quindi si può notare che Hollywood non è certamente all'oscuro della veritàsui vari argomenti.

Per quanto riguarda la società americana è sotto i suoi occhi; ci vive dentro e la conosce perfettamente. Negli Stati Uniti la corretta interpretazione delle varie topiche della storia americana è perfettamente nota a scrittori, registi, sceneggiatori, consulenti vari: gli artefici dei film di Hollywood.

L'interpretazione sopra esposta della Guerra di Indipendenza e della Guerra Civile non è mia, ma diCharles Austin Beard (1874-1948), il più grande storico americano, che la dimostrò in vari libri a partire dal 1913 (An Economic Interpretation of the Constitution, The Rise of American Civilization, The Economic Basis of Politics e altri ancora), tutti libri conosciutissimi dall'intellighenzia statunitense e la cui veridicità non è messa in dubbio.

La vera situazione degli schiavi neri è descritta in molti libri statunitensi, così come la dimensione della tragedia dello schiavismo per l'Africa (Native American Htstorical Demography è in ogni biblioteca). Lo stesso vale per la storia degli indiani: negli Stati Uniti il primo libro che raccontava la verità, A Century of Dishonor della Jackson, fu addirittura pubblicato nel 1881, e seguito da moltissimialtri - Bury my heart at Wounded Knee di Dee Brown, pubblicato nel 1971, è conosciutissimo in Europa, e logicamente ancora di più negli States. La storia del Texas e dei suoi schiavi è nei libri per le scuole medie così come raccontata sopra, tranne che per i mercenari e la figura di Davie Crockett, la verità sui quali è comunque nella biblioteca di qualunque Junior College.

Meno pubblicizzati negli Stati Uniti sono i motivi della partecipazione alle due guerre mondiali e la natura coloniale delle guerre di Corea e del Vietnam: si tratta dell'attualità della politica estera americana, si tratta di american foreign policy in the making, ed i suoi scopi sono tenutinascosti al grande pubblico. Ma anche qui la verità è perfettamente intuibile per l'stablishment statunitense, ed in particolare per la sua intellighenzia, che tale politica estera concorre, nella pratica, a formulare.

La vera natura dei bombardamenti aerei strategici della Seconda Guerra Mondiale è di sicuro un tabù negli USA; alcuni libri sull'argomento consentono però di farsene un'idea abbastanza precisa, e potrei citare Wings of Judgement di Ronald Schaeffer del 1985 e A History of Strategic Bombing di Lee Kenneth del 1982.

Lo stesso si può dire delle responsabilità statunitensi in America Latina, dove la letteratura in merito è abbondantissima negli Stati Uniti, e per citare solo i più illuminanti vedi Cry of the People. United States Involvement in the Rise of Fascism, Torture, and Murder and the Persecutiont of the Catholic Church in Latin America di Penny Lernoux del 1980, American Neo-Colonialism di William Po-meroy del 1970, An American Company. The Tragedy of United Fruits di Thomas McCann del 1976, Silent Missions di Vernon Walters del 1978, The Morass. United States Intervention in Central America di Richard White del 1984, US Policy Toward Latin America di Harold Molineau del 1986.

Una analoga abbondanza si trova sull'argomento CIA e operazioni segrete varie, dove la verità della situazione non è poi tanto fra le righe. Sull'argomento ha scritto anche un importante agente della CIA pentito, Philip Agee, che nel 1975 pubblicò negli Stati Uniti Inside the Company. CIA Diary e poi riparò all'estero. Anche Victor Marchetti, un (ex?) agente della CIA piuttosto noto in Italia, ha scritto delle verità sulla Compagnia; ad esempio, in The CIA and the Cult of Intelligence del 1974 ha scritto a pag. 6 che i Presidenti americani "are always aware of, generally approve of, and often initiate the CIA's major undertakings" ("sono sempre stati consapevoli e generalmente hanno approvato e in più di un caso addirittura promosso le maggiori imprese della CIA"). I colpi di Statoe gli omicidi politici sono certamente dei major undertakings.
Il fascino indiscreto della disinformazione

Non rimane che chiedersi perché Hollywood faccia tanta disinformazione mirata sul proprio paese: chi glielo fa fare, e cosa ci guadagna? La risposta non è difficile, anche se richiede delle premesse, come sempre purtroppo quando si tratta degli Stati Uniti, questi sconosciuti. Si è già accennato all'organizzazione interna degli Stati Uniti, al dominio dell'establishment oligarchico ed alle sue esigenze di prevenzione del dissenso, prevenzione attuata essenzialmente tramite lo stretto controllo del mondo mediale.

Hollywoodè fuor dl dubbio l'elemento più importante di tale mondo assieme alla carta stampata ed al notiziari televisivi e radiofonici. Ecco che Hollywood deve confezionare prodotti politically and culturally correct, e cioè di regime, proprio come fanno la carta stampata ed i notiziari televisivi e radiofonici americani. Ma la massima importanza di Hollywood è in politica estera. La politica estera americana è elaborata dallo stesso establishment mercantile che comanda nel paese e non fa che proiettare all'estero gli scopi che quello ha all'interno: arricchire sempre più. Per questo la politica estera americana ha sempre seguito, sin dalla fondazione dell'Unione, il seguente unico criterio, o logica di comportamento: mettere a disposizione le sue risorse - diplomatiche e militari - per agevolare le imprese economiche all'estero di quelle entità private americane - società o anche singoli operatori, entrambi membri per definizione dell'establishment mercantile - che vi si dedicano.

Naturalmente c'è anche l'esigenza della difesa nazionale, ma questa, vista la geografia, è sempre stata del tutto secondaria. In pratica con gli Stati Uniti abbiamo una classe mercantile dalla psicologia speciale che si è completamente impadronita di un paese e che ne adopera i grandi mezzi umani e materiali per ricercare opportunità di arricchimento in tutto il resto del mondo, ovunque le trovi.

Si capiscono meglio gli Stati Uniti, nei loro rapporti con gli altri paesi, se li si pensa non alla stregua di un paese fra i tanti, ma come una impresa commerciale privata; privata ma grandissima, con enormi risorse umane e materiali a disposizione; privata ma con un potente esercito mercenario agli ordini, e con nessun tribunale cui dover rendere conto.

Il vero volto degli USA

Questo, e niente altro, sono gli Stati Uniti d'America. Ciò si dimostrò sin da subito nelle relazioni estere del paese, e cosi rimase sempre. I mercanti del New England scatenarono la rivolta del 1776 contro la madrepatria inglese quando questa scoprì il suo gioco di voler lasciare alla East India Company di Londra il monopolio del commercio con la Cina. Quindi la neonata federazione combatté la sua prima guerra, quella del 1812 sempre contro la Gran Bretagna, con l'obiettivo di scalzarla dai Grandi Laghi canadesi, la zona che forniva quelle pellicce che erano la merce di scambio più ambita dai cinesi, e quindi da John Jacob Astor, il proprietario della American Fur Company.

L'intera Conquista del West fu eseguita giusto per raggiungere il Pacifico ed suoi porti, dai quali i grandi mercanti del New England avrebbero potuto commerciare con l'Oriente; anche le Hawaii e le Filippine furono prese allo stesso scopo, così come allo stesso scopo era stata acquistata l'Alaska. Cuba fu presa nel 1898 per garantire lo sfruttamento delle piantagioni di canna da zucchero che vi avevano acquistato alcune multinazionali e alcuni singoli americani. Per analoghi motivi si iniziarono a sovvertire in quegli anni i paesi dell'America Centrale: le multinazionali statunitensi della frutta, fra le quali particolarmente attiva la United Fruits (poi United Brands), volevano procurarsi in loco e praticamente per niente, grandi piantagioni e chiesero al loro governo di Washington di sostituire i governi regolari con altri più condiscendenti.

Detto e fatto. Poi vollero che la mano d'opera locale fosse ancora più a buon mercato ed ottennero governi ancora più condiscendenti, formati da dittatori mentecatti alla Anastasio Somoza che per garantire a se stessi e a qualche loro accolito un buon conto in banca a Miami consegnavano la loro popolazione alla macellazione degli statunitensi: infatti ogni tanto si verificavano scioperi nelle piantagioni, e la multinazionale proprietaria mandava marines e green berets a mitragliare i peones con gli elicotteri (proprio così, più e più volte, è capitato nelle piantagioni della United Fruits in Guatemala, e da altre parti; capita ancora, certo, ed i mitragliamenti sono eseguiti dalla Delta Force e dagli Air Commandos dislocati alla Eglin Air Force Base in Florida).

Più tardi motivi analoghi portarono alla sovversione dell'America del Sud: con il colpo di Stato in Brasile del 1964, nel giro di due anni le multinazionali statunitensi si appropriarono della metà delle industrie brasiliane (una volta in pensione il gen. Do Couto y Silva, amico di Castelo Branco, fu assunto dalla Dow Chemical come direttore della filiale brasiliana); il colpo di Stato in Cile del 1973 fu voluto da un pool di multinazionali statunitensi operanti nel paese, specialmente nel settore del rame; e così via. Stessi scopi e stessi sistemi per la "politica estera" statunitense in altri luoghi del mondo, in pratica ovunque poté: in Africa, nel Medioriente, nel Pacific Market (segnatamente nelle Filippine, in Indonesia, nella Corea del Sud, a Taiwan e in Indocina, dove però alla fine andò male).

Il motivo del grande attivismo della politica estera americana, della sua presenza in ogni luogo del mondo, anche il più remoto, il suo intromettersi in ogni bega locale, in ogni controversia, in ogni conflitto anche il più lontano dai propri confini e quindi anche il più assolutamente ininfluente sulla propria "sicurezza nazionale", è il fatto che tale politica segue gli interessi dei propri imprenditori privati, e questi ultimi vanno dappertutto nel mondo, a rivoltare ogni sasso per vedere se sotto c'è qualcosa da prendere.

Tale logica vale per tutti, non solo per gli sprovveduti del Terzo Mondo: gli americani non hanno timori reverenziali né un rispetto particolare per nessuno, tantomeno per gli europei. In Europa gli sconfitti furono mantenuti nel recinto col Piano Marshall, che era la soluzione più economica per mantenerne il controllo, e poi furono spremuti per quanto si poteva: ancora oggi, dopo più di mezzo secolo, Germania e Italia non possono praticamente costruire aerei, né da guerra né civili, perché li devono comprare dalle industrie americane, e lo stesso vale per altri settori "strategici", mentre ancora non possono esportare certe merci negli States e ne devono di là importare a forza altre. Ancora questi due paesi non hanno il coraggio di presentare alle rispettive popolazioni i veri dati delle loro relazioni economiche con gli Stati Uniti.

Ancora di più questo vale per il Giappone. Come già accennato, anche le due guerre mondiali furono fatte dagli Stati Uniti per agevolare le loro aziende con interessi all'estero: si doveva impedire la formazione di un Blocco europeo continentale, che sarebbe stato troppo forte militarmente ed avrebbe dominato i mercati internazionali escludendo tutti gli altri, in primis le multinazionali statunitensi; nella Seconda Guerra Mondiale era pressante l'esigenza delle aziende statunitensi di non essere escluse dal mercato della Cina, occupata militarmente dal Giappone nel 1937.

Anche la Guerra Fredda con l'URSS del 1945-1989 era, in ultima analisi, fatta solo per le aziende americane con interessi all'estero: la scusa del contenimento del comunismo serviva per controllare e cambiare governi un po' dappertutto allo scopo di renderli più accondiscendenti con le esigenze delle medesime. In effetti, con la Guerra Fredda l'impero neocoloniale americano raggiunse la massima espansione della sua storia: in quel periodo fu completato l'asservimento dell'America Latina e vi furono aggiunti quelli di mezza Africa, di mezzo Medioriente, dl quasi tutti i paesi del Pacific Market.

USA cancro del pianeta?

Non rimane che notare come tale politica estera americana non sia affatto indolore per il mondo. Ci sono sfruttamenti economici, risorse portate via ai legittimi proprietari, che rimangono così impoveriti con tutte le conseguenze del caso. Ad esempio con la vita media più corta, con tanti anni che avrebbero potuto essere vissuti e che invece non lo sono stati perché il paese è drenato dalle aziende statunitensi. Quindi c'è da dire che un governo filo-americano, e cioè filo-multinazionali statunitensi, non nasce spontaneamente in un paese, perché per definizione contrario ai suoi interessi: deve essere creato artificiosamente, influenzando elezioni, corrompendo elementi chiave, provocando colpi di Stato; e spesso per certi periodi deve essere mantenuto a forza con la repressione poliziesca e militare, con gli Squadroni della Morte.

Ci sono quindi stragi e ammazzamenti dappertutto, laddove quelli accennati prima per l'America Latina non sono che una frazione (si pensi al colpo di Stato del 1965 in Indonesia, che portò alla sostituzione di Sukarno col più conciliante Suharto e provocò un numero impressionante di morti: da cinquecentomila a un milione, a seconda delle fonti; ora le stragi sono ancora in corso a Timor, dopo i 700.000 morti del 1976).

Questa, e niente altro, è la politica estera statunitense. In parole povere, con l'operato degli Stati Uniti si sta assistendo al tentativo di un paese di soggiogare l'intero mondo ai suoi desideri, che ora sono economici ma che un domani potrebbero ampliarsi, prospettiva ben poco rassicurante. Si tratta di una politica che va a detrimento degli interessi di tutti gli altri e che è anche pericolosa per il mondo, in verità micidiale. Non può essere dichiarata, eseguita alla luce del sole: se la gente la capisse, vi resisterebbe, e portarla avanti sarebbe troppo costoso per gli Stati Uniti, probabilmente impossibile.

Ecco che gli Stati Uniti hanno l'esigenza di nascondere tale politica, facendo credere che la loro politica sia realtà un'altra. Questa politica estera finta, facciata, è quella ben nota e ufficiale degli Stati Uniti, che essi dichiarano ad ogni passo ed in ogni occasione: la difesa della democrazia e della libertà nel mondo. Ciò implica di dover eseguire a monte un altro camuffamento, quello sulla vera natura degli Stati Uniti, come società e come storia: chi crederebbe ad una politica estera mirante a difendere democrazia e libertà nel mondo da parte di paese che la democrazia e la libertà non le ha mai viste e che ha una storia come quella cui si è accennato sopra?

Bisogna sostenere, invece, che gli Stati Uniti sono una democrazia genuina, pure se con qualche pecca forse nel passato (mai nel presente); che tutti gli americani hanno facile opportunità di raggiungere l'agiatezza; dove i fallimenti dipendono solo da rare e inescusabili debolezze personali; che gli americani sono ingenui e che se fanno qualche errore, magari in politica estera con qualche strage di troppo, lo fanno per stupidità; che la storia americana è un sentiero cosparso di candore e buone intenzioni: una guerra di indipendenza dal tiranno Giorgio III; una guerra nel 1812 contro lo stesso problema; una Conquista del West per fare un po' di spazio a quei poveri emigranti provenienti dall'Europa; una guerra civile con quasi 500.000 morti fatta solo per ragioni morali, per togliere ad una parte della popolazione un cattivo vizio datogli dalla Corona inglese; una conquista delle Hawaii per portare la civiltà, e idem per le Filippine; una conquista di Cuba per liberarla dal giogo coloniale spagnolo; una intromissione - un po' pesante, è vero - in America Latina per aiutare quegli sprovveduti a governarsi; due guerre mondiali fatte contro i propri interessi, solo per difendere la democrazia in casa d'altri; qualche centinaio di colpi di stato che purtroppo si dovettero fare a partire dal 1945 per evitare che poveri e buoni popoli cadessero vittime del comunismo; qualche guerra con qualche milione di morti che purtroppo si dovette fare sempre dopo il 1945 per lo stesso motivo; e così via.

Ecco creata la ben nota Retorica di Stato americana. Essa è, appunto, ben nota perché è propagandata con straordinari mezzi e intensità in tutto il mondo.

Il compito non è affidato all'improvvisazione di qualche benintenzionato: c'è un'Agenzia federale apposita, che si occupa statutariamente solo di questo, l'USIA. L'United States Information Agency è stata creata nel 1953 con lo scopo dl "Influenzare le attitudini e le opinioni del pubblico estero in modo da favorire le politiche degli Stati Uniti d'America.., e di descrivere l'America e gli obiettivi e le politiche americane ai popoli di altre nazioni in modo da generare comprensione, rispetto e, per quanto possibile, identificazione con le proprie legittime aspirazioni". In parole povere propaganda, solo propaganda, niente altro che propaganda:

l'USIA ha il compito di diffondere all'estero l'immagine che si vuole degli Stati Uniti, proprio quella della Retorica di Stato sopra delineata, all'unico e solo scopo di mascherare la vera politica estera del paese.

La sede centrale dell'USIA, che dipende dal Segretario di Stato e cioè dal Ministero degli Esteri, è ora al 301 IV South West Street di Washington ed il suo attuale direttore si chiama Joseph Duffey. E un'Agenzia federale pubblica nell'esistenza, ma segreta nell'operatività, esattamente come la CIA.

Attualmente può contare su un budget che si aggira intorno ai 3 bilioni di dollari ed impiega sui 30.000 (trentamila) dipendenti, che gestiscono più di 300 centrali operative in più di cento paesi. L'USIA possiede suoi mezzi di informazione sparsi per il mondo, alcune centinaia tra riviste, giornali, fumetti, case discografiche, emittenti televisive locali, stazioni radio (sua è la VOA, Voice of America) e così via con i media.

Il principale, strumento di lavoro dell'USIA è però il controllo del mondo mediale statunitense e dei suoi prodotti, perché questi poi vanno a finire in tutto il mondo, influenzando in modo decisivo l'opinione che all'estero ci si fa degli Stati Uniti.
osa
3 agosto 2005 0:00

UN PAESE PERICOLOSO: GLI USA (Parte 2°)

Propaganda di Stato

Ora possiamo finalmente tornare a Hollywood. I suoi film, esportati in tutto il mondo, hanno una straordinaria importanza nel determinare l'immagine che all'estero ci si fa degli Stati Uniti; anzi, nella grandissima maggioranza dei casi, essi sono l'unico mezzo con cui la gente nel mondo si forma tale immagine. Hollywood quindi non poteva essere lasciata libera di creare i suoi prodotti, seguendo solo una logica di mercato: doveva essere guidata, portata a conciliare tali esigenze con quelle della propaganda governativa.

L'asservimento di Hollywood alle esigenze della propaganda di Stato americana è una storia documentata. Agli inizi Hollywood crebbe in pace e autonomia: non si aveva ancora idea della sua formidabile importanza politica. Essa iniziò ad attrarre l'attenzione dell'establishment negli anni Trenta, quando produsse alcune pellicole di contenuto "sociale", in linea con la politica apparente delNew Deal del presidente Roosevelt ("apparente" perché in realtà Roosevelt non aveva alcuna intenzione riformistica; voleva solo salvare il regime oligarchico da una rivoluzione dovuta all'eccesso di miseria portato dalla Grande Depressione del 1929, ma, né fu scoperto dagli intellettuali, né fu capito dal grosso dell' establishment: era troppo astuto per entrambi).

La tendenza fu acuita dall'arrivo negli Stati Uniti a partire dal 1936, e in particolare a Hollywood, California, di molti intellettuali tedeschi "progressisti" che fuggivano dal nazismo, come Bertolt Brecht, Thomas Mann, Erich Fromm, Theodor Adorno, Herbert Marcuse, Hans Eisler, Fritz Lang, Billy Wilder e vari altri. In questo periodo la Frontier Film, per la quale lavorava anche il regista EliaKazan, produsse dei documentari fortemente caratterizzati sul piano sociale, come The Plow that Broke the Plaints e The River di Pare Lorentz, che insospettirono l'establishment, mentre Blockade di William Dieterle del 1938, Grapes of Wrath di John Ford del 1939 e Man Hunt dl Fritz Lang del 1941 suscitarono aperte proteste in ambienti politici.

Ma poi ci fu la guerra. Durante la guerra Hollywood partecipò massicciamente allo sforzo propagandistico del governo; vi si impegnarono, in genere con documentari, registicome Capra, Ford, Huston, Wyler, e furono prodotti film come Pride of the Marines, Mission to Moscow, Sahara, Action in the North Atlantic, Song of Russia., Tender Comrade, Hitler's Children, Thirty Seconds Over Tokio.

Ciò rese benemerenze a Hollywood, anche se Edgar J. Hoover immediatamente protestò per Mission to Moscow, ma anche dimostrò in pieno la sua tremenda potenzialità politica, la sua capacità unica di influenzare il pubblico mondiale. In più nell'immediato dopoguerra, accoppiando l'esperienza fatta nei documentari di guerra con l'esempio del cinema neo-realista italiano (Roma città aperta, Ladri di biciclette, Paisa' ecc.), Hollywood produsse molti film sul tipo neo-realista, e di impegno e denuncia sociale, che ebbero un grande successo di pubblico sia negli Stati Uniti che all'estero; alcuni esempi sono The Best Years of our Lives di William Wyler, Crossfire di Edward Dmytryk, Lost Weekend di Billy Wilder, Snake Pit di Anatole Litvak, Kiss of Death di Henry Hathaway, Brute Force di Jules Dassin, Smash-up di Stuart Heisler, Gentleman's Agreement di Elia Kazan, tutti usciti fra il 1945 e il 1947.

Non erano film politici e tantomeno di propaganda politica; trattavano temi reali di gente reale: problemi di reinserimento per reduci, odio

razziale, situazioni carcerarie, malattie psichiatriche. Erano realisti, raccontavano la società - americana - così com'era. Ma era proprio questo il problema: Hollywood andava assolutamente posta sotto controllo, non doveva più produrre film del genere. Ormai si era anche chiarito come bisognava procedere.

La legislazione americana scritta garantiva - come ancora certamente garantisce - la libertà di parola e di espressione. Non si potevaistituire un ufficio centralizzato governativo di censura cinematografica, un Minculpop. Bisognava fare capire a Hollywood come si desiderava che si comportasse, trovare in quest'ottica una scusa emblematica per tormentarla sino ad ottenere la sua completa e volontaria, democratica, sudditanza. Dai numerosi e sempre meno timidi tentativi fatti a partire dal 1930 si era capito che tale scusa poteva essere l'esigenza di scoprire i comunisti che lavoravano in un'industria così sensibile come Hollywood. In realtà non si dovevano colpire i comunisti di Hollywood, o almeno non loro in primis. Questi erano pochissimi, solo qualche sceneggiatore come Dalton Trumbo e Paul Jarrico, qualche scrittore di testi come John Lawson e Albert Maltz, qualche regista come Robert Rossen e Herbert Biberman e qualche attore come Howard Da Silva e Anne Revere, e non avevano quasi influenza alcuna sui film prodotti.

E poi erano dei comunisti all'acqua di rose, entravano e uscivano dal partito a seconda se piaceva o no l'ultima mossa internazionale dell'URSS; tranne che nel caso di Lawson non erano affatto degli attivisti, ma giusto dei simpatizzanti a parole e solo in certi periodi.

Si dovevano colpire i molto più numerosi e determinanti progressisti, o liberali, elementi che senza essere affatto comunisti erano però sensibili a istanze o argomenti sociali, o erano semplicemente intelligenti, e che avevano sia la tendenza che la capacità di influenzare, di conseguenza, i lavori cui partecipavano. Soprattutto, e naturalmente, si dovevano convincere i produttori ad eliminare pellicole di un certo tipo, anche se economicamente remunerative.

Dissenso a stelle e strisce

Ad occuparsi della cosa non poteva essere altro che la commissione parlamentare chiamata House Committee on Un-American Activities (HUAC). Tale era il nome infine dato nel 1938 a varie commissioni parlamentari istituite a partire dal 1930 allo scopo di vigilare sul dissenso politico interno (definito "attività non tipicamente americana"), anche se il suo compito ufficiale era di raccoglieredati per aiutare la formulazione di nuove leggi.

Già nel 1936 (in pieno New Deal rooseveltiano...) queste commissioni avevano innescato il fenomeno del blacklisting a Hollywood, e cioè l'esclusione pratica dal lavoro di elementi ritenuti nocivi agli interessi dell'establishment oligarchico. Quindi nel 1940 l'HUAC aveva già convocato a Washington, per interrogarli sulle loro idee politiche, ventidue esponenti di Hollywood fra i quali figuravano Fredric March, Humphrey Bogart, James Cagney, Jean Muir e Louise Rainer.

La guerra aveva imposto la sospensione delle indagini, anche se Hollywood non fu affatto dimenticata: in pieno 1943 il Congresso, tramite il meccanismo dei fondi, bloccò il settore documentari di guerra dell'Office of War Information perché vi erano confluiti elementi della Frontier Film. Nel 1947 dunque l'HUAC, presieduta da J. Parnell Thomas e fra i cui membri figurava il giovane parlamentare Richard Nixon, iniziò una serie di udienze pubbliche e pubblicizzate, ufficialmente allo scopo di appurare il grado di infiltrazione comunista a Hollywood. In realtà l'obiettivo era di indurre i soggetti decisionali di Hollywood - in breve i produttori - a creare solo film adatti alla politica governativa americana, sia interna che soprattutto estera (già Nixon si era chiesto che effetto avrebbe avuto Grape of Wrath sugli yugoslavi).

Nelle intenzioni dell'HUAC, e secondo le esperienze del 1936, si sarebbe dovuto arrivare a questo tramite la creazione da parte dei produttori di liste nere, che sarebbero servite per escludere da Hollywood tutti i soggetti, di ogni livello, non disposti a seguire

fedelmente nel loro lavoro la Retorica di Stato ufficiale. Come ulteriore avvertimento trasversale le banche di New York che finanziavano i produttori di Hollywood strinsero il credito, mentre la Corte Suprema minava l'indipendenza economica dei medesimi stabilendo che essi non potevano possedere anche le sale di proiezione, cioè vendere direttamente al pubblico il loro prodotto chiudendo il cerchio.

Una parte del personale di Hollywood reagì all'apertura delle udienze creando il Committee for the First Amendment (il Primo Emendamento stabilisce la libertà di espressione), del quale fra gli altri facevano parte i registi John Huston, William Wyler, John Ford, Billy Wilder, Elia Kazan e George Stevens, gli attori Humphrey Bogart, Lauren Bacall, Gregory Peck, Danny Kaye, Gene Kelly, Kirk Douglas, Henry Fonda, Burt Lancaster, Edward G. Robinson, Katharine Hepburn, Myrna Loy, Rita Hayworth e Marsha Hunt, i musicisti Benny Goodman e Leonard Bernstein. Ma la maggioranza degli operatori di Hollywood, produttori come Jack Warner, David Selznick, Samuel Goldwyn e Louis Mayer in testa, aveva capito che avrebbe dovuto accettare la prassi dell'auto censura politica e culturale.

La scrittrice di testi cinematografici Ayn Rand per dimostrare quanto bene avesse capito, compilò e pubblicò anche un manuale di autocensura per Hollywood, intitolato Guida dello schermo per Americani, che conteneva fra gli altri i seguenti principi: "Non insultare il Sistema della Libera Impresa", "Non deificare l'Uomo Comune", "Non glorificare il Collettivo", "Non glorificare il Fallimento", "Non insultare il Successo", "Non insultare gli Industriali". La guida sarà poi incorporata dall'USIA nei suoi manuali interni. Il risultato delle audizioni fu esattamente quello previsto. Dopo pochi interrogatori, dove chi si rifiutava di rispondere in virtù della protezione del Primo Emendamento veniva deferito per oltraggio al Congresso, e chi rispondeva citando il medesimo veniva tacitato o trascinato fuori dall'aula a forza, mentre ogni tempo e riguardo era concesso a chi accusava altri, con la cosiddetta Dichiarazione del Waldorf Astoria del 26 novembre 1947 i produttori accettarono di "ripulire" l'ambiente loro stessi tramite liste nere, e le sedute dell'HUAC furono immediatamente interrotte, senza neanche terminare l'audizione di tutti i convocati.

Dieci degli interrogati - Bessie, Biberman, Cole, Dmytryk, Lardner, Lawson, Maltz, Ornitz, Scott e Trumbo, tutti sceneggiatori e registi - furono condannati ad un anno di carcere per "oltraggio al Congresso", condanna confermata dalla Corte Suprema e poi scontata.

Nessun'altra accusa si era potuta trovare nei loro confronti, come di nessun altro del resto, né di essere dei sovversivi né di avere neanche mai inserito della propaganda comunista nei loro lavori. Fra i primi interrogati c'era stato Bertolt Brecht (L'opera da tre soldi), che per Hollywood aveva scritto Hangmen Also Die (Anche i boia muoiono di Fritz Lang, uscito nel 1943). Fuggendo dal nazismo aveva cercato la libertà negli... Stati Uniti. Subito dopo l'interrogatorio, nel quale aveva detto di non essere mai stato iscritto al partito comunista e di mettere nei suoi lavori giusto le sue opinioni, tornò in Germania.

Le liste nere funzionarono. L'HUAC non commise l'errore di compilarle; disse solo che erano necessarie, aumentando il terrore con l'incertezza. Comparvero così materialmente, ancora non si sa per opera di chi, delle liste gonfie a dismisura di nomi di sceneggiatori, registi, scrittori, attori, musicisti, tecnici ecc., che erano ricavate, sembra, da articoli di giornale, dai resoconti dell'HUAC, dai titoli di testa di certi film e da dicerie, e che - continuamente aggiornate - servivano ai produttori ed ai datori di lavoro in generale di Hollywood per sapere chi tenere alla larga. Alcuni elementi continuarono a lavorare in nero, e a paga dimezzata; altri utilizzarono prestanome o pseudonimi; la maggioranza non poté più lavorare nell'industria cinematografica per molti anni, anche per sempre.

Il danno maggiore agli elementi sulla lista nera ed alle loro famiglie, quando le avevano, era fatto dalla gente comune, dai vicini e dai conoscenti: erano oramai additati come sovversivi, traditori, nemici di quella società, e tutti giravano loro le spalle, quando non li infastidivano attivamente o non se la prendevano coi loro figli a scuola. Ad alimentare in modo quasi ufficiale queste hate campaigns c'erano una quantità di associazioni dei più vari generi e qualifiche, tutte però "ultra-americane". Fra queste ne spiccava una a livello nazionale, la American Legion, forte di quasi tre milioni di iscritti e di un milione di simpatizzanti, con più di 17.000 sedi sparse nel

paese: si occupava di tenere vivo il risentimento nei confronti dei "devianti" di Hollywood e picchettava anche gli ingressi dei cinema in cui si proiettava un film all'indice, o nei cui titoli di coda compariva un personaggio della lista nera.

La normalizzazione funziona

Per Hollywood fu sufficiente. L'unico film a contenuto sociale prodotto negli Stati Uniti dopo il 1947, del tipo mettiamo di Grape of Wrath, fu The Salt of the Earth (Il sale della terra di Herbert Biberman), girato nel 1951 fuori da Hollywood. Trattava dello sciopero di una piccola comunità di minatori del Nuovo Messico. Per produrlo Biberman, Scott e Jarrico avevano creato una compagnia di produzione indipendente ed il film era stato realizzato in un clima di terrore (ci furono spari contro la troupe) e terminato fra mille difficoltà: i laboratori non volevano sviluppare la pellicola, le ditte non consegnavano l'attrezzatura per il sonoro, la musica fu registrata con un sotterfugio, il montaggio fu eseguito di nascosto. Alla fine le poche sale che accettarono di proiettarlo furono picchettatedall'American Legion e negli States il film non fu neanche visto.

A partire dal 1947 non solo scomparvero da Hollywood i film a contenuto sociale: anche in tutti gli altri film fu tolto qualunque riferimento alla classe operaia ed ai suoi luoghi di lavoro, le fabbriche. Si può esaminare l'intera produzione di Hollywood post-1947 sino all'ultimo fotogramma dell'ultimo film, ma una catena di montaggio o anche solo l'interno di una fabbrica non si vede. Eppure negli USA ci sono.

Alla fine del 1949 giunse notizia che la Russia aveva costruito il suo primo ordigno nucleare. L'establishment americano si infuriò: in realtà accusava il governo di non aver portato prima un attacco nucleare alla Russia. L'attacco non era stato portato perché, nonostante tutti gli sforzi fatti su quel piano, non sarebbe stato decisivo e nella guerra generale che sarebbe seguitagli Stati Uniti avrebbero perso. Ma questo erano in pochi a saperlo: l'establishment pensava che la colpa fosse dei troppi "comunisti" che si erano "infiltrati" nel governo e nelle Agenzie governative, nelle scuole, nei media, dappertutto. Iniziava, a farla breve, l'Era McCarthy, che sarebbe durata sino al 1960 e che avrebbe visto il senatore Joseph McCarthy guidare sino al 1956 le inchieste dell'HUAC in ogni settore alla ricerca dei "comunisti". Hollywood non fu risparmiata, benché avesse "già dato", ma ogni tanto rivisitata per tutto il periodo.

Nel 1951 furono convocati a testimoniare un centinaio di operatori di Hollywood, ed in base alle dichiarazioni di alcuni di loro, e segnatamente i "pentiti" Elia Kazan e Edward Dmytryk, fra il 1952 e il 1953 l'HUAC segnalò espressamente 324 nominativi da aggiungere sulla lista nera, fra cui lo scrittore Dashiell Hammett, il regista Joseph Losey, gli attori Howard Da Silva, Zero Mostel, Lionel Stander, Anne Revere, John Garfield. Hammett fu poi incarcerato per un anno per non aver voluto rispondere alle domande della Commissione (rispose solo quando gli chiesero se riconosceva la sigla "D.H." in calce a un documento: "I can answer that", disse Hammett, "Two letters of the alphabet" - "a questo so rispondere, sono due lettere dell'alfabeto"). Garfield morì per lo stress, come del resto accadde agli altri attori Edward Bromberg, Gordon Kahn, Canada Lee e Mady Christians, mentre Philip Loeb e Madelyne Drnytryk, moglie di Edward, si uccisero al pari di vari personaggi diciamo minori.

A partire dal 1953 il compito di forgiare l'immagine degli Stati Uniti nel mondo venne affidato, come s'è visto, all'USIA. Questa Agenzia funzionò da consulente all'HUAC, le cui incursioni ad Hollywood divennero più competenti, e quindi più mirate, più chirurgiche e anche più rare. A partire da quella data, quindi, le convocazioni dell'HUAC per Hollywood riguardarono di tanto in tanto singoli personaggi, in genere eccellenti, o gruppetti di persone collegate in qualche modo logico. In questo contesto più "scientifico" incapparono ad esempio il commediografo Arthur Miller, condannato ad un anno di carcere per essersi rifiutato di rispondere, e l'attore Charles Chaplin, che riparò in Europa (già nel 1947 il Senatore Rankin aveva chiesto l'espulsione di "Charlot", che era inglese, ed il bando di tutti i suoi film - Luci detta ribalta, Tempi moderni ecc. - dal territorio statunitense).

Chaplin fu seguito in Europada diversi altri, ad esempio i registi Orson Welles, John Huston, Joseph Losey e Jules Dassin e gli sceneggiatori Carl Foreman, Ben Barzman, Paul Jarrico e Michael Wilson.

Preoccupato che troppi scontenti andassero all'estero, a raccontare poi delle verità scomode sulla realtà statunitense, nel 1956 il governo ritirò il passaporto agli indagati dall'HUAC. In ogni caso le persecuzioni dell'Era Mc-Carthy non avevano aggiunto molto al lavoro fatto dall'HUAC nel 1947.

Sin da allora Hollywood era stata ridotta al rango di fabbrica di propaganda di Stato, esattamente come la filmografia sovietica, e come quella di qualunque altro paese totalitario. La differenza era che Hollywood non veniva pagata dallo Stato per quello: doveva fare propaganda, mantenersi con la medesima, e contribuire con le esportazioni alla bilancia commerciale della nazione. La grandezza del sistema americano sta in queste cose. Per non appesantire il discorso non si sono citati gli interventi repressivi dell'HUAC, e governativi in generale, negli altri settori importanti per la propaganda di Stato, come l'istruzione, la carta stampata, la radio, la televisione, la musica leggera, il teatro, lo sport: ovviamente ci furono.

Una realtà inventata

Ora è chiaro perché Hollywood produce film così mistificatori della realtà americana: perché ci è costretta dal governo. Ed è superfluo chiedersi cosa ci guadagni: la sopravvivenza, infatti. Attualmente l'attività di Hollywood è controllata centralmente dall'USIA, come accade in pratica dal 1953. Tale controllo consiste nel fare in modo che il contenuto dei suoi prodotti sia in linea con la Retorica di Stato, che sia appunto come descritto all'inizio. La fuga sempre più marcata di Hollywood dal reale, la sua sempre maggiore insistenza verso film di fantasia dominati dagli effetti speciali e dall'inverosimiglianza in generale, dipende dal suo disagio nei riguardi della censura dell'USIA. La tendenza oltretutto fu sin da subito incoraggiata dall'USIA, perché poteva facilmente prestarsi ad uninsidioso tipo di propaganda subliminale.

Per esempio furono benvenuti i film di "marziani" degli anni Cinquanta: i marziani venivano sulla Terra, ma atterravano sempre, guarda caso, negli Stati Uniti: evidentemente erano il paese più significativo della Terra, il più all'avanguardia. Un analogo tipo di propaganda indiretta è presente in tutti i film americani di fantascienza e "spaziali", ad esempio come 2001 Odissea nello spazio,Guerre Stellari e Alien.

L'USIA svolge la sua mansione come qualunque organismo di censura e propaganda statale. Esamina in anticipo il copione di tutti i film dei quali è stata decisa la produzione e può decidere variazioni. Si occupa anche, tramite agevolazioni fiscali ed usando le sue entrature all'estero, di promuovere l'esportazione di quei film ritenuti particolarmente utili ai fini della propaganda. Nei paesi in cui i film americani sono presentati in lingua locale l'USIA, in virtù di clausole contrattuali, riesce in genere a controllare il doppiaggio, che in effetti in molti squarci di dialogo è diverso dall'originale, e sempre in senso favorevole alla realtà americana (ad esempio in un film americano un personaggio diceva di essere "in cassa integrazione da un anno": non c'è cassa integrazione negli Stati Uniti).

Naturalmente ci sono anche differenze di immagini nei film americani tra la versione originale, proiettata negli USA, e quellaesportata; ci sono tagli e aggiunte.

Una variazione abbastanza frequente riguarda le immagini di nudi femminili, completamente assenti nelle versioni diffuse negli USA - dove sono proibite - e invece qualche volta presenti nelle versioni estere, in quei paesi naturalmente dove tali immagini non sono vietate. In effetti l'USIA non ama propagandare troppo il carattere bigotto della morale pubblica statunitense, specie in Europa. Altra interessante realtà americana che l'USIA ritiene meglio non propagandare è il fatto che gli uomini americani sono quasi tutti circoncisi(il 95%): il pubblico internazionale potrebbe cominciare a chiedersi perché, e potrebbe venirgli in mente di operare collegamenti con il concetto di popolo eletto del Vecchio Testamento, la religione americana. Gli eventuali riferimenti alla circoncisione, che ogni tanto compaiono nei film americani specie sotto forma di gags, sono tolti dalle versioni per l'estero.

Una grande differenza rispetto a quanto accade nei soliti regimi autoritari c'è invece nell'uso dei sistemi coercitivi impiegati per ottenere la conformità ideologica, e che sono pochi.

C'è una specie di patto fra Hollywood e il governo: Hollywood riconosce di essere importante per la politica del governo, sia interna che estera, e si autoregolamenta di conseguenza, ben sapendo che in caso di inadempienza subirebbe durissime punizioni, esattamente come in passato anche se probabilmente non con gli stessi pretesti. Un'inadempienza sarebbe la realizzazione di un film come Grape of Wrath o Man Hunt, per esempio, o come uno qualunque sulla linea neo-realista americana tipica dell'immediato dopoguerra (per inciso quei film sono scomparsi dal circuito statunitense sin dal 1950, al pari di molti degli anni Trenta; ora negli USA Charlie Chaplin è un emerito sconosciuto). In poche parole, vale ancora il Patto del Waldorf del 1947.

Retorica di Stato

Nonostante ciò l'USIA necessita di tanto in tanto di mezzi coattivi, di pressione. Per questo si avvale della collaborazione di altre Agenzie federali, ora questa ora quella a seconda dei casi. Abbastanza stretti e continuativi sono i collegamenti con 1'FBI, la DEA e 1'IRS.

Il Federal Bureau of Investigations, la polizia federale statunitense, è il massimo ente di repressione politica interna e può servire anche per Hollywood. La presenza della Drug Enforcement Agency si spiega col fatto che parecchi elementi di Hollywood sono consumatori più o meno abituali di droga e quindi vulnerabili a quell'accusa, che la DEA può portare a discrezione.

Considerazioni analoghe per l'Internal Revenue Service, il fisco americano. E' da notare che negli Stati Uniti è prassi comune, per le Agenzie federali, costruire false accuse a fini di repressione politica; anzi questo è il sistema canonico. Così anche se si è nella perfetta legalità per ogni cosa basta la volontà di tali Agenzie operative come l'FBI, la DEA o l'IRS per demolire completamente una persona, ridurla sul lastrico, privarla della possibilità di lavorare, anche incarcerarla; ma è molto meglio, naturalmente, se c'è qualche appiglio reale.

Molto importante per l'USIA è anche il Pentagono. Tutto il materiale bellico importante che si vede nei film americani, come navi, aerei, elicotteri, carri armati ecc. è fornito dal Pentagono, e in cambio l'USIA esercita una supervisione su tutta la realizzazione del film. Anche il Pentagono naturalmente può intervenire con sue esigenze particolari. Gli esempi sono moltissimi. Per Tora! Tora! Tora! il Pentagono prestò sei navi da guerra in servizio attivo, fra cui la portaerei Yorktown, e due cacciatorpediniere della riserva rimesse in funzione appositamente per il film. Per Top Gun (con Tom Cruise) mise a disposizione una squadriglia di cacciabombardieri da marina F14 Tomcat (questo film fu addirittura commissionato dal Pentagono, in cerca di pubblicità per l'arruolamento di piloti). PerOperazione Sottoveste (con Cary Grant) prestò un sommergibile diesel e per Caccia a Ottobre Rosso (con Sean Connery) addirittura un sommergibile nucleare in servizio attivo (un vero boomer). Stessi discorsi per tutti i film ambientati in Vietnam, compreso l'apparentemente antiamericano (appunto) Platoon, per la serie dei Rambo di Sylvester Stallone e così via.

Le virtù "nascoste" dei divi

Ma il pubblico, sia interno che internazionale, più che Hollywood conosce i divi di Hollywood, i grandi attori e attrici. Sono loro ad attirare l'attenzione, sono loro i più importanti. L'USIA lo sa.

Tramite la sua potentissima influenza essa cerca di impedire che giungaal vertice un elemento del quale non sia appurato l'orientamento politico; al contrario, aiuta ad ottenere copioni chi con i suoi film precedenti e con le sue dichiarazioni ha reso pubblico omaggio alla Retorica di Stato, compatibilmente con le esigenze di cassetta dei produttori, che pure sono forti. Il che porta, non troppo raramente, a vere e proprie complicità, compromissioni tra gli attori e qualche Agenzia federale, in particolare l'FBI, che necessita di delatori nell'ambiente top.

Un classico è il caso di John Wayne, che era un delatore abituale dell'FBI, così come del resto Elvis Presley, che aveva addirittura un nome in codice ("Colonel Burrows"). Quindi, una volta che il divo c'è, che sia stato aiutato o meno, egli è seguito direi passo passo; va da sé nei suoi film, ma anche fuori dal set egli non deve uscire dai binari impostigli da Hollywood, e cioè dal governo, perché può fare molti danni in virtù della sua popolarità e della istintiva tendenza del pubblico a credergli, perché diventatogli familiare. Vedasi ad esempio il caso di Marlon Brando e del vespaio che suscitò quando mise il dito nella piaga del trattamento subito dagli indiani, o di Jane Fonda quando nel 1972 si fece fotografare accanto ad una postazione antiaerea nordvietnamita.

Entrambi furono poi naturalmente puniti, imponendo a Hollywood di escluderli dal lavoro per molti anni (furono cioè messi sulla black list, che ancora esiste, certo; la permanenza è di 10 anni).

Robert Redford, dopo un viaggio a Cuba pure preventivamente autorizzato dal Dipartimento di Stato come impone la legge sull'embargo, subì un accertamento dell'IRS. Jack Nicholson, che nel 1997 aveva manifestato l'intenzione di chiedere analogo nulla osta per partecipare ad un raduno di amanti del sigaro Avana, fu convinto a rinunciare. Ma al divo di Hollywood, per diventare tale e per restarlo, si chiede di regola più che la mancanza di manifestazioni ostili o Un-Amencan: si chiede la partecipazione attiva alla propaganda di Stato, con i suoi film e anche a livello personale. Shirley Temple, forte del suo passato di graziosissima bambina attrice (era "riccioli d'oro"), ha compiuto molte missioni all'estero per conto dell'USIA allo scopo di migliorare l'immagine degli Stati Uniti, scaduta magari per qualche piccola strage appena fatta (per le benemerenze e l'esperienza acquisita la Tempie ritenne addirittura di poter chiedere al presidente Reagan il posto di direttore dell'USIA, che però le fu negato).

Analoghe missioni compirono al tempo delle guerre di Corea e del Vietnam Bob Hope, Marilyn Monroe e diversi altri. Di John Wayne non occorre parlare. Gli esempi si sono addirittura moltiplicati negli ultimi anni. Con un film Clint Eastwood ha cercato di nobilitare l'invasione della minuscola isola di Grenada del 1983, ed ha partecipato ad altre pellicole apologetiche. Tom Cruise ha girato Top Gun, un film del Pentagono, e Born the Forth of July, dove le vicende della guerra del Vietnam e dei suoi reduci sono travisate.

Sylvester Stallone con la serie Rambo non ha fatto che attaccare i nemici del Dipartimento di Stato, i vietnamiti e gli arabi di Gheddafi e Saddam Hussein, e lo stesso, parodiando Rambo, hanno fatto Charlie Sheen e Leslie Nielsen. Anche Arnold Schwarzenegger e Chuck Norris hanno impersonato il Super-Americano che combatte contro il Super-Male, l'oggetto additato di volta in volta dal Dipartimento. Brad Pitt ha girato Sette anni in Tibet, un film di propaganda anti-cinese, molto richiesta dal Dipartimento a partire dal 1989 per motivi che sarebbe lungo spiegare, e analoga propaganda - lui anche a livello personale - ha fatto e fa Richard Gere.

Woody Allen non solo ha interpretato, ma anche scritto e diretto Il dittatore dello stato libero di Bananas, forse il film più abbietto mai prodotto, perché il più ingiusto nei riguardi di tante persone sofferenti. Madonna ha interpretato Evita, dove non c'è alcuna eco delle responsabilità statunitensi nelle difficoltà di Juan Domingo Peron. Mel Gibson in Air America ha cercato di far dimenticare che quei voli-CIA servivano per portare droga nel mercato statunitense. Danny De Vito, Demi Moore e Goldie Hawn si sono impegnati a convogliare simpatia o comprensione verso i marines, che sono mercenari disposti a uccidere qualunque cosa per un buon mensile ed un pensionamento a 40 anni. E così via, si potrebbe continuare per molte pagine.

In poche parole, i divi di Hollywood non sono dei bravi attori che col loro onesto lavoro hanno raggiunto una meritata fama, o non sono solo quello. Sono da considerare dei funzionari, dei funzionari semi-governativi, perché intrecciano in modo indissolubile il loro lavoro "civile" con precisi compiti di propaganda governativa. Essi sono dei Divi di Stato.

Anche questa è Hollywood

Questa è Hollywood. Ora, ben definita la situazione, ci si può divertire a fare delle considerazioni. Si è già accennato alla "grandezza" del sistema americano. Hollywood ne è effettivamente un buon esempio. Occorreva eliminare una filmografia indipendente e sostituirla con una di Stato, a scopo di prevenzione del dissenso politico interno e di camuffamento e propaganda all'estero;

contemporaneamente occorreva salvare l'immagine di paese "democratico" curata dall'establishment oligarchico e dai suoi esponenti politici sin dalla fondazione del paese (vedi la Dichiarazione di Indipendenza, i 14 Punti del presidente Wilson, le Quattro Libertà di Roosevelt ecc.), e anche spendere il meno possibile in questa attività di propaganda interna ed estera, anzi possibilmente occorreva guadagnarci. Il tutto fu ottenuto nel 1947 convincendo i produttori di Hollywood a confezionare pellicole che oltre ad essere attraenti per il pubblico fossero anche conformi alla Retorica di Stato.

L'opera di convinzione fu eseguita tramite un'azione antidemocratica, anzi chiaramente repressiva, nello stile di un regime puramente totalitario, ma l'USIA ben presto si occupò di farla dimenticare al mondo: si era trattato solo di caccia ai comunisti, di un eccesso di zelo in difesa della democrazia interna da parte di un paese che si accingeva a difendere la medesima in tutto il mondo; inoltre tale eccesso di zelo era stato momentaneo, una follia passeggera: le inchieste dell'HUAC erano infatti finite (si omise naturalmente di osservare che gli effetti delle stesse erano permanenti).

Formidabile poi il lato economico dell'operazione. La propaganda filmica interna è pagata dai soggetti cui è principalmente diretta, cioè dai più danneggiati dalla medesima, quegli strati meno abbienti della popolazione che costituiscono la maggioranza degli spettatori, da qualche anno tramite la televisione; quella all'estero è pagata dai paesi che importano i film di Hollywood, che li considerano alla stregua di una merce qualunque. E non si tratta solo di coprire i costi: come si sa, nel business in oggetto ci sono grandi profitti, che vanno all'establishment proprietario delle case cinematografiche - e anche al governo tramite la tassazione. Vale forse la pena di ricordare che dopo le materie prime e gli armamenti, la voce più importante dell'export statunitense è costituita dai "prodotti culturali", fra i quali Hollywood fa la parte del leone (anche gli altri "prodotti culturali" americani, come dischi, romanzi ecc. seguono poi la stessa logica di Hollywood, è evidente: l'USIA controlla anche loro). Si tratta insomma, alla fine, di una grande triangolazione, una delle tante che gli Stati Uniti fanno in questo ingenuo mondo. Non è l'unica, infatti.

Anche la Guerra Fredda non era che una triangolazione: con la scusa del contenimento dell'URSS e del comunismo si portava intanto la sovversione neo-coloniale nei tre quarti del mondo. Anche la presenza militare americana all'estero è una triangolazione: per la medesima è sempre qualcun altro che paga - chiedetelo un po' ai giapponesi. Il traffico internazionale di droga, controllato all'ultimo proprio dal governo statunitense, non è altro che un'unica, enorme, mastodontica triangolazione. Ma non è questo l'oggetto del presente scritto.

Andiamo invece all'"ingenuo mondo" che guarda i film, i documentari, i cartoni animati ed i serial televisivi americani. Veniamo all'Italia, per esempio, che ne importa quantità enormi.

Ci sono molte domande da porsi. Sui critici cinematografici italiani innanzitutto: hanno sempre trattato i film di Hollywood come normali prodotti del settore, dissertando elegantemente sui valori filmici ed i meriti o demeriti artistici; mai però, che io sappia, qualcuno di loro ha accennato alla loro valenza propagandistica. Delle due l'una: o non l'hanno capita o l'hanno capita. Nel primocaso, che critici sono? Dobbiamo allora solo sorridere dei loro articoli di giornale, delle loro presentazioni televisive, delle manifestazioni dove fanno da organizzatori e da giuria. Se invece l'hanno capita, perché non ne hanno mai parlato? Perché non hanno mai messo in guardia il pubblico? Forse sono dei critici di Stato? E se si, di quale Stato?

Il caso dell'Italia

Molte domande sono da porre al governo italiano. Premettiamo il fatto che gli Stati Uniti vietano l'importazione di film stranieri. Certo non in modo ufficiale; non sarebbe ammissibile per una democrazia che per di più si dice paladina del libero commercio internazionale. All'atto pratico vengono importati pochissimi film stranieri, e quei pochi non sono doppiati, ma solo sottotitolati, equindi inseriti - come fossero delle curiosità esotiche tipo il teatro No giapponese - nel minuscolo circuito dei cinema d'essai dove nessuno li vede. Che io sappia, l'unico film italiano ad essere stato doppiato negli Stati Uniti, e ad essere entrato nella normale distribuzione sino a comparire sulle reti televisive, è Per un pugno di dollari di Sergio Leone e con Clint Eastwood, presentato col titolo A Fistful of Dollars; gli americani lo credono il film di Hollywood di un regista immigrato da poco. E' logico.

Non si erano fatte le purghe del 1947 per lasciare poi il pubblico americano in balia della filmografia estera, magari di quella neo-realista italiana. In effetti anche questo prevedeva l'Accordo del Waldorf: l'autolimitazione delle case distributrici di Hollywood nell'importare film stranieri e l'esecuzione del doppiaggo solo in casi eccezionali, e per film che fossero sembrati usciti dalla catena para-statale di Hollywood. Allora perché il governo italiano non ha mai invocato il principio della reciprocità in questo settore commerciale?

Eppure l'importazione di film e telefilm americani incide negativamente per migliaia di miliardi sulla bilancia commerciale italiana. Si tratta di una imposizione americana: i prodotti di Hollywood sono appunto una di quelle merci che gli Stati Uniti impongono all'Italia (e alla Germania, al Giappone e a tanti altri) di comprare da loro, come più indietro si è accennato. Ed è anche ovvio perché: perché sono propaganda, che ha gli scopi spiegati in precedenza, particolarmente importanti in paesi assoggettati in seguito a una guerra.

Vada per l'imposizione: vae victis. Ma perché poi non dirlo al popolo, almeno perché non farglielo capire, magari tramite qualche critico di Stato?

Almeno sarebbe stata possibile una qualche autodifesa. Al contrario l'effetto propagandistico di Hollywood è sempre stato esaltato dal governo con la diffusione di film e telefilm tramite la televisione pubblica. E a che ritmo! Ogni tanto, poi, alla RAI succedono dei fatti inquietanti. Per esempio il 18 febbraio 1998 RAI 2 ha trasmesso in prima serata il film Un giorno con il presidente, di tale W.Hussein e con tali J. Ritter e T. Harper, dove compariva addirittura il presidente americano Clinton in persona. Cosi il film era presentato alla pagina 772 di Televideo: "Missy, una sedicenne, subisce l'amputazione di una gamba per un tumore. Ma, nonostantetutto, la sua sorte è segnata. In seguito, il padre di Missy viene licenziato e l'assicurazione gli raddoppia il premio per te speseospedaliere. Ma grazie all'intervento del governo Clinton, nell'ambito di un progetto di difesa dei diritti della famiglia, il padreriprenderà a lavorare".

Si tratta di un film fatto realizzare dal governo Clinton per appoggiare le sue politiche sociali, diretto al pubblico interno. Per inciso tali politiche sociali non sono state approvate, né mai lo saranno; anzi nel 1996 il Congresso ha anche eliminato l'unico programma sociale valido che c'era, 1'AFLD, per le madri sole con figli. Per contro, senza volere il film offre una buona idea di come si diventa homeless negli USA. In ogni caso tale film non poteva avere meno interesse per il pubblico italiano; nonostante questo è stato trasmesso. Perché? Forse perché si era nel pieno della crisi irachena e si pensava di dover convogliare la simpatia degli italianiverso Bill Clinton e quindi verso gli Stati Uniti? Se è così, chi fa questi ragionamenti alla RAI?

D'accordo; la RAI è la televisione di Stato. Ma di quale Stato?

La RAI è nulla a confronto delle televisioni di Berlusconi: Canale Cinque, Italia Uno e Rete Quattro. Sembra che i programmatori conoscano solo film e telefilm americani, laddove c'è un intero mondo là fuori pieno di gente che fa film, come i francesi, i tedeschi, gli spagnoli, i russi, e così via; anche gli italiani fanno film. Se si tratta di esigenze di audience, hanno mai dato al pubblico la possibilità di scegliere? Se si tratta di problemi di costo dei film, hanno mai considerato la possibilità che il prezzo dei film di Hollywood è anche politico? Oppure si tratta di scelte culturali e politiche, di scelte di campo come direbbe il cav. Berlusconi? In tal caso mi chiedo quale sia il confine tra una televisione commerciale ed una postazione di propaganda politica, se mai può esistere.

Ci sono poi i divi cinematografici americani, e l'attenzione di cui li ricoprono i media italiani. Vada per le riviste di costume, o per i periodici femminili, benché facciano male a focalizzare l'attenzione su personaggi così al di fuori dalla norma. Ma è solo uno scandalo, un segno di irresponsabilità grave, che dei telegiornali del prime time, che durano trenta minuti in tutto e che si devono occupare delle notizie dal paese e dal mondo, sacrifichino interi minuti per informare dell'ultimo film di Sylvester Stallone, dell'ultima preghiera buddista di Richard Gere, dell'ultimo brutto gesto di Madonna. Pensano di divertire il pubblico con un pò di varietà e non sanno di fare propaganda gratis ai massimi agenti di propaganda del mondo, i Divi di Stato americani.

Si, ci fanno divertire.
lalla
3 agosto 2005 0:00
osa io sono settimane che sostengo la teoria che hai riportato tu sul tuo forum, se vuoi dai un'occhiata ai post precedenti x vedere ciò che ho scritto e come hanno invece reagito gli "intelligentoni". occhio che ora arriveranno insulti anch ex te, ma nn farci caso, ignorali, cmq mi interessa scambiare opinioni con te sull'argomento, ho delle fonti molto interessanti.
Alex
2 agosto 2005 0:00
x Osa: illazioni, assolutamente nulla di concreto.

Lalla, ma chi te l'ha detto che quello si sarebbe fatto saltare in nome di Allah? Lui ha parlato chiaramente di azione dimostrativa.
E comunque quando uno è alle strette dei suoi principi se ne frega pur di salvarsi la pellaccia.
osa
2 agosto 2005 0:00
Buongiorno.
Ho da poco trovato questo forum e vorrei riportare un mio intervento su altro forum all'indomani degli attentati di Londra.
Forse qualcuno concorderà o forse no...
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GLI ATTENTATI DI LONDRA:UNA COVERT OPERATION DELLO ZIO SAM ?

Circola l'ipotesi,avanzata da più parti,che gli attentati di Londra non siano che la scusa per un intervento militare americano in IRAN,così come quello dell'11 settembre legittimò l'invasione prima dell' Afghanistan e poi dell'IRAQ.

Vedere l'articolo sull'attentato alle Twin Towers e,in rosso,lo stupore di un operatore di borsa italiano per la STRANISSIMA INDIFFERENZA di WALL STREET agli attentati di ieri.

I gravi attentati di ieri hanno destabilizzato violentemente i mercati europei e di conseguenza anche i nostri Trading System che stavano andando bene.
Si è rotto un semaforo mentre si procedeva nell'onda verde. Ora, con pazienza dovremo riprendere il ritmo giusto.
Mi sembra però, paradossalmente, che l'elemento di maggiore destabilizzazione sia stato proprio la stranissima INDIFFERENZA
alle bombe di Londra (non spettano a noi le analisi socio-psicologiche) del mercato americano.
Tutti ci aspettavamo, ieri alle 15,30 un mercato americano quanto meno turbato se non addirittura spaventato dal grave episodio di Londra.
E invece i mercati di oltreoceano si sono comportati normalmente facendo registrare oscillazioni normali,
non diversamente dagli scossoni che potrebbero dare il prezzo della pancetta o del bestiame.
Di conseguenza, anche se con poco logica, ( i mercati hanno sempre ragione) , i prezzi sono stati risucchiati all'insù
rimbalzando di 1000 punti, facendo risaltare numerosi stop-loss lasciando feriti e morti.
Come dire che al mattino non era successo nulla e avevamo sentito un telegiornale che arrivava da Marte.
Stamattina addirittura un gap rialzista.
Bene, ora siamo proiettati verso il 32845 dell'altro ieri per poi andare a sfiorare o a rompere i 33000?
Oppure già in giornata chiuderemo il gap rialzista aperto stamattina?
Non lo sa nessuno come sempre. Tanto meno i trading system basati sulla volatilità che hanno bisogno
di qualche giorno per adattarsi a situazioni eccezionali di volatilità.
Saluti e buon trading -
L'admin - Michele




11 SETTEMBRE 2001:

UNA COVERT OPERATION DELLO ZIO SAM ?

Si, l'ipotesi più probabile è che l'attentato alle Twin Towers dell'11 settembre 2001 sia stato in realtà un autoattentato (strage di stato ndr), cioè una azione voluta e pianificata dallo stesso governo americano. A portare verso questa conclusione sono molti indizi, sia di genere "poliziesco" che di genere politico. Non è però lo scopo del presente scritto di illustrarli. Lo scopo del presente scritto è solo di mostrare come la soluzione dell'autoattentato sia possibile, come essa sia verosimile. La gente trova difficile credere all'autoattentato a proposito dell'11 settembre 2001 perché sembra un' enormità: un governo che organizza un atto di terrorismo contro la propria popolazione, e un atto così autolesionista e sanguinoso anche, e in più sotto gli occhi di tutto il mondo! Non pare proprio possibile. E invece la Storia dimostra come un atto del genere sia perfettamente in linea con la prassi di sempre della politica estera americana. Con un autoattentato siamo nel campo delle undercover operations, cioè delle azioni ostili o comunque illegali da compiere sotto anonime o mentite spoglie in tempo di pace, o contro qualcuno col quale formalmente non si è in guerra, azioni che spesso ricadono nel campo del terrorismo più tipico.

Bene, gli Stati Uniti indiscutibilmente sono il Paese che più di tutti è ricorso alle undercover operations. Ne hanno compiute miriadi e di tutti i tipi.

Undercover operations quotidiane

Per esempio gli Stati Uniti :

- Hanno organizzato centinaia di colpi di Stato nel mondo ( in effetti più di 500 solo dal 1945 ad oggi ) facendoli sempre passare per iniziative dei locali.

- Hanno compiuto o fatto compiere nell'ombra decine e decine di omicidi di leader politici o di altre personalità di rilievo. Ricordiamo per rinfrescare la memoria Madero, Gaitan, Truxillo Molina, Lumumba, Letelier, Prats, Schneider, Mattei, Moro, Hammarskjold, Luther King, Malcom X, Remeliik, Palme, gli economisti tedeschi Herrauser e Rohwedder eliminati nel 1989 e nel 1991. Contro Castro organizzarono venti tentativi di omicidio, tutti falliti.

- Hanno sabotato nascostamente per decenni l'economia cubana: hanno rovinato i motori degli autobus; contaminato i sacchi di zucchero; diffuso epidemie negli allevamenti prima dei tacchini ( nel 1962 ) e poi dei maiali ( nel 1971 ); fatto saltare nel 1960 nel porto dell'Avana il mercantile francese Le Coubre; fatto speronare nel 1964 nel Tamigi un mercantile che trasportava 42 autobus per Cuba; indotto con minacce un fabbricante a fornire cuscinetti difettosi ai cubani; disseminato nell'aria cristalli che provocavano da una parte dell'isola siccità e dall'altra diluvi ( nel 1969 e nel 1970 ).

- Hanno diffuso, nascondendo subito la mano, epidemie letali per le popolazioni umane: a partire dal Seicento hanno cominciato a diffondere coperte infette col vaiolo alle tribù indiane, ed hanno continuato sino alla metà dell'Ottocento eseguendo un genocidio; nel 1954 con aerei privi di insegne hanno gettato cartoni pieni di insetti portatori di peste e colera in Corea del Nord e in Cina; nel 1981 hanno introdotto a Cuba sciami di zanzare portatrici di un virus che infettò 300.000 persone con 158 che morirono.

- Hanno cercato anonimamente di provocare carestie nei raccolti tramite insetti: nel 1999 hanno incaricato un ispettore dell'ONU di innescare una invasione di cavallette in Iraq ( l'ispettore, un canadese, è stato scoperto ed espulso ).

- Hanno compiuto, sempre anonimamente, atti di terrorismo classico: nel 1973 hanno fatto esplodere una bomba su un DC8 della Cubana Airlines in volo da Barbados a Cuba con 73 a bordo, tutti morti; nel 1996 e 1997 hanno organizzato una serie di attentati dinamitardi contro alberghi di Cuba, dove in un caso rimase morto un turista italiano; in Angola e altri luoghi hanno contaminato riserve acquifere potabili col Photoxin.

Undercover operations per fare guerre

Ciò per quanto riguarda le undercover operations di tipo spicciolo, quelle di tutti i giorni e che gli USA eseguono - oltre che naturalmente con la CIA - con reparti istituiti solo per questo e che solo questo fanno di routine, come gli Air Commandos creati da John Kennedy per le operazioni aeree anonime, i Navy Seals creati per i sabotaggi marini, costieri e portuali, i Rangers riconvertiti per i sabotaggi terrestri dietro le linee " nemiche ". Ci sono poi le undercover operations in grande stile. Fra queste c'è la creazione e la gestione segreta di grandi eserciti mercenari, che sotto questa o quella bandiera, sotto questa o quella sigla, sotto questa o quella parola d'ordine conducono delle guerre contro dei Paesi stabiliti dagli USA, guerre che senza eccezione sono di tipo terroristico. Per creazione e gestione di tali eserciti intendiamo il reclutamento, l' addestramento, la fornitura delle armi, lo stipendio, e la loro guida day by day con passaggio di informazioni e indicazione degli obiettivi. Ricordiamo fra tali eserciti :

- Il gruppo di guerriglia dell'UNITA, attivo in Angola sin dal 1966, quando gli USA crearono una scissione nel fronte di liberazione dell'MPLA ( fondato nel 1956 da Agostinho Neto ) che si batteva contro il Portogallo colonialista. Con la concessione della libertà da parte del Portogallo nel 1975 l'MPLA andò logicamente al governo e l'UNITA iniziò una guerriglia di tipo marcatamente terroristico, rivolta contro i civili, che continua tuttora e che dovrebbe aver fatto un numero di morti superiore al milione. L 'UNITA, diretta sul campo dal nativo Jonas Savimbi morto quest'anno, diceva e dice di battersi per la " vera democrazia " ma lo scopo dei suoi creatori americani era ed è di assicurarsi dei governi proni agli interessi delle proprie Multinazionali.

- Il gruppo del RENAMO nell'altra colonia gemella del Portogallo in Africa, il Mozambico dichiarato anch'esso libero nel 1975. Il gruppo fu sostenuto inizialmente anche dalla Rhodesia e poi dal Sud Africa, ma poi rimasero solo gli USA, che sono i suoi gestori anche adesso. La lotta è contro il governo per lo stesso scopo dell'Angola e anche la tattica è la stessa, consistendo in attacchi terroristici indiscriminati contro i civili. Delle gravi siccità hanno peggiorato la situazione della popolazione e per quanto riguarda i morti sino ad ora si parla di " milioni ", forse otto milioni.

- Il gruppo dei cosiddetti CONTRAS, circa 15.000 uomini reclutati tra la feccia dell'America Latina e pagati anche facendoli compartecipare al traffico di cocaina verso gli USA e l'Europa, che gli USA misero in piedi nel 1980 per abbattere in Nicaragua il governo dei Sandinisti, che nel 1979 avevano finalmente cacciato il dittatore pro USA Somoza. Anche i CONTRAS conducevano una guerra essenzialmente di terrorismo contro i civili e dal 1980 al 1988 le loro vittime, documentate dal governo di Managua, furono 50.000. Il film scozzese La canzone di Carla di Ken Loach espone chiaramente la filiazione USA dei CONTRAS e l'origine sempre USA del loro terrorismo.

- I mujaheddin dell'Afganistan, delle tribù di trafficanti di eroina pagate e armate dagli USA nel 1978 per rovesciare il presidente Karmal alleato dell' URSS. Dopo l'ingresso dell'Armata Rossa nel 1979 per sostenere Karmal i dollari e le armi degli americani aumentarono di molto. Gli USA inviarono anche mercenari raccolti in tutta l'area mediorientale e Osama Bin Laden era appunto uno dei capi di questa legione straniera, a stretto contatto con CIA e Pentagono.

- Il gruppo dell'UCK albanese, circa 30.000 uomini reclutati fra malviventi e avventurieri vari albanesi, pagati anche facendoli compartecipare al traffico di eroina e hashish verso l'Italia, che per conto degli USA ha condotto attacchi terroristici contro civili serbi in Kosovo fornendo la scusa per l'attacco della NATO alla Yugoslavia del 1999. Questo gruppo ha poi ripetuto gli attacchi contro la Macedonia. Nelle file dell'UCK militavano anche molti mercenari di provenienza mediorientale, anche loro pagati dagli USA.

- Il gruppo degli " indipendentisti " ceceni arruolato nei primi anni '90 attorno a Dudaev e poi, morto lui, attorno a Mashkadov, con lo scopo di espellere i russi prima dalla Cecenia e poi dall'intero Caucaso petrolifero, mossa strategica che metterebbe completamente a terra la Russia la cui economia si basa al 70% sulle esportazioni di petrolio. Questi " ribelli " sono membri di tribù tradizionalmente dedite al brigantaggio e al traffico di droga e sono convinti a combattere contro i russi dai dollari, dalle armi e dall'addestramento USA, e dal fatto che gli USA li favoriscono nel traffico di eroina. Gli USA li rinforzano con mercenari che arruolano in tutto il Medioriente e difatti anche Osama Bin Laden, che è un saudita, ha combattuto in Cecenia.

Undercover operations per provocare guerre

Gli USA hanno poi compiuto undercover operations più sofisticate, consistenti nell'organizzare provocazioni per indurre una controparte a una reazione violenta da sfruttare come casus belli. Gli esempi sono anche qui abbondanti e ricordiamo :

- L'episodio di Fort Sumter del 1861, quando i Confederati furono indotti a sparare alcune cannonate che furono - quasi letteralmente verrebbe da dire - colte al balzo dal presidente Lincoln per iniziare la Guerra Civile.

- L'episodio del Lusitania del 1915, il piroscafo fatto partire da New York con le stive platealmente piene di armi per la Gran Bretagna sperando che fosse affondato dai sottomarini tedeschi, come accadde, raggiungendo lo scopo di aumentare l'interventismo antitedesco.

- L'episodio di Pearl Harbor del 1943, quando i giapponesi furono indotti all'attacco preventivo da una serie di provocazioni congegnate da Roosevelt.

- L'episodio del Golfo del Tonchino del 1964, quando grandi navi americane minacciarono apposta ( ordini del gen. Westmoreland ) delle piccole navi vietnamite, i cui colpi di rimando furono la scusa per iniziare i grandi bombardamenti aerei.

- L'episodio del Kuwait del 1990, quando gli americani - nascosti dietro i kuwaitiani - cominciarono a spillare petrolio iracheno attraverso il confine per indurre quella reazione che ci fu e che permise l'intervento della coalizione occidentale del 1991. Non solo, ma sembra che alla trappola abbia contribuito anche l'Ambasciatrice americana in Kuwait, che abilmente, meglio di una attrice di Hollywood, fece " capire " a Saddam che gli USA non avrebbero reagito ad una invasione del Kuwait.

L'inquietante precedente del 1898.

Non mancò il caso in cui, non riuscendo a indurre la controparte all'atto violento, gli USA si decisero a compierlo loro stessi, si decisero all'autoattentato: il casus belli per la guerra contro la Spagna del 1898, che fruttò agli USA Cuba e le Filippine, fu l'attentato che nel 1898 nel porto dell'Avana fece saltare in aria l'incrociatore americano in visita Maine, e benché si parli anche di un gruppo di imprenditori e finanzieri interessati allo zucchero cubano - sempre americani comunque - sembra assodato che ad ordinare l'atto sia stato proprio il governo USA del presidente McKinley ( un uomo che morì assassinato in effetti, nel 1901 dall'anarchico Czolgosz ). Il cinismo non è mai mancato. Cosa fondamentale da notare è che il governo americano in questo genere di evenienze ha dato consistentemente prova di non tenere in alcun conto la vita di propri soldati o cittadini, più precisamente di essere disposto a sacrificarli - ad ucciderli lui stesso, in verità - pur di ottenere i suoi scopi. La maggioranza delle undercover operations di provocazione che abbiamo visto hanno comportato la morte programmata di cittadini americani, civili o militari. Si può infatti puntualizzare in merito:

- A Fort Sumter non ci furono morti, ma la successiva guerra civile fece tra militari e civili 1.000.000 di morti, un milione di americani sacrificati - benché indirettamente, fatti ammazzare fra di loro in effetti - perché il gruppo dirigente del Nord, di cui Lincoln era il portavoce, ottenesse i suoi scopi, che erano quelli di espandere anche al Sud il sistema mercantile capitalista.

- A bordo del Maine al momento dello scoppio c'erano 262 marinai, tutti americani e tutti morti.

- A bordo del Lusitania fra gli oltre duemila passeggeri c'erano anche cittadini americani, dei quali 140 morirono assieme a circa 1.000 degli altri.

- Nell'attacco giapponese a Pearl Harbor morirono 2.300 ( o 2.600 secondo altre fonti ) militari americani. Questi soldati non furono una, ma più volte vittime del loro governo: prima per le provocazioni intenzionali di Roosevelt al Giappone, poi perché sempre Roosevelt rifiutò di evacuare la base avanzata e quindi esposta di Pearl Harbor proprio perché la medesima gli serviva come esca, infine perché i vertici militari e civili di Washington - il gen. Marshall in testa - impedirono di avvertire per tempo la base dell'attacco, di cui il controspionaggio dell'OP20G era venuto a sapere con certezza 5 ore prima, perché volevano che lo stesso riuscisse, che fossero affondate molte navi ( ma non le portaerei, fatte uscire dal porto qualche giorno prima ) e che ci fossero alte perdite umane, per impressionare di più la propria opinione pubblica.

L'ovvia conclusione

Questa è la storia circa le undercover operations degli USA. Fa ancora meraviglia, a questo punto, che l'attentato alle Twin Towers dell'11 settembre 2001 possa essere stato un autoattentato? A mio parere non dovrebbe di certo. Nel caso, non ci sarebbe niente che fosse davvero una novità, una sorpresa, un qualcosa che il governo USA non ci avesse già fatto vedere prima. Impressiona il numero dei morti : 2.700 / 2.800. Molti sì, ma guarda caso è circa lo stesso numero dei morti di Pearl Harbor. Non solo: a Pearl Harbor si trattava di soldati, elementi giovani e sicuramente con cittadinanza americana; le vittime delle Twin Towers invece, vista l'ora dell'attentato, erano assai meno " pregiate ": i dirigenti e funzionari non erano ancora arrivati negli uffici e i presenti erano più che altro personale di basso livello, fattorini, uscieri, donne delle pulizie, guardie private, in maggioranza non dei WASP e con molti che non avevano neanche la cittadinanza americana, erano degli immigrati clandestini. Gli ebrei che lavoravano alle Twin Towers poi sembra addirittura che siano stati avvertiti

il giorno prima di non recarsi al lavoro l'indomani. Impressiona anche la scala dell'attentato, il danno portato all'America. Anche qui, non di più del danno portato a Pearl Harbor, dove furono affondate sette grandi navi da battaglia più naviglio vario e furono distrutti al suolo più di 200 aerei della vicina base di Ohau. In conclusione, in linea di principio l'attentato alle Torri Gemelle può benissimo essere stato un autoattentato del governo USA, dato che ciò sarebbe in linea con la sua prassi abituale e con la sua caratura morale. Per compiere l'ultimo passo, e stabilire che questa è addirittura l'ipotesi più probabile, è necessario trovare il movente adatto, un obiettivo che il governo USA potesse ragionevolmente pensare di raggiungere tramite l' autoattentato, e un obiettivo proporzionato, così grande come grandi erano i rischi e anche le perdite connessi con una undercover operation del genere.
lalla
2 agosto 2005 0:00
romano, hai ragione, xò mi pare strano che una persona così devota ad allah, tanto da farsi saltare in aria in suo nome, possa "tradirlo".x carità tutto può essere xò uno che ama così tanto il suo dio preferirebbe morire piuttosto che collaborare col nemico. tu che ne pensi?
Paolo
2 agosto 2005 0:00
Ho letto l'intervento di Fabio del 27 Luglio: e' uno che parla chiaro.
Si' non siamo indifesi contro il terrorismo, se si vuole lo si puo' vincere, il punto di forza del terrorismo e' che i possibili terroristi sono tra noi, quindi applicare il principio "io a casa mia e tu a casa tua" risolve tutto, perche' un confine chiaro e netto e' molto facile sa sorvegliare e da difendere, basta un satellite spia a 36000 Km di quota per sorvegliare tutto il Mediterraneo e il Medio Oriente, "vede" anche di notte o attraverso alla nebbia, con una risoluzione che permette di leggere i titoli dei giornali, altro che frottole sugli 8000 Km di coste diffiili da sorvegliare. E se occorre sparare si spara, come fanno appunto i Greci e altri.
Nel 1500, preoccupati pervhe' le idee diffuse dai missionari europei stavano alterando preziosi equilibri interni, i Giapponesi escogitarono una soluzione geniale, nessuno straniero poteva entrare in Giappone, ma continuavano gli scambi commerciali su una isoletta nella baia di Nagasaki, nessuno straniero avrebbe messo piede sulle isole maggiori, e le merci venivano controllate con cura. Oggi si potrebbe fare la stessa cosa. Trattare affari in videoconferenza, passare le merci ai raggi X, etc etc. Di immigrati non ce n'e' bisogno, abbiamo solo in Europa decine id milioni di disoccupati e di poveri da sistemare, altro che immigrati! Una vera e propria guerra potrebbe risultare superflua. Comunque, fin che ci sono 24 milioni di islamici negli USA e chissa' quanti in Europa, li si puo' usare come ostaggi, ammazzarne 1.000.000 per ogni Europeo che viene ucciso, roba da smontare persino Bin Laden. Sono ridicole e sbagliate le affermazioni di alcuni, che non si deve scendere al livello del nemico: in guerra per vincere bisogna picchiare piu' forte del nemico, come fece l'aviazione inglese comandata da Harris, i Tedeschi rasero al suolo Coventry, e Harris promise di radere al suolo 50 citta' tedesche, mantenne la promessa e ando' anche oltre, e' cosi' che si vince.
Comunque anche la propaganda o guerra psicologica puo' avere una funzione positiva. Ma si tratta di condurre una vera e propria guerra (propagandistica) di religione, far vedere che il Corano non da' e non promette nulla. Il comunismo prometteva giustizia, uguaglianza e un sempre maggior benessere, ma in fondo che cosa promette l'Islam? Perche' uno dovrebbe aderire all'Islam? Certo, c'e' la tassa per i poveri, ma 1300 anni di Islam mostrano che non e' sufficiente a dar da mangiare ai poveri. Insomma invece di "rispettare" l'Islam, criticarlo e attaccarlo come si puo' fare per qualsiasi religione o ideologia nemica. Mettere in dubbio l'esistenza dell'aldila', delle oasi celesti piene di vergini, visto che nessun e' mai potuto tornare indietro a confermare che esistono, si tratta insomma di bugie non controllabili.
Paolo
Romano
2 agosto 2005 0:00
Per Lalla, chiedendo scusa se scrivo una considerazione velocemente:
anche i brigatisti più incalliti ed i mafiosi più fedeli in molte occasioni hanno collaborato con il nemico. Non vedo perchè un islamico non lo possa fare. Potrebbe voler dire che la religione che professano può essere accantonata un momento e che magari converrà, di fronte a determinate condizioni, operare una scelta, magari discutibile ma comunque una scelta precisa, ragionata e dettata da un calcolo di convenienza e non solo dai principi e fondamenti religiosi.
Alex
1 agosto 2005 0:00
Io dico che ci stiamo facendo le pippe mentali, questo è stato preso, ha ammesso certe situazioni e noi stiamo ancora a costruire i castelli di sabbia per dimostrare che l'ha mandato Bush... mah!
In Egitto le indagini vanno avanti e noi ancora a fare castelli di sabbia per dare la colpa all'occidente quando invece si è voluto chiaramente punire l'Egitto.

Io continuo a non avere paura di un americano che mi siede accanto.
lalla
1 agosto 2005 0:00
stefano, ormai sono talmente sfiduciata dai mass media che nn credo + a nulla. innanzi tutto ho notato che da un tg all'altro le foto dei terroristi a volte sono diverse, inoltre nn so xchè ma secondo me quei personaggi che ci hanno fatto vedere in tv nn corrispondono ai terroristi. il fatto che un islamico collabori con il nemico nn lo trovi un pò strano? nn credo che la loro religione contempli questo, che ne pensi?
fabiox
1 agosto 2005 0:00
Stefano caro,
non servono il mio nome e cognome per avere un riferimento di ignoranza... rileggiti il tuo post.
ah, stefano caro, se non hai il tempo di rileggete casì tante banalità (ma quanti anni hai?) guardati allo specchio
luca
1 agosto 2005 0:00
x stefano
la stessa cosa vale per te questo NON E' IL TUO FORUM è aperto a tutti e TUTTI possono scrivere CIO'CHE VOGLIONO... se non ti sta bene basta che segui le istruzioni che tu stesso hai scritto.


Stefano Fusco
1 agosto 2005 0:00
Caro FabioX, ce l'hai un nome visto che non hai educazione? Allora vediamo se hai il coraggio di scrivere come ti chiami, così almeno avremo un riferimento a tanta ingnoranza e volgarità. Questo forum contiene un post che ho scritto. Mi interessa l'opinione di chi viene a leggere. Non sei obbligato a leggere, ne a condividere, ne tantomeno ad intervenire con insulti infantili. Vuoi aprire un nuovo forum su Lalla e le sue idee?? Sei libero di farlo, le istruzioni sono sulla homepage di questo sito. Nel tuo nuovo forum sarai finalmente contento di scrvere tutto il tuo repertorio di insulti e parolacce che conosci. Se non sei capace di scrivere a senso compiuto i tuoi commenti non sono più graditi. Spero di non dover più replicare con te. Buona giornata.
Fabiox
1 agosto 2005 0:00
LALLA cogliona sfigata
Commenti
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