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forum
28 marzo 2008 0:00
x tutti
le denunce stanno avendo seguito la CI ZETA EMPIRE finalmente le indagini stanno andando avanti e anche MI MANDA RAITRE sta accumulando segnalazioni per portarli in televisione continuate a segnalare e mandate mail a MI MANDA RAITRE che raccolto un certo numero potranno smascherare questa truffa una volta per tute
pasquale
25 marzo 2008 0:00
Dopo la mia
segnalazione(27/01/08) del raggiro subito dalla cizeta ho diffitato la stessa attraverso un legale dal dare
seguito al contratto e da non incassare l'anticipo di €uro 480,00 in assegno
Sinceramente mi auguravo che la Cizeta fosse una cosa seria e che vista la mia
segnalazione denuncia mi contattava al fine di redarguire il loro maldestro venditore che mi aveva raggirato e di porre fine al mio contratto con la restituzione del mio assegno avuto con l'incanno come anticipo
Purtroppo cosi non è stato,lassegno
lo hanno incassato e di loro ad oggi
non ho alcuna notizia
cio dimostra che il loro scopo nei miei confronti
e stato solo quello di prendersi i miei 480,00 €uro.
vi informo che ho ricevuto telefonate di altri che hanno avuto la visita deiloro venditori e come per me hanno cercato di propinare un contratto
come prenotazione alcuni non hanno firmato e nel chiedere ulteriori spiegazioni il venditore si e dileguato.
3355234795 il mio tel per essere contattato al fine di associarmi contro la cizeta.
io
25 marzo 2008 0:00
ciao a tutti
x ANDREA DEL 6 MARZO
20 marzo 2008 0:00
Caro Andrea, qui non si sta parlando del funzionamento o meno dei servizi, che poi è tutto da vedere... quello che pagheranno pesantemente questi signori "sola" è il modo in cui raggirano commercianti anche della stessa via, facendo firmare finanziarie come la PlusValore, ti giuro che ti ritrovi con 8000 e passa euro da pagare senza poter vendere i servizi perchè anche il tuo dirimpettaio o negoziante affianco ha preso la stessa sola, ti rubano il timbro e scappano, hanno un'arroganza che dovresti provare... sono mercenari strafottenti. La pagheranno.
ale
15 marzo 2008 0:00
ennesima truffata dalla cz..nn ho sottoscritto la PLUSVALORE ma ho staccato assegni.. mi rivolgo ai 1000 negozi che come me sono stati raggirati. vorrei avere vs notizie e i passi che state seguendo perchè sto agendo per vie legali intentando una causa civile per risarcimento danno e una penale per truffa contro la nota società. chi volesse unirsi il mio numero è 393/0904754
perseveranza
9 marzo 2008 0:00
ma non si è ancora stancato il "personaggio ci zeta empire" che continua a scrivere ogni giorno sul forum,nascondendosi dietro 3000 identita?
cercando di nascondere la truffa che c'è dietro al loro presunto contratto...
francesxa
7 marzo 2008 0:00
x andrea
facci sapere dove sta questo bar se sei cosi ottimista della cosa vorremmo esserlo anche noi grazie
francesxa
7 marzo 2008 0:00
x andrea

dove sta questo bar se ce lo dici tutti andiamo a informarci per amore di giustizia ma scommetto che andrea non risponderà percheè con la CI ZETA EMPIRE nessuno è soddisfatto
francesxa
6 marzo 2008 0:00
X TUTTI
Quando ci vuole ci vuole...
dal forum adusbef

Siamo un gruppo di 1.000 negozi truffati in Italia da una societa la CI ZETA EMPIRE che a fronte di promesse su servizi non funzionanti ci ha sottratto insieme alla partecipazione della finaziaria PLUSVALORE (sicuramente connivente) la somma di 6200 euro ciascuno, non accettano richieste di recesso e stanno ricevendo da parte di 2 comitati gia formati in Italia migliaia di denunce alla procura della Repubblica di decine di citta, la nostra voce sembra un silenzio assordante, ma voglio mettere in guardia tutti Voi contro un pericolo non indifferente infatti sono ancora in circolazione gli agenti della Index s.p.a. e la loro pubblicita va in onda giornalmente su canale5.

Spero che questo post salvera qulcuno perche io ormai sto per chiudere il mio negozio perche non potendo piu pagare le rate della PLUSVALORE mi hanno anche iscritto al Crif e nessuno mi da piu credito. Mi hanno rovinato.

purtroppo anch’io sono caduto nella stessa trappola da appena 4 giorni, volevo sapere se potevo esercitare il diritto di ripensamento, anche perchè essendo una nuova attività non è stato accettato il finanziamento ed i signori della CI ZETA EMPIRE vogliono da me 2500,00 euro in contanti oppure tutta la somma del contratto. per cortesia aiutatemi.

anche io sono stato truffato, non mi hanno accettato il finanziamento, e qnd nn ho accettato altre forme....ora vogliono 2000€ ma io nn ho usufruito di nulla..quindi perchè dovrei pagare?

Io mi ritengo fortunata perchè son riuscita a evitare il contratto solo perchè ho cercato di documentarmi in internet e ho trovato le vostre testimonianze e non firmerò di certo!!!!!! Non so cosa consigliare, ho letto di testimonianze di persone che sempre con questa società hanno deciso di non pagare un centesimo perchè poi, anche se la giustizia vi darà ragione, magicamente i soldi saranno cmq irrecuperabili.
Vi auguro con tutto il cuore di riuscire a avere giustizia, rivolgetevi a striscia, a mi manda raitre, qualsiasi autorità solo cosi possiamo fare giustizia
ANDREA
6 marzo 2008 0:00
Salve a tutti navigando in internet ho notato questa discussione, e visto che da sempre mi interesso a questioni come frodi o presunte tali, mi sono appassionato a questa, così non ho fatto altro che scendere al bar della mia zona che esponeva a tutta vetrina la pubblicità della famigerata CZ EMPIRE, sono entrato ed ho scambiato quattro chiacchiere con il titolare e con il ragazzo che fisicamente si occupa di offrire tali servizi;
le risposte sono state assolutamente positive, mi hanno riferito che a parte i primi tre mesi in cui il progetto stentava a decollare(come per ogni nuova iniziativa) trascorso questo tempo le cose vanno molto bene, i servizi pubblicizzati da CZ sono tutti presenti e funzionanti e che i loro rapporti con la stessa società vanno avanti ormai da circa due anni senza problemi, posto questa lettera semplicemente per evidenziare la malafede di alcuni che per motivi dubbi o "evidenti" esprimono giudizi senza verificare ciò di cui parlano.
frank
6 marzo 2008 0:00
"… Prima essi erano con noi, ma non erano veramente dei nostri: se lo fossero stati, sarebbero rimasti con noi. Si sono allontanati, perciò è chiaro che non tutti quelli che sono con noi sono veramente dei nostri… "

(dalla Prima Lettera di Giovanni nel Nuovo Testamento)

Non nobis Domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam


IO SONO IL NUMERO UNO. Alberto
filippo
5 marzo 2008 0:00
altro coglione ho firmato contratto con CI ZETA EMPIRE, con abile mossa il rappresentante mi derubato del timbro e l'ha messo sulla mia firma, ma la commessa ha visto tutto e ho denunciato l'accaduto. state attenti e buttateli fuori appena entrano nella vostra attività
forum
5 marzo 2008 0:00
x tutti ripeto dato il diversivo dei sigg. spiritosi
chi ha inventato questo contratto e chi ha ricevuto incarico di pubblicizzare qst servizi CI ZETA EMPIRE O INDEX sempre più puzza di sola ....

giggi
4 marzo 2008 0:00
Capitolo I

Quel ramo del lago di Como , che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un'ampia costiera dall'altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all'occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l'Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l'acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l'uno detto di san Martino, l'altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega: talché non è chi, al primo vederlo, purché sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano a settentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli altri monti di nome più oscuro e di forma più comune. Per un buon pezzo, la costa sale con un pendìo lento e continuo; poi si rompe in poggi e in valloncelli, in erte e in ispianate, secondo l'ossatura de' due monti, e il lavoro dell'acque. Il lembo estremo, tagliato dalle foci de' torrenti, è quasi tutto ghiaia e ciottoloni; il resto, campi e vigne, sparse di terre, di ville, di casali; in qualche parte boschi, che si prolungano su per la montagna. Lecco, la principale di quelle terre, e che dà nome al territorio, giace poco discosto dal ponte, alla riva del lago, anzi viene in parte a trovarsi nel lago stesso, quando questo ingrossa: un gran borgo al giorno d'oggi, e che s'incammina a diventar città. Ai tempi in cui accaddero i fatti che prendiamo a raccontare, que1 borgo, già considerabile, era anche un castello, e aveva perciò l'onore d'alloggiare un comandante, e il vantaggio di possedere una stabile guarnigione di soldati spagnoli, che insegnavan la modestia alle fanciulle e alle donne del paese, accarezzavan di tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre; e, sul finir dell'estate, non mancavan mai di spandersi nelle vigne, per diradar l'uve, e alleggerire a' contadini le fatiche della vendemmia. Dall'una all'altra di quelle terre, dall'alture alla riva, da un poggio all'altro, correvano, e corrono tuttavia, strade e stradette, più o men ripide, o piane; ogni tanto affondate, sepolte tra due muri, donde, alzando lo sguardo, non iscoprite che un pezzo di cielo e qualche vetta di monte; ogni tanto elevate su terrapieni aperti: e da qui la vista spazia per prospetti più o meno estesi, ma ricchi sempre e sempre qualcosa nuovi, secondo che i diversi punti piglian più o meno della vasta scena circostante, e secondo che questa o quella parte campeggia o si scorcia, spunta o sparisce a vicenda. Dove un pezzo, dove un altro, dove una lunga distesa di que1 vasto e variato specchio dell'acqua; di qua lago, chiuso all'estremità o piùttosto smarrito in un gruppo, in un andirivieni di montagne, e di mano in mano più allargato tra altri monti che si spiegano, a uno a uno, allo sguardo, e che l'acqua riflette capovolti, co' paesetti posti sulle rive; di là braccio di fiume, poi lago, poi fiume ancora, che va a perdersi in lucido serpeggiamento pur tra' monti che l'accompagnano, degradando via via, e perdendosi quasi anch'essi nell'orizzonte. Il luogo stesso da dove contemplate que' vari spettacoli, vi fa spettacolo da ogni parte: il monte di cui passeggiate le falde, vi svolge, al di sopra, d'intorno, le sue cime e le balze, distinte, rilevate, mutabili quasi a ogni passo, aprendosi e contornandosi in gioghi ciò che v'era sembrato prima un sol giogo, e comparendo in vetta ciò che poco innanzi vi si rappresentava sulla costa: e l'ameno, il domestico di quelle falde tempera gradevolmente il selvaggio, e orna vie più il magnifico dell'altre vedute.
Per una di queste stradicciole , tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, sulla sera del giorno 7 novembre dell'anno 1628, don Abbondio, curato d'una delle terre accennate di sopra: il nome di questa, né il casato del personaggio, non si trovan nel manoscritto, né a questo luogo né altrove. Diceva tranquillamente il suo ufizio, e talvolta, tra un salmo e l'altro, chiudeva il breviario, tenendovi dentro, per segno, l'indice della mano destra, e, messa poi questa nell'altra dietro la schiena, proseguiva il suo cammino, guardando a terra, e buttando con un piede verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero: poi alzava il viso, e, girati oziosamente gli occhi all'intorno, li fissava alla parte d'un monte, dove la luce del sole già scomparso, scappando per i fessi del monte opposto, si dipingeva qua e là sui massi sporgenti, come a larghe e inuguali pezze di porpora. Aperto poi di nuovo il breviario, e recitato un altro squarcio, giunse a una voltata della stradetta, dov'era solito d'alzar sempre gli occhi dal libro, e di guardarsi dinanzi: e così fece anche quel giorno. Dopo la voltata, la strada correva diritta, forse un sessanta passi, e poi si divideva in due viottole, a foggia d'un ipsilon: quella a destra saliva verso il monte, e menava alla cura: l'altra scendeva nella valle fino a un torrente; e da questa parte il muro non arrivava che all'anche del passeggiero. I muri interni delle due viottole, in vece di riunirsi ad angolo, terminavano in un tabernacolo, sul quale eran dipinte certe figure lunghe, serpeggianti, che finivano in punta, e che, nell'intenzion dell'artista, e agli occhi degli abitanti del vicinato, volevan dir fiamme; e, alternate con le fiamme, cert'altre figure da non potersi descrivere, che volevan dire anime del purgatorio: anime e fiamme a color di mattone, sur un fondo bigiognolo, con qualche scalcinatura qua e là. Il curato, voltata la stradetta, e dirizzando, com'era solito, lo sguardo al tabernacolo, vide una cosa che non s'aspettava, e che non avrebbe voluto vedere. Due uomini stavano , l'uno dirimpetto all'altro, al confluente, per dir così, delle due viottole: un di costoro, a cavalcioni sul muricciolo basso, con una gamba spenzolata al di fuori, e l'altro piede posato sul terreno della strada; il compagno, in piedi, appoggiato al muro, con le braccia incrociate sul petto. L'abito, il portamento, e quello che, dal luogo ov'era giunto il curato, si poteva distinguer dell'aspetto, non lasciavan dubbio intorno alla lor condizione. Avevano entrambi intorno al capo una reticella verde, che cadeva sull'omero sinistro, terminata in una gran nappa, e dalla quale usciva sulla fronte un enorme ciuffo: due lunghi mustacchi arricciati in punta: una cintura lucida di cuoio, e a quella attaccate due pistole: un piccol corno ripieno di polvere, cascante sul petto, come una collana: un manico di coltellaccio che spuntava fuori d'un taschino degli ampi e gonfi calzoni: uno spadone, con una gran guardia traforata a lamine d'ottone, congegnate come in cifra, forbite e lucenti: a prima vista si davano a conoscere per individui della specie de' bravi.
Questa specie, ora del tutto perduta, era allora floridissima in Lombardia, e già molto antica. Chi non ne avesse idea, ecco alcuni squarci autentici, che potranno darne una bastante de' suoi caratteri principali, degli sforzi fatti per ispegnerla, e della sua dura e rigogliosa vitalità.
Fino dall'otto aprile dell'anno 1583, l'Illustrissimo ed Eccellentissimo signor don Carlo d'Aragon, Principe di Castelvetrano, Duca di Terranuova, Marchese d'Avola, Conte di Burgeto, grande Ammiraglio, e gran Contestabile di Sicilia, Governatore di Milano e Capitan Generale di Sua Maestà Cattolica in Italia, pienamente informato della intollerabile miseria in che è vivuta e vive questa città di Milano, per cagione dei bravi e vagabondi, pubblica un bando contro di essi. Dichiara e diffinisce tutti coloro essere compresi in questo bando, e doversi ritenere bravi e vagabondi à i quali, essendo forestieri o del paese, non hanno esercizio alcuno, od avendolo, non lo fanno... ma, senza salario, o pur con esso, s'appoggiano a qualche cavaliere o gentiluomo, officiale o mercante... per fargli spalle e favore, o veramente, come si può presumere, per tendere insidie ad altri... A tutti costoro ordina che, nel termine di giorni sei, abbiano a sgomberare il paese, intima la galera a' renitenti, e dà a tutti gli ufiziali della giustizia le più stranamente ampie e indefinite facoltà, per l'esecuzione dell'ordine. Ma, nell'anno seguente, il 12 aprile, scorgendo il detto signore, che questa Città è tuttavia piena di detti bravi... tornati a vivere come prima vivevano, non punto mutato il costume loro, né scemato il numero, dà fuori un'altra grida, ancor più vigorosa e notabile, nella quale, tra l'altre ordinazioni, prescrive:
Che qualsivoglia persona, così di questa Città, come forestiera, che per due testimonj consterà esser tenuto, e comunemente riputato per bravo, et aver tal nome, ancorché non si verifichi aver fatto delitto alcuno... per questa sola riputazione di bravo, senza altri indizj, possa dai detti giudici e da ognuno di loro esser posto alla corda et al tormento, per processo informativo... et ancorché non confessi delitto alcuno, tuttavia sia mandato alla galea, per detto triennio, per la sola opinione e nome di bravo, come di sopra. Tutto ciò, e il di più che si tralascia, perché Sua Eccellenza è risoluta di voler essere obbedita da ognuno.
All'udir parole d'un tanto signore, così gagliarde e sicure, e accompagnate da tali ordini, viene una gran voglia di credere che, al solo rimbombo di esse, tutti i bravi siano scomparsi per sempre. Ma la testimonianza d'un signore non meno autorevole, né meno dotato di nomi, ci obbliga a credere tutto il contrario. E' questi l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signor Juan Fernandez de Velasco, Contestabile di Castiglia, Cameriero maggiore di Sua Maestà, Duca della Città di Frias, Conte di Haro e Castelnovo, Signore della Casa di Velasco, e di quella delli sette Infanti di Lara, Governatore dello Stato di Milano, etc. Il 5 giugno dell'anno 1593, pienamente informato anche lui di quanto danno e rovine sieno... i bravi e vagabondi, e del pessimo effetto che tal sorta di gente, fa contra il ben pubblico, et in delusione della giustizia, intima loro di nuovo che, nel termine di giorni sei, abbiano a sbrattare il paese, ripetendo a un dipresso le prescrizioni e le minacce medesime del suo predecessore. Il 23 maggio poi dell'anno 1598, informato, con non poco dispiacere dell'animo suo, che... ogni dì più in questa Città e Stato va crescendo il numero di questi tali (bravi e vagabondi), né di loro, giorno e notte, altro si sente che ferite appostatamente date, omicidii e ruberie et ogni altra qualità di delitti, ai quali si rendono più facili, confidati essi bravi d'essere aiutati dai capi e fautori loro,... prescrive di nuovo gli stessi rimedi, accrescendo la dose, come s'usa nelle malattie ostinate. Ognuno dunque, conchiude poi, onninamente si guardi di contravvenire in parte alcuna alla grida presente, perché, in luogo di provare la clemenza di Sua Eccellenza, proverà il rigore, e l'ira sua... essendo risoluta e determinata che questa sia l'ultima e perentoria monizione.
Non fu però di questo parere l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Don Pietro Enriquez de Acevedo, Conte di Fuentes, Capitano, e Governatore dello Stato di Milano; non fu di questo parere, e per buone ragioni. Pienamente informato della miseria in che vive questa Città e Stato per cagione del gran numero di bravi che in esso abbonda... e risoluto di totalmente estirpare seme tanto pernizioso, dà fuori, il 5 decembre 1600, una nuova grida piena anch'essa di severissime comminazioni, con fermo proponimento che, con ogni rigore, e senza speranza di remissione, siano onninamente eseguite.
Convien credere però che non ci si mettesse con tutta quella buona voglia che sapeva impiegare nell'ordir cabale, e nel suscitar nemici al suo gran nemico Enrico IV; giacché, per questa parte, la storia attesta come riuscisse ad armare contro quel re il duca di Savoia, a cui fece perder più d'una città; come riuscisse a far congiurare il duca di Biron, a cui fece perder la testa; ma, per ciò che riguarda quel seme tanto pernizioso de' bravi, certo è che esso continuava a germogliare, il 22 settembre dell'anno 1612. In quel giorno l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Don Giovanni de Mendozza, Marchese de la Hynojosa, Gentiluomo etc., Governatore etc., pensò seriamente ad estirparlo. A quest'effetto, spedì a Pandolfo e Marco Tullio Malatesti, stampatori regii camerali, la solita grida, corretta ed accresciuta, perché la stampassero ad esterminio de' bravi. Ma questi vissero ancora per ricevere, il 24 decembre dell'anno 1618, gli stessi e più forti colpi dall'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Don Gomez Suarez de Figueroa, Duca di Feria, etc., Governatore etc. Però, non essendo essi morti neppur di quelli, l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Gonzalo Fernandez di Cordova, sotto il cui governo accadde la passeggiata di don Abbondio, s'era trovato costretto a ricorreggere e ripubblicare la solita grida contro i bravi, il giorno 5 ottobre del 1627, cioè un anno, un mese e due giorni prima di quel memorabile avvenimento.
Né fu questa l'ultima pubblicazione; ma noi delle posteriori non crediamo dover far menzione, come di cosa che esce dal periodo della nostra storia. Ne accenneremo soltanto una del 13 febbraio dell'anno 1632, nella quale l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, el Duque de Feria, per la seconda volta governatore, ci avvisa che le maggiori sceleraggini procedono da quelli che chiamano bravi. Questo basta ad assicurarci che, nel tempo di cui noi trattiamo, c'era de' bravi tuttavia.
Che i due descritti di sopra stessero ivi ad aspettar qualcheduno, era cosa troppo evidente; ma quel che più dispiacque a don Abbondio fu il dover accorgersi, per certi atti, che l'aspettato era lui. Perché, al suo apparire, coloro s'eran guardati in viso, alzando la testa, con un movimento dal quale si scorgeva che tutt'e due a un tratto avevan detto: è lui; quello che stava a cavalcioni s'era alzato, tirando la sua gamba sulla strada; l'altro s'era staccato dal muro; e tutt'e due gli s'avviavano incontro. Egli, tenendosi sempre il breviario aperto dinanzi, come se leggesse, spingeva lo sguardo in su, per ispiar le mosse di coloro; e, vedendoseli venir proprio incontro, fu assalito a un tratto da mille pensieri. Domandò subito in fretta a se stesso, se, tra i bravi e lui, ci fosse qualche uscita di strada, a destra o a sinistra; e gli sovvenne subito di no. Fece un rapido esame, se avesse peccato contro qualche potente, contro qualche vendicativo; ma, anche in quel turbamento, il testimonio consolante della coscienza lo rassicurava alquanto: i bravi però s'avvicinavano, guardandolo fisso. Mise l'indice e il medio della mano sinistra nel collare, come per raccomodarlo; e, girando le due dita intorno al collo, volgeva intanto la faccia all'indietro, torcendo insieme la bocca, e guardando con la coda dell'occhio, fin dove poteva, se qualcheduno arrivasse; ma non vide nessuno. Diede un'occhiata, al di sopra del muricciolo, ne' campi: nessuno; un'altra più modesta sulla strada dinanzi; nessuno, fuorché i bravi. Che fare? tornare indietro, non era a tempo: darla a gambe, era lo stesso che dire, inseguitemi, o peggio. Non potendo schivare il pericolo, vi corse incontro, perché i momenti di quell'incertezza erano allora così penosi per lui, che non desiderava altro che d'abbreviarli. Affrettò il passo, recitò un versetto a voce più alta, compose la faccia a tutta quella quiete e ilarità che poté, fece ogni sforzo per preparare un sorriso; quando si trovò a fronte dei due galantuomini, disse mentalmente: ci siamo; e si fermò su due piedi.
- Signor curato, - disse un di que' due, piantandogli gli occhi in faccia.
- Cosa comanda? - rispose subito don Abbondio, alzando i suoi dal libro, che gli restò spalancato nelle mani, come sur un leggìo.
- Lei ha intenzione, - proseguì l'altro, con l'atto minaccioso e iracondo di chi coglie un suo inferiore sull'intraprendere una ribalderia, - lei ha intenzione di maritar domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella!
- Cioè... - rispose, con voce tremolante, don Abbondio: - cioè. Lor signori son uomini di mondo, e sanno benissimo come vanno queste faccende. Il povero curato non c'entra: fanno i loro pasticci tra loro, e poi... e poi, vengon da noi, come s'anderebbe a un banco a riscotere; e noi... noi siamo i servitori del comune.
- Or bene, - gli disse il bravo, all'orecchio, ma in tono solenne di comando, - questo matrimonio non s'ha da fare, né domani, né mai.
- Ma, signori miei, - replicò don Abbondio, con la voce mansueta e gentile di chi vuol persuadere un impaziente, - ma, signori miei, si degnino di mettersi ne' miei panni. Se la cosa dipendesse da me,... vedon bene che a me non me ne vien nulla in tasca...
- Orsù, - interruppe il bravo, - se la cosa avesse a decidersi a ciarle, lei ci metterebbe in sacco. Noi non ne sappiamo, né vogliam saperne di più. Uomo avvertito... lei c'intende.
- Ma lor signori son troppo giusti, troppo ragionevoli...
- Ma, - interruppe questa volta l'altro compagnone, che non aveva parlato fin allora, - ma il matrimonio non si farà, o... - e qui una buona bestemmia, - o chi lo farà non se ne pentirà, perché non ne avrà tempo, e... - un'altra bestemmia.
- Zitto, zitto, - riprese il primo oratore: - il signor curato è un uomo che sa il viver del mondo; e noi siam galantuomini, che non vogliam fargli del male, purché abbia giudizio. Signor curato, l'illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone la riverisce caramente.
Questo nome fu, nella mente di don Abbondio, come, nel forte d'un temporale notturno, un lampo che illumina momentaneamente e in confuso gli oggetti, e accresce il terrore. Fece, come per istinto, un grand'inchino, e disse: - se mi sapessero suggerire...
- Oh! suggerire a lei che sa di latino! - interruppe ancora il bravo, con un riso tra lo sguaiato e il feroce. - A lei tocca. E sopra tutto, non si lasci uscir parola su questo avviso che le abbiam dato per suo bene; altrimenti... ehm... sarebbe lo stesso che fare quel tal matrimonio. Via, che vuol che si dica in suo nome all'illustrissimo signor don Rodrigo?
- Il mio rispetto...
- Si spieghi meglio!
-... Disposto... disposto sempre all'ubbidienza -. E, proferendo queste parole, non sapeva nemmen lui se faceva una promessa, o un complimento. I bravi le presero, o mostraron di prenderle nel significato più serio.
- Benissimo, e buona notte, messere, - disse l'un d'essi, in atto di partir col compagno. Don Abbondio, che, pochi momenti prima, avrebbe dato un occhio per iscansarli, allora avrebbe voluto prolungar la conversazione e le trattative. - Signori... - cominciò, chiudendo il libro con le due mani; ma quelli, senza più dargli udienza, presero la strada dond'era lui venuto, e s'allontanarono, cantando una canzonaccia che non voglio trascrivere. Il povero don Abbondio rimase un momento a bocca aperta, come incantato; poi prese quella delle due stradette che conduceva a casa sua, mettendo innanzi a stento una gamba dopo l'altra, che parevano aggranchiate. Come stesse di dentro, s'intenderà meglio, quando avrem detto qualche cosa del suo naturale, e de' tempi in cui gli era toccato di vivere.
Don Abbondio (il lettore se n'è già avveduto) non era nato con un cuor di leone. Ma, fin da' primi suoi anni, aveva dovuto comprendere che la peggior condizione, a que' tempi, era quella d'un animale senza artigli e senza zanne, e che pure non si sentisse inclinazione d'esser divorato. La forza legale non proteggeva in alcun conto l'uomo tranquillo, inoffensivo, e che non avesse altri mezzi di far paura altrui. Non già che mancassero leggi e pene contro le violenze private. Le leggi anzi diluviavano; i delitti erano enumerati, e particolareggiati, con minuta prolissità; le pene, pazzamente esorbitanti e, se non basta, aumentabili, quasi per ogni caso, ad arbitrio del legislatore stesso e di cento esecutori; le procedure, studiate soltanto a liberare il giudice da ogni cosa che potesse essergli d'impedimento a proferire una condanna: gli squarci che abbiam riportati delle gride contro i bravi, ne sono un piccolo, ma fedel saggio. Con tutto ciò, anzi in gran parte a cagion di ciò, quelle gride, ripubblicate e rinforzate di governo in governo, non servivano ad altro che ad attestare ampollosamente l'impotenza de' loro autori; o, se producevan qualche effetto immediato, era principalmente d'aggiunger molte vessazioni a quelle che i pacifici e i deboli già soffrivano da' perturbatori, e d'accrescer le violenze e l'astuzia di questi. L'impunità era organizzata, e aveva radici che le gride non toccavano, o non potevano smovere. Tali eran gli asili, tali i privilegi d'alcune classi, in parte riconosciuti dalla forza legale, in parte tollerati con astioso silenzio, o impugnati con vane proteste, ma sostenuti in fatto e difesi da quelle classi, con attività d'interesse, e con gelosia di puntiglio. Ora, quest'impunità minacciata e insultata, ma non distrutta dalle gride, doveva naturalmente, a ogni minaccia, e a ogni insulto, adoperar nuovi sforzi e nuove invenzioni, per conservarsi. Così accadeva in effetto; e, all'apparire delle gride dirette a comprimere i violenti, questi cercavano nella loro forza reale i nuovi mezzi più opportuni, per continuare a far ciò che le gride venivano a proibire. Potevan ben esse inceppare a ogni passo, e molestare l'uomo bonario, che fosse senza forza propria e senza protezione; perché, col fine d'aver sotto la mano ogni uomo, per prevenire o per punire ogni delitto, assoggettavano ogni mossa del privato al volere arbitrario d'esecutori d'ogni genere. Ma chi, prima di commettere il delitto, aveva prese le sue misure per ricoverarsi a tempo in un convento, in un palazzo, dove i birri non avrebber mai osato metter piede; chi, senz'altre precauzioni, portava una livrea che impegnasse a difenderlo la vanità e l'interesse d'una famiglia potente, di tutto un ceto, era libero nelle sue operazioni, e poteva ridersi di tutto quel fracasso delle gride. Di quegli stessi ch'eran deputati a farle eseguire, alcuni appartenevano per nascita alla parte privilegiata, alcuni ne dipendevano per clientela; gli uni e gli altri, per educazione, per interesse, per consuetudine, per imitazione, ne avevano abbracciate le massime, e si sarebbero ben guardati dall'offenderle, per amor d'un pezzo di carta attaccato sulle cantonate. Gli uomini poi incaricati dell'esecuzione immediata, quando fossero stati intraprendenti come eroi, ubbidienti come monaci, e pronti a sacrificarsi come martiri, non avrebber però potuto venirne alla fine, inferiori com'eran di numero a quelli che si trattava di sottomettere, e con una gran probabilità d'essere abbandonati da chi, in astratto e, per così dire, in teoria, imponeva loro di operare. Ma, oltre di ciò, costoro eran generalmente de' più abbietti e ribaldi soggetti del loro tempo; l'incarico loro era tenuto a vile anche da quelli che potevano averne terrore, e il loro titolo un improperio. Era quindi ben naturale che costoro, in vece d'arrischiare, anzi di gettar la vita in un'impresa disperata, vendessero la loro inazione, o anche la loro connivenza ai potenti, e si riservassero a esercitare la loro esecrata autorità e la forza che pure avevano, in quelle occasioni dove non c'era pericolo; nell'opprimer cioè, e nel vessare gli uomini pacifici e senza difesa.
L'uomo che vuole offendere, o che teme, ogni momento, d'essere offeso, cerca naturalmente alleati e compagni. Quindi era, in que' tempi, portata al massimo punto la tendenza degl'individui a tenersi collegati in classi, a formarne delle nuove, e a procurare ognuno la maggior potenza di quella a cui apparteneva. Il clero vegliava a sostenere e ad estendere le sue immunità, la nobiltà i suoi privilegi, il militare le sue esenzioni. I mercanti, gli artigiani erano arrolati in maestranze e in confraternite, i giurisperiti formavano una lega, i medici stessi una corporazione. Ognuna di queste piccole oligarchie aveva una sua forza speciale e propria; in ognuna l'individuo trovava il vantaggio d'impiegar per sé, a proporzione della sua autorità e della sua destrezza, le forze riunite di molti. I più onesti si valevan di questo vantaggio a difesa soltanto; gli astuti e i facinorosi ne approfittavano, per condurre a termine ribalderie, alle quali i loro mezzi personali non sarebber bastati, e per assicurarsene l'impunità. Le forze però di queste varie leghe eran molto disuguali; e, nelle campagne principalmente, il nobile dovizioso e violento, con intorno uno stuolo di bravi, e una popolazione di contadini avvezzi, per tradizione famigliare, e interessati o forzati a riguardarsi quasi come sudditi e soldati del padrone, esercitava un potere, a cui difficilmente nessun'altra frazione di lega avrebbe ivi potuto resistere.
Il nostro Abbondio non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s'era dunque accorto, prima quasi di toccar gli anni della discrezione, d'essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro. Aveva quindi, assai di buon grado, ubbidito ai parenti, che lo vollero prete. Per dir la verità, non aveva gran fatto pensato agli obblighi e ai nobili fini del ministero al quale si dedicava: procacciarsi di che vivere con qualche agio, e mettersi in una classe riverita e forte, gli eran sembrate due ragioni più che sufficienti per una tale scelta. Ma una classe qualunque non protegge un individuo, non lo assicura, che fino a un certo segno: nessuna lo dispensa dal farsi un suo sistema particolare. Don Abbondio, assorbito continuamente ne' pensieri della propria quiete, non si curava di que' vantaggi, per ottenere i quali facesse bisogno d'adoperarsi molto, o d'arrischiarsi un poco. Il suo sistema consisteva principalmente nello scansar tutti i contrasti, e nel cedere, in quelli che non poteva scansare. Neutralità disarmata in tutte le guerre che scoppiavano intorno a lui, dalle contese, allora frequentissime, tra il clero e le podestà laiche, tra il militare e il civile, tra nobili e nobili, fino alle questioni tra due contadini, nate da una parola, e decise coi pugni, o con le coltellate. Se si trovava assolutamente costretto a prender parte tra due contendenti, stava col più forte, sempre però alla retroguardia, e procurando di far vedere all'altro ch'egli non gli era volontariamente nemico: pareva che gli dicesse: ma perché non avete saputo esser voi il più forte? ch'io mi sarei messo dalla vostra parte. Stando alla larga da' prepotenti, dissimulando le loro soverchierie passeggiere e capricciose, corrispondendo con sommissioni a quelle che venissero da un'intenzione più seria e più meditata, costringendo, a forza d'inchini e di rispetto gioviale, anche i più burberi e sdegnosi, a fargli un sorriso, quando gl'incontrava per la strada, il pover'uomo era riuscito a passare i sessant'anni, senza gran burrasche.
Non è però che non avesse anche lui il suo po' di fiele in corpo; e quel continuo esercitar la pazienza, quel dar così spesso ragione agli altri, que' tanti bocconi amari inghiottiti in silenzio, glielo avevano esacerbato a segno che, se non avesse, di tanto in tanto, potuto dargli un po' di sfogo, la sua salute n'avrebbe certamente sofferto. Ma siccome v'eran poi finalmente al mondo, e vicino a lui, persone ch'egli conosceva ben bene per incapaci di far male, così poteva con quelle sfogare qualche volta il mal umore lungamente represso, e cavarsi anche lui la voglia d'essere un po' fantastico, e di gridare a torto. Era poi un rigido censore degli uomini che non si regolavan come lui, quando però la censura potesse esercitarsi senza alcuno, anche lontano, pericolo. Il battuto era almeno almeno un imprudente; l'ammazzato era sempre stato un uomo torbido. A chi, messosi a sostener le sue ragioni contro un potente, rimaneva col capo rotto, don Abbondio sapeva trovar sempre qualche torto; cosa non difficile, perché la ragione e il torto non si dividon mai con un taglio così netto, che ogni parte abbia soltanto dell'una o dell'altro. Sopra tutto poi, declamava contro que' suoi confratelli che, a loro rischio, prendevan le parti d'un debole oppresso, contro un soverchiatore potente. Questo chiamava un comprarsi gl'impicci a contanti, un voler raddirizzar le gambe ai cani; diceva anche severamente, ch'era un mischiarsi nelle cose profane, a danno della dignità del sacro ministero. E contro questi predicava, sempre però a quattr'occhi, o in un piccolissimo crocchio, con tanto più di veemenza, quanto più essi eran conosciuti per alieni dal risentirsi, in cosa che li toccasse personalmente. Aveva poi una sua sentenza prediletta, con la quale sigillava sempre i discorsi su queste materie: che a un galantuomo, il qual badi a sé, e stia ne' suoi panni, non accadon mai brutti incontri.
Pensino ora i miei venticinque lettori che impressione dovesse fare sull'animo del poveretto, quello che s'è raccontato. Lo spavento di que' visacci e di quelle parolacce, la minaccia d'un signore noto per non minacciare invano, un sistema di quieto vivere, ch'era costato tant'anni di studio e di pazienza, sconcertato in un punto, e un passo dal quale non si poteva veder come uscirne: tutti questi pensieri ronzavano tumultuariamente nel capo basso di don Abbondio. «Se Renzo si potesse mandare in pace con un bel no, via; ma vorrà delle ragioni; e cosa ho da rispondergli, per amor del cielo? E, e, e, anche costui è una testa: un agnello se nessun lo tocca, ma se uno vuol contraddirgli... ih! E poi, e poi, perduto dietro a quella Lucia, innamorato come... Ragazzacci, che, per non saper che fare, s'innamorano, voglion maritarsi, e non pensano ad altro; non si fanno carico de' travagli in che mettono un povero galantuomo. Oh povero me! vedete se quelle due figuracce dovevan proprio piantarsi sulla mia strada, e prenderla con me! Che c'entro io? Son io che voglio maritarmi? Perché non son andati piùttosto a parlare... Oh vedete un poco: gran destino è il mio, che le cose a proposito mi vengan sempre in mente un momento dopo l'occasione. Se avessi pensato di suggerir loro che andassero a portar la loro imbasciata...» Ma, a questo punto, s'accorse che il pentirsi di non essere stato consigliere e cooperatore dell'iniquità era cosa troppo iniqua; e rivolse tutta la stizza de' suoi pensieri contro quell'altro che veniva così a togliergli la sua pace. Non conosceva don Rodrigo che di vista e di fama, né aveva mai avuto che far con lui, altro che di toccare il petto col mento, e la terra con la punta del suo cappello, quelle poche volte che l'aveva incontrato per la strada. Gli era occorso di difendere, in più d'un'occasione, la riputazione di quel signore, contro coloro che, a bassa voce, sospirando, e alzando gli occhi al cielo, maledicevano qualche suo fatto: aveva detto cento volte ch'era un rispettabile cavaliere. Ma, in quel momento gli diede in cuor suo tutti que' titoli che non aveva mai udito applicargli da altri, senza interrompere in fretta con un oibò. Giunto, tra il tumulto di questi pensieri, alla porta di casa sua, ch'era in fondo del paesello, mise in fretta nella toppa la chiave, che già teneva in mano; aprì, entrò, richiuse diligentemente; e, ansioso di trovarsi in una compagnia fidata, chiamò subito: - Perpetua! Perpetua! -, avviandosi pure verso il salotto, dove questa doveva esser certamente ad apparecchiar la tavola per la cena. Era Perpetua, come ognun se n'avvede, la serva di don Abbondio: serva affezionata e fedele, che sapeva ubbidire e comandare, secondo l'occasione, tollerare a tempo il brontolìo e le fantasticaggini del padrone, e fargli a tempo tollerar le proprie, che divenivan di giorno in giorno più frequenti, da che aveva passata l'età sinodale dei quaranta, rimanendo celibe, per aver rifiutati tutti i partiti che le si erano offerti, come diceva lei, o per non aver mai trovato un cane che la volesse, come dicevan le sue amiche.
- Vengo, - rispose , mettendo sul tavolino, al luogo solito, il fiaschetto del vino prediletto di don Abbondio, e si mosse lentamente; ma non aveva ancor toccata la soglia del salotto, ch'egli v'entrò, con un passo così legato, con uno sguardo così adombrato, con un viso così stravolto, che non ci sarebbero nemmen bisognati gli occhi esperti di Perpetua, per iscoprire a prima vista che gli era accaduto qualche cosa di straordinario davvero.
- Misericordia! cos'ha, signor padrone?
- Niente, niente, - rispose don Abbondio, lasciandosi andar tutto ansante sul suo seggiolone.
- Come, niente? La vuol dare ad intendere a me? così brutto com'è? Qualche gran caso è avvenuto.
- Oh, per amor del cielo! Quando dico niente, o è niente, o è cosa che non posso dire.
- Che non può dir neppure a me? Chi si prenderà cura della sua salute? Chi le darà un parere?...
- Ohimè! tacete, e non apparecchiate altro: datemi un bicchiere del mio vino.
- E lei mi vorrà sostenere che non ha niente! - disse Perpetua, empiendo il bicchiere, e tenendolo poi in mano, come se non volesse darlo che in premio della confidenza che si faceva tanto aspettare.
- Date qui, date qui, - disse don Abbondio, prendendole il bicchiere, con la mano non ben ferma, e votandolo poi in fretta, come se fosse una medicina.
- Vuol dunque ch'io sia costretta di domandar qua e là cosa sia accaduto al mio padrone? - disse Perpetua, ritta dinanzi a lui, con le mani arrovesciate sui fianchi, e le gomita appuntate davanti, guardandolo fisso, quasi volesse succhiargli dagli occhi il segreto.
- Per amor del cielo! non fate pettegolezzi, non fate schiamazzi: ne va... ne va la vita!
- La vita!
- La vita.
- Lei sa bene che, ogni volta che m'ha detto qualche cosa sinceramente, in confidenza, io non ho mai...
- Brava! come quando...
Perpetua s'avvide d'aver toccato un tasto falso; onde, cambiando subito il tono, - signor padrone, - disse, con voce commossa e da commovere, - io le sono sempre stata affezionata; e, se ora voglio sapere, è per premura, perché vorrei poterla soccorrere, darle un buon parere, sollevarle l'animo...
Il fatto sta che don Abbondio aveva forse tanta voglia di scaricarsi del suo doloroso segreto, quanta ne avesse Perpetua di conoscerlo; onde, dopo aver respinti sempre più debolmente i nuovi e più incalzanti assalti di lei, dopo averle fatto più d'una volta giurare che non fiaterebbe, finalmente, con molte sospensioni, con molti ohimè, le raccontò il miserabile caso. Quando si venne al nome terribile del mandante, bisognò che Perpetua proferisse un nuovo e più solenne giuramento; e don Abbondio, pronunziato quel nome, si rovesciò sulla spalliera della seggiola, con un gran sospiro, alzando le mani, in atto insieme di comando e di supplica, e dicendo: - per amor del cielo!
- Delle sue! - esclamò Perpetua. - Oh che birbone! oh che soverchiatore! oh che uomo senza timor di Dio!
- Volete tacere? o volete rovinarmi del tutto?
- Oh! siam qui soli che nessun ci sente. Ma come farà, povero signor padrone?
- Oh vedete, - disse don Abbondio, con voce stizzosa: - vedete che bei pareri mi sa dar costei! Viene a domandarmi come farò, come farò; quasi fosse lei nell'impiccio, e toccasse a me di levarnela.
- Ma! io l'avrei bene il mio povero parere da darle; ma poi...
- Ma poi, sentiamo.
- Il mio parere sarebbe che, siccome tutti dicono che il nostro arcivescovo è un sant'uomo, e un uomo di polso, e che non ha paura di nessuno, e, quando puç fare star a dovere un di questi prepotenti, per sostenere un curato, ci gongola; io direi, e dico che lei gli scrivesse una bella lettera, per informarlo come qualmente...
- Volete tacere? volete tacere? Son pareri codesti da dare a un pover'uomo? Quando mi fosse toccata una schioppettata nella schiena, Dio liberi! l'arcivescovo me la leverebbe?
- Eh! le schioppettate non si dànno via come confetti: e guai se questi cani dovessero mordere tutte le volte che abbaiano! E io ho sempre veduto che a chi sa mostrare i denti, e farsi stimare, gli si porta rispetto; e, appunto perché lei non vuol mai dir la sua ragione, siam ridotti a segno che tutti vengono, con licenza, a...
- Volete tacere?
- Io taccio subito; ma è però certo che, quando il mondo s'accorge che uno, sempre, in ogni incontro, è pronto a calar le...
- Volete tacere? E' tempo ora di dir codeste baggianate?
- Basta: ci penserà questa notte; ma intanto non cominci a farsi male da sé, a rovinarsi la salute; mangi un boccone.
- Ci penserò io, - rispose, brontolando, don Abbondio: - sicuro; io ci penserò, io ci ho da pensare - E s'alzò, continuando: - non voglio prender niente; niente: ho altra voglia: lo so anch'io che tocca a pensarci a me. Ma! la doveva accader per l'appunto a me.
- Mandi almen giù quest'altro gocciolo, - disse Perpetua, mescendo. - Lei sa che questo le rimette sempre lo stomaco.
- Eh! ci vuol altro, ci vuol altro, ci vuol altro. Così dicendo prese il lume, e, brontolando sempre: - una piccola bagattella! a un galantuomo par mio! e domani com'andrà? - e altre simili lamentazioni, s'avviò per salire in camera. Giunto su la soglia, si voltò indietro verso Perpetua, mise il dito sulla bocca, disse, con tono lento e solenne : - per amor del cielo! -, e disparve.


forum
3 marzo 2008 0:00
chi ha inventato questo contratto e chi ha ricevuto incarico di pubblicizzare qst servizi CI ZETA EMPIRE O INDEX sempre più puzza di sola ....
forum
1 marzo 2008 0:00
guardate un po' ci sono altre soc. tipo INDEX che offrono le stesse cose e stanno perdendo un sacco di cause:
da: francesco
Data: 25 Febbraio 2008

Caro Alfredo mi ricordi, tanto un certo Antonio, aveva il tuo stesso linguaggio forbito, ricco di cazzi e culi. Buon gustaio.

Leggo e riporto dal contratto index:
Da parte mia rimborserò unicamente la ricarica del microchip con 12000 servizi interdomini che potrò consumare nei quattro anni + due dall'attivazione al costo fissato e bloccato di 0,43 € cadauno, nella seguente modalità:
1) verso contestualmente € 480 iva inclusa come acconto
2)mi obbligo a versare solo dopo la spedizione il residuo pari a 4752,00 + iva in un unica soluzione, oppure nel caso di preventiva accettazione, tramite finanziamento per il quale vi fornirò la necessaria documentazione, per la dilazione mensile con FORMULA PUBBLICITARIA "SENZA ONERI FINANZIARI" IN 48 CANONI CONSECUTIVI DI € 99,00 + IVA;


EGR. AMICO... non esistono sconti di 1000 €, tutte le persone che si sono unite per fare causa alla Index hanno pagato tutti la somma sopra riportata.


I 2 € del rid non li fa pagare la mia banca, ma è una somma che si detrae ogni mese la Finanziari Carfin.
Proprio in questi giorni ricevo da loro:
Proposta unilaterale di modifica del contratto:

Gentile cliente Le comunichiamo che a partire dal 15 marzo 2008, ci vedremo costretti a variare le condizioni economiche relative al finanziamento da lei contratto con carfin italia nei termini di seguito indicati:
Spese di incasso mediante Rid attuali 2€ dal 15 marzo 2008, 2,50 €.

Distinti saluti.

la mia banca non fa pagare commisioni per il rid.
Il mio è conto tuo clic, 1€ di spese al mese, carta di credito, bancomat, e libretto degli assegni.

Per quanto riguarda le scommesse, e vero gli unici a poter pagare immediatamente sono sisal e snai. Gli altri, compresa indexbet, possono pagare le scommesse tramite bonifico bancario. Inoltre la Index fa obbligatoriamente aprire a chi vuole fare una scommessa un conto deposito per prelevare i soldi direttamente in uno degli index point.
quindi come conto scommesse è uguale a tutti gli altri, come conto deposito, al di la dei nostri possibili guadagni è carissimo e l'ho già dimostrato in passato.
per quanto rigurda il fatto che ora in abbinato alla cartabet c'è una mastercard e una novità odierna. E' pur vero che a dicembre avevo preso informazioni su bet shop e gia loro avevano la master card.

Inoltre quando dici:
" Tu puoi incassare la giocata e pagare la vincita esattamente come fa snai e sisal perchè la index ha inventato un bellissimo sistema che ti permette di essere anche una specie di filiale di una banca permettendoti di pagare contanti i vincitori immediatamente dopo la vincita".


Quando il cliente vince e vuole riscuotere la vincita, io devo passare la vincita dal suo conto gioco al suo conto contanti, poi devo fare l'operazione di prelievo, il sistema permette di prelevare 250 € alla volta al costo di 2,50 €, mettiamo il caso che il cliente ha vinto 5000 €, devo ripetere l'operazione 20 volte ed il cliente mi deve pagare la somma di 50 € per il disturbo, in tutto questo devo tenere in cassa 5000 € con il rischio che mi fanno una rapina, o forse la index mi fornisce anche una cassaforte?
inoltre se entra un rapinatore in banca, l'impiegato che si trova allo sportello si limita a dare il denaro, senza rimetterci niente di tasca. se ci fanno una rapina a noi, paga la index?


basta che scendi con il ditino del mouse è trovi il mio numero.

comunque domani vado a comprarmi il computer da troni, che fa il finanziamento ad interessi zero, vediamo se mi toglie qualche centinaio di euro se pago in contanti.

saluti
marco
28 febbraio 2008 0:00
guardatevi bene dal firmare contratti o presunti tali con questa soc. ci zeta empire vi ritroverete con una finanziaria da pagare e con dei servizi che si possono avere gratuitamente senza sborsare un euro contattando direttamente le società erogatrici. la ci zeta vi offre un pacchetto con il quale avete l'abilitazione a dei servizi che non hanno alcun costo per gli imprenditori e senza pagare nulla.... contattate le case fornitrici dei servizi gratuitamente riceverete l'attivazione del servizio nella vostra attività senza pagare chissacchi e chissa per cosa
x carlo
25 febbraio 2008 0:00
la ci zeta non sparira' mai forse e' meglio che sparisci tu vile tanto gia' hai pagato e pagherai ancora
xcarlo
24 febbraio 2008 0:00
se ancora sarà in vita la ci zeta empire e non sarà già sparita con la coda tra le gambe la magistratura deciderà si... che deciderà
xcarlo
21 febbraio 2008 0:00
lo sai non e' tanta gente che scrive ma come da indagini solo cinque persone e tra l'altro la maggior parte non hanno mai visto un contratto ci zeta empire comunque fortunatamente la magistratura giudichera'
xforum
21 febbraio 2008 0:00
parli di altre denominazioni forse stai sbagliando qualcosa informati
xcarlo
20 febbraio 2008 0:00
credo che il fatto che tanta gente scriva su CIZETA EMPIRE IN merito al modo in cui vengono stipulati i cosiddetti contratti parla chiaro sulla trasparenza con cui vengono fatti... anche se i servizi offerti possono o meno essere validi qst poi saranno le persone a testarlo e a comunicarlo al momento opportuno e nelle sedi opportune
forum
20 febbraio 2008 0:00
nelle sedi opportune si dicono le cose opportune qui si commenta quello che la gente vive giorno per giorno e i servizi fantasmi purtroppo li conoscete bene se ne parlate anche voi.

ma non sarebbe piu' facile trasparire e non doversi nascondere con altre denominazioni per continuare a soggiogare la gente... sarà una questione di scelte e qui si scegle di chi parlare e delle esperienze fatte qui c'è solo realtà
Francesco
20 febbraio 2008 0:00
Sono stato contattao e vorrei sapere di cosa si tratta e soprattutto vedere i servizi in funzione, una dimostrazione nn mi convince... Chi conosce punti vendita su Roma? Chi di voi vende gia' i servizi in questione? E' vero che c'e' una collaborazione con Totobit? Dei colleghi hanno la INDEX e nn si trovano cosi' male...
x forum
18 febbraio 2008 0:00
vedi forum la deficienza sta nel fatto che usi iltermine servizi fantasma e queto fa' capire3 che non sai di cosa stai parlando ma per questo ci sono le sedi opportune.
Quindi se devi parlare di aòltre aziende per afvore vai da un'a ltra parte e tu sai dove
forum
18 febbraio 2008 0:00
adesso siamo deficenti se chiediamo informazioni prima di acquistare o chiediamo annullamento di contratti sottoscritti con raggiri con presunti agenti della CI ZETA EMPIRE, grazie carlo pensavo il contrario scusa.

Ma non ne avete abbastanza di continuare a vendere servizi fantasmi facendo sottoscrivere la documentazione con raggiri spostandovi di zona in zona perchè dove andate bruciate tutto soprattutto quando prima fate sottoscrivere una cosa e poi dite che è un altra, ma prima o poi si che pagherete
carlo
15 febbraio 2008 0:00
x forum
scusa ma voi non avete neanche i servizi perche' allora invece di fare i deficienti perche' non venite a lavorare con noi siamo piu' seri e paghiamo.
x forum
15 febbraio 2008 0:00
x forum
in questo forum girano anche i pupazzi truffaldini come te' complimenti
forum
14 febbraio 2008 0:00
risposta...
con la ci zeta soc. con 40 anni di esperienza dice il sito si fanno contratti in modo truffaldino e fatti in rispettare in modo poco rispettabile soprattutto convincendo chi non rispetta a pagare 3 volte la somma del contratto etc. c'è chi ci cade e continua il tutto e chi si ribella e chiede recesso vagando in questo blob capirete cosa fare ma attenzione non fatevi ingannare con il raggiro...
domanda
13 febbraio 2008 0:00
non si capisce più nulla di questo topic...
l'articolo principale parla di una cosa, i commenti di un'altra.
Spiegate cos'è questa cz empire, e cosa fa che non va?
Commenti
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