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Sophia
16 ottobre 2009 11:54
@ IVAN

eh, devi portare un po' di pazienza ... ho cominciato con un articolo che la prende un po' larga ... ma un po' per volta, post dopo post, ci arriviamo ad una rassegna più o meno esaustiva di tutte le alternative tecnologiche disponibili e, per ciascuna, all'esame dei loro PRO e CONTRO.

Mi fa piacere comunque che intanto cominciate voi a segnalarne qualcuna.

Visto che sei tanto impaziente ti cito il GEOTERMICO e ti lascio un link

http://www.rinnovabili.it/geotermia-in-europa-un-potenziale- ancora-tutto-da-scoprire-401209

La scoperta dell’acqua calda

Geotermia, in Europa un potenziale ancora tutto da scoprire

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Nella corsa all’energia pulita inizia a svegliarsi l’attenzione dei Paesi dell’Est Europa per le potenzialità geotermiche. Mentre da Roma arriva la notizia della scoperta di acquifero termico che potrebbe ridisegnare il volto energetico capitolino

La recente criticità innescata dalla ‘questione gas’ tra Russia e Ucraina ha chiaramente evidenziato nel vecchio continente una situazione molto vulnerabile. La ricerca di alternative possibili che riducano la dipendenza dall’importazione è una questione molto sentita, soprattutto a livello dei paesi dell’Est Europa e secondo alcuni di esperti, una soluzione nel medio termine potrebbe essere rappresentata, per alcune di queste zone, dalla geotermia. Dopo l’Italia e l’Islanda, l’Ungheria è tra i paesi europei con il miglior potenziale geotermico, in quanto nell’area la crosta terrestre è significativamente più sottile che altrove. Un potenziale che ora potrebbe andare incontro ad una fase di investimenti. La società CEGE, di proprietà dell’Ungherese MOL e della Green Rock International of Australia, prevede di avviare una serie di progetti finalizzati all’esplorazione, produzione e vendita di energia geotermica, utilizzando i circa 8.000 pozzi abbandonati per estrarre acqua termale con una temperatura di almeno 110-120 °C. A disporre di un buon potenziale sarebbero anche la Polonia e la Bulgaria, quest’ultima – secondo l’Accademia Bulgara delle Scienze – con almeno 160 località con sorgenti geotermiche ancora inutilizzate, nonostante siano già presenti piccole iniziate a livello locale che hanno fatto la differenza.

E se da un lato i paesi dell’Europa dell’Est iniziano a guardare con interesse a conoscenze già assimilate, nuova è la scoperta per Roma di un acquifero sotterraneo (ampio in media 1 chilometro) che scorre ad una profondità tra i 30 e 60 metri parallelamente al Tevere e che potrebbe divenire una nuova fonte di energia per il riscaldamento delle case capitoline. La notizia arriva da Franco Barberi, vulcanologo e geologo, professore di Geochimica all’università Roma Tre e già responsabile dell’Agenzia Protezione Civile che spiega come questo ‘fiume segreto’, con acque a temperature tra i 18 e 21 °C, nonostante non si presti allo sfruttamento ai fini della produzione elettrica, assuma una rilevanza focale prendendo in considerazione l´utilizzo delle basse entalpie geotermiche. “Questa temperatura è ideale -spiega Barberi, – è perfetta per usi termici”. Il fluido grazie a pompe di calore, può cedere il suo contenuto termico, provvedendo sia al riscaldamento invernale che al raffrescamento estivo. “Insomma la risorsa è gigantesca”. Il prossimo passo secondo il professore sarà ora attendere partner industriali con cui sviluppare alcuni prototipi di impianto, valutarne funzionamento e rendimento e un domani prossimo, magari, ridisegnare il volto energetico della capitale.
ivan2
16 ottobre 2009 11:35
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Brutta cosa l'Aspettativa, da queste parti, Aghia Sophia.
Comunque un contributino MOLTO sommario posso provare ad offrirlo:

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1) * Quali le alternative tecnologiche disponibili per la produzione?

Una cosa per volta.
Cominciamo col nominare il FOTOVOLTAICO, la cui materia prima è già bell'e servita dal Padreterno.

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2) * Quali i pro e contro di ciascuna alternativa?

(Sempre limitandosi al Fotovoltaico:)
- PRO: Fonte primaria inesauribile, e bassissimo residuo inquinante (più che altro limitato alla produzione degli impianti).
- CONTRO: Al momento costa troppo, perché è poco diffuso. E perché è poco diffuso? Perché costa troppo. E grazie al cazzo. (Non c'è un modo più forbito per esprimere il concetto)

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3) * La responsabilità politica e la strumentazione economica.

(Forse "strumentalizzazione"?)
Boicottando lo sviluppo delle energie rinnovabili, coloro che detengono il monopolio delle energie "tradizionali" possono tenere alti i prezzi.

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4) * Liberalizzazione dei mercati energetici e impatto ambientale.

Lasciamo perdere tutti i vocaboli che iniziano per "Liber".

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5) * La posizione dell’Italia.

90 gradi. Non intesi come temperatura.
(Tradotto: "C'è la crisi energetica? Non tesorizzate le poche risorse che abbiamo evitando gli sprechi, bensì continuate col vostro abituale stile di vita e cercate altre fonti da saccheggiare." Alè. 1+1 e tutto risolto.)



.
sugar magnolia
16 ottobre 2009 11:23
Beh', io la mia solutions l'avrei.
Energia pulita ed inesauribile.
L'unico problema e' il trattamento delle scorie.

Inoltre ragioniamo sul fatto che ora come ora potremmo avere automobili che distillano acqua ad emissioni 0.

Infatti nel 1969 l'uomo ha compiuto un'enorme sforzo per andare sulla Luna, avevamo gia' le tecnologie per farlo.
E C'ERA LA VOLONTA' POLITCA PER FARLO.

Ma non c'era la volonta' per abbassare le rendite delle Compagnie Petrolifere, quindi andava bene continuare a produrre macchine a benzina.

Io ho preso da 3 mesi un GPL.

Se tutte le macchine fossero a GPL l'inquinamento sarebbe 0, i costi del gas sono il 40% della benzina.
Pero' le compagnie ci rimetterebbero e con loro un gigantesco giro di potere, cio' non conviene agli Americani, ai Russi e a molti altri.

Quindi per ora il petrolio sara' ancora per almeno 20 /30 anni la risorsa principale.

E SU QUESTO NON HO DUBBI
Sophia
16 ottobre 2009 10:33
vi copio la terza e ultima parte introduttiva per oggi.


Il problema delle risorse finite

Ci troviamo di fronte a un problema di esaurimento delle fonti e di impatto destabilizzante della combustione sul clima proprio ora che abbiamo costruito un intero modello di attività economica e di vita basato su di un consumo enorme di energia e in particolare sulla combustione. Non ho detto caratterizzato”, ho detto “basato”: nonostante le interessanti utopie che vengono ogni tanto avanzate, ci è difficile persino immaginare una vita senza un’abbondante offerta di energia, e oggi concretamente non disponiamo di alternative adeguate all’energia prodotta mediante la combustione di risorse fossili. Lo sviluppo economico in atto determina inesorabilmente un aumento della domanda globale di energia anche se compiamo sforzi per limitare la nostra.
Il problema è stato posto dapprima in termini di esaurimento delle risorse. All’inizio degli anni Settanta fu avanzata la previsione che il petrolio e altre risorse naturali necessarie all’economia si sarebbero esaurite nei primi decenni del nuovo millennio.
La previsione è stata smentita, soprattutto per il ritrovamento di nuovi giacimenti: per una trentina di anni le riserve di petrolio sono aumentate, essendo le scoperte superiori al consumo.
La quantità di risorse note e sfruttabili dipende dal livello dei prezzi. Risorse costose da sfruttare come i giacimenti di petrolio a grandi profondità o gli scisti bituminosi da cui si può estrarre petrolio sono conteggiate se il prezzo di riferimento è superiore ad un certo livello, poniamo 50 dollari al barile, altrimenti è come se non esistessero.
La stessa velocità dei ritrovamenti è correlata al prezzo. Per una ventina d’anni il prezzo del petrolio è rimasto al disotto dei 30 $/bbl con punte minime attorno agli 11 $/bbl. L’attività di ricerca e prospezione è rallentata, progetti in corso sono stati abbandonati e ciò ha concorso a determinare la scarsità di offerta a fronte del recente impennarsi della domanda trainato dallo sviluppo impetuoso dei paesi dell’Asia meridionale e orientale. Il prezzo del petrolio sostituisce il prezzo dei maiali che sta nei vecchi manuali di teoria del ciclo economico, con il rimando delle quantità ai prezzi e viceversa secondo un disegno di ragnatela. Coerentemente con il modello, è oggi in corso uno sforzo ingente di investimenti che dovrebbe trasformare l’eccesso di domanda in eccesso di offerta e risospingere per un po’ i prezzi verso il basso. Ma gli esperti ci dicono che il ciclo non converge ad un livello basso di prezzi, appunto per il maggior costo delle nuove risorse e per l’accresciuta capacità dei mercati, specie finanziari, di vedere lontano e attualizzare l’inevitabile squilibrio tra uno sviluppo illimitato e risorse comunque limitate.
Per sé il problema della limitatezza delle risorse energetiche sarebbe sopportabile. Combustibili fossili per lo sviluppo sono disponibili ancora per molti decenni e aumenti dei prezzi dell’ordine di due, tre e anche quattro volte sono già stati assorbiti dal sistema economico e potrebbero ripetersi senza effetti catastrofici. Oltre i cinquant’anni è difficile prevedere ma è ragionevole sperare che il progresso tecnico fornisca qualche soluzione praticabile.
Un aumento dei prezzi sopportabile dall’economia del pianeta nel suo complesso non sarebbe privo di effetti tragici sulle zone deboli, come già si è visto in presenza delle crisi che abbiamo vissuto senza troppi disagi nei paesi ricchi. Ma qui la questione sarebbe solo di volontà politica, secondo un’espressione che in questo caso, a differenza di altri, è appropriata. Una protezione delle economie più povere del pianeta contro il rincaro del costo dell’energia non dovrebbe imporre un costo di entità molto superiore a quel centinaio di miliardi di dollari l’anno che corrisponde oggi al costo della guerra in Irak.

L'articolo continua afftontando le seguenti questioni:

* Il problema del cambiamento di clima
* Concentrazione, emissioni, azioni possibili
* L’approccio di Kyoto
* L’approccio basato sulla tecnologia
* Responsabilità politica e strumentazione economica
* Liberalizzazione dei mercati energetici e impatto ambientale
* La posizione dell’Italia
* Tabelle e Grafici (che però non saprei come postarvi)
Sophia
16 ottobre 2009 10:13
Sì, continua. Quello era solo il cappello introduttivo.

Come dicevo, oggi non ho il tempo per mettere insieme io qualche dato ch eci possa aiutare per fare due ragionamenti nostri. Spero non vi dispiaccia troppo se in attesa vi lascio questo articolo per parti. Va inteso come spunto per discussioni ed eventuali critiche.

Se però vi annoia basta che me lo dite e lascio perdere.

seconda parte:

Energia e ambiente, problema a due livelli

La risposta è mista perché il problema ambientale ha una dimensione locale ed una globale. Le difficoltà sono molto diverse, maggiori al livello globale.
Non che il rapporto tra energia e ambiente a livello locale sia facile da risolvere: è solo relativamente facile da definire, non pone grandi difficoltà concettuali ma solo grandi difficoltà pratiche. Rientrano qui gli spinosi problemi del trasporto locale, ove i due effetti esterni negativi della congestione e dell’inquinamento atmosferico si sommano, imponendo radicali cambiamenti della dotazione di infrastrutture, della fornitura di servizi, della determinazione dei prezzi relativi, dell’organizzazione delle imprese, delle abitudini personali.
Vorrei dedicare invece il breve tempo di questa conversazione all’esame dei problemi che si pongono a livello globale. Quindi, ad esempio, non l’emissione di anidride solforosa o di polveri sottili, bensì quella di anidride carbonica che è del tutto innocua localmente ma che contribuisce all’effetto serra nel complesso dell’atmosfera. Non l’esaurimento delle risorse idriche, che è serio in alcune aree del nostro paese e drammatico in diverse regioni del mondo ma che deve essere risolto a livello di bacino idrico o di regione, bensì il possibile esaurimento delle fonti di energia su cui tutto il mondo fa affidamento e che costituiscono un unico mercato mondiale. Si tratta di problemi che o si risolvono, e la soluzione va a beneficio di tutti, o la crisi colpisce tutti. In gergo economico, passiamo da un problema di esternalità a un problema di bene pubblico.
Mentre l’impatto dell’industrializzazione sull’ambiente locale è stato evidente già per due secoli, il tema del rapporto tra energia e ambiente a livello globale è relativamente recente, essendo stato imposto all’attenzione generale solo all’inizio degli anni Settanta, dapprima adopera di alcuni studi (in questa città dobbiamo ricordare il Rapporto del Club di Roma: Meadows et al., 1972) e appena dopo ad opera della crisi petrolifera acutizzata e resa evidente, anche se non creata, dal conflitto arabo-israeliano del 1973. In questi 35 anni il problema è emerso con crescente chiarezza ed è stato meglio conosciuto sia pure attraverso controversie e polemiche; le misure per affrontarlo sono state lungamente discusse e almeno in piccola parte adottate, con risultati ancora modesti ma con il merito di aver posto in essere un esercizio di coordinamento internazionale senza precedenti.
Siamo oggi giunti al punto in cui le scelte davanti a noi sono molto più chiare che mai nel passato. Esse presentano un grado di difficoltà straordinario, cosicché molti autorevoli studiosi ritengono che siamo davanti ad un bivio storico.

continua .....
Lucio Musto
16 ottobre 2009 10:07
Mi sa che il Professore, oltre allo sfoggiare il linguaggio accademico e cattedratico da conferenza universitaria, non abbia detto assolutamente nulla che non sia evidente a qualunque portiere che porta fuori i bidoni della spazzatura.
L'unica informazione che ha fornito, invece, benché sia ovvia non ha nemmeno tentato di motivarla (perché ovvia, o per non degnarsi?...) lo farò io al suo posto.

"Vi è un problema distributivo: se l’esternalità deriva dal consumo di un bene di prima necessità, un aumento del costo incide proporzionalmente di più sui poveri che sui ricchi."

Significa solo che certe cose (per es lo sciacquone del gabinetto) lo usano nella stessa misura sia i ricchi che i poveri.
Il costo di quell'acqua (uguale per tutti) pesa più sulla paga dell'operaio che guadagna poco che su quella del suo dirigente.

Ma vedo che la conferenza continua; dopo ci sarà la concretezza, immagino.

Grazie Sophia

Lucio Musto
Sophia
16 ottobre 2009 9:40
Visto che per mettere insieme e fornirvi un po' di dati aggiornati ho bisogno di un po' tempo che in questo momento non ho ....

comincerei, se non avete niente in contrario, con introdurre l'argomento lasciando parlare direttamente il Presidente di un Istituto Universitario Europeo sull'Energia che insegna all'Università Cattolica di Milano*

* sconsiglio agli eventuali studenti furbi in ascolto di copiare e incollare perchè tanto i docenti fanno spesso controlli e scoprono chi spaccia per farina del proprio sacco ciò che è invece farina di sacco altrui

Energia e Ambiente

Nella manualistica economica la salvaguardia dell’ambiente sorge da un problema che ha una collocazione precisa e collaudata: si tratta del caso più chiaro e citato di esternalità. L’attività di produzione e consumo genera spesso effetti negativi sull’ambiente, siano essi di esaurimento di risorse scarse come in molte regioni l’acqua, o di inquinamento dell’ambiente per la produzione di rifiuti o l’inquinamento delle acque o dell’aria. In tutti questi casi l’attività di produzione e di consumo danneggia soggetti che non sono altrimenti coinvolti in essa, e quindi non sono in grado di ottenere compensazione non essendovi, e non essendo facile stipulare, un contratto entro cui collocarla.
Una volta che la compensazione venga imposta le conseguenze non sono solo monetarie. Colui che genera un effetto negativo esterno includerà la compensazione nei suoi costi e forse troverà il modo di non pagarla o di attenuarla riducendo la produzione (o il consumo) o cambiando tecnica. Su questa base si giustificano, ad esempio, le tasse ambientali.
Le difficoltà ad applicare misure che facciano gravare i costi esterni su chi li provoca sono anch’esse abbastanza note, studiate e discusse nella manualistica. Vi è un problema distributivo: se l’esternalità deriva dal consumo di un bene di prima necessità, un aumento del costo incide proporzionalmente di più sui poveri che sui ricchi. Vi è un problema della competitività: caricando sul costo di produzione il costo esterno si rischia di mettere l’impresa fuori mercato, specie se i suoi concorrenti non soffrono dello stesso aggravio vuoi perché non generano l’effetto esterno essendo più favorevolmente localizzati, vuoi perché protetti da una politica meno sensibile all’ambiente. Vi è infine un serio problema di incertezza circa la valutazione dell’effetto esterno e le elasticità delle funzioni economiche implicate, cosicché la politica di correzione deve andare per tentativi rischiando sempre di essere troppo onerosa o non efficace.
Oggi vorrei brevemente affrontare il quesito se l’energia ci ponga problemi specifici e diversi da quelli che riscontriamo in generale nell’esaminare l’impatto ambientale dell’attività di produzione e consumo.

continua ...
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