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Hadabipahubati
6 luglio 2009 0:00
Krishna Mahaprabhu Chaitanya (1486-1533), cui si è fatto cenno nell'introduzione generale all'induismo, promuove agli inizi del XVI secolo un importante movimento devozionale in Bengala incentrato sulla devozione a Krishna, il quale diverrà poi noto come gaudiya-vaisnava-sampradaya. I fedeli di Chaitanya si stabiliscono dapprima a Vrindavana (Uttar Pradesh) e poi in Bengala, e la loro tradizione continua pressoché ininterrotta fino ai giorni nostri.

Tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, nel quadro di una generale riscoperta delle tradizioni devozionali induiste, il culto di Krishna (e di Chaitanya, considerato egli stesso un avatar), è rivitalizzato da Thakura Bhaktivinoda (1838-1914) e da suo figlio Bhaktisiddhanta Sarasvati (1874-1937), fondatore quest'ultimo della Gaudiya Math. Con Bhaktisiddhanta Sarasvati entra in contatto nel 1920 Abhay Charan De (1896-1977) - in seguito iniziato al samnyasa (ordine di rinuncia) con il nome di Bhaktivedanta Svami, e generalmente più conosciuto con il titolo di Srila Prabhupada ("colui ai cui piedi siedono i maestri") -, un giovane dirigente industriale di Calcutta che ha ricevuto un'educazione occidentale, ma il cui padre è un devoto di Krishna. Nel 1932 un secondo incontro convince Abhay Charan De a entrare nel Gaudiya Math. Nel 1936, poco prima di morire, Bhaktisiddhanta Sarasvati raccomanda al discepolo di dedicarsi alla predicazione in Occidente.

Fra il 1944 e il 1960 Abhay Charan De cerca di diffondere in India una "Lega dei Devoti", con un successo limitato. Negli anni 1950, a seguito della chiusura degli affari e della fine del suo matrimonio, si dedica a tempo pieno al culto di Krishna come monaco nella cittadina di Vrindavana. Finalmente nel 1965 - a quasi settant'anni, e con poco denaro - Bhaktivedanta si trasferisce a New York, per diffondere negli Stati Uniti la devozione a Krishna. Nel settembre del 1965, solo e senza conoscenze, cerca dapprima di attirare l'attenzione cantando da solo, in luoghi frequentati di giovani, il nome di Krishna. Sono gli anni della controcultura e della contestazione, e un certo numero di giovani è incuriosito e affascinato dall'anziano maestro indiano. Con un piccolo gruppo di seguaci, nel 1966 fonda a New York la International Society for Krishna Consciousness ("Società Internazionale per la Coscienza di Krishna", ISKCON), popolarmente conosciuta come movimento Hare Krishna.
Hadabipahubati
5 luglio 2009 0:00
Scacco Matto
Vittoria dell’ISKCON
in Russia-----------------
A Mosca i devoti Hare Krishna sono impegnati nella costruzione di uno
straordinario tempio vedico e di un centro culturale.
Uno sguardo indietro per vedere come sono arrivati a questo punto.
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Calava la sera dell'undici luglio del 1972. Appassionati del gioco degli scacchi riempivano un'area sportiva a Reykjavik in Islanda, mentre milioni di persone guardavano la televisione o ascoltavano la radio. In quella che fu chiamata «la partita del secolo», Bobby Fischer sfidava Boris Spassky, il campione mondiale russo di scacchi, per il titolo, ben sapendo che uscirne vittorioso avrebbe avuto ripercussioni sul mondo della Guerra Fredda. Solo un anno prima, Srila Prabhupada aveva elaborato uno stratagemma per portare Dio nell'atea Russia Sovietica. Se consideriamo la ricerca di Prabhupada come una partita di scacchi, sarebbe sembrato che avesse pochi pezzi sulla scacchiera, mentre i sovietici avevano i pezzi più importanti e bloccavano posizioni chiave. Ma anche un solo pedone o un cavaliere sostenuti dai più potenti re e regina possono a volte dare scacco matto a castelli fortificati e a brillanti strateghi. Perciò, la storia della vittoria di Prabhupada mette in ombra quella del Campionato mondiale di Scacchi del 1972.
Vincent Brhaman
5 luglio 2009 0:00
Hare Krishna........
Wavtava Harare Gudima
5 luglio 2009 0:00
Siva, Sukadeva Gosvami, Devarsi Narada, e tutti i jnani e i grandi muni, capeggiati da Brahma, ti girano attorno. O madre! O Maharani, così Candrasekhara canta le tue glorie. Per favore concedimi il dono della pura devozione.
Xluaia Der Stadt
3 luglio 2009 0:00
IL PESSIMISMO E LA TRADIZIONE FILOSOFICA OCCIDENTALE

Nel linguaggio popolare il termine pessimista è riferito a persone che vedono abitualmente la vita sotto un aspetto fortemente malinconico, che considerano le esperienze dolorose quasi desiderabili — per lo meno nel senso che non saprebbero come vivere diversamente. Per loro il dolore è familiare. Inoltre questo tipo di persone, in genere, apprezza poco gli aspetti piacevoli o positivi della vita. In alternativa, i pessimisti a volte desiderano davvero la felicità nel normale significato positivo della parola, ma sono molto dubbiosi sulla possibilità d’ottenerla. Questi sono due classici tipi di pessimismo. Come sistema filosofico, il pessimismo fa riferimento alla presenza del male nel mondo, alla sofferenza interiore che deriva dai limiti materiali. Le persone amate se ne vanno o muoiono, le situazioni a cui ci attacchiamo cambiano improvvisamente, ansietà di fondo si fanno strada nella nostra vita, specialmente il buco nero del fatto di essere mortali — tutto questo provoca sofferenza sia a livello grossolano che sottile.

In Occidente il filosofo Leibniz ha insegnato che il dolore è parte integrante di un’esistenza limitata e temporanea. Per esempio, egli diceva, non vogliamo vedere la fine del piacere, dell’amore e della vita e tuttavia esse devono finire. Il principio da cui nascono dolore e male — la temporaneità di tutte le cose materiali — è così visto come una parte essenziale della natura. Questa idea è chiara anche nel pensiero buddista, dove le Quattro Nobili Verità classificano le sofferenze in molti modi insieme ad un coerente sistema per la loro cessazione. Questo è insegnato anche nella Bhagavad-gæta, su cui si basa la coscienza di Krishna. Arthur Schopenhauer è considerato uno dei padri del pessimismo, come scuola di pensiero filosofico. Le sue parole, per lo meno per quanto concerne la sofferenza, echeggiano le verità che si trovano nella letteratura vedica.

In definitiva, Schopenhauer ci dice: “Tutta la vita è sofferenza.” Egli spiega questo facendo notare che tutti gli esseri viventi hanno desideri, volontà e necessità. “La vita è desiderio,” afferma, “e poiché questi desideri sono per la maggior parte insoddisfatti, la vita si svolge prevalentemente in uno stato di sforzo insoddisfatto e di privazione.” La sua analisi mi ricorda qualcosa che ho detto al mio dentista: tutti gli sforzi per la felicità materiale ricadono in tre grandi categorie e il risultato di tutti questi è la sofferenza: (1) Cercare la felicità e non ottenerla. Si soffre per ovvie ragioni. (2) Cercare la felicità ed ottenerla, ma essa non è all’altezza delle nostre aspettative. Ecco di nuovo la sofferenza. (3) Cercare la felicità ed ottenerla ed essa è davvero all’altezza delle nostre aspettative, ma dopo un po’ di tempo la perdiamo. Esiste qualche forma di felicità materiale che non rientri in una di queste tre categorie? “E perfino quella che noi chiamiamo felicità,” afferma Schopenhauer, “in verità è solo una temporanea cessazione di qualche particolare sofferenza.”

Tutto ciò che dà piacere ovverosia quello che comunemente viene chiamata felicità, è in realtà essenzialmente sempre e soltanto negativo e mai positivo. Non è un piacere che ci perviene originariamente e spontaneamente, ma deve essere sempre la soddisfazione di un desiderio. Infatti il desiderio o come si dice il senso di mancanza è la condizione che precede ogni piacere; ma con la soddisfazione, il desiderio e quindi il piacere cessano; e perciò la soddisfazione o la gratificazione non può mai essere niente di più che una liberazione da una sofferenza, da un desiderio. La tradizione vedica sviluppa questa stessa idea. Srila Prabhupada si riferisce spesso alla felicità del mondo materiale come semplice “cessazione della sofferenza”. Egli usava l’analogia dello sgabello che veniva immerso nell’acqua. Per punire i malfattori, i carcerieri usavano legare i criminali ad un tipo di sgabello che veniva immerso su e giù nell’acqua, facendoli andare sott’acqua e poi ogni tanto sollevandoli. Boccheggiando per la mancanza d’aria, il criminale carcerato godeva del semplice atto di respirare come del più grande dei piaceri. Similmente Prabhupada ha insegnato che poiché il mondo materiale è così privo di ogni vero piacere — di ogni piacere sostanziale — , le stimolanti sensazioni del corpo e della mente sembrano molto attraenti, come pochi preziosi respiri ad una persona che affoga.

Zuhng Xen Nam Kee
3 luglio 2009 0:00
LE QUALITÀ DI VYASA
Dalla letteratura vedica apprendiamo le qualità straordinarie di Vyasadeva. Egli è identificato nel Mahabharata e nei Purana come Bhagavan, ossia la Persona Suprema, e talvolta Egli è definito un'incarnazione di Narayana.
Nella Bhagavad-gita, Krishna afferma d'essere Vyasa tra i saggi (10.37) e Arjuna cita Vyasa come un'autorità a proposito dell'identità di Krishna. (10.13).
Srila Prabhupada risolve la possibile confusione riguardo all'identità di Vyasa:
Vyasa è Dio solo nel senso che è uno saktyavesa-avatara, un jiva eternamente liberato (un'anima come noi, non il Signore Supremo), in modo particolare investito di potere grazie a un'opulenza degna di Dio.
Sia nel Mahabharata sia nei Purana Vyasa è definito:

1) unrishi, un veggente,
2) un ritvij, ossia un sacerdote,
3) un tapa-svin, o un asceta,
4) uno yogi, ossia un mistico
5) un guru.


I Purana e il Mahabharata riferiscono esempi sull'abilità di Vyasa nel prevedere il futuro.
Lo Srimad Bhagavatam (1.4.16-33) asserisce che egli previde il Kali-yuga incombente con la relativa conseguente degradazione.
Nella letteratura dell'Itihasa Purana egli viene citato ripetutamente come ritvij, ossia un "sacerdote".
Nel Mahabharata egli celebrò per i Pandava importanti rituali vedici, e fu sacerdote in carica durante i sacrifici Rajasuya e Asvamedha.
Nel Mahabharata Vyasa è citato come modello di ascetismo.
Egli esibì molti poteri mistici - inclusa la sua conoscenza sovrannaturale di passato, presente e futuro - il che si dice fosse il risultato delle sue penitenze e austerità.
Egli è in grado di apparire e scomparire secondo la sua volontà e di elargire favori e anche di annullare maledizioni.



IL GURU ORIGINALE

Come preminente maestro di conoscenza vedica, Vyasadeva è considerato il guru originale.
Secondo il Mahabharata egli era noto come guru per coloro che condividevano con lui la conoscenza vedica - Paila, Jaimini, Vaisampayana, Sumantu, Romaharsana Suta, Sukadeva e altri, si riferivano tutti a lui come "il guru".
Vyasa aveva una relazione informale di guru con i cinque principi Pandava che lo consideravano il loro "benevolo consigliere" (mantri priyahitah). In tutti i corollari vedici, Vyasa agisce come perfetto guru dando istruzioni a grandi personalità che appaiono in quei testi.
Fu lui a instillare nel cuore di Sukadeva Gosvami il messaggio del Bhagavatam.
Srila Prabhupada si riferisce a Vyasadeva definendolo "il precettore spirituale di tutto il genere umano".
In onore di Vyasa i vaisnava celebrano una festa annuale nel giorno dell'anniversario della nascita del loro maestro spirituale, giorno noto come Vyasa-puja.
Il guru autentico è il rappresentante di Vyasa, il guru perfetto.
Vyasa è inoltre considerato per tradizione uno dei sette ciran-jiva, o persone immortali (gli altri sono Asvatthama, Bali, Hanuman, Vibhisana, Kripa e Parasurama).
È detto che ancora oggi Egli può essere trovato in una caverna dell'Himalaya, da ricercatori d'eccelso merito.



Satyaraja Dasa è un discepolo di Srìla Prabhupada e anche un regolare collaboratore di Back to Godhead (Ritorno a Krishna). Ha scritto numerosi libri sulla coscienza di Krishna. Vive a New York con sua moglie.
WASI
2 luglio 2009 0:00
he krishna karuna-sindho dina-bandho jagat-pate
gopesa gopika-kanta radha-kanta namo 'stu te
Hadabipahubati
1 luglio 2009 0:00
Portare Goloka a Vaikuntha
In uno dei più famosi luoghi di pellegrinaggio dell’India,
un nuovo tempio Hare Krishna fa risaltare la speciale devozione
della successione disciplica che discende dal Signore Caitanya.
ghas
1 luglio 2009 0:00
"Bhagavad gita" significa "Il canto del beato". Si tratta di un antico poema indiano, che narra del dialogo tra il principe-guerriero Arjuna e il Dio Krishna sul campo di battaglia di Kuruksetra. L'antefatto, narrato nel Mahabaratha, è quello di una faida famigliare che porta Arjuna e i suoi fratelli ad essere defraudati del proprio regno. Al momento della guerra, Arjuna sceglie di allearsi a Krishna, che gli si offre come auriga. Ma di fronte alla propria famiglia schierata per la battaglia, Arjuna è assalito dal dubbio... Il dialogo tra il principe e il Dio è la summa della più antica tradizione filosofica indiana. In esso sono illustrati i diversi cammini, le regole dell'agire spirituale, il fervore del mistico, la disciplina dell'asceta - perché in tutti è il seme della verità, come infinti sono i volti di Dio.
Jug
1 luglio 2009 0:00
Seminari e Concerti di
Krishna Dās

http://www.krishnadas.it/europa.htm
Parhnama Pari Zualigh
29 giugno 2009 0:00
Hare Krishna
Zuhng Xen Nam Kee
29 giugno 2009 0:00
Aprendo il loto.
Nella Guyana, in Sud America, si stanno aprendo templi Hare Krishna
e altri progetti per mostrare la straordinaria bellezza e il fascino di Krishna.
Nel luglio del 2005, i devoti della Guyana, in Sud America, hanno celebrato per la prima volta in diciotto anni il festival del Ratha-yatra del Signore Jagannatha. I devoti della Guyana che vivono nella nostra comunità di New Raman Reti Dhama ad Alachua in Florida hanno incoraggiato tutti a visitare la Guyana in occasione del festival. L'Ashirvad Mandir di Sri Sri Gaura-Nitai dell'ISKCON in Guyana domina i verdi campi lussureggianti della regione Demerara sulla costa occidentale. Mia moglie, Yauvanananda Dasi, ed io aderimmo subito. Da molto tempo mia moglie voleva tornare a visitare la Guyana, la terra dove era nata. Io avevo sentito molto spesso parlare della straordinaria ospitalità dei Vaisnava della Guyana e la mia amicizia con devoti provenienti dalla Guyana, che ora vivono in Florida, mi spinse a desiderare d'incontrare altre di queste anime così gentili e sante.

Per preparare il nostro viaggio, mi documentai su quel paese: la Guyana è situata sulle coste caraibiche del Sud America, compresa tra il Venezuela ad ovest, il Suriname ad est e l'immenso Brasile a sud. Ha all'incirca la stessa estensione del Regno Unito con una popolazione di meno di 700.000 abitanti. Più del novanta per cento della popolazione vive lungo le coste, poiché la parte interna del paese è costituita per lo più da una fitta giungla tropicale. È l'unico paese del Sud America in cui si parla l'inglese. Da quando si è resa indipendente dalla Gran Bretagna nel 1966, la Guyana ha attraversato periodi di difficoltà economiche e di radicali cambiamenti sociali.

Durante gli anni '80 in particolare, molte migliaia di persone emigrarono in cerca di una vita migliore in qualche altro posto. Ora più di 300.000 di loro vivono negli Stati Uniti. Potremmo chiederci, perché andare in un luogo da cui così tante persone se ne sono andate? Da un punto di vista puramente materiale, non sembrerebbe desiderabile. Un Vaisnava, però, segue criteri diversi per fare dei piani di viaggio. Se ci vado, farò cosa gradita a Dio, la Persona Suprema? Ci sarà qualche servizio che potrò fare per il Signore e i Suoi devoti? Potrò avere l'associazione con persone sante, stabili nel percorso del servizio di devozione? Potrò essere di qualche aiuto ai devoti che stanno diffondendo lì la coscienza di Krishna? Tutto faceva prevedere che questi scopi sarebbero stati soddisfatti se fossimo andati al festival del Ratha-yatra del Signore Jagannatha a Williamsburg, nella Guyana.

Inoltre Krishna, il Signore Supremo, nella Sua incantevole forma di Signore Jagannatha, avrebbe percorso le strade, con i Suoi fedeli devoti intorno al Suo carro in una grande parata con canti e danze. Per di più la nostra visita si sarebbe svolta con una certa comodità. Avremmo visitato alcuni templi già aperti nella Guyana dall'Associazione Internazionale per la coscienza di Krishna. All'inizio dei primi anni '70, i devoti Hare Krishna avevano compiuto il duro lavoro di diffondere la coscienza di Krishna nelle circostanze più difficili. Sua Santità Hridayananda Goswami e Mahavira Dasa furono i primi discepoli di Srila Prabhupada a visitare la Guyana. In seguito, Bhutadi Dasa, uno dei primi discepoli di Srila Prabhupada in Guyana, fu il pioniere di una sistematica distribuzione dei libri e di altri programmi per portare la coscienza di Krishna in questa terra.

Nel 1981, Sua Santità Satsvarupa Dasa Goswami dette le prime iniziazioni ai suoi discepoli. Negli anni '80 con l'arrivo di Agrani Dasa dagli Stati Uniti, la presentazione della coscienza di Krishna al pubblico assunse una nuova dimensione. Nelle città e nelle cittadine di lutto il paese si tenevano programmi nelle tende, interviste con personalità note, rappresentazioni teatrali e proiezioni di diapositive che illustravano vari aspetti della filosofia Vaisnava; si provvedeva anche a distribuire cibo vegetariano santificato offerto a Krishna. In seguito Candravali Devi Dasi, una signora della Guyana che si era unita all'ISKCON dopo aver frequentato uno dei programmi nelle tende, con le sue qualità spirituali, ispirò molte persone ad aderire alla coscienza di Krishna.
Parhnama Pari Zualigh
29 giugno 2009 0:00
L'ALBERO DEL SIGNORE NITYANANDA
Nel cuore di Panihati c'è un ghat, una serie di grandi gradini che scendono verso il fiume. Oggi alcune persone sono venute ad offrire i loro rispetti al santo Gange, mentre altre si trovano qui per lavare la loro biancheria, fare un bagno o semplicemente per sedersi con gli amici e chiacchierare. Poco vicino c'è un piccolo porto dove può essere preso un battello. Vedendolo, ho ricordato che Srila Prabhupada desiderava incrementare un servizio veloce di battelli da Calcutta a Mayapur, con una fermata a Panihati. Vicino al ghat c'è un grande albero baniano collegato con i divertimenti del signore Nityanananda Prabhu. Si dice che abbia più di settecento anni. Una volta, Raghunatha Dasa Gosvami, uno dei principali seguaci di Sri Caitanya Mahaprabhu, venne a Panihati per incontrare il Signore Nityananda Prabhu. Quando Raghunatha Dasa arrivò, vide Nityanananda Prabhu seduto sotto questo grande albero in compagnia dei Suoi devoti, come il sole effulgente circondato da molti pianeti nell'orbita.

Il racconto di quello che accadde quel giorno costituisce una delle più famose storie del Vaisnavismo Gaudiya. Unico figlio di un ricco possidente terriero, Raghunatha Dasa desiderava lasciare la sua ricca casa e diventare un sannyasi, un uomo nell'ordine di rinuncia. Egli era completamente dedicato ai piedi di loto di Sri Caitanya Mahaprabhu, e ne la grande ricchezza e influenza della sua famiglia ne una bella e giovane moglie potevano fermarlo dal cercare di lasciare la sua casa. Suo padre aveva persino assoldato delle guardie del corpo per impedire a suo figlio di fuggire via nel mezzo della notte. Dopo aver ricevuto da Caitanya Mahaprabhu l'istruzione di rimanere il più possibile un responsabile uomo di famiglia, Raghunatha Dasa era insoddisfatto. Conoscendo bene che il modo migliore per ricevere il favore del Signore Caitanya era quello di andare da Lui attraverso Nityananda, Raghunatha comprese che doveva umilmente sottomettersi a Nityananda Prabhu.

Fu proprio in questo posto che Nityananda Prabhu concesse la Sua misericordia a Raghunatha Dasa. Posando i Suoi divini piedi sulla testa di Raghunatha Dasa, il Signore gli dette l'istruzione di organizzare un pic-nic di cira-dahi (yogurt e riso schiacciato) per tutti i devoti. Raghunatha Dasa immediatamente procurò gli ingredienti necessari: yogurt, riso schiacciato, dolci, banane e zucchero. Presto la festa fu pronta. Quando i devoti sentirono del festival, vennero da ogni dove, ed in breve tempo furono così numerosi che nessuno era in grado di contarli. Si formò un affollamento così vasto che molti dovettero mangiare stando nelle acque del Gange. Mentre gustavano il cira-dahi, Nityananda Prabhu chiedeva ad ognuno di cantare "Hari, Hari," e tutti sentirono una grande estasi.

Situata direttamente sul Gange, soltanto quindici chilometri a nord di Calcutta, Panihati storicamente è stata conosciuta come un centro del commercio del riso. Inoltre, il nome Panihati denota che è anche un luogo di commercio sull'acqua. Mentre il festival si svolgeva nel pieno dell'estate, proprio quando i monsoni stavano per cominciare, le preparazioni cira-dahi erano perfette come cibo rinfrescante per tutti i compagni del Signore Nityananda. Ogni estate questo festival è ancora celebrato con centomila devoti che partecipano. L'albero sotto il quale Nityananda Prabhu era solito sedersi è impressionante. È chiaramente molto antico. E elevato dal suolo di molti centimetri ed è circondato da un parete di argilla circolare di contenimento.

Oggi siamo fortunati di vedere delle divinità di argilla di Radha e Krishna sotto l'albero, forse lasciate qui da un recente festival. Alberi baniani più piccoli circondano il tronco centrale, formando una protezione somigliante a un grande ombrello che blocca il sole. Sotto l'albero c'è una piccola struttura dove i devoti vengono a cantare inni e a compiere cerimonie religiose. Alcune persone fanno un pic-nic e semplicemente si rilassano nell'ombra. Non c'è altro che un tetto di creta, pavimento e colonne ma è abbastanza. Oggi due sorelle stanno usando il posto per compiere la cerimonia dello sraddha in onore del loro padre deceduto.
Zuhng Xen Nam Kee
29 giugno 2009 0:00
Uscire dalla stazione della Metro di Calcutta è sempre un po' uno shock. La Metro, o sotterranea (subway) come questo nativo di New York non smette mai di chiamarla, è fonte di grande orgoglio per gli abitanti di Calcutta. Pulita e ordinata anche secondo gli standard occidentali, le sue stazioni di marmi e di graniti sono notevolmente ben tenute. Le carrozze di fabbricazione tedesca offrono un viaggio confortevole, benché sicuramente non lussuoso. Non sono tollerati, sia nelle stazioni sia nelle carrozze, contaminazioni, scritte o sputi. Sfortunatamente, l'ambiente protetto della Metro, si dissipa velocemente non appena si raggiunge il livello della strada. Emergendo dal nostro paradiso sotterraneo, io ed i miei compagni di viaggio siamo presto avvolti in un incessante movimento di folla. Non esiste altra scelta che prendere l'onda e viaggiare con essa. Minacciati di essere travolti, ci adeguiamo e iniziamo a muoverci.

Oggi stiamo visitando un importante luogo di pellegrinaggio Gaudiya vaisnava, Sri Panihati Dhama. Il tempio Hare Krishna di Atlanta, per gli ultimi tredici anni, si chiama New Panihati Dhama derivando il suo nome da questo santo luogo. Oggi, i miei compagni di viaggio sono Amitejas Dasa e Amrita Jivani Dasi, che risiedono anche ad Atlanta, ma sono originari di Calcutta. Nonostante abbiamo visitato Panihati molte volte, questa è la nostra prima esperienza di viaggio fatto esclusivamente con trasporti pubblici. Dopo un breve viaggio con un ciclo-ricksaw a pedali verso la stazione della Metro, impiegammo solo quarantacinque minuti per raggiungere la stazione più a nord di Calcutta. chiamata Dum Dum dopo il famoso fucile che gli Inglesi producevano in questo posto. Una stazione delle Ferrovie Orientali si trova a fianco della Metro, e qui acquistiamo i biglietti per viaggiare col treno locale attraversando tre stazioni verso Sodapur. Fuori della stazione di Sodapur veniamo indirizzati verso una stazione di auto-ricksaw. Dopo un viaggio del costo di tre rupie e mezzo ci troviamo proprio vicino al Gange a Panihati.
Hadabipahubati
29 giugno 2009 0:00
PANIHATI
In questo importante santo luogo della Gaudiya Vaisnava appena a nord di Calcutta, ogni anno si tiene un grande festival che commemora un evento in grado di cambiare la vita.
Quzzaharari
29 giugno 2009 0:00
Festa della Domenica
PROGRAMMA

Ore 17.30: Canti e danze devozionali

Ore 18.00: Conferenza sui Testi Vedici
(reincarnazione, karma, mondo spirituale)

Ore 19.15: Antichi rituali Vedici

Ore 20.00: Banchetto spirituale vegetariano
Jhanabasi
29 giugno 2009 0:00
Il Japa che Apre il Cuore.
Uno sguardo alle “Otto Istruzioni” di Sri Caitanya ed alla loro importanza
per il japa, la pratica individuale del canto Hare Krishna.
Una volta un amico mi parlò di questa analogia con la vita spirituale: uno stormo di oche acquista forza volando in una formazione a V, ma se un’oca cade, le altre non possono aiutarla. Nello stesso modo, sebbene coloro che ricercano la conoscenza si aiutino l’un l’altro, il successo in definitiva è legato allo sforzo personale e alla gentilezza del Signore Supremo, Sri Krishna. La gentilezza di Krishna si rivela nel maha-mantra Hare Krishna: Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare/ Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare. La ripetizione di questa sacra vibrazione sonora apre il cuore ad una sempre maggiore comprensione di se stessi e all’intimità dell’amore per Dio, anche in chi non ha qualifiche. Questa analogia degli uccelli come si applica al canto Hare Krishna, una pratica così importante per la vita spirituale? Il canto di gruppo viene detto sankirtana o kirtana; il canto individuale è detto japa. Cantare in gruppo (kirtana) è come volare in formazione a V; si prende forza dagli altri. Si suona o si guardano gli altri che suonano gli strumenti, a turno si ascolta e si canta, e si segue il leader che varia il tempo e la melodia. Quando invece si canta con il japa siamo soli con Krishna e con la nostra mente, che è sempre pronta a disturbarci.

La più recente incarnazione di Krishna, Sri Caitanya Mahaprabhu, sebbene fosse un grandissimo erudito, ha lasciato solo otto versi scritti. Questi versi di suprema importanza, conosciuti come Siksastaka, mostrano che i nomi di Krishna rafforzano ed arricchiscono la vita spirituale. Eccoli tradotti in forma poetica, insieme a riflessioni sulla loro importanza per la fondamentale pratica spirituale individuale del japa.
Xu Yhing
28 giugno 2009 0:00
O Kesava! O Signore dell'universo! O Signore Hari, che hai assunto l'aspetto di un essere metà uomo e metà leone! Tutte le glorie a Te! Proprio come si può schiacciare facilmente tra le unghie una vespa, così il corpo del demone Hiranyakasipu simile a una vespa, è stato squarciato dalle poderose unghie appuntite delle Tue meravigliose mani di loto.
Vitolino
28 giugno 2009 0:00
Hare Krishna
Ziripuaphani
27 giugno 2009 0:00
Srila Bhaktisiddhanta Sarasvati Gosvami Maharaja
Maestro spirituale di Sua divina grazia A. C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada, Srila Bhaktisiddhanta Sarasvati Thakura nacque a Jagannatha Puri, luogo santo di pellegrinaggio, da Srila Bhaktivinoda Thakura, un grande acarya vaisnava appartenente alla linea di successione che viene da Sri Caitanya Mahaprabhu. Anche se impiegato come magistrato statale, Srila Bhaktivinoda lavorò intensamente per stabilire gli insegnamenti di Sri Chaitanya in India. Lui previde un movimento spirituale mondiale e pregò per avere un figlio che lo aiutasse a realizzare il suo sogno.

Il 6 febbraio 1874, nella città sacra di pellegrinaggio di Jagannath Puri, dove Srila Bhaktivinoda Thakura era al servizio come soprintendente del famoso tempio di Jagannatha, apparve in questo mondo Srila Bhaktisiddhanta al quale fu dato il nome di Bimala Prasada. All'età di sette anni Bimala Prasada aveva memorizzato più di settecento versi sanscriti della Bhagavad-gita e poteva fare commenti illuminanti su di loro.
Srila Bhaktivinoda Thakura, l'autore di molti importanti libri e scritture sulla Gaudiya, la filosofia vaisnava, addestrò suo figlio nella stampa e correzione. A soli venticinque anni, Bimala Prasada aveva già acquisito una grande reputazione come studioso di Sanscrito, matematica, e astronomia. Per il suo trattato astronomico, Surya-siddhanta, ebbe il titolo di Siddhanta Sarasvati in riconoscimento della sua cultura immensa. Nel 1905, seguendo il consiglio di suo padre, Siddhanta Sarasvati accettò l’iniziazione spirituale da Srila Gaurakishora Dasa Babaji. Anche se Srila Gaurakishora Dasa Babaji era analfabeta, era rinomato in tutto il continente come un grande santo e acarya vaisnava.

Anche se Siddhanta Sarasvati era un grande studioso, esibì una grande umiltà e dedizione nei confronti di Srila Gaurakishora. Soddisfatto per l’umiltà e la dedizione del suo discepolo estremamente colto, Srila Gaurakishora diede a Siddhanta Sarasvati le sue piene benedizioni e gli richiese di "predicare la Verità Assoluta, tenendo da parte ogni altro lavoro." Alla scomparsa di Srila Bhaktivinoda Thakura nel 1914, Siddhanta Sarasvati divenne redattore del diario di suo padre, Sajjana-tosani e fondò il Bhagawat Press per la pubblicazione della Gaudiya, la letteratura vaisnava. Nel 1918 Siddhanta Sarasvati accettò l'ordine di rinuncia (il sannyasa) e prese il titolo di Srila Bhaktisiddhanta Sarasvati Goswami Maharaja. Allo scopo di propagare il vaisnavismo Gaudiya in tutta l'India, organizzò la Gaudiya Math, con sessantaquattro rami in tutto il paese.

La sede centrale della sua missione, la Chaitanya Gaudiya Math, era localizzata a Sridhama Mayapura, la patria di Sri Chaitanya Mahaprabhu. Srila Bhaktisiddhanta corresse tradizioni antiche per adattarle alle condizioni tecnologiche e sociali del ventesimo secolo. Egli ritenne la carta stampata il mezzo più efficace di comunicazione in tutto il mondo e fu l'autore di molte importanti traduzioni, commenti, e composizioni filosofiche. Lui fu il primo insegnante spirituale di questa linea che permise ai suoi predicatori rinunciati (i sannyasi) di portare vestiti occidentali e viaggiare non a piedi, ma utilizzando trasporti moderni. Negli anni a venire Srila Bhaktisiddhanta espanse ed aumentò il suo lavoro di missionario e riuscì nel ristabilire il vaisnavismo Gaudiya come la forza principale nella vita spirituale indiana. Il 1 gennaio 1937, Srila Bhaktisiddhanta Sarasvati Thakura lasciò questo mondo.
Wasi
26 giugno 2009 0:00
Sri Dasavatara-stotra
O Kesava! O Signore dell'universo! O Signore Hari che hai assunto la forma di pesce! Tutte le glorie a Te! Volendo dare protezione ai Veda, rimasti immersi nel mare turbolento della devastazione, hai preso la forma di un gigantesco pesce svolgendo così le funzioni di una nave.
Potumona
26 giugno 2009 0:00
Sri Vamana Risolve
il Conflitto Universale
Sri Visnu si presenta sotto altra forma per restituire
il controllo dell’universo agli esseri celesti, Suoi devoti.
Xu Yhing
26 giugno 2009 0:00
Quando il cibo diventa prasadam?
Seguendo regole appropriate
chiunque può trasformare il cibo comune
in una sostanza spirituale.
Il fenomeno di qualcosa che si trasforma da materiale a spirituale è un fatto straordinario, ma è qualcosa con cui noi, come devoti, siamo a contatto quotidianamente, spesso diverse volte al giorno. Questo accade quando la bhoga (cibo non offerto) diventa prasadam o cibo santificato dal Signore.
Quando ero un neo-devoto a Montreal, organizzammo un programma che doveva svolgersi al campus della McGill University. Il volantino che pubblicizzava il programma diceva: “Davanti ai tuoi occhi vedrai la materia trasformata in spirito.” Certamente questo titolo suscitò l’interesse di molte persone.
Durante il programma, il presidente del tempio nella presentazione trattò questo punto. Alla fine disse: “Va bene, ora sta per accadere. Vedrete lo spirito manifestarsi davanti ai vostri occhi.”

Gli studenti sedevano sul bordo dei loro sedili. Fu portato il piatto con il cibo non offerto, che era quello della festa di quel giorno, e fu messo davanti al quadro del Pañca-tattva (Sri Caitanya e i Suoi quattro principali associati). Poi un devoto s’inchinò, suonò la campanella e a bassa voce pronunziò dei mantra. Infine si alzò e dichiarò: “Ecco, abbiamo portato del cibo comune ed ora è stato trasformato in sostanza spirituale.”
E prima che qualcuno potesse metterlo in dubbio, disse: “La prova di questo l’avrete mangiandolo e constatando l’effetto che ha.”

Come Krishna dice, pratyaksavagamam dharmyam: “Il principio della religione si comprende con l’esperienza diretta.” (Bhagavad-gita 9.2), in questo caso, la prova è certamente nel gusto. Coloro che hanno assaggiato il prasadam di Krishna sanno che esso ha un potere straordinario e che mangiarlo costituisce un’esperienza molto diversa dal mangiare cibo che non è stato offerto al Signore con amore e devozione.
Allora quando la bhoga diventa prasadam? Certamente quando viene offerta, ma perché un’offerta abbia successo, deve essere accettata. Quando Krishna accetta quello che Gli offriamo, diventa prasadam. La parola prasadam significa “misericordia” e nella Bhagavad-gita Sri Krishna dice, prasade sarva-duhkhanam hanir asyopajayate: “La misericordia del Signore distrugge tutte le forme di sofferenza.”

Perciò, quando mangiamo, (o, come noi diciamo, onoriamo) il prasadam ci sentiamo entusiasti. Il prasadam distrugge le conseguenze delle nostre attività peccaminose passate. Rupa Gosvami dice che esso ci fa sentire “molto fortunati”. E che cosa in realtà viene accettato? E’ il cibo stesso? Krishna nella Bhagavad-gita (9.26) afferma:

patram puspam phalam toyam
yo me bhaktya prayacchati
tad aham bhakty-upahritam
asnami prayatatmanah

“Se qualcuno Mi offre con amore e devozione una foglia, un fiore, un frutto o dell’acqua, accetterò la sua offerta.” Egli dice: “Io accetto la bhakti.” Si può offrire una foglia, un fiore, un frutto, del latte o preparazioni cotte nel ghee, ma è la devozione che porta queste preparazioni a Krishna e che Lo rende incline ad accettarle. La Sri Isopanisad (Mantra 5) dice, tad dure tad v antike: sebbene Krishna sia molto lontano, è anche molto vicino. Per cui ovunque noi siamo quando offriamo qualcosa a Krishna, la devozione Lo porta direttamente da noi.
Non tutte le offerte però sono dello stesso livello; esse dipendono dalla natura del devoto. Anche se ci sono molti modi di classificare i devoti, in questo caso possiamo considerarne tre tipi: interessati, puri, pieni d’amore. Ne consegue che le offerte saranno comprese in una di queste tre categorie.


L’OFFERTA INTERESSATA

Un’offerta è interessata quando qualcosa viene offerto a Krishna con l’idea che se ne riceverà un beneficio materiale come la liberazione dalle sofferenze materiali: “Se io do questo a Krishna, ne riceverò prosperità, salute e i miei figli faranno buoni matrimoni,” e così via. Oppure qualcuno potrebbe desiderare di liberarsi dalle sofferenze o di guarire da una malattia — questa è un’offerta interessata. Ma anche un’offerta interessata può essere fatta in due modi. Se è fatta attraverso la guru-parampara, la successione di guru, Krishna l’accetterà, perché i puri devoti sono sempre molto misericordiosi e per elevare la coscienza dei devoti che hanno motivazioni interessate essi supplicano Krishna di accettare le loro misere offerte. In altre parole, è la purezza dei devoti della guru-parampara che trasforma le offerte impure in offerte pure.

Se però una persona che ha delle motivazioni interessate fa un’offerta a modo suo, non attraverso la guru-parampara, l’offerta non diventa prasadam, ma rimane bhoga. Tuttavia anche questo tipo di offerta ha valore perché la persona pensa: “Almeno offro questo a Krishna.”
Naturalmente, in qualunque modo le persone pensino a Krishna sarà per loro benefico. Akama, sarva-kama, moksa-kama: senza desideri materiali, pieno di desideri materiali o con il desiderio della liberazione. In ciascun caso gradualmente si purificano, ma a meno che Krishna non voglia esercitare una misericordia straordinaria, Egli non accetta cibo offerto con motivazioni di altra natura. Yasyaprasadan na gatiH kuto ’pi: “Senza la grazia di un maestro spirituale non si può fare nessun avanzamento spirituale.” (Gurvastaka 8) Krishna non accetterà niente che non sia offerto attraverso la guru-parampara.

Spesso, a proposito di membri della congregazione o neo-devoti che non sono iniziati ma fanno le offerte, viene posta una domanda interessante: le offerte sono prasadam o bhoga? In questo caso dobbiamo considerare il potere della successione disciplica che non è ristretta ai devoti iniziati. Se qualcuno viene istruito ad offrire il cibo da un Vaisnava autorizzato, Krishna accetterà questa offerta. Krishna non rifiuterà il suo approccio sincero perché in effetti questa persona accetta la guru-parampara anche se non ha ancora seguito il processo diksa.


L’OFFERTA PURA

Il secondo tipo di offerta è l’offerta pura, cioè quando un devoto offre qualcosa a Krishna per farGli cosa gradita. Un devoto non ha motivazioni egoistiche; vuole solo compiacere Krishna. Perciò egli a casa offre il cibo a un quadro, a una divinità o ad una salagrama-sila e nel tempio i pujari dal cuore puro cercano di compiacere Gaura-Nitai e Radha-Krishna. Anche in questa categoria ci sono, però, due tipi di offerta: regolata e spontanea. L’offerta regolata è fatta per dovere seguendo tutte le regole e i principi.
Anche l’altra viene fatta dal devoto seguendo le regole, ma per uno spontaneo attaccamento al Signore. Questo devoto prova un certo grado di affetto e il suo pensiero dominante non è quello dell’obbligo: “Lo farò perché queste sono le istruzioni del guru e degli sastra.”

Tuttavia facendo queste offerte secondo le indicazioni del guru e degli sastra, nei devoti si risveglia la naturale attrazione per Krishna e per l’esecuzione di spontanei atti di devozione dettati dall’affetto. Questo affetto è un po’ diverso dall’amore maturo, l’amore spirituale, ma è sincero. Tuttavia, entrambi questi tipi di offerta pura devono essere fatti attraverso la guru-parampara. A questo livello anche il prasadam è diverso. Quando si offre qualcosa a Krishna per dovere, Egli l’accetta per dovere. Egli si sente legato dal dovere. Nella Bhagavad-gita (3.24) Krishna dice: “Se Mi astenessi dal compiere i Miei doveri prescritti, tutti questi mondi cadrebbero in rovina.” Krishna agisce per dovere. Krishna però considera che, fra tutti i devoti che si arrendono a Lui, colui che Gli offre qualcosa con affetto Gli è più caro di tutti. Perciò Krishna ricambia la gentilezza e corrisponde con grande affetto verso quel devoto.

Sorge naturale la domanda: ci sono differenti tipi di prasadam? E la risposta è sì. Krishna dice, ye yatha mam prapadyante tams tathaiva bhajami aham: “Nella misura in cui si abbandonano a Me, Io li ricompenso.” (Bg. 4.11) Secondo la quantità e la qualità della devozione con cui si fa l’offerta a Krishna, in proporzione questa offerta diventa prasadam. E’ interessante notare che la capacità di un devoto a gustare il prasadam sarà in proporzione alla sua capacità di offrire il prasadam. In altre parole, i devoti gusteranno la natura spirituale del prasadam nella stessa misura in cui manifesteranno devozione nell’offerta.


L’OFFERTA FATTA CON AMORE PURO

Il terzo tipo d’offerta è quella fatta con amore puro. Quando un devoto raggiunge il livello dell’amore devozionale, Krishna accetta direttamente l’offerta dalle sue mani e contraccambia la sua gentilezza. L’amore devozionale è quello espresso dagli eterni associati di Krishna nel mondo spirituale, dove Egli è direttamente impegnato a gustare tutti i tipi d’amore che i Suoi devoti Gli offrono.
Allora cosa c’è di diverso e come fa il prasadam a diventare spirituale? Il cibo appare uguale prima e dopo l’offerta, ma ciò che accade in realtà è che Krishna risponde alla devozione del devoto manifestando la Sua svarupa-sakti o la Sua daivi-prakriti, la Sua potenza spirituale interna nel grado in cui il devoto Glielo permette. Con la parola “permette” intendo il grado che il devoto vuole o il grado con cui manifesta la qualità e la quantità di servizio devozionale.

Quando Caitanya Mahaprabhu era a Jagannatha Puri e onorò il prasadam di Jagannatha fu sopraffatto dal gusto estatico del prasadam. Egli glorificò il prasadam e potè gustare direttamente la saliva delle labbra di loto di Krishna mista al cibo. Egli continuò a glorificare l’effetto del tocco delle labbra di Krishna.
Questo è ciò che accade quando qualcuno che prova amore devozionale assaggia il cibo offerto a Krishna. E, in questo caso, senza dubbio, la capacità di Caitanya Mahaprabhu di gustare la potenza del prasadam supera quella dei brahmana che lo avevano offerto al Signore Jagannatha. Tuttavia quel prasadam è potenza interna di Krishna, non differente da Krishna e dinamico. Un devoto che ha amore per Krishna può gustare la potenza spirituale presente nel prasadam più di quanto essa si sia manifestata al pujari che aveva fatto l’offerta.

Possiamo considerare anche gli esempi di Prahlada Maharaja e di Mirabai: ad ambedue era stato dato da bere del veleno, ma, grazie al loro grande amore devozionale, il veleno si trasformò in nettare e non ebbe alcun effetto. Perché questo? Perché sia il veleno sia i cibi nutrienti fanno parte della relatività di questo mondo materiale. Ma quando con amore offriamo qualcosa a Krishna, la potenza sac-cit-ananda di Krishna si manifesta in quel cibo. In questo modo il veleno diventa prasadam come accade per un pakora.


L’OFFERTA DELLE NOSTRE VITE

Comunque non dovremmo pensare che “l’offerta” sia solo la bhoga o il cibo che offriamo a Krishna. I devoti fanno un’offerta di tutta la loro vita:

yat karosi yad asnasi
yaj juhosi dadasi yat
yat tapasyasi kaunteya
tat kurusva mad-arpanam

Krishna dice: “Qualunque cosa tu faccia, qualunque cosa tu mangi sacrifichi od offra in carità, come pure le austerità che compi — offri tutto a Me, o figlio di Kunti.” (Bg. 9.27) In definitiva ogni respiro di un devoto è un’offerta: quando i devoti dormono per mantenere il loro corpo al servizio di Krishna, quel sonno diventa un’offerta al Signore; quando mangiano per mantenere i loro corpi e si mantengono in salute per servire Krishna, questa è un’offerta al Signore; quando ricevono qualcosa — cibo, sapone, denaro — tutte queste cose vengono offerte a Krishna. A New Vraja Dhama (la fattoria della comunità dei devoti in Ungheria) qualsiasi cosa i devoti acquistino o ricevano viene innanzitutto offerta a Radha-Syamasundara, le divinità che presiedono il tempio, su un vassoio posto davanti all’altare. In questo modo la pratica di offrire tutto a Krishna diventa naturale.

Noi dovremmo imparare ad offrire tutto. Ci alziamo presto al mattino e la prima cosa che facciamo è offrire preghiere al Signore. Cantiamo Hare Krishna non come un divertimento, ma come un’offerta per glorificare Krishna. E quando una persona vive in questo modo, in un certo senso l’atto di fare l’offerta diventa non necessario (sebbene il devoto lo faccia per dare l’esempio), perché questi devoti sono sempre assorti nel fare tutto per Krishna. Perciò, yo me bhaktya prayacchati – la bhakti è già lì e Krishna è molto desideroso di riceverla. Infatti Krishna segue i devoti per accettare il loro amore devozionale in ogni momento del giorno, in ogni movimento dei loro corpi e in ogni pensiero che essi manifestano in relazione al loro servizio devozionale a Lui.

In definitiva è quello a cui aspiriamo e questo è quello che fanno i devoti amorevoli: essi vivono per Krishna per cui tutto quello che fanno diventa cosciente di Krishna — diventa prasadam. I pastorelli si sedevano semplicemente vicino a Krishna e mangiavano il cibo che si erano portati — non facevano nessuna offerta a Krishna. Quando offrivano qualcosa a Krishna, lo prendevano dai loro sacchetti e lo mettevano direttamente in bocca a Krishna. O qualche volta mordevano addirittura metà di una pallina dolce e dicevano: “Krishna, senti che gusto meraviglioso ha questa pallina dolce!” mettendo il resto nella bocca di Krishna. Yo me bhaktya prayacchati: non era altro che il loro amore. Gli atti formali e tecnici dell’offerta non sono più importanti perché quello che in realtà Krishna vuole è l’amore e la devozione. Questo è tutto ciò che Lo interessa veramente. E se Madre Yasoda Gli offre il latte del suo seno, le gopi Gli offrono i loro corpi, le mucche Gli offrono il latte, i pastorelli lottano e saltano sulle spalle di Krishna — tutto diventa prasadam perché tutto è un offerta d’amore.

Il nostro compito in coscienza di Krishna perciò è vivere in questo mondo di prasadam e quindi diventare prasadam noi stessi. Questa è la conclusione di Krishna nella Bhagavad-gita (4.24) quando dice: brahmarpanam brahma havir brahmagnau brahmana hutam ...: “La persona pienamente assorta nella coscienza di Krishna è sicura di raggiungere il regno spirituale grazie al suo pieno contributo alle attività spirituali.” Se pensiamo di offrire tutto a Krishna, se i nostri atti fisici sono un’offerta a Krishna, se le nostre parole sono un’offerta a Krishna, alla fine anche noi diventiamo un’offerta a Krishna. Allora diventiamo prasadam. E Krishna è sempre desideroso di gustare la dolcezza meravigliosa delle nostre offerte piene d’amore.
Wasi
24 giugno 2009 0:00
Sambandha-adhideva pranama
jayatam suratau pangor mama manda-mater gati
mat-sarvasva-padambhojau radha-madana-mohanau



jayatam: tutte le glorie a; su-ratau: il più misericordioso, o impegnato nei divertimenti coniugali; pangoh: di uno che è incapace; mama: di me; manda-mateh: corrotto; gati: rifugio; mat: mio; sarva-sva: tutto; pada-ambhojau: i quali piedi di loto; radha-madana mohanau: Radharani e Madana-mohana.
Shanazi
24 giugno 2009 0:00
Hare Krishna il Dio onnipresente nell'anima degli uomini.
Shatadasi
18 giugno 2009 0:00
om ajnana-timirandhasya jnananjana-salakaya
caksur unmilitam yena tasmai sri-gurave namah
Hanamani Khalid Habuapadi
17 giugno 2009 0:00
Il sufismo è la corrente mistica dell’Islâm. Il sufismo autentico è ancor oggi una realtà spirituale operante, forte e vivente, che continua la sua funzione tradizionale all’interno delle confraternite dei Sufi, sparse in tutto il mondo. In questa rubrica si approfondiranno alcuni aspetti, alcuni concetti per una introduzione alla conoscenza del sufismo, tenendo presente che esso, come molte altre dottrine, è una realtà esperienziale che va vissuta.
Hanamani Khalid Habuapadi
17 giugno 2009 0:00
La divinità di Krishna adorata nel tempio di Los Angeles, dove io vivo, viene chiamata Dvarakadhisa: “Il Signore di Dvaraka”. Dvaraka è l’isola incontaminata che Sri Krishna governa nella sua vita da adulto. * In generale i devoti di Krishna Lo pensano soprattutto come Dio, la Persona Suprema, che compie meravigliosi divertimenti spirituali nel villaggio dei pastori di Vrindavana e come Colui che enuncia la Bhagavad-gita. In questa ambientazione rurale Egli gioca e gode la vita in mezzo a molti parenti e amici. I Gaudiya Vaisnava o seguaci di Sri Caitanya Mahaprabhu sanno che Krishna nella Suo ruolo di pastorello scambia i sentimenti più intimi con i Suoi devoti. Tuttavia, Krishna è sempre Krishna e i devoti Lo amano anche quando si mostra in altri modi. Per esempio, è affascinante anche nel Suo ruolo di Dvarakadhisa. Krishna non è un re ordinario. Re o presidenti rappresentano ciò che c’è di grande e potente in questo mondo. Eppure perfino la più grande e imponente personalità è soltanto una piccola manifestazione dell’opulenza di Dio, la Persona Suprema. Il Suo corpo puro è costituito di eternità, conoscenza e felicità. Sebbene Krishna nel suo ruolo di Dvarakadhisa si diverta in molti combattimenti leali, non ha nessuno da vincere e niente da ottenere, poiché è sempre completo in Se Stesso.
Wasi
17 giugno 2009 0:00
Considerazioni sul pensiero scientifico
Natura non facit saltus, ma la scienza sì
Lo sviluppo della scienza (e della matematica, che si svolge in parallelo a quello) è, secondo lo schema tradizionale generalmente accettato fino ad ora, caratterizzato dai seguenti momenti: [1]
1. le sue fasi iniziali avvengono nella Grecia classica, in corrispondenza dell'affermarsi della pòlis; questo processo, pur ammettendo che in qualche misura - peraltro difficilmente accertabile - sia stato indotto o influenzato da contatti con le civiltà dell'Oriente, sarebbe avvenuto in modo autonomo seguendo una propria linea di sviluppo;
2. Raggiunto un massimo di sviluppo nel tardo ellenismo, inizia in Occidente un regresso che perdura sino al Rinascimento, durante il quale apporti dal mondo arabo e da Costantinopoli, fondendosi con le tradizioni platonica e aristotelica, consentono di porre le basi per un nuovo rilancio in grande stile. Durante questa fase si pongono i fondamenti dell'algebra e della prospettiva, e si costituiscono o si affermano le sedi nelle quali si produrrà il dibattito scientifico, cioè le Università;
3. Nel corso del XVII secolo, avviene in Occidente qualcosa di mai visto prima e che non ha luogo in altre culture, e cioè la nascita della scienza galileiana-newtoniana, cioè la sintesi della conoscenza logico-matematica e fisico-fenomenica.
4. Il processo iniziato nel '600 [in realtà, un po' prima; ma la consistenza del fenomeno diviene evidente intorno alla metà del secolo] prosegue, portando alla formulazione di complesse teorie formalizzate il cui successo pone un problema: in che cosa il pensiero scientifico si distingue da ciò che scienza non è? Ma questa formulazione non è sempre espressa chiaramente, perchè il "pensiero scientifico" forse non "nasce" in un solo momento preciso; o, meglio, si potrebbe affermare che "nascono" le singole fasi in cui esso si articola storicamente, come p.es. la fisica classica, nel senso che, ad un certo punto, si manifesta una discontinuità irreversibile nel processo di elaborazione delle idee: qualcuno dice qualcosa che non è stato ancora detto o ripropone con forza qualcosa di già detto, ma dimenticato, riportandolo all'attenzione del mondo - salvo che...non sempre ci si accorge subito che è effettivamente sorto qualcosa di nuovo.
[1] questa ricostruzione estremamente sommaria non è universalmente condivisa; vedasi ad es. le critiche di George Gheverghese Joseph, in The Crest of the Peacock: The Non-European Roots of Mathematics ; trad. it. "C'era una volta un numero - la vera storia della matematica" , ed. il Saggiatore.

Le rivoluzioni scientifiche [e non solo]
In realtà, la discontinuità - insomma, la novità - viene notata, dato che non vi è dubbio che i contemporanei - almeno, quelli che avevano occhi per vedere - capirono la novità insita p.es. nel contenuto della rivoluzione copernicana, ed è fuori discussione che l'impatto della meccanica quantistica nella comunità dei fisici del primo '900 può essere considerato un vero trauma, forse ancora più violento di quello copernicano. Dunque, vi è consapevolezza del "nuovo" quando questo appare; almeno così sembrerebbe da quanto appena detto, ma a ben guardare, le cose non stanno esattamente così; sarebbe più corretto ipotizzare che viene chiaramente percepito l'insorgere di una novità, ma la reale portata di tale novità emerge lentamente e attraverso un processo spesso confuso, tortuoso, intricato di equivoci: e ciò perchè la novità implica, attraverso le sue conseguenze che inizialmente sono appena intraviste, la ricostruzione della forma mentis o, se si preferisce, l'affermazione di un nuovo modo di collegare i termini del discorso scientifico.
A questo proposito, mi si permetta una digressione. Non può sfuggire - e difatti non è sfuggito - che un simile processo, una volta giunto ad un certo grado di sviluppo, ha molto in comune con le rivoluzioni politiche. La "novità" - cioè, il "non ancora visto" era, a giudicare dalle stesse interpretazioni dei contemporanei, ben presente nel 1789; ma in che cosa consistesse questa novità, possiamo, con non poca indeterminazione, stabilirlo solo dopo, molto dopo l'insorgere della discontinuità.
Non solo, ma la "discontinuità" nel campo storico, insomma la rivoluzione mantiene molto di ciò che era prima: al punto che, completatosi il processo, ci si può chiedere se veramente c'è stata negazione di ciò che era, o piuttosto riaffermazione del momento precedente attraverso il confronto con la sua negazione. Non si creda che la dialettica di Hegel nasca da chissà quali elucubrazioni solipsistiche: il tecnicismo attraverso cui il pensiero viene esposto, la lontananza dall'epoca nel quale il pensiero è stato formulato, la complessità dell'informazione e dell'esperienza che stanno alla base della formulazione di un sistema ne rendono pressochè impossibile la completa ricostruzione e comprensione: bisogna limitarsi a interpretare il pensiero passato. Tale dialettica è, molto verosimilmente, intimamente connessa alla riflessione sul ritorno al momento precedente: un ritorno che però incorpora il nuovo - l'antitesi al vecchio ordine di cose e idee - e che quindi è sintesi, ricon ferma-superamento al contempo.
Questo schema, però, non è perfettamente applicabile allo svolgersi del pensiero scientifico. Il "nuovo" infatti qui si manifesta anzitutto in quanto al contenuto, mentre è la forma che viene in realtà messa in discussione; solo che ciò avviene - se avviene - in un secondo momento. Nella rivoluzione politica è la forma [la costituzione politica e il governo] che viene attaccata per prima; il contenuto [Marx direbbe: la "struttura"] mantiene un certo grado di autonomia, e la sua inerzia - cioè, il fatto che i suoi tempi di evoluzione sono lenti rispetto a quelli della forma] fa sì che la forma debba, in una certa misura, recedere. La forma non può oltrepassare troppo il contenuto, ma deve adeguarsi come un abito ad un corpo. Questo porta ad una forma del processo di tipo hegeliano: utile, nella storia dei fenomeni politici.
Ma il processo di formazione del pensiero scientifico rivela una sottile divergenza rispetto a questo schema storico: nelle crisi, il primo momento è l'emergere di una nuova tesi, a cui si giunge ragionando secondo uno schema preesistente che guida il ricercatore il quale, rimanendo coerente al paradigma, propone una novità o come alternativa a / superamento di una posizione già consolidata perché si accorge che negandola non emergono contraddizioni, e quindi la novità non è impossibile, o perché le conclusioni imposte dalla coerenza al paradigma sono contraddittorie con i risultati delle osservazioni o portano a contraddizioni interne al paradigma.
Un esempio del primo genere sono le Geometrie non-Euclidee. Lo schema formale sottostante è sempre il ragionamento ipotetico-deduttivo secondo cui si ordina la stessa Geometria Euclidea; la novità - cioè la formulazione di geometrie che negano o non contengono il V postulato [1] - non porta a contraddizioni, dunque le nuove geometrie sono possibili.
Quzzaharari
16 giugno 2009 0:00
Molti anni fa, ai tempi in cui un debitore insolvente poteva essere gettato in prigione, un mercante di Londra si trovò, per sua sfortuna, ad avere un grosso debito con un usuraio. L'usuraio, che era vecchio e brutto, si invaghì della bella e giovanissima figlia del mercante, e propose un affare. Disse che avrebbe condonato il debito se avesse avuto in cambio la ragazza.
Il mercante e sua figlia rimasero inorriditi della proposta. Perciò l'astuto usuraio propose di lasciar decidere alla Provvidenza. Disse che avrebbe messo in una borsa vuota due sassolini, uno bianco e uno nero, che poi la fanciulla avrebbe dovuto estrarne uno. Se fosse uscito il sassolino nero, sarebbe diventata sua moglie e il debito di suo padre sarebbe stato condonato. Se la fanciulla invece avesse estratto quello bianco, sarebbe rimasta con suo padre e anche in tal caso il debito sarebbe stato rimesso. Ma se si fosse rifiutata di procedere all'estrazione, suo padre sarebbe stato gettato in prigione e lei sarebbe morta di stenti.
Il mercante, benché con riluttanza, finì coll'acconsentire. In quel momento si trovavano su un vialetto di ghiaia del giardino del mercante e l'usuraio si chinò a raccogliere i due sassolini. Mentre egli li sceglieva, gli occhi della fanciulla, resi ancor più acuti dal terrore, notarono che egli prendeva e metteva nella borsa due sassolini neri. Poi l'usuraio invitò la fanciulla a estrarre il sassolino che doveva decidere la sua sorte e quella di suo padre.

Immaginate ora di trovarvi nel vialetto del giardino del mercante. Che cosa fareste nei panni della sfortunata fanciulla? E, se doveste consigliarla, che cosa le suggerireste? Quale tipo di ragionamento seguireste?
Se riteneste che un rigoroso esame logico potesse risolvere il problema - ammesso che esista davvero una soluzione - ricorrereste al pensiero verticale. L'altro tipo di pensiero è infatti quello laterale.
Chi si servisse del pensiero verticale non potrebbe però essere di grande aiuto a una ragazza che si trovasse in simili frangenti. Il suo modo di analizzare la situazione metterebbe in luce tre possibilità. La ragazza potrebbe:

1.
rifiutarsi di estrarre il sassolino;
2. mostrare che la borsa contiene due sassolini neri e smascherare l'usuraio imbroglione;
3.
estrarre uno dei sassolini neri e sacrificarsi per salvare il padre dalla prigione.

Nessuno di questi consigli, tuttavia, sarebbe veramente utile in quanto, se la ragazza non estraesse il sassolino, suo padre finirebbe in prigione, e se lo estraesse dovrebbe sposare l'usuraio.
L'aneddoto vuole mostrarci la differenza esistente tra il pensiero verticale e quello laterale. I verticalisti si preoccupano del fatto che la ragazza debba estrarre un sassolino. I lateralisti si occupano invece del sassolino bianco che manca. I primi affrontano la situazione dal punto di vista più razionale e quindi procedono alla sua risoluzione con circospetta logicità. I secondi preferiscono esaminare tutti i possibili punti di partenza invece di accettare il più invitante e di impostare su di esso la loro indagine.

Ebbene: la ragazza dell'aneddoto introdusse la mano nella borsa ed estrasse un sassolino, ma senza neppur guardarlo se lo lasciò sfuggire di mano facendolo cadere sugli altri sassolini del vialetto, fra i quali si confuse.
« Oh, che sbadata! » esclamò. « Ma non vi preoccupate: se guardate nella borsa potrete immediatamente dedurre, dal colore del sassolino rimasto, il colore dell'altro. »
Naturalmente, poiché quello rimasto era nero, si dovette presumere che ella avesse estratto il sassolino bianco, dato che l'usuraio non osò ammettere la propria disonestà. In tal modo, servendosi del pensiero laterale, la ragazza riuscì a risolvere assai vantaggiosamente per sé una situazione che sembrava senza scampo. La ragazza, in realtà, si salvò in un modo molto più brillante di quanto non le sarebbe riuscito se l'usuraio fosse stato onesto e avesse messo nella borsa un sassolino bianco e uno nero, perché in tal caso avrebbe avuto solo il cinquanta per cento delle probabilità in suo favore. Il trucco che escogitò le offrì invece la sicurezza di rimanere col padre e di ottenergli la remissione del debito.
[…]
Quando si affronta un problema, è prassi comune delimitarlo entro una determinata inquadratura e cercarne la soluzione all'interno di essa. Si accetta come un dato dimostrato che una certa linea rappresenti i confini del problema, ed è entro questi confini che il pensiero verticale ricerca la soluzione. Molto spesso però questi confini non esistono nella realtà e la soluzione può trovarsi al di fuori di essi. Facciamo l'esempio dell'aneddoto dell'uovo, attribuito erroneamente a Cristoforo Colombo. Una volta che i suoi amici lo schernivano dicendo che la scoperta dell'America era stata in realtà un'impresa facile perché, per raggiungerla, era bastato mettere la prua verso ovest e veleggiare sempre in quella direzione, Colombo chiese loro se erano in grado di far stare un nuovo dritto su una delle due punte. Gli amici provarono ma il tentativo fallì. Allora Colombo prese un uovo, ne schiacciò una punta e su questa lo fece star ritto. Gli amici protestarono dicendo che per essi valeva la condizione che l'uovo dovesse restare intatto. Cioè essi ponevano dei limiti che in realtà non esistevano. Allo stesso modo, avevano ritenuto impossibile prendere la rotta ovest e proseguire sempre in quella direzione. La grande impresa marinara era parsa facile a loro soltanto dopo che Colombo ebbe dimostrata l'infondatezza delle loro prevenzioni.
È assai probabile che questo aneddoto riguardi, in realtà, Filippo Brunelleschi che costruì la cupola del duomo di Firenze, nonostante tutti avessero ritenuto che il suo progetto era impossibile da realizzare. Più che l'accuratezza storica dell'attribuzione dell'aneddoto, ci serve il riferimento a Colombo perché dà modo di mostrare una certa mentalità.
Molto spesso i verticalisti considerano una soluzione ottenuta col pensiero laterale come una specie di trucco. Ciò prova, paradossalmente, l'utilità del pensiero laterale. Quanto più vibrata è l'accusa di mistificazione, tanto più appare ovvio che essi sono legati a regole rigide e a preclusioni che non hanno riscontro nella realtà. In tal modo, preclusioni di vario tipo costituiscono altrettanti sbarramenti che vietano l'accesso alle soluzioni originali.
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