Commenti
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francescodeleo
30 novembre 2011 19:56
Mi è capitato fa di vederne uno spezzone un po' di tempo. Spero di vederlo per intero oggi.

Spero un giorno di vedere anche un film che vide protagonista l'attore principale, jeff bridges, tanti anni fa, Tron, mi sembra il primo film computerazzato della disney, se non erro completamente computerizzato. Stroncato subito dalla critica. Meno male che esiste youtube, non sembra malaccio.
IVAN.
30 novembre 2011 19:38
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Stasera sul canale IRIS alle 21.00...

“IL GRANDE LEBOWSKI”

Straordinario film dei fratelli Cohen.

A causa di una banale omonimia, un ex-hippie sballato e nullafacente viene scambiato da due picchiatori per un miliardario che deve dei soldi ad un boss.
Da lì, grazie anche all'“aiuto” di certi suoi amici pasticcioni, si trova invischiato in un complicatissimo intrigo che si allarga a dismisura.

Eccezionali i caratteristi, i dialoghi, le musiche, il ritmo...Uno dei pochi film moderni che può essere considerato da scuola del Cinema. Imperdibile.



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francesco9244
13 novembre 2011 21:01
la prima versione di SOLARIS?
Isaia Kwick
13 novembre 2011 20:28
Deserto Rosso 1964 Monica Vitti compie 80 anni.
AUGURI
francescodeleo
31 ottobre 2011 10:52
Mi sono scordato il link:

http://en.wikipedia.org/wiki/Jabba_the_Hutt
francescodeleo
31 ottobre 2011 10:51
Ho eseguito ulteriori ricerche sulla figura di Jabba, dato che nonostante avessi visto degli spezzoni originali del primo film su youtube avevo bisogno di cercare una fonte più autorevole. In Wikipedia c'è un articolo su Jabba, ma occorre leggere la versione in inglese, poichè nella versione italiana c'è qualche mancanza sull'episodio IV, con tanto di foto a circa metà pagina, versione nuova di Jabba e vecchia poco dopo.
francescodeleo
23 ottobre 2011 14:00
@IVAN

JABBA: non mi devi credere sulla parola; se fai una passatina su youtube troverai gli spezzoni originali in questione.

VIDEOTECA RAI: nemmeno immagino che cosa potrei scovare, non necessariamente film o serie ormai démodé.
IVAN.
22 ottobre 2011 22:45
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(per Francesco:)

- STAR TREK: mai piaciuta, come serie. Ha comunque avuto il merito di aver aperto la strada a epigoni migliori.


- JABBA: mi fido sulla parola. Probabilmente avevo visto una versione già ritoccata.


- THE CHRONICLES OF RIDDICK: pessimo sequel, artificioso e inutilmente convulso. D'accordo che coi sequels i produttori hanno il botteghino sempre assicurato...ma un po' di rispetto per l'opera originale (e per lo spettatore) non guasterebbe.


- VIDEOTECA RAI: guarda, se penso alle bobine che gli stanno marcendo negli archivi, mi vien da piangere. Ma evidentemente ritengono che “Don Matteo 4” sia un prodotto più accattivante di “Sandokan” e “Orzowei”.



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francescodeleo
22 ottobre 2011 10:17
@IVAN

Io mi riferivo alla scenografia in generale.

Spazio 1999: visto poco all'epoca, ma ho tanta voglia di rivederlo (dipende dalla RAI). Un classico. Invece Star Treck è stato ritrasmesso poco tempo fa su La7.

Per quanto riguarda Jabba, ho cercato su youtube e ci sono alcuni spezzoni dichiarati autentici presi dalla prima versione di STAR WARS in cui quest'essere ha sembianze umane.

PITCH BLACK l'ho visto, nulla di particolare ma buono per passare un po' di tempo in maniera spensierata. C'è anche un sèguito non molto sèguito chiamato The Chronicles of Riddick. Ma comunque ha poco a che vedere col primo.

Se avessi la possibilità di mettere mano alla videoteca della RAI sarei in grado di creare un canale ti tutto successo.
IVAN.
22 ottobre 2011 7:23
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(da francescodileo:) «"Guerre Stellari" [...] di meglio avevano già fatto "2001 - odissea nello spazio" e "Spazio 1999".»
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Uhm...Nonostante siano accomunate dallo stesso Genere, non credo siano opere paragonabili fra loro:

• “2001” è un film “mistico”, un esercizio di stile del più grande regista di tutti i tempi (opin. pers. ovviam. ma neanch. tant.) in cui l'impianto fantascientifico è soltanto un pretesto accidentale.

• “SPAZIO 1999” aveva una impostazione di SF iperrealista (potremmo definirla la versione “seria” di STAR TREK). Un telefilm “adulto” credibile ed affascinante (almeno la PRIMA serie; nella seconda - complice un infelice cambio di Produttore - è stata rimossa la sua componente di attendibilità scientifica, trasformando la serie in un banale prodotto per teenagers).

• “GUERRE STELLARI”, come detto, è una fiaba dalla struttura classica, e come tale in essa può accadere Tutto & il contrario di Tutto senza che gli si possano muovere critiche di “incoerenza narrativa”.

Morale, non farei “classifiche” tra film dagli aspetti così differenziati.



Jabba the Hutt: io ho visto quella che credo sia la versione originale di “STAR WARS”, e ricordo che Jabba compariva per alcuni secondi, ed era lo stesso schifosone dei film successivi.

Invece “L'IMPERO COLPISCE ANCORA” (ep.5°) mi sono accorto anch'io che è stato ritoccato per renderlo più coerente con gli stramaledetti prequels realizzati nell'ultimo decennio.
Una operazione discutibile che secondo me sfregia la Naturalezza di opere che sarebbero da conservare così come sono, coi loro pregi e difetti (ti immagini se quel bavoso di Milo Manara si mettesse a ritoccare le proporzioni della Venere del Botticelli?...)

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(Restando in tema di fantascienza:)

Un film moderno che mi ha colpito positivamente è stato “PITCH BLACK”.
La trama di base è al limite del ridicolo (un atterraggio di fortuna di un'astronave su un pianeta con la stessa atmosfera e paesaggistica di un deserto californiano...ARGH!!), ma il senso della suspance e la definizione dei personaggi sono davvero di alto livello.
Vivamente consigliato per chi nei film di SF non si accontenta di vedere solo alieni incazzati e pomposi effetti speciali senza niente sotto.



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francescodeleo
4 ottobre 2011 11:16
Dei film su "Harry Potter" ho messo in classifica solamente il primo film, ottimo a mio modo di vedere, ma anche il terzo è molto buono, come anche il secondo. Contrariamente alla denigrazione sistematica, io ritengo che questi film siano molto originali e innovativi sebbene trattino un tema diciamo non nuovo (sula carta) ma non sono film sulla magia, qui la magia è uno dei tanti contorni alla storia, come lo sfarzo visivo che hai accennato. Ma del resto non siamo nel medioevo, la storia si svolge nel nostro tempo e l'ordine e la pulizia non sono certo quelli dei secoli passati. La magia è anche nell'impatto visivo che i film sanno trasmettere. Non sono nemmeno film per ragazzi, o esclusivamente per ragazzi, per il solo fatto che gli attori principali sono dei ragazzi, poichè sarei autorizzato a dire che i film che hanno come protagonisti gli animali sono destinati agli animali. Comunque posoono piacere come non piacere, a me piacciono. Io ritengo che siano stati i capostipiti di un nuovo filone di film "fantasy", con risultati che spesso mi lasciano perplesso.

"Guerre Stellari" viene definito un western moderno, ma tant'è la storia anche qui è tradizionale, il bene contro il male, lotta che viene affrontata nel futuro. L'impianto scenico della prima trilogia è frutto dell'immaginazione degli autori del periodo in cui il primo periodo è stato girato, anche se di meglio avevano già fatto "2001 - odissea nello spazio" e "Spazio 1999". Io non ho mai visto le prime versioni dei film che compongono la prima trilogia, quindi non posso esprimere nessun giudizio particolareggiato. Per esempio, Jabba The Hutt nella versione originale, se non erro, aveva le sembianze di un essere umano e solo con il restyling successivo ha assunto la forma di un essere alieno alquanto sgradevole. Molti ritocchi computerizzati hanno interessato anche l'episodio V. Chissa se un giorno avrò la possibilità di vedere le versioni originali (nel frattempo è uscito in Bluray l'ultimo cofanetto di tutta l'esalogia).

Che la forza sia con te, obIVAN kenobi.
IVAN.
4 ottobre 2011 2:01
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(per Francescodeleo:)
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Personalmente le saghe seriali le digerisco poco già per principio;
nel caso di “HARRY POTTER”, poi, c'è l'aggravante dell'eccesso di sfarzo visivo, che mi fa apparire il tutto piuttosto pomposo.
In altre parole, li trovo dei film sulla magia senza Magia. Sarebbe stato meglio farne una trasposizione a cartoni, per dire, come è stato fatto per “IL SIGNORE DEGLI ANELLI” (la cui versione a cartoni secondo me si beve di gran lunga la ridondante trilogia “realistica” di Peter Jackson).



Al mio astio per i serials fa eccezione la trilogia di “STAR WARS” (se escludiamo i 3 recenti quanto inutilissimi prequels).
Qui la Magia è presente, anche se l'impianto narrativo “fiabesco” è meno elaborato - anzi, ridotto proprio all'osso: dei buoni-buoni contro dei cattivi-cattivi, e punto. Una semplice favoletta di cavalieri medioevali dove i cavalli sono sostituiti da astronavi.
Eppure è proprio questa semplificazione della storia che permette ai contenuti simbolici di emergere (il dualismo interiore tra Bene e Male, che non è questione di indole naturale, ma di “scelta”).

Vero anche che il primo film (“STAR WARS”, 1977) era già autoconclusivo di per sé, e non prevedeva seguiti. Non c'era nessun accenno alla parentela (invero piuttosto inverosimile) tra Luke, Dart Vader e Leila che ha poi fatto da filo conduttore ne “L'IMPERO” e “IL RITORNO DELLO JEDI”, ma se chiudiamo un occhio su questa forzatura, possiamo dire che la storia si è sviluppata in modo abbastanza appassionante.

Certo erano altri tempi, un modo di fare cinema forse più ingenuo...ma considerando quel che di media viene sfornato oggi (tutti spettacoloni ad effetto ma senza contenuto) direi che sono film da riscoprire.

Che la forza sia con te.

obIVAN kenobi


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francescodeleo
3 ottobre 2011 15:58
Termino la mia classifica personale con la quarta posizione, poichè oltre avrei parecchi ex-equo. La quarta posizione la occupa l'intera saga di "guerre stellari". La prima volta che ho visto per intero i tre film più vecchi, sebbene sono stati modificati dalle loro prime rispettive uscite, è stato circa dieci anni fa. A dire il vero la prima volta che ho visto l'ultima mezz'ora del primo episodio e la prima mezz'ora del secondo è stato agli inizi degli anni ottanta, la mattina, su un canale della rai, forse rai due ma non ne sono sicuro (in quegli anni la mattina verso le dieci la rai trasmetteva dei film, in genere i comici con jerry lewis e gli western con john wayne). Più recentemente gli ultimi tre. Sebbene si tende spesso a considerarli due trilogie tra di loro collegate, io considero comunque tutti e sei gli episodi un'unica storia, ovvero una esalogia. Certo, sono separati da trent'anni, ma solo di tecnologia, poichè ritengo che il contenuto delle due serie è abbastanza omogeneo. Ma guardando il primo episodio, ovvero l'episodio quattro che in origine si chiamava "Star Wars" e basta senza numerazione, mi rimane sempre qualche perplessità sulla reale volontà di dare seguito al film, ma potrebbero aver modificato la storia dei successivi o più semplicemente avere atteso l'esito ai botteghini dello stesso. Comunque qualche piccola imperfezione non modifica il mio giudizio (altrimenti l'avrei fatto già con "ritorno al futuro"). La storia la conosciamo tutti, addirittura qualche "fanatico" ha fatto sorgere un movimento filosofico legato alla "forza", ma sebbene il lavoro fatto in trent'anni è notevole, non credo che c'è molto materiale per andare oltre con la fantasia.
Che la forza sia con voi, e attenzione al lato oscuro :).
francescodeleo
15 settembre 2011 20:16
Ovviamente qui si parla di film e comunque non ho letto nessun suo libro, quindi non conosco in pieno la sua genialità. Comunque da quello che si dice il suo genio dev'essere pari a quello di Jules Verne, un altro grande scrittore.
francescodeleo
15 settembre 2011 19:36
"Io robot" è carino. Ti consiglio di vedere "l'uomo bicentenario".
lucillafiaccola1796
15 settembre 2011 18:43
Asimov è quel meraviglioso scrittore di romanzi di fantascienza... molto scientifico e fantasioso... penso ne abbiano ricavato anche qualche bel film. certamente non il massone 2001 odissea nello spazio di kubrick, autore anche dell'allunaggio del 1969

CITAZIONI DI ISAAC ASIMOV
Ardo dal desiderio di spiegare, e la mia massima soddisfazione è prendere qualcosa di ragionevolmente intricato e renderlo chiaro passo dopo passo. È il modo più facile per chiarire le cose a me stesso. (da Civiltà extraterrestri)
In ogni secolo gli esseri umani hanno pensato di aver capito definitivamente l'Universo e, in ogni secolo, si è capito che avevano sbagliato. Da ciò segue che l'unica cosa certa che possiamo dire oggi sulle nostre attuali conoscenze è che sono sbagliate. (da Grande come l'universo, Saggi sulla scienza)
In tutta la storia della Galassia non risulta che alcuna civiltà sia mai stata così sciocca da usare le esplosioni nucleari come armi belliche. (da L'orlo della fondazione)
Inoltre affermava che, per diritto di nascita, si eredita solo l'idiozia congenita. (da Il crollo della galassia centrale)
Io, della Luna conosco praticamente tutto; se dovessi andarci sarebbe inutile. E poi, dovrei salire sull'astronave. Ma lo sa che io non prendo neppure l'aereo. (citato in Roberto Gervaso, Ve li racconto io, Mondadori)
La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci. (da Cronache della galassia, Mondadori)
Legge zero: Un robot non può recare danno all'umanità, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, l'umanità riceva danno.
Non c'è bisogno di viaggiare nel tempo per essere degli storici. (da La campana canora)
Qualcuno disse che Hari Seldon lasciò questa vita proprio come l'aveva vissuta, perché morì con il futuro che aveva creato completamente schiuso di fronte a sé... (da Fondazione anno zero)
Se la conoscenza può creare dei problemi, non è con l'ignoranza che possiamo risolverli. (citato in Focus n. 98)
Il numero di Realtà è infinito. Il numero di ogni sottoclasse di Realtà è infinito. Ad esempio, il numero di Realtà che contengono l'Eternità è infinito, il numero di Realtà che non la contengono è infinito, il numero di Realtà in cui l'Eternità esiste ma viene abolita è infinito. (da La fine dell'Eternità)
Anche da giovane non riuscivo a condividere l'opinione che, se la conoscenza è pericolosa, la soluzione ideale risiede nell'ignoranza. Mi è sempre parso, invece, che la risposta autentica a questo problema stia nella saggezza. Non è saggio rifiutarsi di affrontare il pericolo, anche se bisogna farlo con la dovuta cautela. Dopotutto, è questo il senso della sfida posta all'uomo fin da quando un gruppo di primati si evolse nella nostra specie. Qualsiasi innovazione tecnologica può essere pericolosa: il fuoco lo è stato fin dal principio, e il linguaggio ancor di più; si può dire che entrambi siano ancora pericolosi al giorno d'oggi, ma nessun uomo potrebbe dirsi tale senza il fuoco e senza la parola. (citato in Giuseppe Lippi, I robot dell'alba)
La vita è piacevole. La morte è pacifica. È la transizione che crea dei problemi. (da Destinazione Cervello)
Se la corrente ti sta portando dove vuoi andare, non discutere. (da Destinazione Cervello)
La verità si ritrova sempre nella semplicità, mai nella confusione.
La disumanità del computer sta nel fatto che, una volta programmato e messo in funzione, si comporta in maniera perfettamente onesta.
Non ho paura dei computer, ma della loro eventuale mancanza.
Se il mio dottore mi dicesse che mi rimangono solo sei minuti da vivere, non ci rimuginerei sopra. Batterei a macchina un po' più veloce.
Se la popolazione mondiale continuerà a crescere con il ritmo attuale, tra duemila anni l'umanità peserà più della terra.
francescodeleo
15 settembre 2011 11:24
Non ho capito se il tuo è un invito a leggere tale autore o mi stai dando dell'asino. In questo caso ti dispiacerebbe trans-articolare qualche parola in più?
lucillafiaccola1796
14 settembre 2011 20:27
Asimov!
francescodeleo
13 settembre 2011 18:54
Continuando con la mia classifica personale, colloco al terzo posto "Harry Potter e la pietra filosofale". Che cosa posso dire del film: l'autrice, con la sua esperienza di scrittrice di libri per bambini, è riuscita a confezionare un prodotto tradizionale ma che nel contempo è innovativo. Il film ti incolla alla sedia sin dal primo momento e al termine quasi ti dispiace un po' dovere lasciare Hogwards insieme agli alunni che ritornano a casa per le vacanze. Ma sono solamente ferie estive, dopo qualche mese si ritornerà a scuola con nuove avventure.

(Nella mia classifica personale dei film su Harry Potter colloco dopo il primo episodio "H. P. e il prigioniero di Azkaban", "H. P. e la camera dei segreti", "H. P. e l'ordine della fenice", "H. P. e il calice di fuoco" e poi gli altri.)
lucillafiaccola1796
30 giugno 2011 20:37
lady gaga...
stanley kubrick...strumenti o capi degli illuminati o sav di sion?

STANLEY KUBRICK
Non siamo in grado, allo stato delle cose, di affermare che STANLEY KUBRICK è appartenuto ad una qualche famiglia esoterica. Né dalle sue biografie né da quanto asserito da chi lo conosceva, ci sono riferimenti a questo. Eppure molte le patenti che sono state a lui affibbiate: Fratello Illuminato,[8] Alchimista,[9] Spiritualista,[10] Antimassone,[11] presunto veicolatore di messaggi satanici,[12] fino a quella, misteriosa, dell’uomo che ha volutamente svelato, per la prima volta esplicitamente attraverso il cinema, il rituale dell’unione con il Femminino Sacro in Eyes Wide Shut, tanto da meritare un'astuta menzione su Il Codice Da Vinci di Dan Brown.[13] Forse, semplicemente, Kubrick era vicino agli ambienti esoterici e, avendo una sterminata cultura d’autodidatta ed un’infinita biblioteca, poteva in qualche modo sopperire al far parte. La forte amicizia con Peter Sellers, l’unico in grado di permettersi delle improvvisazioni durante le riprese che spesso Kubrick finiva per condividere, potrebbe essere stata un tramite verso l’esoterismo, del quale l’attore inglese, massone della Loggia Chelsea n. 3098 di Londra, non era certamente digiuno.[14] Come asserito da Christiane Kubrick, «Stanley e Peter erano fatti l’uno per l’altro. Le loro idee combaciavano, e ciascuno dei due spronava l’altro con idee e sfide.» Per Mozart, iniziato il 14 dicembre 1784 nella Loggia Zur Wohltatgkeit di Vienna, tutto si semplifica (almeno apparentemente).[16] La sua adesione alla Massoneria nel settecento viennese è fuori discussione ed una chiave di lettura esoterica, che pur non pretende di escludere e sminuire le altre interpretazioni d’ordine sociologico, storico, politico anzi le completa in modo fecondo, non incontra difficoltà. E allora? Non rimane che provare e riprovare, passo dopo passo, a ricostruire il filo esoterico che lega le sue Opere a partire da 2001. Da lí inizia il percorso. Ciò non toglie che anche i film precedenti sono ricchi di spunti, ma non hanno, poi, l’organicità iniziatica dei successivi. Il pavimento a scacchi - Killer’kiss (Il bacio dell’assassino), Phats of Glory (Orizzonti di gloria), Spartacus, Lolita -, le coincidenze che inceppano il piano piú perfetto - The Killing (Rapina a mano armata) o che salvano una vita - ancora Killer’s kiss -, il labile e sfumato confine fra il Bene ed il Male - ancora Lolita, Fear and desire - accompagnano la lettura, ma non s’innestano su un tessuto prettamente iniziatico. In tal senso possiamo ripartire in tre sezioni il Lavoro kubrickiano: a. Tre documentari, iniziali sforzi di un geniale giovane fotografo che approda alle fotografie in movimento. b. 7 Film, da Fear and Desire a Dr. Strangelove (Dottor Stranamore) dove una disamina impietosa del genere umano e del suo destino sembra lasciare che un esile filo di speranza, disseminato qua e là, immerso nella voce di Christiane, futura moglie del regista, in Paths of Glory. c. Sei Opere, da 2001 ad Eyes wide shut che, presumibilmente, saranno oggetto per molti anni ancora di studi, approfondimenti, interpretazioni. E solo queste sei Opere -intese come rappresentazione di un percorso iniziatico- [17] saranno analizzate nel dettaglio, con una particolare attenzione a 2001 ed Eyes wide shut, Lavori dove, a parer nostro, simboli e allegorie proprie dell’esoterismo sono prioritari. Per le altre quattro Opere, la chiave esoterica coesiste in una posizione paritaria con le altre simbologie. In altre parole, Kubrick, apre e chiude, seppur involontariamente, con Opere dal significato iniziatico prevalente mentre, per le altre, i significati sociologici o politici sono anche decodificabili esotericamente ma non principalmente. Un altro degli scogli da superare è quello del lettore. Non sempre il mondo dei cinefili tiene nella dovuta considerazione l’esoterismo, spesso confuso con l’occultismo.18 Esiste sí ma solo dove è inequivocabilmente palese, come ad esempio in talune opere di Roman Polansky come Rosemary’s Baby (1968) o L’inquilino del 3 piano (Le locatarie, 1976) o in quelle d'Alejandro Jodorowsky, regista profondamente calato nell’esoterismo (El Topo, 1971 e La Montagna Sacra, 1973). Cosí gli studiosi d’esoterismo si trovano, spesso, spiazzati dal cinema. Piú facile riferirsi alla letteratura, all’architettura, alla musica, come spesso fanno anche i critici cinematografici che, inconsciamente, pensano cosí di nobilitare il cinema rispetto alle altre piú consolidate forme d’Arte. Eppure nessuno negherebbe, ad esempio, ad Il settimo Sigillo (1957) d'Ingmar Bergman la valenza di fonte infinita di simboli tesi a svelare il mistero della morte.19 Proprio quella Morte, raffigurata dal volto bianco di un clown e con il corpo avvolto in un mantello nero. Togliete il volto dall’immagine del mantello aperto all’alba, di fronte al Cavaliere, e troverete una spiccata assomiglianza con il monolito nero di 2001. Quello sí, rigorosamente parallelepipedo rispetto al nero disarmonico della Morte che non sembra annunciare alcuna rinascita iniziatica. Due forme quasi a volersi chiamare da un Opera all’altra. Un caso? Forse.
IVAN.
11 giugno 2011 12:28
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Tanto per non smentirmi, segnalo...

...“UNA CAGATA PAZZESCA!”

Ebbene sì: oggi alle 13.15 sul canale IRIS trasmettono...

“IL SECONDO TRAGICO FANTOZZI”

Questo secondo capitolo (diretto da Luciano Salce) è anche il migliore dell'intera serie; qui la componente simbolica di critica sociale raggiunge un livello raffinatissimo, condita da scenette surreali e parossistiche tra cui spiccano:
• Il viaggio al casinò col duca conte («...E la smetta di toccarmi il culo!»)
• Il varo della nave («Riparte da 72 metri la contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare...»)
• La battuta di caccia («Ma lei non è un uomo...E' una iena!»)
• La scena della finestra («Scusi...Chi ha fatto palo?»)
• La cena di nobili («Tordo: la cosa più difficile in natura!»)
...e OVVIAMENTE l'episodio della proiezione cinematografica, col succitato commento di Fantozzi sulla "Corazzata Potemkin".

Sempre gustoso da rivedere, anche dopo un fottìo di visioni.



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sugar magnolia
2 maggio 2011 16:53
L'INFERNALE QUINLAN (1957) Orson Welles, Charlton Heston

http://www.tempimoderni.com/1999/

L'infernale Quinlan nacque come un poliziesco a basso costo tratto da un romanzo di With Masterson. Orson Welles non ebbe il tempo di leggere il libro e riscrisse in pochi giorni lo script mettendo in primo piano la figura di Quinlan, trasformando in messicano il poliziotto antagonista (Charlton Heston/Vargas) e in una bianca americana la moglie (mentre nel romanzo è il contrario). Ma il merito principale del regista fu soprattutto quello di realizzare con un budget da B-movie un'opera di straordinaria potenza drammatica e linguistica.
L'infernale Quinlan racconta la storia di un poliziotto di origine messicana, Miguel "Mike" Vargas e di sua moglie Susan (Janet Leigh) i quali, fermatisi in una cittadina di frontiera durante il loro viaggio di nozze, si trovano coinvolti in una sporca storia di omicidi dietro la quale trama Hank Quinlan, corrotto capo della polizia locale. In questa "waste land" di confine ci sono luoghi d'abbandono fatti di ponti spettrali, lagune industriali, trivelle, serbatoi petroliferi e vecchi bordelli, balere allucinanti, sotterranei pieni di archivi e immensi spazi, piatte praterie interrotte da motel di second'ordine. Quando Quinlan entra in scena, intorno a lui sciamano una corte di sottoposti, vecchi sodali, notabili e l'impressione teatrale si fa forte: è l'entrata di un vecchio monarca o di un navigato cortigiano shakesperiano. Gli attori sembrano quasi rivolgersi direttamente al pubblico per testimoniare l'ammirazione che nutrono per lui e magnificare il suo potere in quella terra. Quinlan è Welles a tutti gli effetti: quando Marlene Dietrich, bruna e sfatta, nel ruolo della chiromante Tanya gli dice che il suo tempo è ormai scaduto è come se Welles godesse in un delirio sadomasochistico del suo dolore più grande, quello di non poter più fare film. Cosa che, più o meno, successe, almeno nei termini in cui si intende a Hollywood. C'è qualcosa di determinato e nevrotico nella volontà di potenza di Quinlan, così come c'è qualcosa di infantile e malinconico nella improvvisa manifestazione dei suoi sentimenti. Quando vede Tanya, le si rivolge come un bambino in cerca d'affetto e riparo più che di eccitazione: per tutta risposta lei lo rimprovera per aver mangiato troppi dolciumi ed essere diventato così grasso. Che bambino cattivo.
La regia di Welles insieme alla fantastica fotografia in bianco e nero di Russel Metty trasformano un "noir" classico in un capolavoro. Tra le scene memorabili ricordiamo due piani-sequenza: il primo, a inizio film, di quattro minuti e trenta, è fra i più imitati della storia del cinema, citato e onorato anche da Robert Altman ne I Protagonisti; il secondo mette in scena l'interrogatorio di Sanchez nell'angusto spazio di un paio di camere. Spostando pareti, studiando al millimetro la distanza dalla macchina da presa di facce e corpi, disegnando come in una miniatura la composizione dell'inquadratura e soprattutto trascinando lo spettatore in una scena dialogatissima, che tutti i suoi interpreti ricordano come un tour de force micidiale ed esaltante, il regista dà vita ad una sequenza di straordinaria tensione e folle ritmo girata in una camera che sembra popolarsi all'infinto di corpi.

IL NUOVO MONTAGGIO

La Universal trovò il film incomprensibile e lo rimontò, aggiungendo delle scene girate da Harry Keller. Heston prima si rifiutò di girare sequenze non dirette da Welles (accollandosi l'onere delle spese delle giornate di ripresa non effettuate) ma poi cedette. Dopo l'uscita il film fu ulteriormente accorciato di 15 minuti. Ora lo storico Jonathan Rosenbaum e il montatore Walter Murch (premio Oscar per Apocalypse now) l'hanno restaurato basandosi sul memoriale che Welles aveva scritto ai produttori. Non è un montaggio d'autore, è solo ciò che Welles stesso avrebbe fatto nel 1958 per salvare il film. La cosa forse più vistosa è la mancanza dei titoli di testa nella sequenza iniziale; altre sequenze sono montate diversamente e quasi tutte le scene di Keller sono scomparse. Ironia della sorte, il restauro riporta alla luce un'opera solo in minima parte diversa da quella che conosciamo. Ci sono quindici minuti mancanti e la sequenza iniziale cambia sensibilmente di tono e di atmosfera, ma dei 50 cambiamenti che Murch ha apportato seguendo il memorandum di Welles, nessuno è così decisivo da farci saltare sulla sedia. Pertanto non guardate di nuovo il film per scrupolo filologico: andateci invece per rivedere su grande schermo un film memorabile, feroce, cattivo.

LA SCENA MADRE

Quando Welles/Quinlan uccide Tamiroff/Zio Joe, lascia sulla scena proprio ciò che finirà per incriminarlo: il bastone. Lacan (psicanalista), non avrebbe a questo punto nessuna difficoltà a chiudere il cerchio. Il bambino, nei primi mesi di vita, usa il proprio fallo come esca per attrarre la madre. Il cui desiderio è, sempre secondo Lacan, appagato solo da un sostituto del fallo che è il bambino stesso, il neonato. Forse è per questo che mi appare così terrorizzante il minuscolo corpo di Zio Joe sospeso su Susan come un atroce omaggio. Welles fece mettere all'attore delle lenti a contatto perché i suoi occhi potessero apparire vitrei, assurdi e clowneschi: il suo cadavere è una sorta di bambolotto osceno, il feticcio di un rito perverso e drammatico. «Non credo nell'inconscio, non mi piacciono le spiegazioni psicanalitiche» dice Rohmer. Ma poco più avanti aggiunge: «Quello che mi interessa è fare vedere in che modo la volontà può manifestarsi al di sotto di un'apparente indecisione». Proprio ciò che accade a Quinlan, che scopre solo durante e dopo l'uccisione di Zio Joe perché "c'è l'ha tanto" con Vargas, perché lo odia, perché si trova lì e ha provato tanto piacere a puntare la pistola contro il suo complice, perché ha sentito allora che era "impossibile" non ucciderlo. Se ne rende conto anche lui, stravolto, dopo aver lasciato sulla scena gli strumenti inutili per riconquistare di nuovo l'amore assoluto e incondizionato della madre. Il bastone. Il bambino. Nel film Quinlan uccide Zio Joe per non avere testimoni, ma la sua suggestione più profonda e segreta è che lo uccida in preda ad un istinto che lo porta disperatamente a riprodurre un rito primordiale in cui l'amore è ottenuto con uno scambio di doni che è l'equivalente di un'offerta illimitata, di un abbandono assoluto e disperato. Di certo Tamiroff, e in ciò sta la grandezza della sua interpretazione, appare più stupito che terrorizzato, come se vedesse Welles per la prima volta, ed è questo che lo paralizza impedendogli di sottrarsi al proprio assassinio, Di certo Quinlan non osa mai per un solo momento "guardare" Susan nel film se non quando questa non può vederlo. Susan, d'altro canto, non vede mai Quinlan ed è l'unico personaggio del film a non comparire al suo cospetto. Ma quando succede e Susan gli compare distesa su un letto, di fronte ai suoi occhi esplode la follia del vecchio re. Alla fine della sequenza Quinlan è più sconvolto per ciò che ha fatto o per aver capito "perché" lo ha fatto?

WELLES-BOGDANOVICH

Bisogna diffidare per principio delle letture che spiegano troppo ma è sconcertante, oltre che scorretto tacerne, nel momento in cui tutti i dettagli, come in un film, finiscono al posto giusto. A pagina 327 di Io, Orson Welles, (Baldini & Castoldi, 1996), libro di conversazioni con Peter Bogdanovich curato da Jonathan Rosembaum, a proposito di questa scena Welles dice: «E' una scena molto sgradevole, orrenda. Mi sono sentito malissimo dopo. E' perversa, morbosa. Non è che mi piaccia, fare quel genere di cose. Ma bisogna fare così, senza mezze misure, nel genere schifezze e morbosità. Tamiroff è grandioso in quella scena: quando la guarda, quella pistola diventa tutti i cazzi mai esistiti nella storia. Faceva paura come la guardava».
E' l'unico punto, a mia memoria, in cui Welles si sia mai espresso in questo modo (e usando un lessico del genere), ma è anche l'unico del libro in cui si lancia senza preavviso in un'interpretazione grossolanamente psicanalitica, quando per tutto il lungo dialogo con Bogdanovich, durato diversi anni, si guarda bene dall'essere preso in trappola da qualsiasi interpretazione dei suoi film in cui il suo interlocutore cerchi di coinvolgerlo. Il fallicismo latente in tutta questa sequenza di folle amore e folle violenza rappresenta lo sbocco improvviso di una materia buia e profonda che irrompe nella scena e invade senza resistenza lo sguardo pieno d'acume e destrezza che il film ha sin dall'inizio, come un getto di sangue in una polla trasparente. Touch of Evil lavora senza sosta su questa maliziosissima sovrapposizione: da una parte aggredisce i nostri sensi con una prodigiosa disinvoltura e rapidità, che ci comunicano il sentimento di una danza ipnotica e incessante, un passare per le cose con una febbrile eleganza mai priva della consapevolezza di quanto doppie e minacciose esse possano essere; dall'altra ci inchioda alla certezza, struggente e inviolabile, che da esse nessuno possa mai davvero liberarsi. Un contrasto insanabile e palpitante che ne L'Infernale Quinlan può essere ridefinito come tensione tra il potere di una visione, che sembra in ogni momento capace di trasformare nella bellezza di una forma l'immagine del mondo, e la tenerezza rapita di una soggettività atterrita e impotente di fronte al suo mistero. La forma del film ci irretisce con una libertà strepitosa e ingannevole, la sua sostanza ci trascina, quasi inconsapevolmente, in quel luogo dove la rassegnazione, il rimpianto, la malinconia, ci catturano per sempre. E' un luogo ben conosciuto a chi ama i film di Welles. E' il luogo dell'infanzia perduta, di Rosebud, del favoloso mondo degli Amberson dissolto dall'incalzare del mondo industriale, di Falstaff, che per buona parte del film ricorda davanti al fuoco i giorni fausti di un passato troppo recente per essere ricordato con accenti cosi mitici. La poesia dell'Eden perduto è un focolaio nevralgico del cinema di Welles e che Touch of Evil celebra una volta di più col suo finale, quando il corpo di Welles si allontana galleggiando come un capodoglio moribondo nella notte, sulle note della nostalgica pianola di Tanya.








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Dal romanzo "Contro tutti" ("Badge of Evil") di Whit Masterson. In viaggio di nozze in California con la moglie americana (J. Leigh), Vargas (C. Heston), funzionario messicano della Commissione panamericana antidroga, si scontra con il capitano Hank Quinlan (O. Welles), ottimo poliziotto dall'etica dubbia perché si considera al di sopra della legge. Epilogo tragico. Sesto e ultimo film hollywoodiano di O. Welles che aveva diretto i due precedenti in Europa. Da un materiale pulp, da lui completamente riscritto in meno di un mese, Welles (1915-85) ha tratto un capolavoro del cinema nero, componendo un memorabile ritratto di "uno sporco poliziotto, ma, a modo suo, un grand'uomo": personaggio di tragica statura shakespeariana nel contesto di una miserabile cittadina di frontiera (Tijuana, filmata a Venice, California) che l'imbecille titolo italiano stravolge. Straordinario film (bianco e nero di Russell Metty con focali corte, inquadrature insolite, piani-sequenza vertiginosi tra cui quello celeberrimo d'apertura) per stile, virtuosismo di scrittura, invenzioni e galleria di personaggi tra cui spicca la bruna chiromante di M. Dietrich: i personaggi vi contano più dell'azione, l'atmosfera più dei personaggi. (Brevi apparizioni di Zsa Zsa Gabor, Joseph Cotten, Mercedes McCambridge, Keenan Wynn). È con "Rapporto confidenziale" la vetta del barocchismo wellesiano. La Universal tolse di mano al regista il film in post-produzione, tagliò una ventina di minuti, riducendolo alla durata di 95, fece girare nuove scene (dirette da Harry Keller), modificò il primo montaggio. Negli anni '90 il produttore Rick Schmidlin, ammiratore di Welles, si propose di restaurarlo, ripristinandolo nella sua forma originaria. Il restauro, terminato nel 1998, fu fatto a cura di Walter Murch, premiato con l'Oscar del suono per "Apocalypse Now", per il montaggio e il suono di "Il paziente inglese". Grazie alla Sacher, la nuova edizione è stata distribuita sul mercato italiano in versione originale con i sottotitoli.
sugar magnolia
24 marzo 2011 19:07
LA GATTA SUL TETTO CHE SCOTTA (1958) con P. Newman, Liz Taylor, Burl Ives

che meraviglia, sono commosso da questo grande classico del teatro americano anni '50, un film riadattato da un testo per il teatro di Tenesee Williams

Si sta organizzando una festa per il 65esimo compleanno del patriarca Big Daddy, ma nessuno in famiglia sembra rallegrarsene:Brick, il figlio di Big Daddy è alcolizzato e si sta allontanando dalla moglie Maggie, che invece è innamorata di lui, il fratello maggiore di Brick e sua moglie invece cercano di mettere le mani sul patrimonio di Big Daddy, che è ammalato di cancro ma fino ad un certo punto del film tenuto all'oscuro dai medici e dai figli

Conflitto interiore di Brick, un Newman in gran spolvero che parlando con suo padre della mancanza di amore fa affiorare tutti i drammi della vita di ciscuno

magistrale interpretazione di Big Daddy, Burl Ives, figura intorno alla quale ruota tutto il film, grosso proprietario terriero del sud di cui è simbolo il grande e morente vecchio Padre, vero cardine su cui si regge la storia.

E' un attacco violento al cuore della crema della società americana, la parte più profonda e in crisi di cui la storia ne rappresenta uno spaccato straordinario e vivo più che mai a distanza di 50 anni tondi.
sugar magnolia
21 marzo 2011 22:17
IL FRONTE DEL PORTO (1954), di Elia Kazan, con
Marlon Brando

Alcuni film, con il passare degli anni, vedono accumularsi sulle proprie spalle i segni del tempo e dell’usura, non riuscendo a distanza di tempo a rivelarsi efficaci e incalzanti come al momento dell’uscita. Non è questo il caso di Fronte del porto, che a distanza di oltre cinquant’anni mostra intatta tutta la sua forza e la sua accuratezza nella messa in scena.

Ambientato nello spazio circoscritto di qualche docks nel porto di New York, Elia Kazan ci racconta una storia di riscatto e di redenzione che si snoda tra pub, malavita e duro lavoro, costruendo una storia che sfugge da qualsiasi tipo di pietismo e di consolazione. Nel farlo, il regista scopre un attore straordinario, quel Marlon Brando che verrà consacrato proprio da questa storia, vincendo l’Oscar come migliore attore, una delle sei statuette, tra le quali miglior film e miglior regia, aggiudicatesi dall’opera di Kazan. Uno strepitoso Brando, dunque, forse il migliore di sempre, duetta in scene d'altri tempi, con un arcigno Karl Malden e con un'incantevole Eva Marie Saint, in un trio di passione, di vigore e di sentimento, che scuotono e fanno vibrare quella nota che si ha dentro, ma che non ci si è mai accorti di avere. Ed anche il lato malvagio è splendidamente affascinante. Il personaggio che è di Pat Henning non è da meno per tensione e vigore degli altri ruoli ed interpreti.

Un film che fa piangere, fa ridere, ci fa entrare nelle viscere dei docks, ma anche nel cuore, nel profondo del cuore di una gente dalla pelle dura. E la dinamica dell'"uscita dal bozzolo" è strepitosa.
Un incontro, un volto nella folla. Segno tangibile che tutto parte da un umanità che si scopre, da un'altro che ti completa e ti eleva a ciò che da solo non saresti.

Girato per intero a New York, quasi sempre in esterni con forti implicazioni sociali, sottintesi etici, risvolti politici e accensioni melodrammatiche, è il trionfo dell'ambiguità di E. Kazan che, come il suo sceneggiatore Budd Schulberg, aveva molti conti da regolare con i comunisti e li regola, imbrogliando le carte. E anche il trionfo di uno stile di recitazione, quello del Metodo, cioè dell'Actors' Studio.

M. Brando memorabile
francescodeleo
18 marzo 2011 19:57
The Cube. L'ho visto una sola volta ma mi ricordo che è orror. Comunque originale e da non farselo scappare. Peccato che dalle mie parti Rai 4, nisba. Cazzo, in digitale tutta la Rai!
francescodeleo
18 marzo 2011 19:54
@ lucilla

2001 odissea nell'ospizio è molto vecchio. Nel 1970 era sicuramente un film che poteva essere considerato un capolavoro, come anche nel 1980, 1990 e forse oltre, ma oggigiorno lo ritengo solo accettabile. Gli anni si fanno sentire. Sebbene l'abbia visto tre volte, credo, nella mia vita non digerisco ancora la morale indottrinata racchiusa nel monolito. Mi fà ricordare sempre un film di fantozzi in cui si ritrovava sempre tra i piedi la ruota, rapparesentata in questo caso da una copia di ruote primitive unite fra di loro con un asse. Stessa morale che trovo di basso livello.
IVAN.
18 marzo 2011 19:33
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Stasera su RAI 4 alle 21.10...

"THE CUBE - IL CUBO"

Piccolo gioiello di fantascienza di Vincenzo Natali (canadese).
Produzione indipendente girata a bassissimo costo, ma che è già diventata un "cult" fra gli appassionati del genere.
Nel film ci sono un paio di cappellate narrative e visive, compensate però da un'ottima definizione dei personaggi e da un magistrale senso della suspense.
Opera di genio sobria e senza fronzoli.



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lucillafiaccola1796
17 febbraio 2011 19:37
A PROPOSITO DI STANLEY KUBRICK, POETICO MA...
MI E' CAPITATO DI VEDERE 2001 ODISSEA NELLO SPAZIO PEGGIO DI QUELLO PENSO SIA ASSUNZIONE DI LSD! VA BENE PER CHI CREDE NELLE FAVOLE ! UN IN CUBO !
IVAN.
17 febbraio 2011 0:18
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BARRY LYNDON...

Ho appena finito di vederlo sul canale IRIS, per la 8° volta. Migliora ad ogni visione (come ogni film di S.K.)

Quanta raffinatezza, quanta cura, quanta ricchezza di contenuti e metafore. Kubrick è proprio la quintessenza del Cinema.

(Strepitoso il modo in cui è stato girato il duello finale: tempi, musiche, atmosfere...tutto semplicemente PERFETTO.)



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sugar magnolia
16 febbraio 2011 21:48
BARRY LYNDON (1975) Stanley Kubrik

Uscito nelle sale nel 1975, "Barry Lyndon" è un film dotato di rare bellezza e profondità artistica. Considero questo film di Kubrick uno dei più belli della storia del cinema, per l'incredibile sintesi, realizzata qui dal Maestro, tra pittura, poesia e musica. Ora, senza entrare nello specifico, mi limiterò a considerare la colonna sonora che, come in ogni film di Kubrick, è curatissima in assonanza com'è con "l'orizzonte interiore" dei personaggi, consigliandovi in ogni caso di vedere questo capolavoro assoluto.
A fare da sottofondo ai titoli iniziali abbiamo "Sarabande" di Haendel, che si ripeterà più volte nell'arco del film, reinterpretato e reso più cupo a seconda delle situazioni proposte. Questo è il vero e proprio tema di Barry, tragico e, insieme, malinconico, all'inizio e alla fine, e come tale farà da sfondo ideale alle sue esperienze (e tragedie...) principali. A seguire "Women Of Ireland", ballata irlandese che, insieme alle incredibili sequenze di paesaggi e alla problematica iniziale del film, riesce a sfumare i confini che ci separano dallo schermo, a farci "vivere" e "pensare" quasi vivessimo dentro la vicenda.
Musica, dicevo. Ma anche pittura e poesia.
A seguire altre ballate tradizionali irlandesi, alcune festose e giocose, altre malinconiche e...pesanti. Inizia la fase del "Barry soldato" e le musiche non possono essere da meno, con quel tono marziale e guerresco tipico delle marcie del XVI-XVIII secolo. Molto carina la "Hohenfiedberger March" dal tono pomposo e magniloquente. A proposito: le ballate tradizionali composte per l'occasione dai The Chieftains hanno vinto addirittura l'Oscar.
Ed ecco tornare "Women Of Ireland". Ma non è più un amore irlandese quello di Barry.
Qui la musica ci dice qualcosa che non è esplicitato chiaramente nel film. Questo è un classico nei film di Kubrick (basti pensare a Shining).
A seguire abbiamo una serie di composizioni di musicisti che hanno fatto la storia: Mozart, Haendel (viene ripreso e modificato il tema), Schubert, Vivaldi, Bach. Grandissime scelte quelle di Kubrick. Ci sarebbe davvero troppo da dire per ognuna. Queste musiche non sono celebrissime ma sono magnifiche, si sposano con la vicenda in maniera perfetta. Sembrano nate apposta "per il momento" rappresentato. Bellissimo il "Concerto in E Minor" di Vivaldi. Prelude il sublime finale. Non dico altro.
Ed eccolo: "Piano Trio In E Flat" di Schubert. Quale migliore sfondo per il vedere sfumarsi la vita di quest'uomo in pochi attimi! Quel pianoforte dal tocco marziale, quel violino così triste... Come vorrei poter trasmettervi le emozioni attraverso questa fredda tastiera di computer! Impossibile. Da contemplare.
Titoli di coda. Haendel, "Sarabande". Grandioso. Arte Suprema.
Questo film è patrimonio dell'umanità tutta.
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