Un' altra strage, stavolta pure annunciata ma chi crede stavolt?!.
di francescomangascia
2 aprile 2013 17:52
Stavolta, da come annunciano la morte, sembra quasi la
pubblicità che precede il lancio di un prodotto, un libro,
un profumo o un film. Televisioni e giornali parlano di
rivelazioni su possibili attentati nei confronti di un
magistrato impegnato nella lotta contro la mafia. Magari
accadrà pure che ammazzano qualcuno, e se ciò accadesse
quello che dà fastidio, oltre alla morte annunciata di
qualche persona onesta, è che poi si pretenderà pure che,
il cittadino appresso a un’altra strage chiaramente
annunciata, creda pure che il tutto non è avvenuto per
mettere le mani sulla situazione politica, ma per togliere
di mezzo un inquirente. Casomai poi uscisse fuori qualcosa,
c’ è sempre il segreto di stato a disposizione per
insabbiare il tutto. No, non ci credo, si vede troppo bene,
si legge chiaramente la vecchia politica delle stragi.
Stragi rimaste impunite. Dunque non ci provate, non
ammazzate nessuno, sarebbe inutile e, chi ci crede stavolta!
Francesco Mangascià
FONTE
“Gli amici romani del boss vogliono uccidere Di
Matteo”
Due lettere anonime molto circostanziate annunciano un
attentato, su ordine di Messina Denaro, al pm di Palermo che
sta processando il generale Mori e i protagonisti della
trattativa Stato-mafia. Raddoppia la scorta
di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza | 2 aprile 2013
L’avvertimento chiaro, senza giri di parole, arriva con
due lettere anonime recapitate in procura qualche giorno fa:
“Amici romani di Matteo (Messina Denaro, ndr) hanno deciso
di eliminare il pm Nino Di Matteo in questo momento di
confusione istituzionale, per fermare questa deriva di
ingovernabilità. Cosa Nostra ha dato il suo assenso, ma io
non sono d’accordo”. A scrivere è, a suo dire, uno dei
membri del commando di morte, in grado di fornire una serie
di notizie riservate e dettagliate sugli spostamenti
quotidiani (e sui punti deboli della protezione) del pm che
indaga sulla trattativa mafia-Stato. Sono quelle
informazioni precise e circostanziate, assieme ad altre
indicazioni su depositi di armi e di esplosivo nascosti in
alcune borgate palermitane, che hanno indotto la Prefettura
a riunire d’urgenza il comitato provinciale per l’ordine
e la sicurezza pubblica, per rafforzare la scorta e la
vigilanza al magistrato più esposto e isolato
d’Italia.
Il procuratore di Palermo Francesco Messineo ha convocato
immediatamente una riunione tra polizia, carabinieri, Dia e
Guardia di Finanza, e Di Matteo è stato ascoltato dai
colleghi di Caltanissetta per verificare la corrispondenza
tra le notizie fornite dall’anonimo e i suoi effettivi
spostamenti. Dopo il procedimento disciplinare avviato dal
Pg della Cassazione, ad arroventare il clima giudiziario a
Palermo arriva la minaccia, ritenuta assai seria, di un
attentato: “Dopo quella iniziativa disciplinare un poco
inopportuna, se non addirittura scandalosa – dice il
procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi – Di
Matteo è più isolato che mai. Chi vuole creare
preoccupazione e tensione ha antenne sottili per comprendere
questo momento e non si fa scrupolo per rendere il clima
ancora più pesante”. Ecco perché, continua Teresi,
“per sicurezza e per garantire la sua serenità di lavoro,
visto che l’ambiente esterno non la garantisce, chi ha
responsabilità istituzionali ha ritenuto di prendere
provvedimenti”.
Dall’altro ieri Di Matteo ha una nuova blindata, due auto
in più sotto casa, l’obbligo dei giubbotti antiproiettile
per tutti gli uomini della scorta, rafforzata con altri due
agenti: immagini che meglio di mille parole restituiscono un
clima di allarme che a Palermo non si viveva da tempo, e che
riporta improvvisamente a oltre vent’anni fa, a un’altra
stagione di stallo istituzionale risolto con il “botto”
di Capaci. E se il procuratore Messineo conferma che
“c’è allarme, come per tutto quello che riguarda la
sicurezza di ogni magistrato”, in questo caso nel mirino
degli anonimi è finito il pm che indaga sulla trattativa
mafia-Stato, impegnato, dal 27 maggio prossimo, a processare
sullo stesso banco degli imputati boss, politici e uomini
delle forze dell’ordine; lo stesso pm che ha appena
cominciato la requisitoria contro gli ex ufficiali del Ros
Mori e Obinu, accusati di avere favorito la latitanza di
Provenzano, in funzione della stessa logica
“trattativista” .
Una sovraesposizione alimentata adesso dagli
“avvertimenti” giunti in Procura e spediti lo stesso
giorno, il 21 marzo, in cui il pg della Cassazione
Gianfranco Ciani ha avviato un procedimento disciplinare nei
confronti di Di Matteo, accusato di avere violato i
“doveri di diligenza e di riserbo”, e il “diritto alla
riservatezza” del Capo dello Stato, confermando in
un’intervista l’esistenza delle conversazioni
intercettate, già svelata il giorno prima dal sito
Panorama.it.
È facile intuire, infatti, che le parole di Teresi
sull’“ambiente esterno che non garantisce serenità”,
si riferiscano anche all’iniziativa di Ciani, citato da
Loris D’Ambrosio nelle conversazioni con il senatore
Mancino: l’alto magistrato al quale il Quirinale ha
chiesto con una lettera di intervenire sull’allora
procuratore antimafia Piero Grasso per “coordinare o
addirittura avocare” l’inchiesta di Palermo. Intervento
che Grasso si è correttamente rifiutato di compiere,
ritenendo la richiesta estranea – come lui stesso ha detto
– ai suoi doveri istituzionali.
da Il Fatto Quotidiano del 2 aprile 2013
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/02/amici-romani-del-
boss-vogliono-uccidere-di-matteo/548912/
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Via dall'Afghanistan, Karzai ci oltraggia pure dopo il sangue versato...
3 aprile 2013 16:41
fastweb
2 aprile 2013 17:52
Un' altra strage, stavolta pure annunciata ma chi crede stavolt?!.
27 marzo 2013 22:16
Quelle troie che si trovano in Parlamento...". Dopo la frase di Battiato