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Con la Boldrini alla Presidenza si chiuderanno i Cie?
di francescomangascia
16 marzo 2013 15:41
 
Ora, con la nomina dell’On. Boldrini alla Presidenza della Camera, voglio proprio vedere che farà in un futuro governo, la sinistra in relazione a quel crimine contro l'umanità dei Cie, e sull’abominevole reato di clandestinità, per cui si restringono esseri umani in specie di campi di concentramento, all’interno di un paese in cui ad alcuni politici che pretendono e ottengono di non farsi processare per reati per cui sono stati rinviati a giudizio riesce, con disonore per il paese, di ottenere spesso e volentieri l’immunità a delinquere richiesta. Buon Lavoro!
Francesco Mangascià
Ci si attenderebbe che non venga riservato alcun rispetto per il bussiness dei Cie.

Quanto ci costano i Cie (e chi li gestisce)
di Maurizio Bongioanni



(Leggi anche "Cie: grandi gruppi e concorrenza al ribasso")

(Ascolta anche l'audio inchiesta di Antonello Mangano "Gli intrappolati")




200mila euro al giorno, 73 milioni l'anno (dal rapporto "Lampedusa non è un'isola" dell'associazione "A Buon Diritto"): il sistema delle espulsioni in Italia è una macchina per far soldi che non conosce crisi. Tale sistema lucra sulla pelle di chi ha lasciato un paese a causa di conflitti spesso alimentati dalla nazione in cui emigra, che si indebita e rischia la vita nella speranza di iniziarne una nuova.


L'Italia, peraltro già condannata nel febbraio 2012 dalla Corte di Strasburgo per aver violato i diritti d'asilo dei migranti, preferisce investire milioni di euro per contrastare l'immigrazione irregolare piuttosto che sviluppare percorsi di integrazione e di multiculturalismo.



L'espulsione

Dal 1999 al 2011 è stato speso quasi un miliardo di euro per tutte le procedure connesse all'espulsione dei migranti. 287 milioni solo dal 2008 al 2011 e i costi sono destinati a salire. Gli allegati alla Finanziaria 2011 parlano di altri 169 milioni per il 2012 e 211 milioni per il 2013.

I voli di espulsione forzata, sostenuti con i Fondi Rimpatrio dell'Unione Europea, sono un tipico esempio di questa enorme macchina da soldi e dei suoi relativi sprechi. Nel rapporto della Commissione diritti umani del Senato su carceri e centri di trattenimento per migranti senza permesso di soggiorno presentata a marzo 2012 si legge che per ogni cittadino straniero rimpatriato lo Stato italiano paga cinque biglietti aerei: uno per la persona da espellere e quelli di andata e ritorno per i due agenti che la scortano. Si usano voli di linea oppure charter appositamente organizzati dall'agenzia per il pattugliamento delle frontiere esterne dell'Unione Europea, Frontex. È sufficiente dare un'occhiata al bilancio di Frontex per capire meglio di che numeri stiamo parlando: più di 8 milioni spesi per rimpatriare 2038 persone, più o meno 4mila euro a testa. E la cifra include solamente le spese di viaggio. Quando nel settembre 2011 il Parlamento Europeo ha approvato lo stanziamento di fondi aggiuntivi per 43,9 mil di euro destinati ai Paesi più esposti ai flussi migratori, buona parte di questi (24 milioni) sono stati destinati a Frontex per rafforzare il pattugliamento marittimo. Una spiegazione dell'alto costo delle forze dell'ordine deriva anche dal fatto che gli agenti vengono sottoposti continuamente a corsi di aggiornamento e di formazione specifica sulle procedure di espulsione. Come ha confermato Michelangelo Latella della direzione centrale Immigrazione e polizia delle frontiere durante una conferenza nell'estate 2011, “il rapporto è di due agenti per ogni straniero e se riusciamo, ne mettiamo qualcuno in più, ad esempio 70 poliziotti per 30 persone”.

A queste risorse vanno aggiunte quelle relative alla sorveglianza: nel 2004 la Corte dei Conti ha calcolato che per mantenere 800 addetti alla vigilanza sono stati spesi 26,3 milioni di euro. E negli anni successivi il numero di addetti è aumentato. E quindi anche il costo complessivo.



I Cie

Ma soprattutto ci sono i CIE (Centro di identificazione e espulsione) dove vengono “parcheggiati” i migranti in attesa del rimpatrio forzato. Ce ne sono 13 in Italia, per un totale di 4mila posti, ai quali vanno aggiunti quelli temporanei e “galleggianti”, come le tre navi civili ormeggiate al porto di Palermo e che hanno ospitato 700 tunisini durante l'emergenza Lampedusa (90mila euro al giorno per il noleggio delle navi). Da una relazione tecnica del servizio studi della camera del 2008 risulta che costruire un posto letto nel Cie di Torino è costato in media 78mila euro. Contando che la struttura ha 180 posti, il costo complessivo è stato di circa 14 milioni. In quell'anno sono stati stanziati in totale 78 milioni di euro da spendere in tre anni, fino al 2010, per la costruzione di nuovi Cie.

Nonostante questi dati, altri 18 milioni di euro sono stati destinati, grazie a un'ordinanza del presidente del Consiglio Mario Monti del 23 gennaio, per riaprire e ricostruire due vecchi centri, quello di Santa Maria Capua Vetere (Ce), chiuso il 9 giugno 2011 in seguito a una rivolta che aveva incendiato e distrutto parte della struttura, e quello di Palazzo San Gervasio (Pz). Senza contare che un anno fa il periodo di detenzione amministrativa è stato triplicato da 6 a 18 mesi aumentando così il rischio di disumanizzazione e di scontri all'interno di queste strutture. In termini economici, se la permanenza è più lunga servono anche più posti. Considerata la permanenza media, dal fermo all'uscita dal centro il costo pro capite è di 10mila euro a immigrato.

Dai dati forniti dal prefetto Angela Pria, Capo Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, sono stati spesi in un anno (dati aggiornati a febbraio 2012) 18 milioni e 607 mila euro per coprire i costi di servizi all'interno dei centri. Servizi che vengono appaltati a soggetti privati che spesso non riescono a coprire l'assistenza sanitaria in modo completo, come ad esempio accade a Roma, al Cie di Ponte Galeria, il più grande centro di detenzione amministrativa in Italia. Il rapporto “Le sbarre più alte” sul centro romano realizzato da Medu (Medici per i Diritti Umani) rivela che l'ente gestore è in grado di assicurare solo un'assistenza sanitaria di primo livello e che il personale dell'ASL non ha accesso al centro. Questa “mancanza” provoca ritardi nel percorso diagnostico-terapeutico come nel caso di un immigrato di 32 anni a cui è stato asportato un tumore dopo 13 mesi dai primi segnali della malattia. Ora questa persona riporta una seria invalidità e tuttora è a rischio di recidività.



Immigrazione come emergenza

L'immigrato è una sorta di risorsa economica per lo Stato che anziché spendere per la sua permanenza sul territorio italiano, abdica all'emergenza il suo trattenimento. Le gare d’appalto per la gestione dei Cie vengono effettuate dalle prefetture in parziale deroga alla disciplina sugli appalti, grazie all’emergenza immigrazione che è stata dichiarata nel 2002 e da allora prorogata di anno in anno da tutti i governi. Con casi di servizi gonfiati: ad esempio a Modena e Bologna si superavano i 70 euro giornalieri a trattenuto contro i 45 medi. Soldi che ovviamente non vanno ai migranti reclusi, ma agli enti che gestiscono i servizi nei centri. L'arrivo dei migranti in Italia è gestito dalla Protezione Civile, come se questi rappresentassero una calamità naturale. E anche su questo, per quanto riguarda i costi, vige l'esperienza tutta italiana di mancanza di fondi: a metà 2011, per il Piano di accoglienza e sistemazione degli immigrati nelle Regioni, erano stati assegnati al Fondo per la Protezione Civile 30 milioni di euro. La cifra necessaria ipotizzata dalla bozza di accordo fra governo ed enti locali era di 110.



Le alternative

Che la macchina delle espulsioni non funzioni per nulla è una tesi suffragata dai dati. In Italia ci sono 500mila irregolari e nei Cie finiscono in un anno circa 7mila persone da espellere. Di queste solo la metà vengono effettivamente espulse. In totale, secondo i dati raccolti da Medu, gli stranieri rimpatriati sono stati appena lo 0,7% del totale di migranti irregolari in Italia. Il tasso di efficacia nel triennio 2008-2010 non ha superato la soglia del 50% e il numero complessivo dei rimpatri effettivamente eseguiti è in costante decrescita, mentre è più che raddoppiato il numero di immigrati che sono scappati dai centri (dal 4,5% del 2010 al 10% del 2011).

In definitiva, che cosa si potrebbe fare con questi soldi invece di investirli nell'espulsione? La risposta è fornita dal collettivo di Sbilanciamoci: corsi pubblici e gratuiti di insegnamento della lingua italiana, soluzioni abitative dignitose per i rom, un sistema nazionale di protezione contro il razzismo, l'inserimento scolastico di bambini e giovani di origine straniera, borse di studio per studenti stranieri, spazi interculturali e pubblici. Già, un business del tutto diverso.



Chi gestisce i 13 Cie italiani:



LOMBARDIA

Milano Corelli: Croce Rossa Italiana



PIEMONTE

Torino Brunelleschi: Croce Rossa Italiana



FRIULI VENEZIA GIULIA

Gradisca d'Isonzo: Consorzio Connecting People



CALABRIA

Lamezia Terme: Malgradotutto – Lamezia Terme

Crotone: Misericordie Italia



SICILIA

Caltanissetta Pian del Lago: Albatros 1973

Trapani Ioc Milo: Connecting People tramite Coop. Insieme

Trapani Serraino Vulpitta: al momento chiuso



PUGLIA

Bari Palese: Oer (Operatori emergenza radio) Onlus

Brindisi, Restinco: Connecting People



EMILIA ROMAGNA

Modena e Bologna: L'Oasi



LAZIO

Roma, Ponte Galeria: Cooperativa Auxilium


LEGGERE
Cie: grandi gruppi e concorrenza al ribasso
di Maurizio Bongioanni

(Leggi anche "Quanto ci costano i Cie e chi li gestisce")

I Centri di Identificazione ed Espulsione sono di competenza esclusiva dello Stato ma la loro gestione viene affidata a cooperative sociali attraverso appalti pubblici indetti dalla Prefettura. In molti casi le cooperative, pur non condividendo l'eticità di alcuni lavori, tra cui quelli svolti negli Opg o nei Cie, accettano il lavoro per evitare il fallimento: una sorta di ricatto lavorativo. Tante altre volte si tratta di puri e semplici scandali che dimostrano come sulla pelle di persone che investono i propri risparmi, si indebitano, lasciano la propria terra di origine e rischiano la vita per cercarne una nuova, ecco proprio sulla pelle di queste persone vi sono affaristi che si sfregano le mani.

Nel caso dei Cie è difficile riconoscere le motivazioni che hanno spinto le cooperative a scegliere di gestire gli immigrati reclusi. Ma ci sono dei dettagli che possono far propendere per una tesi piuttosto che un'altra.

La gestione dei 13 Cie italiani è stata spartita principalmente fra tre grandi gruppi. La Croce Rossa - che è anche stata il primo ente designato a gestire questi centri costruiti dallo Stato per far fronte alle prime ondate “emergenziali” - oggi ha ancora in carico il Cie di Corso Brunelleschi a Torino e quello di Via Cirielli a Milano. Poi ci sono una grande cooperativa, L'Oasi di Siracusa, e un consorzio di cooperative, il Connecting People di Trapani. La Cooperativa Auxilium infine si occupa di gestire il Cie di Roma.



L'Oasi gestisce i Cie di Modena e Bologna. Con 28 euro al giorno per persona



Il modello di gestione dei Cie messo in campo da L'Oasi piace tanto allo Stato che preferisce tagliare sui costi pro capite piuttosto che investire in percorsi di integrazione. Infatti, per mancanza di fondi, lo Stato ha abbassato la retta quotidiana destinata ai reclusi di questi centri portandola da una cifra media di 45 a 30 euro al giorno. Attraverso la modalità dell'asta al ribasso, la cooperativa L'Oasi si è aggiudicata la gestione dei Cie di Bologna e di Modena per soli 28 euro al giorno. Come si farà a mandare avanti una situazione già di per sé delicata con così poche risorse economiche ancora nessuno lo ha spiegato. “Il criterio del prezzo più basso è un impedimento alla partecipazione al bando di affidamento della gestione dei centri di accoglienza da parte delle aziende che offrono maggiori garanzie di affidabilità e più radicate nel territorio di pertinenza e potrebbe invece favorire l'accesso ad organizzazioni non idonee” è stato il commento di Sandra Zampa, deputata Pd che da tempo critica il sistema di gestione e le condizioni all'interno dei Cie. Come cambierà quindi la vita del centro? “Noi abbiamo gestito il centro con 69 euro e 50 al giorno per persona (in un carcere, se ne spendono 112)” racconta Anna Maria Lombardo che prima de L'Oasi è stata la direttrice dei Cie di Modena e di Bologna per conto della Confraternita della Misericordia. “E vi assicuro che non sono tanti. Basti pensare a quanto costa un medico: 23 euro l’ora. A mio avviso, gestire un centro con 28 euro al giorno è impossibile”.



Dal Cara di Cassabile (chiuso dopo numerose interrogazioni), alla gestione di tre Cie



Fra i soci del consorzio L'Oasi, che dall'1 luglio gestisce Bologna e Modena oltre allo Ioc Milo di Trapani, c’è anche Marco Bianca, già vicepresidente della cooperativa Alma Mater che gestiva il CARA (Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo) di Cassibile, chiuso dopo varie interrogazioni parlamentari. Come ha spiegato Rita Bernardini, deputata della delegazione radicale del Pd: “Mi sono meravigliata che ad aver vinto il bando per la nuova gestione sia stato lo stesso responsabile del Cara di Cassibile, che dopo le mie interrogazioni è stato chiuso”. Alma Mater nel 2008 era finita sotto inchiesta per truffa ai danni dello Stato, per una serie di fatture gonfiate per l’acquisto di arredamenti, lavori di ristrutturazione e servizi di lavanderia all'interno del CARA. La vicenda si concluse poi con un nulla di fatto: le prove raccolte erano inutilizzabili per la mancata richiesta di proroga delle indagini. Il pm Antonino Nicastro aveva comunque chiesto il rinvio a giudizio per don Arcangelo Rigazzi e Marco Bianca, rispettivamente presidente e vicepresidente di Alma Mater. La richiesta non fu accolta dal giudice dell’udienza preliminare.

L'Oasi gestisce anche il Cie di Trapani, Ioc Milo, dopo aver vinto con un appalto da sei milioni e seicentomila euro 'iva esclusa' per tre anni. Alla gara ha battuto la cooperativa Insieme del consorzio Connecting People, nato proprio a Trapani e da anni gestore di Cie e Cara per richiedenti asilo in tutta Italia. Il nuovo centro di detenzione per migranti non in regola con il permesso di soggiorno è stato aperto in anticipo, l'8 luglio 2011 per rinchiudere prevalentemente i tunisini sbarcati a Lampedusa dopo il 5 aprile. Per un breve periodo di tempo, in un'ottica emergenziale, il Cie era stato affidato alla cooperativa Insieme in attesa dell'appalto. Dopo la gara, persa, ha fatto ricorso ma ha perso nuovamente. “Abbiamo contestato il prezzo troppo basso” racconta Giuseppe Scozzari, presidente del consorzio Connecting People. “La cooperativa Oasi ha vinto sul ribasso d'asta a 28 euro, noi avevamo partecipato al rialzo con 38: quella cifra non si può sostenere, preferisco non lavorare piuttosto che non pagare i dipendenti”.



Le proposte per un cambiamento



Ma le proposte di un cambiamento arrivano proprio dall'altro protagonista degli appalti, il consorzio Connecting People che gestisce i Cie di Brindisi, Trapani e Gorizia. Il consigliere della cooperativa Mauro Maurino ha infatti formulato quattro proposte concrete che potrebbero cambiare il quadro dell’accoglienza. In primis, un contributo di accoglienza che sia indirizzato al comune dove questa avviene: “Non è possibile – dice Maurino – che a fronte delle grandi risorse stanziate per l’emergenza non ci sia nulla che finisca ai Comuni. La realizzazione, con quelle risorse, di un fondo per le politiche sociali destinato a tutto il territorio interessato avrebbe il grande vantaggio, ad esempio, di dimostrare a tutti i cittadini che tutta la collettività può trarre anche un vantaggio concreto dall’accoglienza. Contestualmente, si potrebbero attuar piani di rimpatrio assistito per quei migranti che ritengono fallito, o semplicemente concluso, il loro progetto migratorio ma che non hanno i mezzi per tornare a casa. Terza proposta: che nella seconda fase dell’accoglienza vengano garantite all’interno dei centri attività di promozione della legalità e della cittadinanza”. Infine, il recupero del concetto di sponsorizzazione: “Oggi – spiega Maurino – nelle gare sui contratti dei centri governativi il gestore acquisisce un punteggio maggiore se si dice disponibile a non farsi pagare la quota del 10% di presenze oltre la capienza massima del centro. Cambiamo questa clausola e trasformiamola in una clausola di sponsorizzazione chiedendo al gestore di impegnarsi nell’arco di 60 giorni, con azioni concrete, a trovare un inserimento professionale a una certa percentuale delle persone che ottengono lo status di rifugiato o la protezione umanitaria”.
 
 
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16 marzo 2013 15:41
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