Buongiorno a tutti, oggi è il primo compleanno di
Passaparola, da un anno siamo insieme a farci compagnia con
questo appuntamento del lunedì e vorrei parlarvi di una
questione che mi è capitata, ma non è un fatto personale,
naturalmente riguarda un tema molto importante che è la
nostra storia repubblicana, anzi il doppiofondo della nostra
storia repubblicana.
Tutto è cominciato qualche giorno fa quando il Capo dello
Stato ha ricevuto al Quirinale due vedove simbolo dei
ministeri della nostra storia repubblicana, la vedova del
Commissario Luigi Calabresi e la vedova dell'anarchico
Giuseppe Pinelli, quest'ultimo precipitò dalla finestra
della Questura di Milano poco dopo la strage di Piazza
Fontana, per la quale era stato sospettato, ingiustamente
sospettato in base a quella pista anarchica che la Questura
di Milano aveva imboccato a causa di una velina falsa,
depistante, trasmessa agli organi di Polizia dall'allora
Ministro dell'Interno, in particolare dall'Ufficio Affari
Riservati del Viminale, quello che per anni, anni e anni è
stato presidiato e guidato da un personaggio molto
particolare, il Prefetto Federico Umberto d'Amato.
La velina sulla pista anarchica portò le forze dell'ordine
milanesi a imboccare la strada del sospetto nei confronti di
Pietro Valpreda che peraltro era stato riconosciuto dal
tassista Rolandi e poi si è scoperto che in realtà quel
riconoscimento era anche plausibile nel senso che Valpreda
somigliava molto a una persona che a buon titolo poteva
essere coinvolta in quella strage, poi alla fine dopo una
lunga custodia cautelare - all'epoca si chiamava
carcerazione preventiva - e dopo molti processi dalle
alterne sentenze, venne riconosciuto innocente. Nel
frattempo, grazie alle indagini prima condotte da giudici
milanesi come Gerardo d'Ambrosio, Emilio Alessandrini, al
Giudice Stiz di Trento, si era poi arrivati alla pista
autentica, quella vera, quella che poi è stata certificata
anche da una sentenza della Cassazione, la pista nera, la
pista dei neofascisti, neonazisti di ordine nuovo, in
particolare delle cellule venete: Freda, Ventura, Zorzi,
questi erano i capi delle cellule venete e della cellula
milanese di ordine nuovo.
Il Commissario Calabresi fu indicato come il colpevole
dell'assassinio di Pino Pinelli, fu indicato da molti
intellettuali in un famoso appello, alcuni dei quali poi
hanno chiesto scusa per avere ingiustamente criminalizzato
il commissario Calabresi definendolo l'assassinio di
Pinelli, il defenestratore di Pinelli e fu proprio lo stesso
Gerardo d'Ambrosio a trattare quella vicenda e alla fine a
scagionare Calabresi che era stato criminalizzato da una
campagna lanciata da Lotta Continua e ripresa da molti
intellettuali molto famosi anche di sinistra, che in buona o
in cattiva fede, avevano individuato in lui il mostro, colui
che aveva individuato la pista anarchica e colui che aveva
defenestrato l'anarchico Pinelli. In realtà si è scoperto
non solo che Calabresi e Pinelli erano amici, anche perché
Pinelli veniva spesso sentito, gli anarchici in quel periodo
qualche bomba dimostrativa l'avevano piazzata anche se
Pinelli non c'entrava direttamente, quindi si regalavano
addirittura dei libri a Natale il Commissario e l'anarchico,
ma soprattutto si accertò e lo accertò Gerardo d'Ambrosio,
grazie a testimonianze assortite, persino di giornalisti che
erano presenti quella sera e quella notte in Questura,
sapevano benissimo che nel momento in cui cadde Pinelli
dall'ufficio dal Commissario Calabresi, quest'ultimo non era
presente nell'ufficio, anzi era in un'altra area del
Palazzo, dall'altra parte, molto lontano, quindi non poteva
essere minimamente responsabile di quella caduta, caduta che
poi fu attribuiti dal Giudice d'Ambrosio a un malore che
aveva colto Pinelli che poi era precipitato da una specie di
piccolo ballatoio nel quale era andato a fumare, a prendere
un po' d'aria aprendo la porta - finestra dello studio di
Calabresi.
Pacificazione di una stagione di stragi
Comunque siano andate quelle vicende, sono vicende molto
lontane, quindi è stato molto giusto, positivo che le due
vedove di quella stagione si siano ritrovate insieme al Capo
dello Stato, nel 40° anniversario della strage di Piazza
Fontana, perché a dicembre ci sarà il 40° compleanno di
una strage che poi ha cambiato la storia d'Italia e sia
Pinelli, sia Calabresi furono le vittime a scoppio ritardato
di quella strage dopo le vittime, che invece erano cadute a
causa di quella bomba neofascista, perché Calabresi fu
lasciato solo dallo Stato durante quella campagna di
criminalizzazione che poi armò la testa e la mano dei
killer di Lotta Continua. Sapete che per il delitto
Calabresi sappiamo chi è stato, sappiamo chi ha guidato la
macchina e sappiamo chi ha ordinato quel delitto: quel
delitto fu ordinato dal capo del servizio d'ordine di Lotta
Continua Giorgio Pietrostefani, fu avallato dal leader di
Lotta Continua Adriano Sofri che disse a Leonardo Marino,
l'operaio FIAT che era stato un po' da autista a Sofri e era
stato incaricato di condurre l'automobile per accompagnare
il killer che era Ovidio Bompressi e Marino prima di
accettare di partecipare a un omicidio, visto che mai prima
di allora l'organizzazione si era macchiata di attività di
questo genere, si era limitata a rapine, a esercitazioni
militari ma non a omicidi, Marino prima di andare a Milano a
partecipare all'attentato mortale a Calabresi, volle sapere
dal leader di Lotta Continua di Sofri, del quale si fidava
ciecamente, se anche Sofri era a conoscenza di questo
progetto e Sofri gli disse di fare esattamente quello che
gli aveva ordinato Pietrostefani e nel caso in cui fosse
stato arrestato di nominare un certo Avvocato di Bologna che
era un amico dell'organizzazione e allora poi Marino rubò
la macchina utilizzata per l'attentato e accompagnò
Bompressi che sparò e uccise il Commissario Calabresi in
Via Cherubini.
Anche Calabresi fu vittima dunque a scoppio ritardato della
stagione che si era creata con la strage di Piazza Fontana e
del depistaggio, perché se non ci fosse stato il
depistaggio del Viminale dell'Ufficio Affari Riservati che
additava la pista sbagliata, quella anarchica per
allontanare i sospetti dei neofascisti che erano molto
legati a spezzoni dei servizi segreti italiani e soprattutto
americani, Calabresi non sarebbe stato indotto a interrogare
gli anarchici, non ci sarebbe stato l'interrogatorio a
Pinelli, non ci sarebbe stata la tragica morte di Pinelli e
quindi non ci sarebbe stata la campagna contro Calabresi e
quindi non ci sarebbe stato l'omicidio di Calabresi.
Quindi quella stagione, il nostro Capo dello Stato, molto
giustamente ha cercato non di chiuderla, ma di accompagnarla
a una fase di pacificazione, purtroppo non tra i
protagonisti che sono morti, ma tra le vedove dei
protagonisti.
Parole giuste e parole infelici
In quell'occasione il Capo dello Stato ha detto una cosa
molto giusta e una cosa molto infelice secondo me. Cito da
"Il Corriere della Sera": "Napolitano e le stragi, manca
ancora la verità", dice il Capo dello Stato Giorgio
Napolitano "Per attentati come quello di Piazza Fontana - e
per quelli che lo seguirono, anche quelli rossi ovviamente
perché dopo Piazza Fontana nasce il terrorismo rosso -
manca un'esauriente verità giudiziaria anche se nel caso di
Milano, Piazza Fontana, procedimenti e inchieste
parlamentari hanno identificato l'ispirazione politica". Non
è proprio esatto che manchi una verità giudiziaria, è
mancata la punizione dei colpevoli, ma la sentenza ultima
della Cassazione su Piazza Fontana ha stabilito che gli
attentatori facevano parte di Ordine Nuovo, della colonna
veneta di Ordine Nuovo e che i probabili complici o
responsabili di quell'attentato tra i quali Freda e Ventura
non possono più essere processati e eventualmente
condannati perché erano già stati assolti nei processi che
si sono celebrati negli anni in cui le indagini furono
ferocemente depistate, quest'ultimo processo, come quello in
corso parallelo per l'attentato di Brescia a Piazza della
Loggia, sono invece nati da nuove indagini, da nuovi
collaboratori, come Martino Siciliano e come un altro, credo
si chiami Carlo Digilio che hanno collaborato con la
giustizia che hanno consentito di rifare i processi,
purtroppo non più a carico di quelli tipo Freda e Ventura
che erano già stati giudicati una volta e già assolti -
sapete che in Italia non si può essere processati due volte
per lo stesso reato, si chiama "ne bis in idem" questo
principio giuridico - ma la Cassazione, questo è
importante, pur non potendo mandare in galera nessuno, ci
dice che quella era la matrice, quello era l'ambiente e era
un ambiente neofascista, neonazista, Ordine Nuovo
pesantemente infiltrato da uomini dei servizi segreti
americani e italiani, se fossero deviati o meno non mi
avventuro perché per esistere una deviazione, deve esistere
una direzione corretta, non so se i nostri servizi segreti
abbiano mai avuto nella loro maggioranza una direzione
corretta, per cui si può parlare di deviazioni, molto
spesso le deviazioni sono proprio quelle dei fedeli
servitori dello Stato che deragliano rispetto al binario,
che è quello principale, che invece in realtà spesso si
occupa di coprire queste stragi, questi omicidi politici,
perché molto spesso queste stragi e questi omicidi politici
sono stati o disposti o avallati o lasciati fare da uomini
delle istituzioni, quindi chi è deviato rispetto a cosa non
si è mai capito, servizi di sicurezza americani e
italiani.
Dice Napolitano: "da allora in Italia si incrociarono
diverse trame eversive da un lato di destra neofascista con
connivenze anche in seno a apparati dello Stato - parole
sante - dall'altro di sinistra estremista e rivoluzionaria,
fino al dilagare delle Brigate Rosse, poi prima linea etc.
etc." il Presidente - dice Il Corriere - rammenta i
tentativi di creare con le bombe un clima di convulso
allarme o disorientamento e quindi una destabilizzazione del
sistema, una svolta autoritaria con depistagli, dice il
Presidente della Repubblica, di una parte degli apparati
dello Stato e poi si augura che almeno nel processo per la
strage di Brescia, affiorino verità, come nel caso di
Piazza Fontana e giustizia, cioè che qualche colpevole si
riesca a condannarlo e a mandarlo finalmente in
galera!"
Poi aggiunge, e questa è la parte secondo me discutibile,
"per quante riserve si possano nutrire sulle conclusioni
raggiunte, non si possono gettare indiscriminati e ingiusti
sospetti su chi indagò e sulla Magistratura - e su questo
siamo d'accordo, la Magistratura fu a sua volta depistata, -
coloro che si occupavano delle stragi sono magistrati
valorosi come D'Ambrosio, come Emilio Alessandrini che poi
è stato addirittura assassinato dai terroristi rossi,
avendo indagato su Piazza Fontana.
La parte discutibile è quella che viene adesso: "il nostro
Stato Democratico proprio perché è rimasto democratico e
in esso abbiamo vissuto, non in un fantomatico doppio Stato,
porta su di sé il peso della verità incompiuta".
Napolitano dice: un conto è parlare di questi depistaggi,
deviazioni, strategie della tensione etc., etc., un conto è
dire che l'Italia è vissuta in un doppio Stato, la teoria
del doppio Stato è stata illustrata, sostenuta da molti
storici, molti giornalisti, politici, politologi, storici
italiani e stranieri che sulla base delle carte hanno notato
come in Italia, nella Prima Repubblica e purtroppo anche
nella Seconda, ci siano due livelli istituzionali: il
livello pubblico, quello che va in scena a beneficio di noi
cittadini o forse spettatori e sudditi, è uno stato che
professa democrazia, trasparenza, legalità, rispetto della
vita, correttezza, dietro le quinte, invece, spesso le
stesse persone, spesso altre persone che però appartengono
sempre allo stesso Stato, hanno commissionato omicidi, hanno
tollerato stragi, hanno depistato indagini su omicidi e
stragi, insomma hanno fatto della violenza e dell'omicidio e
della strage uno strumento di lotta politica alternativo,
rispetto a quello che veniva professato e testimoniano sul
palco, sulla scena.
La teoria del doppio Stato
Il doppio Stato è questo, uno Stato di vizi privati e
pubbliche virtù, uno Stato che per giunta era a sovranità
limitata perché in base a accordi internazionali che
qualcuno ha fatto risalire a Yalta in Italia, non poteva
darsi l'eventualità che il partito Comunista andasse al
governo, naturalmente il Partito Comunista non è mai andato
al governo innanzitutto perché non è mai riuscito a
vincere le elezioni, il sorpasso ci fu soltanto, se non
erro, nella seconda metà degli anni 70, in occasione di
un'elezione europea, nelle elezioni politiche il Partito
Comunista prese sempre un po' meno rispetto alla Democrazia
Cristiana e comunque non aveva alleati a sufficienza per
arrivare al 51%, ma erano già pronti dei piani e questo è
stato dimostrato, per impedire al Partito Comunista di
diventare partito di governo anche nel caso in cui fosse
riuscito a raggiungere democraticamente la maggioranza.
E' vero che il Partito Comunista per molti anni è stato un
partito non democratico, un partito legato all'Unione
Sovietica, ma è anche vero che le regole democratiche,
purtroppo, devono valere per tutti e quindi è strano che ci
fossero accordi internazionali per impedire che anche per
via democratica il Partito Comunista potesse entrare nel
novero dei partiti di governo.
Colui che stava lavorando per portare il Partito Comunista
nell'area di Governo e cioè Aldo Moro, fu rapito dalle
Brigate Rosse e ciascuno può pensarla come vuole sul caso
Moro, sicuramente ci sono dei libri che segnalano, come
quelli di un grande investigatore storico - politico e
giornalista come Sergio Flamigni che ha dedicato quasi tutta
la sua vita ai misteri del caso Moro e a quei legami, molto
probabili tra i pezzi delle Brigate Rosse e pezzi dei nostri
servizi segreti o almeno legami inconsapevoli, infiltrazioni
da parte dei servizi italiani, dentro le Brigate Rosse, se
non per pilotarle, almeno per governare certi loro
comportamenti o almeno per sorvegliarli in tempo reale o
addirittura per anticiparli e per studiarne le mosse.
Il discorso di Napolitano dunque arriva da un lato alla
richiesta di fare verità e giustizia e questo è
ineccepibile, dall'altro a negare il fatto che l'Italia
abbia vissuto in un doppio Stato, quello pubblico e quello
privato, quello che si esibiva e quello che trescava,
depistava, uccideva, faceva stragi!
Di questo doppio Stato credo che non ci si possa neanche
mettere a discutere, perché è un fatto notorio, nel senso
che basta leggere pazientemente sentenze come quella a
carico di Giulio Andreotti definitiva, come quella di primo
grado a carico di Dell'Utri sulla parte delle trattative tra
lo Stato e la mafia e tra esponenti della politica e la
mafia negli anni della nascita della seconda Repubblica, ma
basta leggere con attenzione la storia della strage di
Portella della Ginestra che inaugurò di fatto la Prima
Repubblica nei giorni caldi delle elezioni che decisero se
l'Italia avrebbe avuto un futuro nell'occidente con la
vittoria della Democrazia Cristiana e dei suoi alleati il 18
aprile 1948 o invece se avrebbe avuto un governo del fronte
popolare delle sinistre con alla guida Togliatti.
La Portella della Ginestra quindi è una delle pietre
fondanti della prima Repubblica, esattamente come la strage
di Capaci, quella di Via D'Amelio, quella di Milano, di
Firenze e di Roma sono le stragi, purtroppo fondanti della
seconda Repubblica, la prima Repubblica è nata dalla
Resistenza, della Costituente e lo sappiamo, ma
immediatamente all'esordio c'è una bomba, uno sterminio di
sindacalisti a Portella della Ginestra, in Sicilia, in
Provincia di Palermo, dove a sparare ci sono gli uomini
della banda Giuliano, gli uomini della mafia e uomini dei
servizi di sicurezza.
Il bandito Giuliano viene usato dallo Stato, ricatta uomini
dello Stato che lo hanno usato, un suo parente stretto
Gaspare Pisciotta sa tutto e quando Giuliano viene ucciso
per il tradimento di Gaspare Pisciotta con i Carabinieri che
poi fanno una pantomima e fingono che Giuliano sia morto in
un conflitto a fuoco con loro, Gaspare Pisciotta diventa il
ricattatore perché anche lui è a conoscenza di tutti i
misteri di Portella della Ginestra e dell'assassinio di
Salvatore Giuliano e dal carcere dove viene arrestato per
l'omicidio di Giuliano, lancia messaggi continui ai
politici, a Scelba Ministro dell'Interno dell'epoca e a
altri esponenti della politica e delle istituzioni, dicendo
so, voglio parlare, finché viene messo a tacere con il
famoso caffè corretto al veleno.
Di storie come queste abbiamo.. Sindona che era un altro che
poteva parlare e che è stato silenziato con un caffè
corretto al veleno, abbiamo le sentenze sulle stragi
fondative sulla seconda Repubblica che ci dicono come siano
stati condannati soltanto i mandanti diretti e gli esecutori
materiali, mentre i mandanti dell'intera strategia stragista
politico - terroristica che la mafia mette in atto per conto
terzi, uccidendo intanto Falcone che probabilmente è
l'unica strage interamente mafiosa, anche se di significato
politico di quella strategia, ma dal delitto Borsellino,
dalla strage di Capaci alla strage di Via Palestro a Milano,
alla strage di Firenze in Via dei Georgofili, alla strage di
Roma, alle bombe di Roma alle basiliche di San Giorgio a
Cremano, San Giovanni Laterano e poi l'ultima strage, quella
che viene all'ultimo momento annullata nel novembre 1993,
proprio alla vigilia delle elezioni fondative della seconda
Repubblica, quelle che verranno finte 3, 4 mesi dopo da
Forza Italia, noi abbiamo la certezza, perché è la
certezza giudiziaria, che quei mandanti occulti esterni alla
mafia e occulti perché non sono stati trovati esistono e
visto che non sono stati trovati sono a piede libero, forse
siedono in qualche istituzione importante e forse qualcuno
che sa qualcosa siede in qualche istituzione importante e
non è un caso forse, se in questi 15 anni ci siamo
preoccupati molto più delle stragi altrui, quelle di
Alcaida che a noi, per fortuna, finora non ha fatto danni,
invece di occuparsi delle stragi nostre, dei morti nostri,
dico i morti che gridano ancora giustizia da sottoterra a
Firenze, Milano, Roma e Palermo.
Quindi che esista questo doppio Stato con buona pace del
nostro Capo dello Stato è un dato di fatto e è addirittura
un fatto notorio, lo sanno tutti, per leggere la continua
doppiezza di Stato e doppio Stato, andatevi a vedere uno
splendido libro che vi ho già segnalato più volte, "Il
ritorno del principe" di Roberto Scarpinato, intervista a
Saverio Lodato pubblicato da Chiare Lettere.
Napolitano legittimamente ritiene che il doppio Stato non
c'è, e è fantomatico, naturalmente in un paese democratico
ci si domanderebbe: A) com'è possibile che il Capo dello
Stato, non un giornalista, possa dire che pezzi delle
istituzioni hanno depistato stragi, hanno lavorato in
un'oscura strategia della tensione per creare un clima di
allarme, per destabilizzare il sistema, per una svolta
autoritaria, per nascondere i veri colpevoli, quale
Presidente della Repubblica di quale paese democratico
potrebbe dire del suo paese quello che ha detto giustamente
il nostro Capo dello Stato, quindi il fatto che l'Italia sia
un unicum per la sua storia e per l'uso del delitto del
crimine come strumento di lotta politica, è un fatto, nella
sentenza Andreotti si scrive che Andreotti andava a
discutere dell'omicidio di Mattarella prima che venisse
perpetrato e dopo che era stato perpetrato e con chi ne
discuteva? Con il mandante dell'omicidio Mattarella, Stefano
Bontate allora capo della mafia, senza ricordarsi di
avvertire Mattarella.
Questo è doppio Stato, non c'è niente altro da dire, si
chiama doppio Stato, il Capo dello Stato ritiene che sia
fantomatico e dicevo: affari suoi! Nel senso che non spetta
al Capo dello Stato raccontare la storia d'Italia, la storia
d'Italia la raccontano gli storici, la cercano gli storici,
facendo funzionare il loro libero diritto di ricerca, di
pensiero, di critica, la cercano di giornalisti, i
cittadini, gli archivisti, i politici, i politologi, chi fa
la storia non la può scrivere nelle democrazie, è nelle
dittature che c'è la storia ufficiale l'ipse dixit, l'ha
detto il Capo dello Stato, la storia è questa e noi storici
di regime ci mettiamo a 90 gradi, obbediamo e ci facciamo
mettere il timbro dello Stato sulla nostra storia di Stato,
ma la storia di Stato è qualcosa di terribile, di
sovietico, di autoritario! Era Mussolini in Italia che
voleva fare la storia e anche scriverla
contemporaneamente!
Se lo dice il Quirinale, allora è vero
Da noi la cronaca dell'ippica non la può scrivere il
cavallo ovviamente, quest'ultimo corre e ci sarà qualcuno
che racconta come ha corso. Invece un giornalista, fino a
qualche settimana fa vicedirettore del Correre della Sera
Pierluigi Battista, prende quella frasetta di Napolitano,
trascurando le altre, per fargli dire che gli storici devono
smetterla di cercare le prove del doppio Stato perché?
Perché l'ha detto Napolitano, il Quirinale affondò
l'ideologia del doppio Stato e qui fa una lunga lista di
storici che dovrebbero intanto vergognarsi per quello che
hanno sostenuto in questi anni e poi dovrebbero smetterla
con queste dietrologie, fa i nomi di Sergio Flamini peraltro
chiamandolo Flamini mentre si chiama Flamigni, non sa
neanche come si chiama la persona con cui sta polemizzando,
Giuseppe Lupis che ha fatto dei bellissimi libri di storia
sui servizi segreti italiani, Aldo Giannuli, i fratelli
Cipriani, Giovanni, Fasanella, Sandro Provvisionato, Dimitri
Buffa, Nicola Arano, Carlo Lucarelli se la prende anche con
Lucarelli e dice "basta" il Capo dello Stato ha suonato il
silenzio, quindi statevi zitti!
Ipse dixit è una cultura un po' autoritaria, ricorda il
Ministero della verità del 1984 Orwell il Ministero della
Verità, decide lui quali sono le verità vere, quali sono
quelle false, decide il governo quali parole dobbiamo usare,
infatti la pace diventa guerra, decide lo Stato, la storia e
addirittura il vocabolario!
Vado alla fiera del libro, dico che questa cosa mi
sconcerta, vedere un giornalista o un iscritto all'ordine
dei giornalisti, che invita gli storici e i giornalisti a
smetterla di fare ricerche e a mettersi a 90 gradi sulla
storia ufficiale che è stata sancita, secondo lui, dal Capo
dello Stato, esplode il finimondo! Ricordo anche alla fiera
del libro che Giorgio Napolitano era stato protagonista da
un'altra infelice dichiarazione, quando era diventato il
primo Ministro dell'Interno comunista e non democristiano
della storia d'Italia, nel 1996 nel primo Governo Prodi,
appena insediato al Viminale il 23 aprile, proprio
nell'anniversario della strage di Capaci, aveva detto a
Lucia Annunziata "mi impegno alla massima trasparenza. ma
non vado lì per aprire armadi. farò tutto quello che sarà
necessario per risolvere la trasparenza, ma non intendo
rifare la storia di 50 anni, non vado a fare indagini
retrospettive" valeva la pena di portarci un ex comunista al
Viminale per sentir dire delle cose che avrebbero potuto
dire anche Cossiga e Andreotti, tanto valeva lasciarci
Cossiga e Andreotti che gli armadi li avevano tenuti chiusi
per 50 anni! Si sperava che un ex comunista li aprisse,
invece lui tende subito a rassicurare che lui gli armadi non
li apriva!
Su "Il Corriere della Sera" esce un articolo delirante e
dice "Doppio Stato, attacco show di Travaglio, un attacco
violento a Giorgio Napolitano" per avere io citato una frase
che ha detto Napolitano "vilipendio" semmai è
"autovilipendio" dopodiché c'è scritto che nell'incontro
che era organizzato da Micromega, non c'è stato il
contraddittorio, non mi ero portato qualcuno a parlarmi
sopra a interrompermi e a insultarmi come di solito
vorrebbero fare questi signori!
Dopodiché sotto si scrive che la mia teoria ricorda il
Ministero della verità di Orwell con un ribaltamento totale
della realtà, perché nel Ministero della Verità di Orwell
non c'è nessuno che fa ricerche libere, io invece ho
chiesto che si continui a fare ricerche libere sul doppio
Stato anche se il Capo dello Stato non gradisce! Quindi ho
detto esattamente il contrario, è chi interpreta le frasi
del Capo dello Stato come la fine delle ricerche storiche
che dovrebbe essere accusato di avere nostalgia per il
Ministero della Verità di Orwell ma comunque questo per
dirvi come viene fatta l'informazione su quello che passa
per essere il primo quotidiano italiano!
Quando Napolitano non voleva aprire gli armadi
Ieri sera mi chiama Aldo Giannuli, quest'ultimo è uno
storico, un'analista, è stato consulente della Commissione
stragi, è uno dei massimi esperti dei misteri d'Italia e mi
ricorda una cosa che mi ero dimenticato, intanto mi dice che
aveva scritto una lettera al Corriere della Sera per
rispondere a Battista, ma dato che sul Corriere della Sera
vige il contraddittorio, non gliel'hanno pubblicata, e
allora l'ha pubblicata sul suo sito che chiunque voglia
consultare è aldogiannuli.it, ma soprattutto Giannuli mi ha
ricordato in quale contesto il Presidente della Repubblica
attuale nel 1996 Ministro Dell'Interno aveva detto "non
aprirò gli armadi, non vado lì a aprire gli armadi" il
contesto era che Federico Umberto d'Amato, il vecchio capo
dell'ufficio affari riservati, quello della velina
depistante di Piazza Fontana sulla pista anarchica, ancora
vivo nel 1996, nei giorni della nascita del Governo Prodi
aveva detto: ah Napolitano Ministro dell'interno, l'abbiamo
tenuto sott'osservazione per 30 anni, è una brava persona!
E' una dichiarazione che poteva sembrare anche un messaggio
un po' così, sta di fatto che dopo quella dichiarazione un
po' così, Napolitano si sente in dovere di dire: ah vado
lì ma non apro gli armadi! Cosa succede? Che pochi mesi
dopo, il primo agosto 1996 Federico Umberto d'Amato muore e
guarda un po' la combinazione, esattamente una settimana
dopo, lui muore il primo agosto, l'8 agosto viene trovato
sulla circonvallazione dell'Appia a Roma un pezzo
dell'archivio segreto del Viminale, un po' di quegli armadi
che Napolitano aveva giurato di non essere arrivato lì per
aprirli e lì c'era di tutto e di più!
Napolitano fa una brutta figura perché trovano degli armadi
non appena lui ha detto: non vado a aprire gli armadi
perché non ce ne sono! Allora lì è un po' a disagio e
dice: non farò sconti a nessuno, farò piena luce. nomina
una Commissione di inchiesta interna, dicendo che poi tutto
ciò che è stato trovato, tutti i risultati di questa
Commissione di inchiesta saranno pubblici.
Purtroppo però dopo qualche mese, quando la Commissione
interna consegna la sua relazione alla Commissione stragi
sull'archivio dell'Appia, si scopre che è tutto segretato,
addirittura per i consulenti della Commissione stragi, i
quali di solito possono andare a consultare anche i
documenti top secret con l'autorizzazione e prendere
appunti.
Per quelle carte dell'Appia e la relazione su quelle carte
dell'archivio riservato dell'Appia, invece il Ministro
dell'Interno, presieduto da Napolitano aveva stabilito che
non potessero portarsi neanche un foglio per prendere
appunti i consulenti che consultavano quelle carte, potevano
soltanto guardarle, dovevano scrivere a che ora avevano
iniziato a guardarle e a che ora avevano smesso di guardarle
e dovevano dire carta per carta quelle che guardavano, il
tutto sotto la sorveglianza di un Carabiniere.
Dopodiché data un'occhiata veloce a questa montagna di
centinaia di carte, tutto è rimasto segreto e segretato per
sempre, ci furono poi degli altri ritrovamenti di altri
pezzi di quegli archivi riservati in altri sottoscala etc.,
etc., insomma si ebbe l'impressione che non solo Napolitano
non fosse andato lì per aprire gli armadi, ma a giudicare
dalla segretezza con cui aveva protetto quelli che si erano
scoperti, fosse arrivato lì addirittura per dare un altro
giro di chiave a quegli armadi!
Naturalmente appena ho parlato, ho toccato evidentemente un
nervo sensibile perché tramite ambienti del Quirinale,
sapete come fa il Quirinale a rispondere, non dice mai
"Napolitano dice" da ambienti vicini al Quirinale fanno
osservare che è stata garantita massima pubblicità e
trasparenza, per nulla al mondo! Massima segretezza come ha
appena dimostrato Giannuli, leggerete il suo testo sul suo
blog.
Ieri è uscito l'ultimo furbo della nidiata che è Fassino
che ha fatto una dichiarazione "ancora una volta Marco
Travaglio ricorre a ricostruzioni fantasiose, giudizi
sommari e espressioni offensive nei confronti del Capo dello
Stato per accreditare presunte verità prive di qualsiasi
reale fondamento, fortunatamente - aggiunge Fassino
esprimendo solidarietà a Napolitano - la stragrande
maggioranza degli italiani sa quanto Giorgio Napolitano in
tutti gli incarichi politici e istituzionali, si sia sempre
ispirato al rigore" è una frase che Fassino avrebbe potuto
pronunciare a proposito di qualunque altra cosa, perché non
ho detto nulla di tutto ciò che lui mi attribuisce, mentre
Fassino naturalmente non sa quello che avevo detto, non sa a
cosa mi riferivo, nessuno ha sentito il bisogno di andare a
verificare che cosa avevo detto e magari un giorno, non dico
a Fassino perché sarebbe troppo, ma a qualcuno che sia
veramente interessato alla nostra democrazia, verrà la
curiosità di domandarsi a eventuali superstiti o loro
eredi, che fine hanno fatto quelle carte secretate nel 1996
con il Carabiniere di piantone e la chiave chiusa a doppia
mandata, passate parola!
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