Un filo rosso che lega idealmente i fatti che vogliamo
raccontare in questa Pagina, con i giorni in cui il nostro
lavoro è andato in stampa. Un filo rosso che unisce la
storia di questi cinquant'anni, nel silenzio che l'ha
accompagnata, nell'ignoranza che l'ha contraddistinta, nella
subdola politica degli autori dello sterminio etnico, dei
giudici conniventi e di chi ha sempre saputo ma ha preferito
non parlare.Non stiamo dando la verità in pillole
preconfezionate, vogliamo solo raccontarvi un pezzo di
storia italiana che non troverete nei libri di scuola;
vogliamo dare il via a un dibattito che attraverso la
riscoperta di una memoria comune, ci può aiutare a trovare
l'impervia strada della pacificazione di un popolo che ha
smarrito il senso di appartenenza alla medesima vicenda
nazionale. Abbiamo parlato di ignoranza, di silenzio, di
politica subdola e giudici conniventi. Un esempio: a
Novembre del 1998 si è decretato il non luogo a procedere
nei confronti di tre infoibatori. La scusa? I reati
sarebbero stati commessi su parte del territorio nazionale
successivamente ceduto ad altro Stato.Peccato, che
l'esercizio della giurisdizione non viene meno in quanto si
fonda sull'applicabilità della legge italiana, per essere
stato il reato commesso in territorio nazionale al tempo
della sua consumazione. Peccato per tanta ignoranza e
malafede da parte di chi dovrebbe rappresentare ognuno di
noi. Un'ultima considerazione: il giudice che ha istruito il
processo e gli avvocati di parte civile continuano a
ricevere minacce di morte per il loro interessamento alla
vicenda dei tre assassini. Non aspettatevi di trovare queste
notizie sulle prime pagine dei giornali. Per certa gente
continuano ad esistere italiani, morti, assassini, avvocati
e giudici di serie A e di serie B; anche per loro abbiamo
scritto questa dispensa.
Genocidio
Foibe, campi di sterminio, fosse comuni, tombe senza nomi e
senza fiori, dove regna il silenzio dei vivi ed il silenzio
dei morti. Migliaia di scomparsi dalla storia che attendono
giustizia e verità. Scomparvero dalle loro case,
dall'affetto dei loro cari, dalla loro terra, dalla Patria
che tutti amavano al di là delle diverse ideologie
politiche.Insieme vittime di un disegno criminale basato
sull'odio etnico degli slavi e sull'ideologia
marxista-leninista, che saldarono il IX Corpus e le armate
titine in un'unica fratellanza con i collaborazionisti
italiani, rei di essersi macchiati del sangue dei fratelli,
sacrificati sull'altare di un sogno utopistico di
internazionalismo emancipatore dei popoli.Tra il 25 luglio
1943 (caduta del Regime fascista) e l'8 Settembre 1943 (data
della comunicazione dell'Armistizio, in effetti firmato il
3.9.1943) nelle zone del confine orientale (Friuli, Area
giuliana-goriziana, Trieste, Istria e Dalmazia) tedeschi
(slavi alleati dei tedeschi e partigiani slavi comunisti)
preparano le contromosse alla prevista modifica di posizione
dell'Italia nei confronti della alleanza.In quel tempo nelle
aree suddette, erano presenti, con i loro interessi
nazionali o internazionali marxisti, le seguenti fazioni: i
rappresentanti del Regio esercito italiano (che
controllavano non solo le provincie italiane di Pola, Fiume
e Zara, Spalato, ma anche l'acquisita provincia slovena di
Lubiana e l'intera Dalmazia), i tedeschi (che ritenevano
essenziale il controllo delle vie di comunicazione con i
Balcani sia dal punto di vista strategico che per il
transito delle materie prime), gli sloveni (divisi tra
filo-tedeschi e filo-comunisti con sfumature nazionaliste),
i croati (il regno di Croazia, più o meno affiliato alla
Corona d'Italia, aveva in Ante Pavelic l'espressione
nazionalista, filo-tedesca, anti-ebrea e anti-italiana), i
croati filo-comunisti (inquadrati nelle forze della
Resistenza, presenti in Istria e a contatto con italiani
comunisti), i serbi cetnici, le formazioni volontarie slave
inquadrate nelle Ss (Bosniaci, Croati, ecc.).L'area,
inoltre, da sempre considerata di influenza britannica,
collegava le sue mosse a rapporti stretti sia con Londra che
con Mosca, attraverso le variegate componenti
etnico-politiche.Questo groviglio di gruppi non si fa
trovare impreparato l'8 settembre, ad eccezione degli
italiani, le cui Forze armate, abbandonate a se stesse, sono
preda dei tedeschi e dei partigiani. La creazione dell'Ozak
(zona d'operazioni del Litorale adriatico) da parte dei
tedeschi e la nascita della Rsi (Repubblica sociale
italiana) che riprende in mano la guida delle istituzioni
civili e di polizia (carabinieri, Guardia di Finanza,
Pubblica sicurezza confinaria ecc.) contribuiscono a
"bonificare" la zona, che però non è indenne da atti di
guerriglia, prelevamenti di persone e sparizione,
rappresaglie, deportazioni di natura etnico-politica.Le
autorità del Reich (nell'ambito delle quali si distinguono
due ali: quella tedesca e quella austriaca, rappresentata
dal commissario Rainer e dal comandante Ss Globocnick)
stringono nuove alleanze appoggiando le nuove fazioni che si
sono create e rafforzate nell'area (in Slovenia: Bela Garda
e Domobranci - milizie armate anti comuniste e filo
tedesche; in Croazia: Ustascia - milizie filo-naziste, ultra
nazionaliste e permeate di mito etnico) a discapito degli
interessi italiani. Tuttavia il Governo repubblicano
fascista riesce a far sopravvivere la struttura
amministrativa e la presenza militare attraverso reparti
come la Xa- Mas, il Battaglione bersaglieri "Mussolini", il
reggimento alpini "Tagliarnento", la Mdt (Milizia difesa
territoriale), naturalmente i corpi di Polizia (carabinieri,
Guardia di Finanza e Pubblica sicurezza) ed altri corpi
militari e para-militari di vario spessore ed importanza
(Guardia civica, Brigate nere, ecc.).Va rafforzandosi anche
la Resistenza italiana che però si presenta divisa in
partigiani garibaldini comunisti che dal 1944 collaboreranno
totalmente con la Resistenza slava rappresentata dal IX
Corpus, rendendosi responsabili di collaborazione nei
prelevamenti di italiani, come provato dalle testimonianze
dei familiari dei deportati, e di eccidi di anti-comunisti
(Porzus 7.2.1945), sono cioè, la parte più dura nella
guerra civile (Gap) - e in partigiani osovani.Dal 1944 sono
presenti nell'area forti contingenti di cosacchi, caucasici
e turkmeni, inquadrati in formazioni militari tedesche ai
quali era stata promessa una terra ed una patria nelle zone
dell'Ozak. La presenza di numerosi militari paracadutati tra
i partigiani (inglesi, americani, russi) e di incontri e
missioni tra il Regno del Sud e reparti militari della Rsi
rendono sempre più complessa la situazione che esplode alla
caduta del fronte ed al crollo della Germania. E' così che
il primo maggio, truppe comuniste titine entrano in Trieste
e Gorizia e, aiutate dai collaborazionisti italiani, fornite
di liste di prescrizione, prelevano, deportano, infoibano e
detengono in campi di sterminio circa 12.000 Italiani
(secondo il Cln).A Zara, erano entrate il 30.10.1944 mentre
a Fiume e Pola entreranno il 3.5.1945.Il disegno di
genocidio fu condotto senza distinzioni politiche razziali
ed economiche o di sesso ed età; furono arrestati fascisti
ed anti-fascisti (anche partigiani), cattolici ed ebrei,
industriali, dipendenti privati ma anche agricoltori,
pescatori, donne, vecchi, bambini, e soprattutto, i
servitori dello Stato (carabinieri, poliziotti, finanzieri,
militi della Guardia civica, ecc.).Le Foibe colpirono una
parte dei prelevati e furono la tomba di alcuni centinaia di
italiani, ma la maggioranza finì in campi di sterminio ed
in fosse comuni.
Momenti di una tragedia
La storia non è solo lo studio di date, di fenomeni, di
battaglie, di interpretazioni, ma la visione di quell'eterno
mosaico composto da milioni di tasselli che parlano di
uomini e donne con i loro dolori, le loro tragedie, i loro
sogni, i loro affetti.E' per questo che i flash che
accendiamo nel buio della galleria scura dell'ipocrisia e
del silenzio creata in cinquant'anni di falsa storia vi
sembreranno scarni, crudi, duri, ma vogliono ricondurre
l'interpretazione della stessa alla lettura della vita, dei
drammi e delle tragedie di migliaia di italiani.
Zara: " ... Nelle giornate del 7 e 8 novembre 1944 (Zara
cadde in mano partigiana il 30 ottobre 1944) furono fatti
uscire dai sotterranei della caserma "Vittorio Veneto" una
ventina di agenti ed una trentina di civili ivi rinchiusi, e
quindi, trasportati assieme ad altri venticinque civili
nell'isola di Ugliano. Dopo che i partigiani accompagnatori
hanno consumato il pasto e bevuto abbastanza, vengono
invitati i primi venticinque a lasciare i loro abiti e
rimanere solo con le scarpe, pantaloni e camicia. Dopo tale
operazione vengono avviati lungo un sentiero terminante in
un precipizio a picco sul mare e qui massacrati come cani. I
cadaveri finiscono nel buffone lì vicino. Liquidati i
primi, i partigiani tornano indietro per eseguire la stessa
operazione con gli altri. Difatti anche questi vengono
invitati a togliersi i vestiti e a rimanere solo con gli
stessi indumenti dei primi; inoltre, raccolti tutti i
documenti ed ogni carta tenuta dagli agenti, si procede alla
loro distruzione col fuoco..." (doc. 12 Ministero
Esteri)
Fiume: " ... avvennero arresti di antifascisti e fascisti,
purché italiani. Per non fare lunghi elenchi di nomi voglio
notare alcuni tra quelli completamente fuori da ogni
movimento fascista. L'architetto Pagan, il quale, per essere
dissenziente al movimento fascista, fu arrestato il giorno 3
maggio. Fu arrestata pure la moglie di un ufficiale della
Marina italiana, combattente a fianco degli Alleati, nata
Sennis. In seguito venne arrestata anche sua madre, la
direttrice didattica Sennis. Altra persona arrestata fu
Riccardo Bellandi, amatissimo per il suo buon cuore da tutti
i fiumani ".
Spalato: "... Le nefaste giornate vissute dagli italiani di
Spalato durante la temporanea occupazione delle bande
serbo-comuniste resteranno dolorosamente scolpite nella
mente di quanti hanno avuto la triste sorte di esserne
testimoni oculari. Integerrime figure di patrioti italiani
vennero barbaramente seviziate ed uccise. Oltre
quattrocentocinquanta furono le vittime cadute nell'eccidio
compiuto dai banditi contro cittadini che altra colpa non
avevano se quella di essere italiani. Le notizie che
giungono dalla dolorante terra di Dalmazia sono quanto mai
angosciose. Oltre all'eccidio dei maestri delle scuole di
Spalato e di altri paesi dell'interno della Dalmazia,
risultano uccisi il conte Silvio de Micheli Vitturi e
l'avvocato Matteo Mirossevich, commissari comunali alla
Castella, nonché il fiduciario del Fascio di Castel San
Giorgio Mario Valich, gli squadristi Vincenzo Bilinich, Ben
Radovnicovich, Antonio Biuk, Simeone Segnanovich, Antonio
Bonacci, Stefano Zocchich, tale Craglich, i fratelli
Vittorio e Michele Fiorentino e tanti altri. Pure, sotto il
piombo della furia omicida dei banditi, sono caduti vari
commissari di Pubblica sicurezza, assieme ad una ottantina
di agenti. Tra gli scomparsi figura anche il dottor Popov,
il dottor Maiano, il dottor Castellini e il dottor Sorge. A
Lissa è stato ucciso lo squadrista Petrossich. Giuseppe
Trzich e la figlia del viceprefetto Lugher, che da Zara si
recavano a Spalato, sono stati anch'essi barbaramente
assassinati. Numerosi sono gli italiani i quali prima di
essere uccisi hanno dovuto sottostare a crudeltà
inaudite.
A taluni sono stati strappati con delle tenaglie roventi gli
orecchi, altri, rinchiusi in gabbie di ferro, sono stati
esposti al ludibrio della plebaglia.
A stroncare tale scempio di vite umane sono sopraggiunte le
truppe tedesche, costrette a combattere aspramente prima di
aver ragione dei banditi che si erano asserragliati a
Salona, la quale, data la violenza della lotta, è stata
completamente distrutta..."
F O I B E
( Se PRIMO LEVI avesse visto quanto descritto quì
sotto...
la frase "se c'è Auschvitz non può esistere Dio" forse non
l'avrebbe scritta. )
AUSCHWITZ, DACHAU, TREBLINKA...?
NO, FOIBE.
Foiba di Basovizza e Monrupino -
Oggi monurnenti nazionali. Diverse centinaia sono gli
infoibati in esse precipitati. Sul massacro di Basovizza il
giornale "Libera Stampa" in data 1.08.1945 pubblicava un
articolo dal titolo: "Il massacro di Basovizza confermato
dal Cln giuliano. Piena luce sia fatta in nome della
civiltà. Una dettagliata documentazione trasmessa alle
autorità alleate della zona ed al Governo
italiano".L'articolo riportava un documento sottoscritto da
tutti i componenti del Cln e di quelli dell'Ente costitutivo
autonomia giuliana, che così denunciava i crimini ac-
caduti a Trieste tra fl 2 ed il 5 maggio: "Centinaia di
cittadini vennero trasportati nel cosiddetto "Pozzo della
Miniera" in località prossima a Basovizza e fatti
precipitare nell'abisso profondo duecentoquaranta metri. Su
questi disgraziati vennero in seguito lanciate le salme di
circa centoventi soldati tedeschi uccisi nei combattimenti
dei giorni precedenti e le carogne putrefatte di alcuni
cavalli. Al fine di identificare le salme delle vittime e
rendere possibile la loro sepoltura abbiamo chiesto
consiglio agli esperti che hanno collaborato, a suo tempo,
al recupero delle salme nelle Foibe istriane.L'attrezzatura
a disposizione dei nostri esperti non è sufficiente data
l'eccezionale profondità del pozzo, il numero delle salme e
lo stato di putrefazione delle stesse ......Davanti alle
accuse che vengono fatte da alcuni organi di stampa, di
uccisioni indiscriminate, che avrebbero interessato anche
esponenti antifascisti, il giornale "Primorski Dnevník" in
data 5.08.1945, smentendo l'uccisione di patrioti italiani,
ammette l'infoibamento di italiani a Basovizza e
particolarmente di poliziotti e finanzieri.Cosi scrive: "...
Questa nuova Jugoslavia del maresciallo Tito, che per il
numero delle vittime, per la vittoria comune occupa senza
dubbio il secondo posto ,dopo l'Unione sovietica e che è
rispettata ed onorata dalla popolazione slovena, croata e
italiana di questa regione, non è possibile che abbia oltre
alla Guardia di frontiera fascista, ai poliziotti, gettato
nelle Foibe anche i combattenti che hanno combattuto da
fratelli per la nuova Jugoslavia e dieci soldati
neozelandesi...."E, proseguendo,con la definizione cinica
dell'alibi che ancora oggi alcuni storici sloveni e croati
sottolineano, giunge a dire: "... sulla terra che ha
sofferto per venticinque anni il terrore snazionaliz-zatore
italo-fascista si è combattuto per anni contro i
nazi-fascisti assieme ad onesti italiani ed antifascisti non
è questa la prima e nemmeno l'unica grotta dove si
polverizzano le ossa dei criminali italiani e tedeschi e di
quelli che si sono opposti..."Tra i responsabili degli
infoibamenti a Basovizza può essere indicata la Banda
Zoll-Steffè che presso le carceri triestine dei Gesuiti
imperversò sotto la denominazione della Guardia del
popolo.
Foiba di Scadaicina-
sulla strada di Fiume.
Foiba di Podubbo -
Non è stato possibile, per difficoltà, il recupero. Il
Piccolo del 5.12.1945 riferisce che coloro che si sono
calati nella profondità di 190 metri, hanno individuato
cinque corpi - tra cui quello di una donna completamente
nuda - non identificabili a causa della decomposizione.
Foiba di Drenchia -
Secondo Diego De Castro vi sarebbero cadaveri di donne,
ragazzi e partigiani dell'Osoppo.
Abisso di Semich -
" ... Un'ispezione del 1944 accertò che i partigiani di
Tito, nel settembre precedente, avevano precipitato
nell'abisso di Semich (presso Lanischie), profondo 190
metri, un centinaio di sventurati: soldati italiani e
civili, uomini e donne, quasi tutti prima seviziati e ancor
vivi. Impossibile sapere il numero di quelli che furono
gettati a guerra finita, durante l'orrendo 1945 e dopo.
Questa è stata una delle tante Foibe carsiche trovate
adatte, con approvazione dei superiori, dai cosiddetti
tribunali popolari, per consumare varie nefandezze. La Foiba
ingoiò indistintamente chiunque avesse sentimenti italiani,
avesse sostenuto cariche o fosse semplicemente oggetto di
sospetti e di rancori. Per giorni e giorni la gente aveva
sentito urla strazianti provenire dall'abisso, le grida dei
rimasti in vita, sia perché trattenuti dagli spuntoni di
roccia, sia perché resi folli dalla disperazione.
Prolungavano l'atroce agonia con sollievo dell'acqua
stillante. il prato conservò per mesi le impronte degli
autocarri arrivati qua, grevi del loro carico umano,
imbarcato senza ritorno..." (Testimonianza di Mons. Parentin
- da La Voce Giuliana del 16.12.1980).
Foibe di Opicina, di Campagna e di Corgnale -
" ... Vennero infoibate circa duecento persone e tra queste
figurano una donna ed un bambino, rei di essere moglie e
figlio di un carabiniere..." (G. Holzer 1946).
Foibe di Sesana e Orle -
Nel 1946 sono stati recuperati corpi infoibati.
Foiba di Casserova-
Sulla strada di Fiume, tra Obrovo e Golazzo. Ci sono stati
precipitati tedeschi, uomini e donne italiani, sloveni,
molti ancora vivi, poi dopo aver gettato benzina e bombe a
mano, l'imboccatura veniva fatta saltare. Difficilissirni i
recuperi.
Abisso di Semez -
Il 7 maggio 1944 vengono individuati resti umani
corrispondenti a ottanta - cento persone. Nel 1945 fu ancora
"usato".
Foiba di Gropada -
Sono recuperate cinque salme."... Il 12 maggio 1945 furono
fatte precipitare nel bosco di Gropada trentaquattro
persone, previa svestizione e colpo di rivoltella "alla
nuca". Tra le ultime: Dora Ciok, Rodolfo Zuliani, Alberto
Marega, Angelo Bisazzi, Luigi Zerial e Domenico
Mari..."
Foiba di Villa Orìzi -
Nel mese di maggio del 1945, gli abitanti del circondario
videro lunghe file di prigionieri, alcuni dei quali
recitavano il Padre Nostro,scortati da partigiani armati di
mitra, essere condotte verso la voragine. Le testimonianze
sono concordi nell'indicare in circa duecento i prigionieri
eliminati.
Foiba di Cernovizza (Pisino) -
Secondo voci degli abitanti del circondario le vittime
sarebbero un centinaio. L'imboccatura della Foiba,
nell'autunno del 1945, è stata fatta franare.
Foiba di Obrovo (Fiume) -
E' luogo di sepoltura di tanti fiumani, deportati senza
ritorno.
Foiba di Raspo -
Usata come luogo di genocidio di italiani sia nel 1943 che
nel 1945. Imprecisato il numero delle vittirne.
Foiba di Brestovizza -
Così narra la vicenda di una infoibata il "Giornale di
Trieste in data 14.08.1947. "... Gli assassini l'avevano
brutalmente malmenata, spezzandole le braccia prima di
scaraventarla viva nella Foiba. Per tre giorni, dicono i
contadini, si sono sentite le urla della misera che giaceva
ferita, in preda al terrore, sul fondo della grotta..".
Foiba di Zavni (Foresta di Tarnova) -
Luogo di martirio dei carabinieri di Gorizia e di altre
centinaia di sloveni oppositori del regime di Tito.
Foiba di Gargaro o Podgomila (Gorizia) -
A due chilometri a nord-ovest di Gargaro, ad una curva sulla
strada vi è la scorciatoia per la frazione di Bjstej. A una
trentina di metri sulla destra della scorciatoia vi è una
Foiba. Vi furono gettate circa ottanta persone.
Foiba di Vines -
Recuperate dal Maresciallo Harzarich dal 16.10.1943 al
25.10.1943 cinquantuno salme riconosciute. In questa Foiba,
sul cui fondo scorre dell'acqua, gli assassinati dopo essere
stati torturati, furono precipitati con una pietra legata
con un filo di ferro alle mani. Furono poi lanciate delle
bombe a mano nell'interno. Unico superstite, Antonio
Radeticchio, ha raccontato il fatto.
Cava di Bauxite di Gallignana -
Recuperate dal 31 novembre 1943 all'8 dicembre 1943 ventitre
salme di cui sei riconosciute.
Foiba di Terli -
Recuperate nel novembre del 1943 ventiquattro salme,
riconosciute.
Foiba di Treghelizza -
Recuperate nel novembre del 1943 due salme,
riconosciute.
Foiba di Pucicchi -
Recuperate nel novembre del 1943 undici salme di cui quattro
riconosciute.
Foiba di Surani -
Recuperate nel novembre del 1943 ventisei salme di cui
ventuno riconosciute.
Foiba di Cregli -
Recuperate nel dicembre del 1943 otto salme,
riconosciute.
Foiba di Cernizza -
Recuperate nel dicembre del 1943 due salme,
riconosciute.
Foiba di Vescovado -
Scoperte sei salme di cui una identificata.
Altre foibe da cui non fu possibile eseguire recupero nel
periodo 1943 - 1945:
Semi
Jurani
Gimino
Barbana
Abisso Bertarelli
Rozzo
Iadruichi.
Foiba di Cocevie a 70 chilometri a sud-ovest da Lubiana
Foiba di San Salvaro.
Foiba Bertarelli (Pinguente) - Qui gli abitanti vedevano
ogni sera passare colonne di prigionieri ma non ne vedevano
mai il ritorno.
Foiba di Gropada.
Foiba di San Lorenzo di Basovizza.
Foiba di Odolina - Vicino Bacia, sulla strada per Matteria,
nel fondo dei Marenzi.
Foiba di Beca - Nei pressi di Cosina.
Foibe di Castelnuovo d'Istria - "Sono state poi riadoperate
- continua il rapporto del Cln - le foibe istriane, già
usate nell'ottobre del 1943".
Cava di bauxite di Lindaro
Foiba di Sepec (Rozzo)
Capodistria - Le Foibe -
Dichiarazioni rese da Leander Cunja, responsabile della
Commissione di indagine sulle Foibe del capodistriano,
nominata dal Consiglio esecutivo dell'Assemblea comunale di
Capodistria:
"... Nel capodistriano vi sono centosedici cavità, delle
ottantuno cavità con entrata verticale abbiamo verificato
che diciannove contenevano resti umani. Da dieci cavità
sono stati tratti cinquantacinque corpi umani che sono stati
inviati all'Istituto di medicina legale di Lubiana. Nella
zona si dice che sono finiti in Foiba, provenienti dalla
zona di S. Servolo, circa centoventi persone di etnia
italiana e slovena, tra cui il parroco di S. Servola,
Placido Sansi. I civili infoibati provenivano dalla terra di
S. Dorligo della Valle. I capodistriani, infatti, venivano
condotti, per essere deportati ed uccisi, nell'interno,
verso Pinguente. Le Foibe del capodistriano sono state usate
nel dopoguerra come discariche di varie industrie, tra le
quali un salumificio della zona .."
La Foiba doveva essere la sua tomba
Riuscì a sopravvivere Giovanni Radeticchio di Sisano.
Ecco il suo agghiacciante racconto:
"... addi 2 maggio 1945, Giulio Premate accompagnato da
altri quattro armati venne a prelevarmi a casa mia con un
camioncino sul quale erano già i tre fratelli Alessandro,
Francesco e Giuseppe Frezza nonché Giuseppe Benci.
Giungemmo stanchi ed affamati a Pozzo littorio dove ci
aspettava una mostruosa accoglienza; piegati e con la testa
all'ingiù fecero correre contro il muro Borsi, Cossi e
Ferrarin. Caduti a terra dallo stordimento vennero presi a
calci in tutte le parti del corpo finché rinvennero e poi
ripetevano il macabro spettacolo. Chiamati dalla prigionia
al comando, venivano picchiati da ragazzi armati di pezzi di
legno. Alla sera, prima di proseguire per Fianona, dopo
trenta ore di digiuno, ci diedero un piatto di minestra con
pasta nera non condita. Anche questo tratto di strada a
piedi e per giunta legati col filo di ferro ai polsi due a
due, così stretti da farci gonfiare le mani ed urlare dai
dolori. Non ci picchiavano perché era buio. Ad un certo
momento della notte vennero a prelevarci uno ad uno per
portarci nella camera della torture. Era l'ultimo ad essere
martoriato: udivo i colpi che davano ai miei compagni di
sventura e le urla di strazio di questi ultimi. Venne il mio
turno: mi spogliarono, rinforzarono la legatura ai polsi e
poi, giù botte da orbi. Cinque manigoldi contro di me,
inerrne e legato, fra questi una femmina. Uno mi dava
pedate, un secondo mi picchiava col filo di ferro
attorcigliato, un terzo con un pezzo di legno, un quarto con
pugni, la femmina mi picchiava con una cinghia di cuoio.
Prima dell'alba mi legarono con le mani dietro la schiena ed
in fila indiana, assieme a Carlo Radolovich di Marzana,
Natale Mazzucca da Pinesi (Marzana), Felice Cossi da Sisano,
Graziano Udovisi da Pola, Giuseppe Sabatti da Visinada, mi
condussero fino all'imboccatura della Foiba. Per strada ci
picchiavano col calcio e colla canna del moschetto. Arrivati
al posto del supplizio ci levarono quanto loro sembrava
ancora utile. A me levarono le calze (le scarpe me le
avevano già prese un paio di giorni prima), il fazzoletto
da naso e la cinghia dei pantaloni. Mi appesero un grosso
sasso, del peso di circa dieci chilogrammi, per mezzo di
filo di ferro ai polsi già legati con altro filo di ferro e
mi costrinsero ad andare da solo dietro Udovisi, già sceso
nella Foiba. Dopo qualche istante mi spararono qualche colpo
di moschetto. Dio volle che colpissero il filo di ferro che
fece cadere il sasso. Così caddi illeso nell'acqua della
Foiba. Nuotando, con le mani legate dietro la schiena, ho
potuto arenarmi. Intanto continuavano a cadere gli altri
miei compagni e dietro ad ognuno sparavano colpi di mitra.
Dopo l'ultima vittima, gettarono una bomba a mano per
finirci tutti. Costernato dal dolore non reggevo più. Sono
riuscito a rompere il filo di ferro che mi serrava i polsi,
straziando contemporaneamente le mie carni, poiché i polsi
cedettero prima del filo di ferro. Rimasi così nella Foiba
per un paio di ore. Poi, col favore della notte, uscii da
quella che doveva essere la mia tomba..."
CONTINUIAMO A DARE LA CACCIA AGLI EX NAZISTI!
Tratto da un articolo pubblicato su IL SECOLO del 4 giugno
1994
Un "flash" di agenzia del 27 maggio: il governo italiano ha
chiesto alle autorità argentine "di disporre le necessarie
misure" per evitare "una possibile fuga" dell'ex capitano
nazista Erich Priebke che dal 9 maggio scorso è agli
arresti domiciliari nella località andina di Bariloche, a
circa 1.450 chilometri a sud-ovest di Buenos Aires. Bene fa
il nostro governo nel cercare di assicurare alla giustizia
questo criminale di guerra nazista, ma sarebbe ancora meglio
se identica solerzia fosse dimostrata anche nella ricerca di
altri criminali (quelli che agivano con la stella rossa
sulla bustina, tanto per intenderci) dei quali si conoscono,
da sempre, fatti, misfatti, nomi e luoghi di residenza.
Pensiamo alle foibe, voragini disseminate in tutta la
Venezia Giulia e nell'Istria. Molte sono ancora inesplorate.
Furono usate dai croati e dagli sloveni, dal 1943 in poi,
quali enormi fosse comuni per eliminare migliaia di persone
colpevoli solo di essere italiane. L'infoibamento era
l'ultima fase della tortura: le salme avevano i polsi legati
con filo di ferro stretto con le pinze fino a spezzare il
polso. Molti cadaveri furono esumati in coppia, legati con
filo di ferro agli avambracci; e solo uno dei due presentava
colpi di arma da fuoco, l'altro precipitava vivo. Con calci
e bastonate erano portati sull'orlo della foiba. Ma, come ha
scritto Luciano Luciani segretario del Circolo Giuliano
Dalmata di Milano, non c'erano solo le foibe. In Dalmazia
c'era il mare. Centinaia di vittime furono gettate in mare
con una pietra al collo. Tra queste la famiglia del
farmacista Pietro Ticina, di Zara: l'intera famiglia
composta dai genitori, dalla suocera e da una bambina
subirono questa triste sorte. Con disperata energia il padre
riuscì a trascinare con sé uno dei feroci aguzzini.
Ancora: il 30 settembre 1944 l'industriale Nicolò Luxardo
di Zara e sua moglie Bianca Ronzoni, che s'erano rifugiati
sull'Isola Lunga, catturati dai croati, furono gettati
anch'essi in mare con un sasso al collo. Ci furono anche
lapidazioni, impiccagioni, fucilazioni. Giuseppe Cernecca,
di Sanvincenti, fu costretto a portare sul luogo
dell'esecuzione un sacco di pietre con le quali venne
lapidato. Altri due suoi fratelli vennero affogati nel mare
di Santa Marina. Cosa hanno fatto i vari governi, nei
cinquant'anni della prima Repubblica, per assicurare alla
giustizia coloro che si macchiarono di questi efferati
delitti? Quanti magistrati hanno compulsato presso
l'archivio storico del ministero degli Affari Esteri le
buste di documenti relativi ad "atrocità ed illegalità"
commesse dagli jugoslavi contro gli italiani nel periodo che
va dal 1941 al 1945? Dal 24 al 28 luglio 1990 su "La voce
del Popolo" di Fiume, quotidiano della minoranza etnica
italiana in Jugoslavia, apparvero le tre puntate di
un'intervista straordinaria e coraggiosa di tale Laura
Marchig con Oskar Piskulìc-Zuti il cui nome oggi in Italia,
e forse in buona parte della vecchia Jugoslavia, non dice
nulla a nessuno. Per gli esuli di Fiume -ha scritto Amleto
Ballarini su "Il Secolo" del 28 giugno 1992, per quanti là,
volenti o nolenti, rimasero, per gli stessi slavi del Golfo
del Carnaro, quel nome s'associa, con un doloroso riflesso
condizionato dell'anima, all'idea delle foibe. Come dire nel
Biellese, tanto per intenderci, di Moranino Francesco detto
Gemisto. Laura Marchig introduceva la sua intervista con una
premessa che per esser stata pubblicata a Fiume (Rijeka)
assume il valore d'un documento eloquente nella sua
sinteticità come il referto di un'autopsia: "Oskar
Piskulìc, il famoso Zuti, nato a Fiume nel 1920, eroe della
Guerra Popolare di Liberazione, attivista di spicco del
movimento comunista, iscritto al Partito dal 1941, entrato
subito nella resistenza, sia durante la guerra che dopo,
svolgerà sempre funzioni di polizia. Al termine del
conflitto diviene uno dei capi dell'Ozna, la polizia segreta
che più tardi prenderà il nome di Udba. E questo è tutto
quello che c'è da sapere su Oskar Piskulìc... Speravamo,
facendogli un'intervista, di avere dei chiarimenti sia sulla
sua attività di quegli anni sia su alcuni fatti della
storia rimasti oscuri. Avremmo voluto conoscere la storia di
intere famiglie fiumane, viste per l'ultima volta ammassate
per le piazze di Fiume e dopo scomparse per sempre, o quella
di tanti ufficiali e sottufficiali dell'esercito italiano
segregati nelle carceri di via Roma e dopo spariti. Ci
premeva di avere chiarificazioni sulle uccisioni degli
autonomisti fiumani avvenute fra il 3 e il 4 maggio del
1945, subito dopo l'arrivo delle brigate partigiane in
città. E, soprattutto, avremmo voluto sapere il perchè di
queste frettolose esecuzioni sommarie, ma anche assassinii,
compiuti casa per casa. Com'è morto, ad esempio, il Dott.
Mario Blasich, autonomista che da anni giaceva paralizzato
in un letto? La moglie raccontò che furono in due.
Bussarono alla porta e chiesero. - Xe in casa el dotor? - Li
fece accomodare. Dopo un po' se ne andarono. Trovò il
marito strangolato nel suo letto. Come morirono altri
cittadini fiumani che avevano sperato nella creazione di una
Città Stato non soggetta al potere di alcun Paese? Cosa si
nasconde dietro l'uccisione di Giuseppe Sincich, giustiziato
a colpi di pistola? Dietro a quella del dott. Nevio Skull,
padrone della fonderia Skull, la cui storia rimane in
verità ancora più misteriosa? E il senatore Bacci e il
senatore Riccardo Gigante? Cosa ne è stato di tutti gli
altri i cui nomi appaiono come chiazze nere sul vermiglio di
una bandiera? "Tante cose avremmo voluto sapere, ma
confessiamolo, non ne abbiamo cavato un ragno dal buco. Lo
stesso Oskar Piskulìc ci ha confidato di essere legato da
un giuramento che è comune a tutti i membri della polizia
segreta: quello di non rivelare mai, in vita, nemmeno per
iscritto, nemmeno tramite memorie depositate, quello che
sa". Oltre ai senatori del Regno Icilio Bacci (arrestato il
21 maggio 1945) e Riccardo Gigante (arrestato il 4 maggio
1945), alla memoria dei quali il Senato della Repubblica non
ha dedicato alcun ricordo, furono arrestati e uccisi a
Fiume, a guerra finita, per volontà del Piskulìc (che
continua a vivere tranquillamente a Fiume) Carlo Colussi
(già podestà di Fiume) e sua moglie Nerina Copetti in
Colussi; Rodolfo Moncilli; Mario Blasich; Angelo Adam, sua
moglie Ernesta Stefancich e sua figlia Zulema Adam; Nicolò
Cattaro panettiere di Abbazia; Lucia Vendramin; Giuseppe
Sincich; Nevio Skull; il prof. Gino Sirola (ultimo podestà
di Fiume dopo l'8 settembre 1943 e riconfermato il 9
febbraio 1944), che, arrestato dai "titini" a Trieste il 3
maggio 1945, fu riportato a Fiume nella villa Rippa
trasformata in carcere e luogo di torture) e poi scomparve;
Margherita Sennis e sua figlia Gigliola; Angela Neugebaucr,
crocerossina più volte decorata e tanti, tanti altri.
Insieme a Oskar Piskulìc (detto Zuti) e a sua moglie (una
certa Marghitic) operarono a Fiume contro gli italiani: Jovo
Mlademe, Vicko Lorkovic Minack, Milan Cohar, Norino Nalato e
Giuseppe (detto Bruno) Domancich.
I fatti delittuosi commessi da costoro non possono essere
definiti "crimini di guerra" (perché la guerra era ormai
finita) ma veri e propri "crimini contro l'umanità",
imprescrittibili nel tempo.
La nostra solerte Amministrazione cosa ha fatto per
assicurare alla giustizia questi criminali? Sono state
avviate domande di estradizione? Si è iniziato un
procedimento penale a loro carico? Oppure non si è fatto
nulla (omettendo atti d'ufficio), perché ci sono ancora i
morti buoni e quelli cattivi, quelli, per capirci, che
essendo stati uccisi (e i loro corpi gettati chissà dove)
per il solo fatto di essere italiani non destano interesse
alla giustizia degli uomini, perché rappresentano i vinti?
E i vinti hanno sempre torto.
CONTINUIAMO A DARE LA CACCIA AGLI EX NAZISTI E LASCIAMO
IMPUNITI I CRIMINI DEI PARTIGIANI E DEI COMUNISTI!
Causa di morte nelle Foibe
(Studio medico-legale eseguito su centoventuno infoibati,
recuperati nel dopoguerra R. Nicolini e U. Villasanta, sotto
l'egida dell'Istituto di medicina legale e delle
Assicurazioni dell'Università di Pisa. Direttore F.
Domenici)
"... La causa mortis può essere stata:
1. proiettili d'arma da fuoco, di solito sparati al
cranio;
2. precipitazione dall'alto con gli effetti che ne derivano:
fratture multiple, commozione, shock traumatico grave,
embolia, ecc.
3. trauma da corpo contundente (bastone, calcio di fucile,
bottiglie, ecc.) o acuminato con conseguente fratture;
4. questi diversi momenti variamente combinati, sia come
cause sovrapposte, sia come concorrenti.
L'effetto, cioè la morte, non deve essere stato
necessariamente immediato: è ammissibile anche che,
nonostante ferite e traumi, la morte sia avvenuta a distanza
di tempo o per sete o per fame " E
Tutto questo orrore, i partigiani , lo fecero con il
silenzio e la collaborazione dei comunisti italiani (quelli
che vedete onorare nei libri di storia -scritti da altri
comunisti- e sfilare il 25 aprile). Oggi 6500 di questi
assassini non solo vivono liberi in Slovenia e Croazia, ma
addirittura percepiscono pensioni italiane.
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