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Le foibe nei dettagli
di Alex
27 febbraio 2007 0:00
 
Un filo rosso che lega idealmente i fatti che vogliamo raccontare in questa Pagina, con i giorni in cui il nostro lavoro è andato in stampa. Un filo rosso che unisce la storia di questi cinquant'anni, nel silenzio che l'ha accompagnata, nell'ignoranza che l'ha contraddistinta, nella subdola politica degli autori dello sterminio etnico, dei giudici conniventi e di chi ha sempre saputo ma ha preferito non parlare.Non stiamo dando la verità in pillole preconfezionate, vogliamo solo raccontarvi un pezzo di storia italiana che non troverete nei libri di scuola; vogliamo dare il via a un dibattito che attraverso la riscoperta di una memoria comune, ci può aiutare a trovare l'impervia strada della pacificazione di un popolo che ha smarrito il senso di appartenenza alla medesima vicenda nazionale. Abbiamo parlato di ignoranza, di silenzio, di politica subdola e giudici conniventi. Un esempio: a Novembre del 1998 si è decretato il non luogo a procedere nei confronti di tre infoibatori. La scusa? I reati sarebbero stati commessi su parte del territorio nazionale successivamente ceduto ad altro Stato.Peccato, che l'esercizio della giurisdizione non viene meno in quanto si fonda sull'applicabilità della legge italiana, per essere stato il reato commesso in territorio nazionale al tempo della sua consumazione. Peccato per tanta ignoranza e malafede da parte di chi dovrebbe rappresentare ognuno di noi. Un'ultima considerazione: il giudice che ha istruito il processo e gli avvocati di parte civile continuano a ricevere minacce di morte per il loro interessamento alla vicenda dei tre assassini. Non aspettatevi di trovare queste notizie sulle prime pagine dei giornali. Per certa gente continuano ad esistere italiani, morti, assassini, avvocati e giudici di serie A e di serie B; anche per loro abbiamo scritto questa dispensa.

Genocidio

Foibe, campi di sterminio, fosse comuni, tombe senza nomi e senza fiori, dove regna il silenzio dei vivi ed il silenzio dei morti. Migliaia di scomparsi dalla storia che attendono giustizia e verità. Scomparvero dalle loro case, dall'affetto dei loro cari, dalla loro terra, dalla Patria che tutti amavano al di là delle diverse ideologie politiche.Insieme vittime di un disegno criminale basato sull'odio etnico degli slavi e sull'ideologia marxista-leninista, che saldarono il IX Corpus e le armate titine in un'unica fratellanza con i collaborazionisti italiani, rei di essersi macchiati del sangue dei fratelli, sacrificati sull'altare di un sogno utopistico di internazionalismo emancipatore dei popoli.Tra il 25 luglio 1943 (caduta del Regime fascista) e l'8 Settembre 1943 (data della comunicazione dell'Armistizio, in effetti firmato il 3.9.1943) nelle zone del confine orientale (Friuli, Area giuliana-goriziana, Trieste, Istria e Dalmazia) tedeschi (slavi alleati dei tedeschi e partigiani slavi comunisti) preparano le contromosse alla prevista modifica di posizione dell'Italia nei confronti della alleanza.In quel tempo nelle aree suddette, erano presenti, con i loro interessi nazionali o internazionali marxisti, le seguenti fazioni: i rappresentanti del Regio esercito italiano (che controllavano non solo le provincie italiane di Pola, Fiume e Zara, Spalato, ma anche l'acquisita provincia slovena di Lubiana e l'intera Dalmazia), i tedeschi (che ritenevano essenziale il controllo delle vie di comunicazione con i Balcani sia dal punto di vista strategico che per il transito delle materie prime), gli sloveni (divisi tra filo-tedeschi e filo-comunisti con sfumature nazionaliste), i croati (il regno di Croazia, più o meno affiliato alla Corona d'Italia, aveva in Ante Pavelic l'espressione nazionalista, filo-tedesca, anti-ebrea e anti-italiana), i croati filo-comunisti (inquadrati nelle forze della Resistenza, presenti in Istria e a contatto con italiani comunisti), i serbi cetnici, le formazioni volontarie slave inquadrate nelle Ss (Bosniaci, Croati, ecc.).L'area, inoltre, da sempre considerata di influenza britannica, collegava le sue mosse a rapporti stretti sia con Londra che con Mosca, attraverso le variegate componenti etnico-politiche.Questo groviglio di gruppi non si fa trovare impreparato l'8 settembre, ad eccezione degli italiani, le cui Forze armate, abbandonate a se stesse, sono preda dei tedeschi e dei partigiani. La creazione dell'Ozak (zona d'operazioni del Litorale adriatico) da parte dei tedeschi e la nascita della Rsi (Repubblica sociale italiana) che riprende in mano la guida delle istituzioni civili e di polizia (carabinieri, Guardia di Finanza, Pubblica sicurezza confinaria ecc.) contribuiscono a "bonificare" la zona, che però non è indenne da atti di guerriglia, prelevamenti di persone e sparizione, rappresaglie, deportazioni di natura etnico-politica.Le autorità del Reich (nell'ambito delle quali si distinguono due ali: quella tedesca e quella austriaca, rappresentata dal commissario Rainer e dal comandante Ss Globocnick) stringono nuove alleanze appoggiando le nuove fazioni che si sono create e rafforzate nell'area (in Slovenia: Bela Garda e Domobranci - milizie armate anti comuniste e filo tedesche; in Croazia: Ustascia - milizie filo-naziste, ultra nazionaliste e permeate di mito etnico) a discapito degli interessi italiani. Tuttavia il Governo repubblicano fascista riesce a far sopravvivere la struttura amministrativa e la presenza militare attraverso reparti come la Xa- Mas, il Battaglione bersaglieri "Mussolini", il reggimento alpini "Tagliarnento", la Mdt (Milizia difesa territoriale), naturalmente i corpi di Polizia (carabinieri, Guardia di Finanza e Pubblica sicurezza) ed altri corpi militari e para-militari di vario spessore ed importanza (Guardia civica, Brigate nere, ecc.).Va rafforzandosi anche la Resistenza italiana che però si presenta divisa in partigiani garibaldini comunisti che dal 1944 collaboreranno totalmente con la Resistenza slava rappresentata dal IX Corpus, rendendosi responsabili di collaborazione nei prelevamenti di italiani, come provato dalle testimonianze dei familiari dei deportati, e di eccidi di anti-comunisti (Porzus 7.2.1945), sono cioè, la parte più dura nella guerra civile (Gap) - e in partigiani osovani.Dal 1944 sono presenti nell'area forti contingenti di cosacchi, caucasici e turkmeni, inquadrati in formazioni militari tedesche ai quali era stata promessa una terra ed una patria nelle zone dell'Ozak. La presenza di numerosi militari paracadutati tra i partigiani (inglesi, americani, russi) e di incontri e missioni tra il Regno del Sud e reparti militari della Rsi rendono sempre più complessa la situazione che esplode alla caduta del fronte ed al crollo della Germania. E' così che il primo maggio, truppe comuniste titine entrano in Trieste e Gorizia e, aiutate dai collaborazionisti italiani, fornite di liste di prescrizione, prelevano, deportano, infoibano e detengono in campi di sterminio circa 12.000 Italiani (secondo il Cln).A Zara, erano entrate il 30.10.1944 mentre a Fiume e Pola entreranno il 3.5.1945.Il disegno di genocidio fu condotto senza distinzioni politiche razziali ed economiche o di sesso ed età; furono arrestati fascisti ed anti-fascisti (anche partigiani), cattolici ed ebrei, industriali, dipendenti privati ma anche agricoltori, pescatori, donne, vecchi, bambini, e soprattutto, i servitori dello Stato (carabinieri, poliziotti, finanzieri, militi della Guardia civica, ecc.).Le Foibe colpirono una parte dei prelevati e furono la tomba di alcuni centinaia di italiani, ma la maggioranza finì in campi di sterminio ed in fosse comuni.

Momenti di una tragedia

La storia non è solo lo studio di date, di fenomeni, di battaglie, di interpretazioni, ma la visione di quell'eterno mosaico composto da milioni di tasselli che parlano di uomini e donne con i loro dolori, le loro tragedie, i loro sogni, i loro affetti.E' per questo che i flash che accendiamo nel buio della galleria scura dell'ipocrisia e del silenzio creata in cinquant'anni di falsa storia vi sembreranno scarni, crudi, duri, ma vogliono ricondurre l'interpretazione della stessa alla lettura della vita, dei drammi e delle tragedie di migliaia di italiani.

Zara: " ... Nelle giornate del 7 e 8 novembre 1944 (Zara cadde in mano partigiana il 30 ottobre 1944) furono fatti uscire dai sotterranei della caserma "Vittorio Veneto" una ventina di agenti ed una trentina di civili ivi rinchiusi, e quindi, trasportati assieme ad altri venticinque civili nell'isola di Ugliano. Dopo che i partigiani accompagnatori hanno consumato il pasto e bevuto abbastanza, vengono invitati i primi venticinque a lasciare i loro abiti e rimanere solo con le scarpe, pantaloni e camicia. Dopo tale operazione vengono avviati lungo un sentiero terminante in un precipizio a picco sul mare e qui massacrati come cani. I cadaveri finiscono nel buffone lì vicino. Liquidati i primi, i partigiani tornano indietro per eseguire la stessa operazione con gli altri. Difatti anche questi vengono invitati a togliersi i vestiti e a rimanere solo con gli stessi indumenti dei primi; inoltre, raccolti tutti i documenti ed ogni carta tenuta dagli agenti, si procede alla loro distruzione col fuoco..." (doc. 12 Ministero Esteri)

Fiume: " ... avvennero arresti di antifascisti e fascisti, purché italiani. Per non fare lunghi elenchi di nomi voglio notare alcuni tra quelli completamente fuori da ogni movimento fascista. L'architetto Pagan, il quale, per essere dissenziente al movimento fascista, fu arrestato il giorno 3 maggio. Fu arrestata pure la moglie di un ufficiale della Marina italiana, combattente a fianco degli Alleati, nata Sennis. In seguito venne arrestata anche sua madre, la direttrice didattica Sennis. Altra persona arrestata fu Riccardo Bellandi, amatissimo per il suo buon cuore da tutti i fiumani ".

Spalato: "... Le nefaste giornate vissute dagli italiani di Spalato durante la temporanea occupazione delle bande serbo-comuniste resteranno dolorosamente scolpite nella mente di quanti hanno avuto la triste sorte di esserne testimoni oculari. Integerrime figure di patrioti italiani vennero barbaramente seviziate ed uccise. Oltre quattrocentocinquanta furono le vittime cadute nell'eccidio compiuto dai banditi contro cittadini che altra colpa non avevano se quella di essere italiani. Le notizie che giungono dalla dolorante terra di Dalmazia sono quanto mai angosciose. Oltre all'eccidio dei maestri delle scuole di Spalato e di altri paesi dell'interno della Dalmazia, risultano uccisi il conte Silvio de Micheli Vitturi e l'avvocato Matteo Mirossevich, commissari comunali alla Castella, nonché il fiduciario del Fascio di Castel San Giorgio Mario Valich, gli squadristi Vincenzo Bilinich, Ben Radovnicovich, Antonio Biuk, Simeone Segnanovich, Antonio Bonacci, Stefano Zocchich, tale Craglich, i fratelli Vittorio e Michele Fiorentino e tanti altri. Pure, sotto il piombo della furia omicida dei banditi, sono caduti vari commissari di Pubblica sicurezza, assieme ad una ottantina di agenti. Tra gli scomparsi figura anche il dottor Popov, il dottor Maiano, il dottor Castellini e il dottor Sorge. A Lissa è stato ucciso lo squadrista Petrossich. Giuseppe Trzich e la figlia del viceprefetto Lugher, che da Zara si recavano a Spalato, sono stati anch'essi barbaramente assassinati. Numerosi sono gli italiani i quali prima di essere uccisi hanno dovuto sottostare a crudeltà inaudite.

A taluni sono stati strappati con delle tenaglie roventi gli orecchi, altri, rinchiusi in gabbie di ferro, sono stati esposti al ludibrio della plebaglia.

A stroncare tale scempio di vite umane sono sopraggiunte le truppe tedesche, costrette a combattere aspramente prima di aver ragione dei banditi che si erano asserragliati a Salona, la quale, data la violenza della lotta, è stata completamente distrutta..."

F O I B E

( Se PRIMO LEVI avesse visto quanto descritto quì sotto...

la frase "se c'è Auschvitz non può esistere Dio" forse non l'avrebbe scritta. )

AUSCHWITZ, DACHAU, TREBLINKA...?

NO, FOIBE.



Foiba di Basovizza e Monrupino -

Oggi monurnenti nazionali. Diverse centinaia sono gli infoibati in esse precipitati. Sul massacro di Basovizza il giornale "Libera Stampa" in data 1.08.1945 pubblicava un articolo dal titolo: "Il massacro di Basovizza confermato dal Cln giuliano. Piena luce sia fatta in nome della civiltà. Una dettagliata documentazione trasmessa alle autorità alleate della zona ed al Governo italiano".L'articolo riportava un documento sottoscritto da tutti i componenti del Cln e di quelli dell'Ente costitutivo autonomia giuliana, che così denunciava i crimini ac- caduti a Trieste tra fl 2 ed il 5 maggio: "Centinaia di cittadini vennero trasportati nel cosiddetto "Pozzo della Miniera" in località prossima a Basovizza e fatti precipitare nell'abisso profondo duecentoquaranta metri. Su questi disgraziati vennero in seguito lanciate le salme di circa centoventi soldati tedeschi uccisi nei combattimenti dei giorni precedenti e le carogne putrefatte di alcuni cavalli. Al fine di identificare le salme delle vittime e rendere possibile la loro sepoltura abbiamo chiesto consiglio agli esperti che hanno collaborato, a suo tempo, al recupero delle salme nelle Foibe istriane.L'attrezzatura a disposizione dei nostri esperti non è sufficiente data l'eccezionale profondità del pozzo, il numero delle salme e lo stato di putrefazione delle stesse ......Davanti alle accuse che vengono fatte da alcuni organi di stampa, di uccisioni indiscriminate, che avrebbero interessato anche esponenti antifascisti, il giornale "Primorski Dnevník" in data 5.08.1945, smentendo l'uccisione di patrioti italiani, ammette l'infoibamento di italiani a Basovizza e particolarmente di poliziotti e finanzieri.Cosi scrive: "... Questa nuova Jugoslavia del maresciallo Tito, che per il numero delle vittime, per la vittoria comune occupa senza dubbio il secondo posto ,dopo l'Unione sovietica e che è rispettata ed onorata dalla popolazione slovena, croata e italiana di questa regione, non è possibile che abbia oltre alla Guardia di frontiera fascista, ai poliziotti, gettato nelle Foibe anche i combattenti che hanno combattuto da fratelli per la nuova Jugoslavia e dieci soldati neozelandesi...."E, proseguendo,con la definizione cinica dell'alibi che ancora oggi alcuni storici sloveni e croati sottolineano, giunge a dire: "... sulla terra che ha sofferto per venticinque anni il terrore snazionaliz-zatore italo-fascista si è combattuto per anni contro i nazi-fascisti assieme ad onesti italiani ed antifascisti non è questa la prima e nemmeno l'unica grotta dove si polverizzano le ossa dei criminali italiani e tedeschi e di quelli che si sono opposti..."Tra i responsabili degli infoibamenti a Basovizza può essere indicata la Banda Zoll-Steffè che presso le carceri triestine dei Gesuiti imperversò sotto la denominazione della Guardia del popolo.

Foiba di Scadaicina-

sulla strada di Fiume.

Foiba di Podubbo -

Non è stato possibile, per difficoltà, il recupero. Il Piccolo del 5.12.1945 riferisce che coloro che si sono calati nella profondità di 190 metri, hanno individuato cinque corpi - tra cui quello di una donna completamente nuda - non identificabili a causa della decomposizione.

Foiba di Drenchia -

Secondo Diego De Castro vi sarebbero cadaveri di donne, ragazzi e partigiani dell'Osoppo.

Abisso di Semich -

" ... Un'ispezione del 1944 accertò che i partigiani di Tito, nel settembre precedente, avevano precipitato nell'abisso di Semich (presso Lanischie), profondo 190 metri, un centinaio di sventurati: soldati italiani e civili, uomini e donne, quasi tutti prima seviziati e ancor vivi. Impossibile sapere il numero di quelli che furono gettati a guerra finita, durante l'orrendo 1945 e dopo. Questa è stata una delle tante Foibe carsiche trovate adatte, con approvazione dei superiori, dai cosiddetti tribunali popolari, per consumare varie nefandezze. La Foiba ingoiò indistintamente chiunque avesse sentimenti italiani, avesse sostenuto cariche o fosse semplicemente oggetto di sospetti e di rancori. Per giorni e giorni la gente aveva sentito urla strazianti provenire dall'abisso, le grida dei rimasti in vita, sia perché trattenuti dagli spuntoni di roccia, sia perché resi folli dalla disperazione. Prolungavano l'atroce agonia con sollievo dell'acqua stillante. il prato conservò per mesi le impronte degli autocarri arrivati qua, grevi del loro carico umano, imbarcato senza ritorno..." (Testimonianza di Mons. Parentin - da La Voce Giuliana del 16.12.1980).

Foibe di Opicina, di Campagna e di Corgnale -

" ... Vennero infoibate circa duecento persone e tra queste figurano una donna ed un bambino, rei di essere moglie e figlio di un carabiniere..." (G. Holzer 1946).

Foibe di Sesana e Orle -

Nel 1946 sono stati recuperati corpi infoibati.

Foiba di Casserova-

Sulla strada di Fiume, tra Obrovo e Golazzo. Ci sono stati precipitati tedeschi, uomini e donne italiani, sloveni, molti ancora vivi, poi dopo aver gettato benzina e bombe a mano, l'imboccatura veniva fatta saltare. Difficilissirni i recuperi.

Abisso di Semez -

Il 7 maggio 1944 vengono individuati resti umani corrispondenti a ottanta - cento persone. Nel 1945 fu ancora "usato".

Foiba di Gropada -

Sono recuperate cinque salme."... Il 12 maggio 1945 furono fatte precipitare nel bosco di Gropada trentaquattro persone, previa svestizione e colpo di rivoltella "alla nuca". Tra le ultime: Dora Ciok, Rodolfo Zuliani, Alberto Marega, Angelo Bisazzi, Luigi Zerial e Domenico Mari..."

Foiba di Villa Orìzi -

Nel mese di maggio del 1945, gli abitanti del circondario videro lunghe file di prigionieri, alcuni dei quali recitavano il Padre Nostro,scortati da partigiani armati di mitra, essere condotte verso la voragine. Le testimonianze sono concordi nell'indicare in circa duecento i prigionieri eliminati.

Foiba di Cernovizza (Pisino) -

Secondo voci degli abitanti del circondario le vittime sarebbero un centinaio. L'imboccatura della Foiba, nell'autunno del 1945, è stata fatta franare.

Foiba di Obrovo (Fiume) -

E' luogo di sepoltura di tanti fiumani, deportati senza ritorno.

Foiba di Raspo -

Usata come luogo di genocidio di italiani sia nel 1943 che nel 1945. Imprecisato il numero delle vittirne.

Foiba di Brestovizza -

Così narra la vicenda di una infoibata il "Giornale di Trieste in data 14.08.1947. "... Gli assassini l'avevano brutalmente malmenata, spezzandole le braccia prima di scaraventarla viva nella Foiba. Per tre giorni, dicono i contadini, si sono sentite le urla della misera che giaceva ferita, in preda al terrore, sul fondo della grotta..".

Foiba di Zavni (Foresta di Tarnova) -

Luogo di martirio dei carabinieri di Gorizia e di altre centinaia di sloveni oppositori del regime di Tito.

Foiba di Gargaro o Podgomila (Gorizia) -

A due chilometri a nord-ovest di Gargaro, ad una curva sulla strada vi è la scorciatoia per la frazione di Bjstej. A una trentina di metri sulla destra della scorciatoia vi è una Foiba. Vi furono gettate circa ottanta persone.

Foiba di Vines -

Recuperate dal Maresciallo Harzarich dal 16.10.1943 al 25.10.1943 cinquantuno salme riconosciute. In questa Foiba, sul cui fondo scorre dell'acqua, gli assassinati dopo essere stati torturati, furono precipitati con una pietra legata con un filo di ferro alle mani. Furono poi lanciate delle bombe a mano nell'interno. Unico superstite, Antonio Radeticchio, ha raccontato il fatto.

Cava di Bauxite di Gallignana -

Recuperate dal 31 novembre 1943 all'8 dicembre 1943 ventitre salme di cui sei riconosciute.

Foiba di Terli -

Recuperate nel novembre del 1943 ventiquattro salme, riconosciute.

Foiba di Treghelizza -

Recuperate nel novembre del 1943 due salme, riconosciute.

Foiba di Pucicchi -

Recuperate nel novembre del 1943 undici salme di cui quattro riconosciute.

Foiba di Surani -

Recuperate nel novembre del 1943 ventisei salme di cui ventuno riconosciute.

Foiba di Cregli -

Recuperate nel dicembre del 1943 otto salme, riconosciute.

Foiba di Cernizza -

Recuperate nel dicembre del 1943 due salme, riconosciute.

Foiba di Vescovado -

Scoperte sei salme di cui una identificata.

Altre foibe da cui non fu possibile eseguire recupero nel periodo 1943 - 1945:

Semi

Jurani

Gimino

Barbana

Abisso Bertarelli

Rozzo

Iadruichi.

Foiba di Cocevie a 70 chilometri a sud-ovest da Lubiana

Foiba di San Salvaro.

Foiba Bertarelli (Pinguente) - Qui gli abitanti vedevano ogni sera passare colonne di prigionieri ma non ne vedevano mai il ritorno.

Foiba di Gropada.

Foiba di San Lorenzo di Basovizza.

Foiba di Odolina - Vicino Bacia, sulla strada per Matteria, nel fondo dei Marenzi.

Foiba di Beca - Nei pressi di Cosina.

Foibe di Castelnuovo d'Istria - "Sono state poi riadoperate - continua il rapporto del Cln - le foibe istriane, già usate nell'ottobre del 1943".

Cava di bauxite di Lindaro

Foiba di Sepec (Rozzo)

Capodistria - Le Foibe -

Dichiarazioni rese da Leander Cunja, responsabile della Commissione di indagine sulle Foibe del capodistriano, nominata dal Consiglio esecutivo dell'Assemblea comunale di Capodistria:

"... Nel capodistriano vi sono centosedici cavità, delle ottantuno cavità con entrata verticale abbiamo verificato che diciannove contenevano resti umani. Da dieci cavità sono stati tratti cinquantacinque corpi umani che sono stati inviati all'Istituto di medicina legale di Lubiana. Nella zona si dice che sono finiti in Foiba, provenienti dalla zona di S. Servolo, circa centoventi persone di etnia italiana e slovena, tra cui il parroco di S. Servola, Placido Sansi. I civili infoibati provenivano dalla terra di S. Dorligo della Valle. I capodistriani, infatti, venivano condotti, per essere deportati ed uccisi, nell'interno, verso Pinguente. Le Foibe del capodistriano sono state usate nel dopoguerra come discariche di varie industrie, tra le quali un salumificio della zona .."

La Foiba doveva essere la sua tomba



Riuscì a sopravvivere Giovanni Radeticchio di Sisano.

Ecco il suo agghiacciante racconto:

"... addi 2 maggio 1945, Giulio Premate accompagnato da altri quattro armati venne a prelevarmi a casa mia con un camioncino sul quale erano già i tre fratelli Alessandro, Francesco e Giuseppe Frezza nonché Giuseppe Benci. Giungemmo stanchi ed affamati a Pozzo littorio dove ci aspettava una mostruosa accoglienza; piegati e con la testa all'ingiù fecero correre contro il muro Borsi, Cossi e Ferrarin. Caduti a terra dallo stordimento vennero presi a calci in tutte le parti del corpo finché rinvennero e poi ripetevano il macabro spettacolo. Chiamati dalla prigionia al comando, venivano picchiati da ragazzi armati di pezzi di legno. Alla sera, prima di proseguire per Fianona, dopo trenta ore di digiuno, ci diedero un piatto di minestra con pasta nera non condita. Anche questo tratto di strada a piedi e per giunta legati col filo di ferro ai polsi due a due, così stretti da farci gonfiare le mani ed urlare dai dolori. Non ci picchiavano perché era buio. Ad un certo momento della notte vennero a prelevarci uno ad uno per portarci nella camera della torture. Era l'ultimo ad essere martoriato: udivo i colpi che davano ai miei compagni di sventura e le urla di strazio di questi ultimi. Venne il mio turno: mi spogliarono, rinforzarono la legatura ai polsi e poi, giù botte da orbi. Cinque manigoldi contro di me, inerrne e legato, fra questi una femmina. Uno mi dava pedate, un secondo mi picchiava col filo di ferro attorcigliato, un terzo con un pezzo di legno, un quarto con pugni, la femmina mi picchiava con una cinghia di cuoio. Prima dell'alba mi legarono con le mani dietro la schiena ed in fila indiana, assieme a Carlo Radolovich di Marzana, Natale Mazzucca da Pinesi (Marzana), Felice Cossi da Sisano, Graziano Udovisi da Pola, Giuseppe Sabatti da Visinada, mi condussero fino all'imboccatura della Foiba. Per strada ci picchiavano col calcio e colla canna del moschetto. Arrivati al posto del supplizio ci levarono quanto loro sembrava ancora utile. A me levarono le calze (le scarpe me le avevano già prese un paio di giorni prima), il fazzoletto da naso e la cinghia dei pantaloni. Mi appesero un grosso sasso, del peso di circa dieci chilogrammi, per mezzo di filo di ferro ai polsi già legati con altro filo di ferro e mi costrinsero ad andare da solo dietro Udovisi, già sceso nella Foiba. Dopo qualche istante mi spararono qualche colpo di moschetto. Dio volle che colpissero il filo di ferro che fece cadere il sasso. Così caddi illeso nell'acqua della Foiba. Nuotando, con le mani legate dietro la schiena, ho potuto arenarmi. Intanto continuavano a cadere gli altri miei compagni e dietro ad ognuno sparavano colpi di mitra. Dopo l'ultima vittima, gettarono una bomba a mano per finirci tutti. Costernato dal dolore non reggevo più. Sono riuscito a rompere il filo di ferro che mi serrava i polsi, straziando contemporaneamente le mie carni, poiché i polsi cedettero prima del filo di ferro. Rimasi così nella Foiba per un paio di ore. Poi, col favore della notte, uscii da quella che doveva essere la mia tomba..."

CONTINUIAMO A DARE LA CACCIA AGLI EX NAZISTI!

Tratto da un articolo pubblicato su IL SECOLO del 4 giugno 1994

Un "flash" di agenzia del 27 maggio: il governo italiano ha chiesto alle autorità argentine "di disporre le necessarie misure" per evitare "una possibile fuga" dell'ex capitano nazista Erich Priebke che dal 9 maggio scorso è agli arresti domiciliari nella località andina di Bariloche, a circa 1.450 chilometri a sud-ovest di Buenos Aires. Bene fa il nostro governo nel cercare di assicurare alla giustizia questo criminale di guerra nazista, ma sarebbe ancora meglio se identica solerzia fosse dimostrata anche nella ricerca di altri criminali (quelli che agivano con la stella rossa sulla bustina, tanto per intenderci) dei quali si conoscono, da sempre, fatti, misfatti, nomi e luoghi di residenza. Pensiamo alle foibe, voragini disseminate in tutta la Venezia Giulia e nell'Istria. Molte sono ancora inesplorate. Furono usate dai croati e dagli sloveni, dal 1943 in poi, quali enormi fosse comuni per eliminare migliaia di persone colpevoli solo di essere italiane. L'infoibamento era l'ultima fase della tortura: le salme avevano i polsi legati con filo di ferro stretto con le pinze fino a spezzare il polso. Molti cadaveri furono esumati in coppia, legati con filo di ferro agli avambracci; e solo uno dei due presentava colpi di arma da fuoco, l'altro precipitava vivo. Con calci e bastonate erano portati sull'orlo della foiba. Ma, come ha scritto Luciano Luciani segretario del Circolo Giuliano Dalmata di Milano, non c'erano solo le foibe. In Dalmazia c'era il mare. Centinaia di vittime furono gettate in mare con una pietra al collo. Tra queste la famiglia del farmacista Pietro Ticina, di Zara: l'intera famiglia composta dai genitori, dalla suocera e da una bambina subirono questa triste sorte. Con disperata energia il padre riuscì a trascinare con sé uno dei feroci aguzzini. Ancora: il 30 settembre 1944 l'industriale Nicolò Luxardo di Zara e sua moglie Bianca Ronzoni, che s'erano rifugiati sull'Isola Lunga, catturati dai croati, furono gettati anch'essi in mare con un sasso al collo. Ci furono anche lapidazioni, impiccagioni, fucilazioni. Giuseppe Cernecca, di Sanvincenti, fu costretto a portare sul luogo dell'esecuzione un sacco di pietre con le quali venne lapidato. Altri due suoi fratelli vennero affogati nel mare di Santa Marina. Cosa hanno fatto i vari governi, nei cinquant'anni della prima Repubblica, per assicurare alla giustizia coloro che si macchiarono di questi efferati delitti? Quanti magistrati hanno compulsato presso l'archivio storico del ministero degli Affari Esteri le buste di documenti relativi ad "atrocità ed illegalità" commesse dagli jugoslavi contro gli italiani nel periodo che va dal 1941 al 1945? Dal 24 al 28 luglio 1990 su "La voce del Popolo" di Fiume, quotidiano della minoranza etnica italiana in Jugoslavia, apparvero le tre puntate di un'intervista straordinaria e coraggiosa di tale Laura Marchig con Oskar Piskulìc-Zuti il cui nome oggi in Italia, e forse in buona parte della vecchia Jugoslavia, non dice nulla a nessuno. Per gli esuli di Fiume -ha scritto Amleto Ballarini su "Il Secolo" del 28 giugno 1992, per quanti là, volenti o nolenti, rimasero, per gli stessi slavi del Golfo del Carnaro, quel nome s'associa, con un doloroso riflesso condizionato dell'anima, all'idea delle foibe. Come dire nel Biellese, tanto per intenderci, di Moranino Francesco detto Gemisto. Laura Marchig introduceva la sua intervista con una premessa che per esser stata pubblicata a Fiume (Rijeka) assume il valore d'un documento eloquente nella sua sinteticità come il referto di un'autopsia: "Oskar Piskulìc, il famoso Zuti, nato a Fiume nel 1920, eroe della Guerra Popolare di Liberazione, attivista di spicco del movimento comunista, iscritto al Partito dal 1941, entrato subito nella resistenza, sia durante la guerra che dopo, svolgerà sempre funzioni di polizia. Al termine del conflitto diviene uno dei capi dell'Ozna, la polizia segreta che più tardi prenderà il nome di Udba. E questo è tutto quello che c'è da sapere su Oskar Piskulìc... Speravamo, facendogli un'intervista, di avere dei chiarimenti sia sulla sua attività di quegli anni sia su alcuni fatti della storia rimasti oscuri. Avremmo voluto conoscere la storia di intere famiglie fiumane, viste per l'ultima volta ammassate per le piazze di Fiume e dopo scomparse per sempre, o quella di tanti ufficiali e sottufficiali dell'esercito italiano segregati nelle carceri di via Roma e dopo spariti. Ci premeva di avere chiarificazioni sulle uccisioni degli autonomisti fiumani avvenute fra il 3 e il 4 maggio del 1945, subito dopo l'arrivo delle brigate partigiane in città. E, soprattutto, avremmo voluto sapere il perchè di queste frettolose esecuzioni sommarie, ma anche assassinii, compiuti casa per casa. Com'è morto, ad esempio, il Dott. Mario Blasich, autonomista che da anni giaceva paralizzato in un letto? La moglie raccontò che furono in due. Bussarono alla porta e chiesero. - Xe in casa el dotor? - Li fece accomodare. Dopo un po' se ne andarono. Trovò il marito strangolato nel suo letto. Come morirono altri cittadini fiumani che avevano sperato nella creazione di una Città Stato non soggetta al potere di alcun Paese? Cosa si nasconde dietro l'uccisione di Giuseppe Sincich, giustiziato a colpi di pistola? Dietro a quella del dott. Nevio Skull, padrone della fonderia Skull, la cui storia rimane in verità ancora più misteriosa? E il senatore Bacci e il senatore Riccardo Gigante? Cosa ne è stato di tutti gli altri i cui nomi appaiono come chiazze nere sul vermiglio di una bandiera? "Tante cose avremmo voluto sapere, ma confessiamolo, non ne abbiamo cavato un ragno dal buco. Lo stesso Oskar Piskulìc ci ha confidato di essere legato da un giuramento che è comune a tutti i membri della polizia segreta: quello di non rivelare mai, in vita, nemmeno per iscritto, nemmeno tramite memorie depositate, quello che sa". Oltre ai senatori del Regno Icilio Bacci (arrestato il 21 maggio 1945) e Riccardo Gigante (arrestato il 4 maggio 1945), alla memoria dei quali il Senato della Repubblica non ha dedicato alcun ricordo, furono arrestati e uccisi a Fiume, a guerra finita, per volontà del Piskulìc (che continua a vivere tranquillamente a Fiume) Carlo Colussi (già podestà di Fiume) e sua moglie Nerina Copetti in Colussi; Rodolfo Moncilli; Mario Blasich; Angelo Adam, sua moglie Ernesta Stefancich e sua figlia Zulema Adam; Nicolò Cattaro panettiere di Abbazia; Lucia Vendramin; Giuseppe Sincich; Nevio Skull; il prof. Gino Sirola (ultimo podestà di Fiume dopo l'8 settembre 1943 e riconfermato il 9 febbraio 1944), che, arrestato dai "titini" a Trieste il 3 maggio 1945, fu riportato a Fiume nella villa Rippa trasformata in carcere e luogo di torture) e poi scomparve; Margherita Sennis e sua figlia Gigliola; Angela Neugebaucr, crocerossina più volte decorata e tanti, tanti altri. Insieme a Oskar Piskulìc (detto Zuti) e a sua moglie (una certa Marghitic) operarono a Fiume contro gli italiani: Jovo Mlademe, Vicko Lorkovic Minack, Milan Cohar, Norino Nalato e Giuseppe (detto Bruno) Domancich.

I fatti delittuosi commessi da costoro non possono essere definiti "crimini di guerra" (perché la guerra era ormai finita) ma veri e propri "crimini contro l'umanità", imprescrittibili nel tempo.



La nostra solerte Amministrazione cosa ha fatto per assicurare alla giustizia questi criminali? Sono state avviate domande di estradizione? Si è iniziato un procedimento penale a loro carico? Oppure non si è fatto nulla (omettendo atti d'ufficio), perché ci sono ancora i morti buoni e quelli cattivi, quelli, per capirci, che essendo stati uccisi (e i loro corpi gettati chissà dove) per il solo fatto di essere italiani non destano interesse alla giustizia degli uomini, perché rappresentano i vinti? E i vinti hanno sempre torto.

CONTINUIAMO A DARE LA CACCIA AGLI EX NAZISTI E LASCIAMO IMPUNITI I CRIMINI DEI PARTIGIANI E DEI COMUNISTI!

Causa di morte nelle Foibe

(Studio medico-legale eseguito su centoventuno infoibati, recuperati nel dopoguerra R. Nicolini e U. Villasanta, sotto l'egida dell'Istituto di medicina legale e delle Assicurazioni dell'Università di Pisa. Direttore F. Domenici)

"... La causa mortis può essere stata:

1. proiettili d'arma da fuoco, di solito sparati al cranio;

2. precipitazione dall'alto con gli effetti che ne derivano: fratture multiple, commozione, shock traumatico grave, embolia, ecc.

3. trauma da corpo contundente (bastone, calcio di fucile, bottiglie, ecc.) o acuminato con conseguente fratture;

4. questi diversi momenti variamente combinati, sia come cause sovrapposte, sia come concorrenti.

L'effetto, cioè la morte, non deve essere stato necessariamente immediato: è ammissibile anche che, nonostante ferite e traumi, la morte sia avvenuta a distanza di tempo o per sete o per fame " E

Tutto questo orrore, i partigiani , lo fecero con il silenzio e la collaborazione dei comunisti italiani (quelli che vedete onorare nei libri di storia -scritti da altri comunisti- e sfilare il 25 aprile). Oggi 6500 di questi assassini non solo vivono liberi in Slovenia e Croazia, ma addirittura percepiscono pensioni italiane.


 
 
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27 febbraio 2007 0:00
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