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Grido di dolore contro un popolo di morti
di francescomangascia
8 marzo 2013 17:53
 
Sulla pelle delle donne, gli uomini hanno fatto la Storia. Fino al punto di dover ormai cedere a esse lo ‘scettro’ di nuove protagoniste della modernità, del futuro dell’intera umanità. Per interi millenni, gli uomini si sono fatti amare e servire sulla base di una concezione maschilista e patriarcale della società. Ed è per questo motivo che le donne hanno finito col rappresentare il vero proletariato schiacciato dalla ‘borghesia del maschio’, persino all’interno della classe proletaria stessa. Educare le donne al fine di servirsene ha rappresentato il naturale privilegio dei dominatori: cose da ‘maschi’, insomma. Ma il ruolo della donna è ormai destinato a cambiare. E non solo in termini sociali: in realtà, esse sono destinate a trasformare la Storia stessa, mutandone e reindirizzandone il cammino. La definitiva emancipazione delle donne e il loro futuro dominio sulla Terra non sarà soltanto il risultato di un passato multisecolare di dolore e di orrori che hanno finito col contrassegnare il destino stesso del mondo, ma l’esatto contrappasso di una lenta e inesorabile secolarizzazione dei costumi e degli stili di vita, personali e collettivi, individuali e sociali. Ciò evidenzia come il dato fondamentale, la causa principale del pesante tributo di sangue e di violenza che le donne hanno dovuto pagare nel corso della Storia sia quello rappresentato dal loro difficile rapporto con le religioni. Ancora oggi, in larghissima parte del mondo, in particolar modo nelle società derivanti da princìpi religiosi o da culture che si richiamano, direttamente o indirettamente, a un culto, non c’è nessuna reale presa di distanza rispetto all’atavico spirito di arretratezza che da sempre caratterizza negativamente questo rapporto. La Chiesa cattolica, per esempio, nel suo non riuscire a comprendere come le donne abbiano finito col rappresentare, col passare delle generazioni, l’evoluzione stessa della specie umana, dimostra di non volersi minimamente distaccare, né distinguersi, da un mondo che continua a ribadire un modello maschilista di se stesso. Di recente, il sacerdote di una parrocchia di Lerici, in provincia di La Spezia, ha diffuso un volantino all’interno della propria comunità di fedeli teso a giustificare lo stupro e le violenze carnali ai danni delle donne come reazione rispetto ai loro comportamenti, giudicati sempre più provocatori e lontani dal ruolo loro deputato all’interno della famiglia. Tuttavia, bisogna nutrire una gran compassione per questi poveri preti di provincia, che hanno creduto in una fede che non ha mai visto di buon occhio seni scoperti o gonne troppo corte, non riuscendo minimamente a cogliere quale sia, da sempre, la ‘battaglia’ delle donne, il ‘fronte’ lungo il quale esse si muovono veramente. Se una fede fosse reale, non avrebbe bisogno di difendersi, né avrebbe motivo di reagire o giustificare alcunché. Ma piuttosto che ammettere una contraddizione teologica evidente, in cui per riuscire a mantenere ideologicamente in ‘asse’ l’esistenza di un Dio supremo ed eterno si ha necessariamente bisogno di inglobare all’interno del culto anche il ‘Male’ più assoluto - come nei più classici Partiti totalitaristi - dimostra come la morale cattolica non abbia mai saputo elevarsi al di sopra delle altre. E quanto fosse corretta l’intuizione del Gramsci sociologo, allorquando giudicò le forme di religiosità popolare più genuine e spontanee, culturalmente superiori alla filosofia morale storicamente rappresentata dalle gerarchie ecclesiastiche. Rimane pur vero che un Dio creato apposta per addossare la concupiscenza tutta intera sulle donne è tipico di quasi tutte le religioni. Si tratta di costruzioni ingannevoli, che stravolgono la realtà. Chi genera veramente la libidine? Chi legittima concretamente i rapporti di possesso tra uomo e donna? Ogni qual volta Dio ha aperto bocca, Eva ha sempre saputo bene cosa l’attendeva, poiché sin dai tempi più antichi i patriarchi di tutte le religioni hanno mantenuto in piedi, apparentemente senza ‘crepe’, le proprie rispettive tradizioni e credenze. Il Vaticano, ancora nel 1988, sentenziava espressamente sulla “dignità e la vocazione della donna” facendo esplicito riferimento a essa unicamente come “moglie e madre ubbidiente, succube dell’uomo per fondamentale retaggio dell’umanità”. Ovvero, come fatto voluto da Dio, che dunque non gradisce una donna autonoma e indipendente, impegnata in un’attività lavorativa qualsiasi, magari di natura dirigenziale. La Riforma protestante, per parte sua, liberò le suore dai loro voti controllando, tuttavia, che esse divenissero brave ‘donnette’ di casa, docili e mute. Lutero in persona definì l’uomo “superiore e migliore” e la donna “un mezzo bambino, un animale pazzo”. Anche questo monaco, in verità, parlò con l’animo e il lessico più tipico del proprio sesso, predicando come “massimo onore della donna mettere al mondo figli maschi”. Ma anche Papa Giovanni Paolo II, nel 1996, si è richiamato all’apostolo Paolo utilizzando una tra le innumerevoli frasi più misogine del celebre santo dispregiatore della femminilità: “La donna impari in silenzio, con sottomissione. Non sia permesso a essa di insegnare, né di usare autorità sul marito, perché Adamo fu formato per primo, poi venne Eva; perché Adamo non venne sedotto, bensì fu la donna, la quale cadde in tentazione. Nondimeno, essa sarà salvata partorendo figlioli e perseverando nella fede, nell’amore e nella santificazione con modestia”. Così parlò San Paolo: che le donne sappiano, una volta e per sempre, cosa debbono o non debbono fare. La misoginia clericale dimostra, insomma, come la volontà della Chiesa non senta minimamente bisogno di trasformarsi: i suoi capisaldi rimangono univoci, la definizione dei ruoli sociali immutabili, stabiliti nel tempo. Ma quel che storicamente appare più grave è il fatto che, quando la predicazione clericale inizia a non dare più frutti, ecco che si comincia a far ricorso al ‘femminicidio’. Innumerevoli sono state, nella Storia, le donne denunciate come ‘streghe’ e che, in base a tale accusa, dovettero morire, perché così vollero gli annunciatori della ‘Lieta Novella’. Fintantoché questa Chiesa avrà potere sugli animi e non rianalizzerà le proprie colpe millenarie, gli uomini la faranno sempre ‘pagare’ alle donne, mantenendole in una condizione di subalternità. Di quale e quanta morale dispone, dunque, la Chiesa cattolica? Il ‘Maglio delle streghe’, pubblicato nel 1487, ebbe la benedizione di un Papa. Esso venne divulgato in tutto il mondo come autorevole documento della Chiesa e, in tutte le sue edizioni (una trentina), è perennemente rimasta inclusa una ‘bolla’ che incitava espressamente all’uccisione delle donne. Contro di essa, per più di 200 anni non vi fu uno ‘straccio’ di pontefice disposto a spendere una parola in senso contrario. Ecco, dunque, con quale pretesto giuridico le donne vennero sottoposte a penosi interrogatori, o furono oggetto di invereconde investigazioni da parte dei religiosi. Essi estorsero confessioni utilizzando la tortura, unitamente ad altre innumerevoli sconcezze. L’occidente cristiano si è concesso migliaia di carnefici che mai si sono stancati di esaminare sul corpo e sulla pelle delle donne la loro appartenenza a Satana. Le donne, in ultima analisi, come anche dichiarato nel protocollo di un processo del XIV secolo, “non possono che lasciarsi conciliare con la Chiesa, senza tuttavia impedire di essere consegnate al potere temporale, che provvederà alle pene richieste”. Il Concilio di Trento (1545 - 1563) fruttò nuovi importanti dogmi per reagire allo scisma ‘luterano’, senza spendere nemmeno una parola sullo sterminio degli eretici, degli ebrei e delle donne. La qual cosa ha sempre dato luogo a legittimi interrogativi circa le effettive origini del nazismo, fondato da un cattolico austriaco di nome Adolf Hitler. I roghi che da quel Concilio discesero non hanno mai destato, più di tanto, l’interesse degli storici, soprattutto in Italia. Eppure, quella strage, protratta nei secoli, non ha riguardato solamente alcuni casi isolati di ‘peccatrici’: fu una vera e propria dottrina papale. Si pose fine alle uccisioni solo dopo che s’imposero voci provenienti dall’esterno della Chiesa, la quale si è sempre giustificata attribuendo le proprie ‘malefatte’ alla volontà di Dio. Perché il suo Dio è ubbidiente. E asseconda docilmente lo “spirito dei tempi”. E oggi? Oggi, va di moda il ‘cicaleggio apologetico’ degli epigoni, che si traggono d’impaccio negando l’esistenza delle ‘streghe’ al fine di far dimenticare la realtà storica della loro persecuzione. Oggi, la teologia cattolica ufficiale preferisce arrovellarsi sull’esistenza materiale di Satana, il quale astutamente seduce gli uomini per mezzo del razionalismo e del relativismo, in una sorta di ‘diabolico adescamento’. In ogni caso, all’interno di tutto ciò risulta impossibile non evidenziare la millenaria paura degli uomini nei riguardi delle donne. Un terrore che ha generato una violenza nuda e cruda, che ha portato teologi come Alberto Magno a definirle degli “esseri difettosi”, mentre San Tommaso d’Aquino, dottore supremo della Chiesa, si è limitato a considerarle “degli uomini mal riusciti, delle persone a cui manca qualcosa per realizzare la più autentica natura umana”. Persino l’agostiniana ‘Civitas Dei’, uno dei libri fondamentali della cultura occidentale, si lascia andare al ‘delirio’ di un paradiso senza peccato poiché estraneo alla passione del sesso. Perché la tradizione cattolica, in fondo, nei confronti delle donne è sempre la stessa: esse possono salvarsi dalla propria reputazione di ‘prostitute’ soltanto presentandosi come verginali fidanzate del Signore, come fedeli consorti, in quanto madri di molti bambini. La conseguenza di tutto questo non poteva che essere una società contemporanea irrimediabilmente esposta alle controffensive del sessismo, del maschilismo più retrivo e razzista. Viviamo in una società mentalmente pigra, che analizza con serietà e, talvolta, persino con ammirazione le ‘bordate’ dei leghisti contro i lavoratori extracomunitari, che lascia passare quasi con normalità il razzismo, l’omofobia, il disprezzo antisociale. Ma una società del genere non dimostra affatto come non ci sia più religione: al contrario, manifesta l’evidente inesistenza di uno Stato, di ogni concezione di comunità. Viviamo, ormai, in una sorta di società ‘liquida’, in cui si può parlare senza agire, in cui si può dire quel che si vuole senza che si debba render conto a nessuno delle conseguenze sociali di quanto si teorizza o si afferma. Una società rissosa e ignorante, che rischia di ripetere gli errori più grandi della Storia per pura grettezza valoriale, per autentica aridità morale, che condanna ogni tipo di categorizzazione culturale con accuse di odio ideologico, per poi lasciare mano libera alle più ataviche delle inciviltà. Ebbene, questa non è affatto una società post ideologica, ma solamente un popolo di ridicoli ignoranti. In fondo, un popolo di morti.

http://www.laici.it/viewarticolo.asp?Id=1752

art di Vittorio Lussana

Direttore responsabile del mensile ‘Periodico italiano magazine’ e dei siti di informazione e approfondimento culturale www.laici.it e www.periodicoitalianomagazine.it
(prefazione tratta dal libro 'Sulla pelle delle donne' di Stefania Catallo, edito da Cento Autori)
 
 
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