Sulla pelle delle donne, gli uomini hanno fatto la Storia.
Fino al punto di dover ormai cedere a esse lo ‘scettro’
di nuove protagoniste della modernità, del futuro
dell’intera umanità. Per interi millenni, gli uomini si
sono fatti amare e servire sulla base di una concezione
maschilista e patriarcale della società. Ed è per questo
motivo che le donne hanno finito col rappresentare il vero
proletariato schiacciato dalla ‘borghesia del maschio’,
persino all’interno della classe proletaria stessa.
Educare le donne al fine di servirsene ha rappresentato il
naturale privilegio dei dominatori: cose da ‘maschi’,
insomma. Ma il ruolo della donna è ormai destinato a
cambiare. E non solo in termini sociali: in realtà, esse
sono destinate a trasformare la Storia stessa, mutandone e
reindirizzandone il cammino. La definitiva emancipazione
delle donne e il loro futuro dominio sulla Terra non sarà
soltanto il risultato di un passato multisecolare di dolore
e di orrori che hanno finito col contrassegnare il destino
stesso del mondo, ma l’esatto contrappasso di una lenta e
inesorabile secolarizzazione dei costumi e degli stili di
vita, personali e collettivi, individuali e sociali. Ciò
evidenzia come il dato fondamentale, la causa principale del
pesante tributo di sangue e di violenza che le donne hanno
dovuto pagare nel corso della Storia sia quello
rappresentato dal loro difficile rapporto con le religioni.
Ancora oggi, in larghissima parte del mondo, in particolar
modo nelle società derivanti da princìpi religiosi o da
culture che si richiamano, direttamente o indirettamente, a
un culto, non c’è nessuna reale presa di distanza
rispetto all’atavico spirito di arretratezza che da sempre
caratterizza negativamente questo rapporto. La Chiesa
cattolica, per esempio, nel suo non riuscire a comprendere
come le donne abbiano finito col rappresentare, col passare
delle generazioni, l’evoluzione stessa della specie umana,
dimostra di non volersi minimamente distaccare, né
distinguersi, da un mondo che continua a ribadire un modello
maschilista di se stesso. Di recente, il sacerdote di una
parrocchia di Lerici, in provincia di La Spezia, ha diffuso
un volantino all’interno della propria comunità di fedeli
teso a giustificare lo stupro e le violenze carnali ai danni
delle donne come reazione rispetto ai loro comportamenti,
giudicati sempre più provocatori e lontani dal ruolo loro
deputato all’interno della famiglia. Tuttavia, bisogna
nutrire una gran compassione per questi poveri preti di
provincia, che hanno creduto in una fede che non ha mai
visto di buon occhio seni scoperti o gonne troppo corte, non
riuscendo minimamente a cogliere quale sia, da sempre, la
‘battaglia’ delle donne, il ‘fronte’ lungo il quale
esse si muovono veramente. Se una fede fosse reale, non
avrebbe bisogno di difendersi, né avrebbe motivo di reagire
o giustificare alcunché. Ma piuttosto che ammettere una
contraddizione teologica evidente, in cui per riuscire a
mantenere ideologicamente in ‘asse’ l’esistenza di un
Dio supremo ed eterno si ha necessariamente bisogno di
inglobare all’interno del culto anche il ‘Male’ più
assoluto - come nei più classici Partiti totalitaristi -
dimostra come la morale cattolica non abbia mai saputo
elevarsi al di sopra delle altre. E quanto fosse corretta
l’intuizione del Gramsci sociologo, allorquando giudicò
le forme di religiosità popolare più genuine e spontanee,
culturalmente superiori alla filosofia morale storicamente
rappresentata dalle gerarchie ecclesiastiche. Rimane pur
vero che un Dio creato apposta per addossare la
concupiscenza tutta intera sulle donne è tipico di quasi
tutte le religioni. Si tratta di costruzioni ingannevoli,
che stravolgono la realtà. Chi genera veramente la
libidine? Chi legittima concretamente i rapporti di possesso
tra uomo e donna? Ogni qual volta Dio ha aperto bocca, Eva
ha sempre saputo bene cosa l’attendeva, poiché sin dai
tempi più antichi i patriarchi di tutte le religioni hanno
mantenuto in piedi, apparentemente senza ‘crepe’, le
proprie rispettive tradizioni e credenze. Il Vaticano,
ancora nel 1988, sentenziava espressamente sulla “dignità
e la vocazione della donna” facendo esplicito riferimento
a essa unicamente come “moglie e madre ubbidiente, succube
dell’uomo per fondamentale retaggio dell’umanità”.
Ovvero, come fatto voluto da Dio, che dunque non gradisce
una donna autonoma e indipendente, impegnata in
un’attività lavorativa qualsiasi, magari di natura
dirigenziale. La Riforma protestante, per parte sua, liberò
le suore dai loro voti controllando, tuttavia, che esse
divenissero brave ‘donnette’ di casa, docili e mute.
Lutero in persona definì l’uomo “superiore e
migliore” e la donna “un mezzo bambino, un animale
pazzo”. Anche questo monaco, in verità, parlò con
l’animo e il lessico più tipico del proprio sesso,
predicando come “massimo onore della donna mettere al
mondo figli maschi”. Ma anche Papa Giovanni Paolo II, nel
1996, si è richiamato all’apostolo Paolo utilizzando una
tra le innumerevoli frasi più misogine del celebre santo
dispregiatore della femminilità: “La donna impari in
silenzio, con sottomissione. Non sia permesso a essa di
insegnare, né di usare autorità sul marito, perché Adamo
fu formato per primo, poi venne Eva; perché Adamo non venne
sedotto, bensì fu la donna, la quale cadde in tentazione.
Nondimeno, essa sarà salvata partorendo figlioli e
perseverando nella fede, nell’amore e nella santificazione
con modestia”. Così parlò San Paolo: che le donne
sappiano, una volta e per sempre, cosa debbono o non debbono
fare. La misoginia clericale dimostra, insomma, come la
volontà della Chiesa non senta minimamente bisogno di
trasformarsi: i suoi capisaldi rimangono univoci, la
definizione dei ruoli sociali immutabili, stabiliti nel
tempo. Ma quel che storicamente appare più grave è il
fatto che, quando la predicazione clericale inizia a non
dare più frutti, ecco che si comincia a far ricorso al
‘femminicidio’. Innumerevoli sono state, nella Storia,
le donne denunciate come ‘streghe’ e che, in base a tale
accusa, dovettero morire, perché così vollero gli
annunciatori della ‘Lieta Novella’. Fintantoché questa
Chiesa avrà potere sugli animi e non rianalizzerà le
proprie colpe millenarie, gli uomini la faranno sempre
‘pagare’ alle donne, mantenendole in una condizione di
subalternità. Di quale e quanta morale dispone, dunque, la
Chiesa cattolica? Il ‘Maglio delle streghe’, pubblicato
nel 1487, ebbe la benedizione di un Papa. Esso venne
divulgato in tutto il mondo come autorevole documento della
Chiesa e, in tutte le sue edizioni (una trentina), è
perennemente rimasta inclusa una ‘bolla’ che incitava
espressamente all’uccisione delle donne. Contro di essa,
per più di 200 anni non vi fu uno ‘straccio’ di
pontefice disposto a spendere una parola in senso contrario.
Ecco, dunque, con quale pretesto giuridico le donne vennero
sottoposte a penosi interrogatori, o furono oggetto di
invereconde investigazioni da parte dei religiosi. Essi
estorsero confessioni utilizzando la tortura, unitamente ad
altre innumerevoli sconcezze. L’occidente cristiano si è
concesso migliaia di carnefici che mai si sono stancati di
esaminare sul corpo e sulla pelle delle donne la loro
appartenenza a Satana. Le donne, in ultima analisi, come
anche dichiarato nel protocollo di un processo del XIV
secolo, “non possono che lasciarsi conciliare con la
Chiesa, senza tuttavia impedire di essere consegnate al
potere temporale, che provvederà alle pene richieste”. Il
Concilio di Trento (1545 - 1563) fruttò nuovi importanti
dogmi per reagire allo scisma ‘luterano’, senza spendere
nemmeno una parola sullo sterminio degli eretici, degli
ebrei e delle donne. La qual cosa ha sempre dato luogo a
legittimi interrogativi circa le effettive origini del
nazismo, fondato da un cattolico austriaco di nome Adolf
Hitler. I roghi che da quel Concilio discesero non hanno mai
destato, più di tanto, l’interesse degli storici,
soprattutto in Italia. Eppure, quella strage, protratta nei
secoli, non ha riguardato solamente alcuni casi isolati di
‘peccatrici’: fu una vera e propria dottrina papale. Si
pose fine alle uccisioni solo dopo che s’imposero voci
provenienti dall’esterno della Chiesa, la quale si è
sempre giustificata attribuendo le proprie ‘malefatte’
alla volontà di Dio. Perché il suo Dio è ubbidiente. E
asseconda docilmente lo “spirito dei tempi”. E oggi?
Oggi, va di moda il ‘cicaleggio apologetico’ degli
epigoni, che si traggono d’impaccio negando l’esistenza
delle ‘streghe’ al fine di far dimenticare la realtà
storica della loro persecuzione. Oggi, la teologia cattolica
ufficiale preferisce arrovellarsi sull’esistenza materiale
di Satana, il quale astutamente seduce gli uomini per mezzo
del razionalismo e del relativismo, in una sorta di
‘diabolico adescamento’. In ogni caso, all’interno di
tutto ciò risulta impossibile non evidenziare la millenaria
paura degli uomini nei riguardi delle donne. Un terrore che
ha generato una violenza nuda e cruda, che ha portato
teologi come Alberto Magno a definirle degli “esseri
difettosi”, mentre San Tommaso d’Aquino, dottore supremo
della Chiesa, si è limitato a considerarle “degli uomini
mal riusciti, delle persone a cui manca qualcosa per
realizzare la più autentica natura umana”. Persino
l’agostiniana ‘Civitas Dei’, uno dei libri
fondamentali della cultura occidentale, si lascia andare al
‘delirio’ di un paradiso senza peccato poiché estraneo
alla passione del sesso. Perché la tradizione cattolica, in
fondo, nei confronti delle donne è sempre la stessa: esse
possono salvarsi dalla propria reputazione di
‘prostitute’ soltanto presentandosi come verginali
fidanzate del Signore, come fedeli consorti, in quanto madri
di molti bambini. La conseguenza di tutto questo non poteva
che essere una società contemporanea irrimediabilmente
esposta alle controffensive del sessismo, del maschilismo
più retrivo e razzista. Viviamo in una società mentalmente
pigra, che analizza con serietà e, talvolta, persino con
ammirazione le ‘bordate’ dei leghisti contro i
lavoratori extracomunitari, che lascia passare quasi con
normalità il razzismo, l’omofobia, il disprezzo
antisociale. Ma una società del genere non dimostra affatto
come non ci sia più religione: al contrario, manifesta
l’evidente inesistenza di uno Stato, di ogni concezione di
comunità. Viviamo, ormai, in una sorta di società
‘liquida’, in cui si può parlare senza agire, in cui si
può dire quel che si vuole senza che si debba render conto
a nessuno delle conseguenze sociali di quanto si teorizza o
si afferma. Una società rissosa e ignorante, che rischia di
ripetere gli errori più grandi della Storia per pura
grettezza valoriale, per autentica aridità morale, che
condanna ogni tipo di categorizzazione culturale con accuse
di odio ideologico, per poi lasciare mano libera alle più
ataviche delle inciviltà. Ebbene, questa non è affatto una
società post ideologica, ma solamente un popolo di ridicoli
ignoranti. In fondo, un popolo di morti.
http://www.laici.it/viewarticolo.asp?Id=1752
art di Vittorio Lussana
Direttore responsabile del mensile ‘Periodico italiano
magazine’ e dei siti di informazione e approfondimento
culturale www.laici.it e www.periodicoitalianomagazine.it
(prefazione tratta dal libro 'Sulla pelle delle donne' di
Stefania Catallo, edito da Cento Autori)
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