NESSUN POPOLO E' ILLEGALE. NO ALLE GENERALIZZAZIONI
di L'INFORMATORE
20 novembre 2007 0:00
Posto qui questo appello-riflessione che ho ricevuto. E'
interessante. Si può aderirvi andando sul sito
http://www.petitiononline.com/trianero/petition.html
IL TRIANGOLO NERO
Violenza, propaganda e deportazione. Un manifesto di
scrittori, artisti e intellettuali contro la violenza su
rom, rumeni e donne
La storia recente di questo paese è un susseguirsi di
campagne d'allarme, sempre più ravvicinate e avvolte di
frastuono. Le campane suonano a martello, le parole dei
demagoghi appiccano incendi, una nazione coi nervi a fior di
pelle risponde a ogni stimolo creando "emergenze" e
additando capri espiatori.
Una donna è stata violentata e uccisa a Roma. L'omicida è
sicuramente un uomo, forse un rumeno. Rumena è la donna
che, sdraiandosi in strada per fermare un autobus che non
rallentava, ha cercato di salvare quella vita. L'odioso
crimine scuote l'Italia, il gesto di altruismo viene
rimosso.
Il giorno precedente, sempre a Roma, una donna rumena è
stata violentata e ridotta in fin di vita da un uomo. Due
vittime con pari dignità? No: della seconda non si sa
nulla, nulla viene pubblicato sui giornali; della prima si
deve sapere che è italiana, e che l'assassino non è un
uomo, ma un rumeno o un rom.
Tre giorni dopo, sempre a Roma, squadristi incappucciati
attaccano con spranghe e coltelli alcuni rumeni all'uscita
di un supermercato, ferendone quattro. Nessun cronista
accanto al letto di quei feriti, che rimangono senza nome,
senza storia, senza umanità. Delle loro condizioni, nulla
è più dato sapere.
queste vicende si scatena un'allucinata criminalizzazione di
massa. Colpevole uno, colpevoli tutti. Le forze dell'ordine
sgomberano la baraccopoli in cui viveva il presunto
assassino. Duecento persone, tra cui donne e bambini, sono
gettate in mezzo a una strada.
>
E poi? Odio e sospetto alimentano generalizzazioni: tutti i
rumeni sono rom, tutti i rom sono ladri e assassini, tutti i
ladri e gli assassini devono essere espulsi dall'Italia.
Politici vecchi e nuovi, di destra e di sinistra gareggiano
a chi urla più forte, denunciando l'emergenza.
Emergenza che, scorrendo i dati contenuti nel Rapporto sulla
Criminalità (1993-2006), non esiste: omicidi e reati sono,
oggi, ai livelli più bassi dell'ultimo ventennio, mentre
sono in forte crescita i reati commessi tra le pareti
domestiche o per ragioni passionali.
Il rapporto Eures-Ansa 2005, L'omicidio volontario in Italia
e l'indagine Istat 2007 dicono che un omicidio su quattro
avviene in casa;
sette volte su dieci la vittima è una donna;
più di un terzo delle donne fra i 16 e i 70 anni ha subito
violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, e
il responsabile di aggressione fisica o stupro è sette
volte su dieci il marito o il compagno:
la famiglia uccide più della mafia, le strade sono spesso
molto meno a rischio-stupro delle camere da letto.
Nell'estate 2006 quando Hina, ventenne pakistana, venne
sgozzata dal padre e dai parenti, politici e media si
impegnarono in un parallelo fra culture. Affermavano che
quella occidentale, e italiana in particolare, era
felicemente evoluta per quanto riguarda i diritti delle
donne. Falso: la violenza contro le donne non è un retaggio
bestiale di culture altre, ma cresce e fiorisce nella
nostra, ogni giorno, nella costruzione e nella
moltiplicazione di un modello femminile che privilegia
l'aspetto fisico e la disponibilità sessuale spacciandoli
come conquista.
Di contro, come testimonia il recentissimo rapporto del
World Economic Forum sul Gender Gap, per quanto riguarda la
parità femminile nel lavoro, nella salute, nelle
aspettative di vita, nell'influenza politica, l'Italia è
84esima. Ultima dell'Unione Europea. La Romania è al
47esimo posto.
Se questi sono i fatti, cosa sta succedendo?
Succede che è più facile agitare uno spauracchio
collettivo (oggi i rumeni, ieri i musulmani, prima ancora
gli albanesi) piuttosto che impegnarsi nelle vere cause del
panico e dell'insicurezza sociali causati dai processi di
globalizzazione.
Succede che è più facile, e paga prima e meglio sul piano
del consenso viscerale, gridare al lupo e chiedere
espulsioni, piuttosto che attuare le direttive europee (come
la 43/2000) sul diritto all'assistenza sanitaria, al lavoro
e all'alloggio dei migranti; che è più facile mandare le
ruspe a privare esseri umani delle proprie misere case,
piuttosto che andare nei luoghi di lavoro a combattere il
lavoro nero.
Succede che sotto il tappeto dell'equazione
rumeni-delinquenza si nasconde la polvere dello sfruttamento
feroce del popolo rumeno.
Sfruttamento nei cantieri, dove ogni giorno un operaio
rumeno è vittima di un omicidio bianco.
Sfruttamento sulle strade, dove trentamila donne rumene
costrette a prostituirsi, metà delle quali minorenni, sono
cedute dalla malavita organizzata a italianissimi clienti
(ogni anno nove milioni di uomini italiani comprano un coito
da schiave straniere, forma di violenza sessuale che è
sotto gli occhi di tutti ma pochi vogliono vedere).
Sfruttamento in Romania, dove imprenditori italiani - dopo
aver "delocalizzato" e creato disoccupazione in Italia -
pagano salari da fame ai lavoratori.
Succede che troppi ministri, sindaci e giullari divenuti
capipopolo giocano agli apprendisti stregoni per avere
quarti d'ora di popolarità. Non si chiedono cosa avverrà
domani, quando gli odii rimasti sul terreno continueranno a
fermentare, avvelenando le radici della nostra convivenza e
solleticando quel microfascismo che è dentro di noi e ci fa
desiderare il potere e ammirare i potenti. Un microfascismo
che si esprime con parole e gesti rancorosi, mentre già
echeggiano, nemmeno tanto distanti, il calpestio di scarponi
militari e la voce delle armi da fuoco.
Succede che si sta sperimentando la costruzione del nemico
assoluto, come con ebrei e rom sotto il nazi-fascismo, come
con gli armeni in Turchia nel 1915, come con serbi, croati e
bosniaci, reciprocamente, nell'ex-Jugoslavia negli anni
Novanta, in nome di una politica che promette sicurezza in
cambio della rinuncia ai principi di libertà, dignità e
civiltà; che rende indistinguibili responsabilità
individuali e collettive, effetti e cause, mali e rimedi;
che invoca al governo uomini forti e chiede ai cittadini di
farsi sudditi obbedienti.
Manca solo che qualcuno rispolveri dalle soffitte
dell'intolleranza il triangolo nero degli asociali, il
marchio d'infamia che i nazisti applicavano agli abiti dei
rom.
E non sembra che l'ultima tappa, per ora, di una prolungata
guerra contro i poveri.
Di fronte a tutto questo non possiamo rimanere indifferenti.
Non ci appartengono il silenzio, la rinuncia al diritto di
critica, la dismissione dell'intelligenza e della
ragione.
Delitti individuali non giustificano castighi
collettivi.
Essere rumeni o rom non è una forma di "concorso
morale".
Non esistono razze, men che meno razze colpevoli o
innocenti.
Nessun popolo è illegale.
Per aderire:
http://www.petitiononline.com/trianero/petition.html
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