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Sull'eutanasia e dintorni: diritto e responsabilità
di Enrico Falcinelli
7 ottobre 2006 0:00
 
Si parla di eutanasia perché, credete, è uno dei trend ideologici del momento e come tutti i trend è destinato a riempire per un po' le pagine di qualche forum e di un po' di giornali per scomparire quanto prima nella dimenticanza poiché ognuno, tornando a casa propria, si chiude la porta dietro e buonanotte!

Anche in questi forum ci sono molti che profittano per portar avanti la loro battaglia come medico, militante o meno o come semplice impegno dialettico, se non altro.

Personalmente, come studioso dell'uomo, alla cosa, ci penso e ci ripenso ma arrivo sempre alla stessa conclusione.
Siamo arrivati a dire che la libertà umana è capace di gestire il proprio essere (spirito e corpo) senza mai distinguere in che misura sia effettiva questa capacità - o potere - il cui potenziale è direttamente proporzionale alla "libertà" da cui scaturisce.
Se considero il corpo, la mia libertà nei confronti di questo, è ben poca cosa; infatti, se mi ammalo gravemente mi resta solo la potenzialità di ribellione alla vita e distruggermi ma non ho la capacità di poter allungare di un solo secondo la mia esistenza, solo perché io lo voglia.
Così, se sia ch'io pretenda di volare, posso concentrarmi quanto voglio ma resto a terra.

Cosa è allora - o meglio - in cosa mi è data la libertà? Intuisco che sia nella modalità d'uso del mio corpo e di tutto quanto della vita mi è dato in "gestione" e non in appartenenza perché, se così fosse, potrei veramente fare quello che desidererei senza limite alcuno!

Quindi è evidente che io sono direttamente responsabile del mio corpo e della mia vita e seppur più di tanto non possa fare - sarebbe meglio dire, anzi, per quanto poco io possa - quello in cui riesco mi è concesso.

E' giusto, allora, se io desideri di uccidermi, che lo possa fare, perché qui si inserisce il concetto di "responsabilità", ovvero il farsi proprio tutto il carico ontologico, per quel che io possa viverne coscientemente (e quindi anche la parte dell'etica), di quello che vorrà significare quanto io decida per la mia vita.
Su questo credo che nessuno potrà mai metter becco, seppure lo volesse per sciocca bigotteria. Per i cristiani: non ci lascia forse "liberi" il buon Dio? E se una cosa non la fa Lui, perché la devo fare io?
Quando anche spiegassi le ragioni del mio dissentire e cercassi di incoraggiare in tutti i modi alla vita, se non trovassi alcuna corrispondenza sono costretto a desistere e abbandonare il campo.

Siccome saremmo quindi i responsabili di noi stessi è chiaro ormai che ciò che ci è dato da gestire è sotto la nostra personale giurisdizione e dalle nostre scelte dipende il nostro destino.

Ma essendo questo vero, si solleva un altro problema: è giusto che qualcuno faccia carico della responsabilità della sua vita a un altro essere, uomo come lui, che sotto, che so. la scusa (?) del buon cuore accetti di premere il grilletto al suo posto, solo perché lui non possa farlo?

Mi rendo conto che c'è cosa e cosa che si possa raccomandare o designare, tramite testamento, ma penso sia una grave abuso sull'ontolgia umana la richiesta di farsi uccidere, sia testamentaria che diretta (vedi il caso Welby).

Se tutto il fare dell'uomo scivola sul sostrato della propria "responsabilità", quest'ultima, volendola considerare per quel che significa, non è che il farsi carico delle conseguenze del peso dell'ontologia che ci portiamo addosso e tale peso non è giusto affibbiarlo a chi ha già quello della propria vita; la "responsabilità" è tale perché è un "compito", un "lavoro" personale; se così non fosse, se essa fosse condivisibile, sarebbe meglio dargli un altro nome ed allora non sarebbe più vera tutta quella libertà e quel potere che affermiamo troppo spesso di essere portatori perché anche da altri dipenderemmo e con gli altri dovremmo condividere tutte le nostre scelte, per ragion di logica e per naturale conseguenza!

Ma umanamente, non sarà forse più vera quest'altra cosa? Se diventasse vero quello che più ci piace, cosa scegliereste?

Saluti sinceri, Enrico Falcinelli
 
 
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