DEMOCRAZIA? BASTONARE IL POPOLO! Un aforisma di Oscar Wilde:
“Democrazia significa semplicemente far bastonare il
popolo, dal popolo, in nome del popolo”. N el suo
bellissimo ed istruttivo libro, “For Good and Evil”
Charles Adams ci fa notare che: nessun satrapo ha mai
mollato l’osso fino a quando non è stato preso a legnate
sui denti. Nessun aguzzino di Stato (si chiami Equitalia,
Esatri, Agenzia delle Entrate o come diavolo preferite) ha
mai smesso di bussare alla porta dei sudditi, sino a quando
i sudditi, dopo avergli aperto, hanno cominciato a
rincorrerli, bastonarli, impeciarli e riempirli di piume per
mostrali al pubblico ludibrio. A volte li impalavano nella
pubblica piazza! Dai tempi degli Egizi sino all’inizio del
Novecento – il 99% delle rivoluzioni è avvenuta per
questioni fiscali! “Non esiste libertà politica senza
libertà economica”. Dov’è la libertà in un paese in
cui il 70% del frutto del nostro lavoro finisce nelle tasche
di quella casta di nullafacenti e delinquenti, che poi
ridistribuiscono a pioggia i nostri denari, estorti con la
minaccia della galera, per mantenere una miriade di
clientele? Il “Bel Paese” appare sempre più una landa
senza futuro. E’ anagraficamente vecchio, è malato di
“welfare” (che peraltro non funziona ed è fonte di
sprechi colossali), è incancrenito dal sindacalismo becero
e protezionista di sé stesso, è strangolato da miriadi di
“caste ed ordini” con le unghie affilate per rimanere
avvinghiate ai privilegi di cui ingiustamente godono e,
dulcis in fundo, è “comandato” da ominidi retrivi del
calibro di UB et similia I nodi vengono al pettine, il
truffone è servito, la menzogna non può essere raccontata
a tutti per sempre. Uno cittadino della civilissima Svizzera
mi ha detto: “ Mi sono accorto che dove c’è lo Stato,
quando non c’è furto c’è spreco!” A queste parole
aggiungo un aforisma di Oscar Wilde: “Democrazia significa
semplicemente far bastonare il popolo, dal popolo, in nome
del popolo”.
Regimi come questo non cadono da un giorno all’altro. Si
sgretolano lentamente, pezzo per pezzo. E così i gaudenti
signori degli scranni hanno tutto il tempo per vedere dove
andrà a tirare il vento. I più furbi si ricicleranno,
altri spariranno, qualcun altro scapperà con
l’argenteria. Non c’è niente di nuovo. Riflettevo sul
“fare qualcosa” . Riflettevo innanzitutto se ci sia una
via per infilarsi nel cono d’ombra che una situazione di
disgregazione di potentati può offrire, possibilmente senza
farsi massacrare da quel ricettacolo di feccia addetta
all’ordine pubblico. Che la prima cosa da fare, se
veramente si scegliesse la rivolta di popolo, sarebbe quella
di presentare il conto per Genova, per Napoli (ricordi,
infamone di un D’Alema?), per la Val Susa, per
Lazio-Livorno, per i terremotati di L’Aquila manganellati.
E per le stragi di Stato e i depistatori delle istituzioni,
per i morti ammazzati nelle mani dello Stato, i Cucchi, i
Lonzi, gli Aldrovandi, gli Uva e via dicendo. Purtroppo le
”nostre” Alte cariche “pensano” di fare un buon
sevizio al “cittadino” difendendo questa m. di d. in
divisa senza se e senza ma, invece di ripulire delle
istituzioni che ormai cominciano ad essere una mera
contrapposizione violenta e cieca nei confronti di chi
vorrebbe disfarsi di questa casta di malviventi e corrotti
mentre al popolo viene chiesto di abbassarsi a livelli da
povertà per continuare a mantenere i loro infami status. Ma
torniamo al che fare, cercando di essere oggettivi.
1. Il primo punto è che, inutile negarlo, siamo
strategicamente disorganizzati. Anche per evitare le solite
aggressioni poliziesche a freddo verso gente disarmata.
Neanche Gandhi riuscì ad evitare questa logica, perché è
bene chiarire che anche il padre della non-violenza, per
raggiungere l’obiettivo, ha dovuto fare conto su una
discreta torma di seguaci che si sono fatti massacrare dai
soliti “tutori dell’ordine”.
2. Quindi le vie conosciute sono due: prendere un fracco di
legnate o prendere le armi in mano. Che ci si organizzi o
meno.
3. Quando il punto di disgregazione di questo potere, forse
addirittura di questo sistema mostrerà le crepe insanabili
che precederanno il crollo, allora potrebbe essere il
momento di agire. Di presentare il conto. Di andarli a
prendere uno per uno. E non lasciarne neanche mezzo con
neanche mezza leva del potere in mano.
4. Abbiamo perso un’occasione storica durante Tangentopoli
perché ancora avevamo troppi ninnoli con cui divertirci,
può darsi, dico può darsi, che qualcuno abbia capito che
se vogliamo dare una svolta dobbiamo disfarci di infami e
trasformisti e che basta cogliere il momento giusto.
5. Non so se qualcuno sta organizzandosi in questo senso ma
fin da ora la mia strategia è la presenza, quando e come
posso, sulle piccole cose (che poi non sono piccole per
niente) del posto in cui vivo e che fortunatamente ha un
discreto e combattivo contingente di incazzati.
6. Ora è semplicemente il momento di lasciare bandiere e
bandierine ed essere presenti con le nostre facce, non a
fare gli attivisti, anzi, fare in modo che gli attivisti
vedano facce nuove e comincino a prendere atto che il
desiderio di lottare è anche di quel popolo finora occupato
a sopravvivere con due spiccioli mentre cerca di tirare
avanti una famiglia ed un lavoro, che una lotta di popolo
non può prescindere da chi finora ha tirato avanti questo
paese a suon di mulinar di braccia e che è stato lasciato
vigliaccamente solo da una sinistra impegnata a caccia di
sedie e privilegi.
7. Quello che si sta disgregando nel Palazzo dovremmo
costruirlo tutti ora, per strada, perché il web è solo un
mezzo ma è contandosi in faccia che si comincia a vedere
concretamente da dove stiamo partendo e dove possiamo
arrivare.
8. Non servono solo rivoluzionari, né guerrieri, né eroi.
LA VERA FORZA SONO GLI INDIVIDUI COMUNI. Se torniamo per
strada forse, al momento di tirare le somme, non ci sarà un
cambiamento che ci porterà un altro o lo stesso Berlusconi.
NEL TEMPO DELL'INGANNO UNIVERSALE, DIRE LA VERITÀ È UN
ATTO RIVOLUZIONARIO!
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